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Autore: Mannu    01/10/2010    2 recensioni
Un oggetto misterioso entra nel sistema solare e nessuno se ne accorge fino a quando sbuca da dietro la Luna. Scatta una delle più grandi operazioni militari di tutti i tempi, ma questa situazione coinvolge inaspettatamente una persona molto, molto comune...
Questo racconto è il "gemello diverso" di "A metà strada": dal momento che volevo tentare una storiella di primo contatto ma non sapevo scegliere tra due idee, le ho scritte entrambe.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'altra metà del viaggio
16.

- Sembra che tu non ti sia mai messo un cheongsam in tutta la tua vita!
- Esattamente... proprio come non mi sono mai trovato dentro una di queste lattine orbitanti!
Nadine terminò di aggiustare l'abito di Ahmad, un elegante cheongsam da uomo, blu con dei bellissimi ologrammi sul colletto e coi pantaloni coordinati. Anche lei ne indossava uno, molto elegante e sexy con lo spacco lungo tutta la coscia sinistra. L'aveva preteso su misura, giallo e blu, con chiazze che imitavano ciò che aveva visto solo pochi giorni prima.
- Allora, stammi bene a sentire, pilota da strapazzo: ora non sei sulla Terra, non stai pilotando un aereo. Sei dietro le quinte dello spettacolo più seguito di tutto il fottuto palinsesto di Network 23, dove io fino a ieri lavoravo come una sguattera. Ora ho la possibilità di fare il colpo grosso, ce l'ho davanti, devo solo allungare la mano e prenderla. Sto parlando di telecamere, celebrità e di un sacco di soldi. Anche per te. Sei una star anche tu adesso, approfittane. Potrai comprarti un aereo bellissimo, tanto per parlare una lingua che capisci. Mi sono spiegata?
Nadine, fino a quel momento frenetica ma precisa come un laser chirurgico, si fermò e piantò i propri occhi fiammeggianti in quelli dell'uomo. Ripulito e truccato sembrava quasi carino.
- Capito – disse quello con sufficienza, infilandosi un dito nel colletto che lo infastidiva.
- Tu non hai capito un cazzo – le rispose quella, tesa – Devi fare quello-che-dico-io, intesi?
- Va bene, va bene! - esclamò quello alzando le mani in segno di resa. Era come cercare di discutere con una tigre affamata.
- Va bene un cazzo, invece. Se va storto qualcosa per colpa tua, ti strappo i coglioni e me li mangio. Per iniziare.
Nadine era nervosa, al limite dell'isterismo. Si tolse con uno strappo deciso la costosa sacca di nanoidi medicali che aveva intorno al gomito e la gettò via, noncurante. Controllò il braccio, nudo fino alla spalla e ornato di gioielli intorno al polso e al bicipite. Li aveva avuti in prestito da un'amica. Doveva essere tutto perfetto e invece le doleva il gomito, le scarpe erano strette, la caviglia le sembrava ancora gonfia, l'abito la faceva sembrare una cicciona e il truccatore l'aveva pettinata male, a suo dire. Inolte, senza mezzi termini, il suo capo le aveva detto di fare a brandelli la Delore o di non farsi mai più rivedere. Aveva ancora lo stomaco di pietra per la paura poiché sapeva che il suo capo non stava affatto scherzando.
- Ti odio – disse duramente, rivolta al pilota che si aggiustava le maniche dell'abito.
- Perché? - sorpreso, ma non troppo, Ahmad passò in rassegna le proprie scarpe.
- Perché sei tranquillo.
- Ma stai tranquilla anche tu... sei come una gatta inferocita dal primo momento che ti ho vista, oggi. Calmati, no?
Nadine distolse gli occhi dall'uomo e si voltò altrove. Secondo l'orologio a parete lo spettacolo era cominciato da tre minuti e mezzo. La Delore stava di certo preparandosi allo scontro. Sarebbe andata in onda con una coreografia reale, pubblico compreso, come piaceva a lei. Veri esseri umani, non simulazioni grafiche ultra-realistiche telecomandate dalla regia. Gente che avrebbe applaudito, forse. O riso, fischiato, manifestato il loro stato d'animo incuranti di lei. Pedine nelle mani della Delore, abile manipolatrice. Nadine sentiva che avrebbe potuto mettersi il mondo sotto quei tacchi alti, quella sera. O almeno una parte di esso. La Delore avrebbe potuto sbattersi quanto più poteva: non era lei quella finita sul dorso di un'astronave. Io, si disse Nadine cercando fiducia in se stessa, raccogliendo la determinazione a tenere la testa alta. Sono stata io. L'ho toccato io per prima, l'ho visto io per prima. Io c'ero, lei no. Il primo contatto è roba mia.
L'assistente di scena, ancora più nervoso e irritabile di lei, li chiamò entrambi. Era il loro momento.
   
 
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