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Autore: virgily    17/09/2010    1 recensioni
Senza rispondergli allora la piccola mora fece un passettino in avanti, accorciando le distanze tra loro e si mise appena in punta di piedi, era un po’ titubante ma sicura di quello che voleva fare. Si avvicino’ ancora, quel tanto che le bastava per restituirgli un bacino sulle labbra. In quella piccola frazione di secondo, mentre le loro labbra erano semplicemente poggiate l’une sulle altre, sia Craig che Ettie sentirono i loro piccoli cuoricini cominciare a battere forte e quando si separarono la piccina gli sorrise -grazie- ridacchio’ prima di senitre la voce della mamma chiamarla per medircarle la mano. Lascio’ cosi’ Craig solo, sperso nel pieno del suo ingenuo e candido stupore.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SOMETHING

 

 

*un piccolo elogio alla canzone che mi ricorda i miei migliori amici... un frammento della mia vita. Spero vi piaccia e recensite miraccomando! un bacione Virgily

 

IL MOSTRO DAI MILLE SONAGLI

 

 

 

 

Paula, Rebecca e Samantha quella stupenda mattina di Giugno si svegliarono presto. Erano circa le nove e mezzo e tutte e tre si diressero a preparare la colazione per le loro rispettive famiglie nella cucina comune, dopo tutto era una loro abitudine passare l’estate insieme ai loro figli e mariti nella “casetta verde”; verde perche’ era immersa in un piccolo bosco di alberi sempre verdi. Erano amiche fin dal tempo del liceo: Paula era la scapestrata-mangia-uomini; Rebecca la timidona-scrittrice e Samantha la pazza-sognatrice. Da sempre avevano coltivato la passione per la musica ma crescendo sia le tre che la loro arte erano mutate; ormai erano sposate con figli e non avevano piu’ il tempo per isolarsi nel loro piccolo rifugio segreto e comporre. Tuttavia questo non gli impedi’ di trasmettere tutto cio’ che amavano di piu’ al mondo ai loro giovani figli; e a proposito dei figli, le tre si chiedevano perplesse dove fossero finiti; solitamente alle dieci meno un quarto gia li sentivano ridacchiare e correre per casa. Posizionati i piattini sul tavolo cominciarono a vagare nei meandri della casa chiamandoli a gran voce, cercarono nelle loro camere da letto, nei bagni e perfino nello sgabuzzino, ignare del fatto che i pargoli avevano raggiunto da qualche ora la soffitta...

 

-Ettie ma ne sei sicura?- domando’ a bassa voce il piccolo Maxwell mentre armeggiava una spada di legno e una bandana che gli fasciava la testolina,

 

-Shi! E’ li dietro lo scatolone gande...- singhiozzo’ la nanetta mora mentre si stringeva al braccio di Craig che prontamente teneva una mazza da Baseball per proteggere la sua amica dal mostro cattivo che l’aveva terrorizzata

 

-tranquilla Ettie ci pensiamo noi. Avanti Max al mio tre: uno... due... TRE!- ringhio’ il giovane Mubbit prima di avventarsi assieme all’amico dietro lo scatolone in cui, ogni notte, la giovane fanciulla veniva rinchiusa e torturata da un mostro spaventoso. Dal canto suo Ettie stava immobile dove l’avevano lasciata e con il cuore in gola aspettava il ritorno dei suoi prodi guerrieri, dei suoi veri amici. Senti’ grida, urla straziate dal dolore, ogetti che sbattevano e vide la bandana del suo amico volare via, facendole credere seriamente che il mostro dei sonagli se lo fosse mangiato in un sol boccone. Un ultimo rantolo squarcio’ il breve silenzio che si era venuto a creare e poi... il nulla.

 

