Titolo: Fuori
tema Note: Altra
fanfic! Questa è stata scritta nel giro di una giornata -
oggi piove, e quando piove io scrivo. Prima di lasciarvi alla
"lettura", un grazie speciale alla Wand, che legge sempre tutto quello
che scrivo e recensisce! Grazie mille! <3 Disclaimer: Quei
due qua non mi appartengono, con mio immenso dispiacere.
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Arancione.
Genere: Fluff,
slice of life, pwp.
Avvertimenti: One-shot.
Fuori
tema
Beatrice
trattenne a stento un gemito,
cercando di soffocarlo mordendosi le labbra leggermente gonfie.
Si
contorse appena sotto il peso di
Battler, il capo volto all'indietro, verso i cuscinetti del divano e i
loro
libri di testo abbandonati – che ormai giacevano sparsi per
tutto il salotto.
Sentiva
dolore... e piacere. Un forte
calore in punti che non credeva nemmeno di avere – e che
avrebbe continuato ad
ignorare, se non fosse stato per il giovane che ora la sovrastava.
Lo
vedeva digrignare i denti mentre la
guardava sorridendo – no, più che un sorriso
quello era un ghigno.
Erano
entrambi rossi in volto ed avevano il
fiato corto. Respiri brevi, fra un gemito e l'altro.
“Ba-Battler...!
Non lììì!”
Lui
ghignò ancora, senza prestare
attenzione alle sue parole e continuò imperterrito,
strappando un gridolino a
Beato, che lo maledì con lo sguardo. L'avrebbe fatta pagare
a quell'idiota, si
disse, nel tentativo di non esplodere in quel momento e di rovinare
tutto.
Infondo,
lei non voleva che tutto quello
finisse così in fretta. Non avrebbe permesso che finisse
così in fretta.
“Ah...
aah!”, trattenersi, cercare di non
dare soddisfazioni a quell'incompetente – che rideva
compiaciuto ogni volta che
lei ansimava – sembrava impossibile.
Le
dava fastidio sapere che lui godeva nel
vederla così vulnerabile – e così
dipendente da lui – ma non poteva fare a meno
di desiderare comunque con tutta sé stessa quella situazione.
Odiava
quel sorriso idiota sul volto di
Battler, ma adorava il fatto che fosse lui ad averla sotto il suo
controllo.
Sobbalzava
ad ogni suo tocco, la pelle che
sembrava andare a fuoco sotto le dita di lui – che la
toccavano fremendo di
gioia mista a paura, paura probabilmente dettata dalla sua inesperienza.
Una
lenta, dolorosa agonia era la loro.
Un'agonia che, tuttavia, piaceva ad entrambi.
“Ba...
ah-ttler!”
Beatrice
inarcò la schiena, il petto
premuto contro quello del giovane e le dita strette saldamente alle
coperte del
divanetto.
Ancora
un gemito lasciò le sue labbra
quando Battler le morse appena il collo, le mani intente a tener Beato
per i
fianchi – per non farla scappare dalla sua presa, e
perché adorava
poterla avere sotto il suo controllo. Il solo fatto che lei dicesse il
suo nome
con quel tono – totalmente diverso dal solito, senza nessuna
risata ineducata –
lo faceva impazzire. Vederla sotto di sé, rossa in volto,
con la fronte
imperlata di sudore e praticamente già al proprio limite era
una soddisfazione
che non avrebbe mai creduto di ottenere in tutta la sua vita
– anche se l'aveva
spesso sognata una situazione simile, dovette ammettere.
“Zitta,
Beato... zitta!”, le afferrò le
gambe e spinse più forte di prima, assicurandosi di tapparle
la bocca con la
propria, soffocando i suoi gemiti.
Beatrice
imprecò quando fu la prima a
venire, la vista che si appannò per qualche attimo mentre
tremava ancora
stretta a Battler. E lui rise, uno sguardo vittorioso in volto.
“Ho
vinto io”, le sussurrò ad un orecchio,
mordicchiandole il lobo.
Nemmeno
Battler durò oltre e, dopo pochi
secondi, si accasciò stanco su Beato, il respiro affannato e
le palpebre sempre
più pesanti, che chiedevano un po' di riposo.
“Battler...”,
sussurrò Beato, accarezzando
il volto del giovane, “sei sudato e pesi... levati.”
Lo
spinse a lato, facendolo cadere dal
divanetto con un sonoro thud.
“Aah...
Beato!”
Battler
la prese per le gambe e la trascinò
con sé, avvolgendola con entrambe le braccia quando
finì sopra di lui. “Che
cosa stai-!?”
Uno
sbuffo, le sopracciglia e le labbra
piegate in una smorfia stizzita.
“Sei
una stronza ingrata, lo sai?”
“E
tu sei un idiota, lo sai?”
“Aah,
senti chi parla!”
E
continuarono ad insultarsi e ridere,
ignari che quel loro momento era particolare e speciale. Unico.
In
alcuni frammenti non si sarebbero mai
incontrati, in altri non avrebbero passato il loro tempo in quel modo...
Quel
loro frammento era unico, ed
irripetibile.
“Stupido
idiota.”
E
loro avrebbero continuato a ridere e
scherzare, ignari di quanto fossero fortunati.