-M-Maxie? Craig?- li chiamo’ ma da nessuno dei due ricevette una risposta. Il cuoricino le batteva forte nel petto e non sapeva neanche il perche’ ma sentiva delle goccioline bagnate rigarle il visetto; fece qualche passettino in avanti con le sue pantofoline rosa ma immediatamente si paralizzo’ non appena vide l’enorme scatolone da imballaggio marrone muoversi bruscamente verso di lei, il demone la stava venendo a prendere. Le parve di avere la pelle d’oca: cosa avrebbe fatto senza Maxie che la rincorreva e la sfidava a duello promettendole che sarebbe diventata forte come lui? E da chi si sarebbe fatta stringere nei momenti di solitudine e tristezza se non dal suo amato Craig? Ma sopratutto, sarebbe sopravvissuta senza i suoi migliori amici? Si domando’ sentendosi debole, non aveva spade di plastica o pistole a laser... era completamente sola, e sicuramrente avrebbe perso. D’un tratto vide un braccio, poi un’altro e infine una testa che fuoriauscivano da ambo i lati della scatola; con i capelli scompigliati e i pigiamini trasandati i due cavaglieri erano tornati vincitori dalla faticosa battaglia. Uno di loro, quello con gli occhi di un bellissimo colore chiaro di cui Ettie ancora non aveva imparato il nome, stringeva tra le mani un lembo di stoffa blu da cui penzolava una testa pallida, truccata dello stesso colore del cielo unito a quello del fuoco, contornata da quei mille sonagli il cui suono metallico e ripetitivo invadeva le sue notti; mentre il suo compagno ne brandiva una gamba come trofeo di guerra. La piccina senti’ il cuore sollevato, Maxwell non era stato mangiato e grazie a Dio il suo Craig non era morto, se lo fosse stato probabilmente non avrebbe retto il dolore.

 

Sebbene si sentisse finalmente liberata dal terribile pupazzo le lacrime non smettevano di colarle dagli occhi, e i singhiozzi continuavano a crescerle in gola senza neanche lasciarle il tempo di riprendere fiato. La felicita’ di una ennesima vittoria si spense immediatamente negli occhi dei giovani quando videro la loro principessa accasciarsi a terra portandosi le mani al visetto arossato e umido. Non capirono immediatamente cosa stava succedendo, ma senza perdere tempo a rifletterci abbandonarono a terra i loro trofei e si tuffarono verso la moretta per soccorrerla abbracciandola forte

 

-va tutto bene... Abbiamo vinto!- esulto’ Max scostandole dolcemente i capelli prima di lasciarle un lieve bacino sulla guancia mentre Craig, dal canto suo la coccoccolava stretta fra le sue braccine. Si sentiva molto protettivo nei suoi confronti, era l’unica bimba che era in grado di capirlo al volo, l’unica persona, che come la sua mamma, riusciva a fargli dimenticare la tristezza; percio’ nessuno aveva il diritto di farla piangere, e nessuno poteva osare minimamente sfiorarla con un dito se non voleva vedersela con lui. Per Maxwell invece l’affetto che provava per la sua “Ett” era totalmente diverso: la vedeva come un sorellina piccola da accudire e “allevare” a modo suo, per farla diventare intrepida e coraggiosa proprio come lui.

 In quel momento le tre giovani mammine fecero capolino dalla porta, e quando li videro abbracciati quasi gli venne un coccolone: tre piccoli cuccioli  che si stringevano e si davano teneri bacini sulle guanciotte paffute e rosee; Ettie stava abbracciata forte forte a Craig scatenando un tenero risolino da parte di Rebecca, chissa’ forse la sua piccina aveva una cotta per il figlio di Samantha. Il primo genito di Paula invece se ne stava accoccolato a sua volta sulla morettina e gli accarezzava una guancia. Ridacchiando amorevolmente le donne entrarono cogliendo di sorpresa i bimbi che immediatamente sciolsero l’abbraccio e correndo nelle loro pantofoline multicolore alzarono le manine al cielo in direzione delle loro genitrici per farsi prendere tra le loro braccia

 

-che stavate facendo eh birbantelli?- domando’ Paula scompigliando appena la folta chioma castana del suo Maxwell

 

-abbiamo ucciso il pupazzo che spaventava Ettie- rispose Craig riemergendo dal petto della mamma

 

-davvero?! Wow hai visto tesoro come sono coraggiosi i tuoi amichetti?- e con un cenno del capo l’unica femminuccia del gruppo annui’ prima di nascondersi nella folta chioma corvina della madre

 

-dai andiamo a fare colazione cosi’ andate a giocare al rifugio okey?- domando’ infine Rebecca mentre cominciava a scendee le scale, seguita a riuota dalle amiche che trasportavano i loro rispettivi figli.

Il “Rifugio” era una piccola casetta di legno che avevano edificato le tre giovani madri quando avevano pressapoco l’eta’ di quindici anni; era abbastanza grande cosi’ che potessero dorminrici dentro con i sacchi a pelo ed era provvista di un tetto spiovente e due finestrelle. Si trovava nei pressi della casa verde e sostava sotto i lunghi e folti rami di un salice che emanavano un dolce suono quando il vento li accarezzava.

  
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