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Autore: Cinderella In Love    10/10/2010    3 recensioni
Questa è una fic nata così, senza particolari motivazioni! Dovevo coinvolgere M&M in qualcosa di diverso!!xD
L’ambientazione non rispetta in alcun modo quella riscontrabile nella fiction, infatti è vista come un’interpretazione di un' idea dell’attrice Carlotta Natoli, in video chat, dove abbozzò su due piedi quale poteva essere un modo meno drastico per allontanare momentaneamente Michele dalla serie: una fuga.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: RainLullaby
Titolo: ‘Tango Lloron’
Fandom: Tutti pazzi per amore
Genere: Commedia, romantico
Pairing: MonicaxMichele, Laura, Stefania, Giulio, Maya, Rosa, Elio.
Avvertimenti: One shot, what if?, missing moment
Rating: Giallo
Note d’autore: Questa one-shot nasce così, senza motivi in particolare. Dopo essere rimasta due mesi in cantiere, l’ho finalmente finita!!!
L’ambientazione non rispetta in alcun modo quella riscontrabile nella fiction, infatti è vista come un’interpretazione di una dichiarazione dell’attrice Carlotta Natoli (miseria!!! Quanto la adoro ** <3), in video chat, dove abbozzò su due piedi quale poteva essere un modo meno drastico per allontanare momentaneamente Michele dalla serie: una fuga.
In questo caso, la fic si apre su uno scenario in cui, Michele torna dopo questo periodo d’allontanamento forzato per motivi ignoti e probabilmente gravi e per ottenere il perdono di Monica...

*Nel testo appariranno dei cuoricini in rosso e una parola ( sempre in rosso e sottolineata), in quel caso sono link rimandanti a youtube, per il collegamento alla colonna sonora adatta al momento. *Finiti i chiarimenti: Yuppy!* XD

Tango<3 Lloron.





Danzare è come parlare in silenzio. È dire molte cose, senza dire una parola.

È per l'erotismo come per la danza: uno dei partner s'incarica sempre di condurre l'altro.

(Yuri Buenaventura & Milan Kundera)






Una leggera brezza, senz’altro piacevole, inebriava quel tiepido pomeriggio di giugno.

Roma sembrava essersi assopita sotto il sole vivace che faceva capolino qua e là, nascondendosi dietro qualche nuvola rada.

Laura era in macchina, attendeva in coda al semaforo, scorgendo sognante il cielo dal finestrino semi aperto, mentre la radio dava voce al disco di Biagio Antonacci, accuratamente sottratto ai figli- in quel periodo, afflitti dai sentimentalismi adolescenziali.

Il trafficò si districò più velocemente di quanto pensasse, permettendole di poter continuare il suo tragitto verso la meta.

Una volta parcheggiata l’auto, vi scese con innata disinvoltura e si diresse verso l’entrata della scuola di ballo della sorella.

Entrò tranquillamente, scostando la porta a spinta e avanzando a passo lento, calpestando il parquet dell’ingresso, fino ad arrivare dinnanzi all’uscio della sala da ballo.

Scorse i costumi sfavillanti della sorella e del cognato, stavano entrambi in piedi appoggiati alla porta, mentre osservavano due ballerini, tramite la vetrata ed il riflesso dello specchio.

«Stefi!» la salutò la sorella, andandole incontro per abbracciarla.

«Laura, ciao!»- ricambiò Stefania, baciandola sulla guancia- «Che sorpresa! Solitamente non passi mai…»

«Sì, lo so. Paolo aveva da fare al vivaio e non riusciva a venire a prendere Nina…quindi, visto che passavo di qui, ho deciso di fare un salto!» spiegò Laura.

«Nina arriva subito, si stava cambiando.» la rassicurò Stefania, cercando di mascherare la faccia appesa con un sorriso che voleva essere rassicurante.

«C’è qualcosa che non va, vero?» constatò la bionda, rivolgendosi ai due.

«Ma no… Figurati, va tutto bene…» finse, con un sorrisetto forzato, Stefania.

«Sarà, ma quelle facce appese non mi convincono!» continuò Laura, analitica.

«Beh, non troviamo la coppia che dovrebbe esibirsi alla gara di tango: la coppia che avevamo scelto è K.O.»

«K.O.?»

«Lui si è rotto un menisco ed è geloso di lei, quindi non posso utilizzarla con un altro partner: siamo disperati!»- disse Stefania che, sentendo, poi, un tonfo, si corresse- «No, anzi, siamo rovinati!»

«Sì, l’unica alternativa che abbiamo al momento sono quei due laggiù…» continuò Giulio, indicando la coppia che stava provando nella sala.

Attraverso il vetro, si scorgevano due ballerini: si muovevano sgraziatamente, cercando di imitare qualcosa che s’avvicinasse, anche vagamente, a ciò che poteva definirsi un tango figurato. Si trattava di due sagome completamente scoordinate e fisicamente improbabili, almeno per quanto concerne con lo standard di riferimento usato per la scelta dei ballerini.

La donna era innegabilmente abbondante, mentre l’uomo, nonostante una prorompente appendice nasale, si mostrava fisicamente asciutto e prestante, anche se le movenze azzardate di quell’astruso ballo lo rendevano parecchio ridicolo.

«Ah… capisco.» disse, osservando la coppia tramite il vetro.

«Eh…» esalò Giulio.

«Tu, invece?» domandò Stefania, notando il volto preoccupato della sorella.

«Beh, diciamo che in redazione abbiamo problemi con Monica…» rispose Laura.

«Monica? Che le è successo?» chiese Stefania, curiosa.

«Michele…» sbuffò Laura.

«Capito: tu vorresti risolvere, ma non sai come fare, vero?» chiese Stefania retoricamente.

«Esatto: questa volta è difficile metterci una pezza!» confermò la sorella.

«A chi lo dici! Ed io che m’illudevo di poter trovare una coppia affiatata, ma non troppo… Sognavo una di quelle alchimie travolgenti dove traspaiono intesa e passione: per il tango sono componenti fondamentali…»- si sbracciava Stefania con tono entusiasta, trapelante del suo senso di megalomania- «E, invece, ci ritroviamo con questo prototipo di Moby Dick abbrancata alla brutta copia di Pinocchio.» -continuò, mentre il suo tono di voce si smorzava, perdendo d’enfasi.

«Beh, non sono proprio due ballerini provetti, però…» cercò di sminuire Laura con una smorfia.

«Però, cosa?» chiesero in coro i due ballerini, con tono scettico.

«Avete ragione: sono disastrosi!» ammise Laura, inarcando un sopracciglio.

« E pensare che avevo un’idea così limpida, delineata: una coppia frizzante, passionale, non scontata, anche se mi rendo conto che, forse, sono un po’ troppo esigente. » continuò Stefania, riflettendo.

«Beh… I ballerini non crescono di certo sugli alberi, però una coppia credibile in giro dovrà pur esserci, o no?» cercò di confortarli Laura.

«Al quanto pare, si nascondono molto bene.» rispose Giulio.

«Aspetta un momento! Giulio, ho avuto una visione! Sai come con la scuola di danza, Paolo, ‘Shava Shava’…» trillò Stefania, farneticando pensieri senza alcun nesso logico.

«Oh Madonna! Stefi, respira e concentrati!» la incitò a pensare il marito, appoggiandole una mano sulla spalla.

«Aspetta… Senti, lei: rossa, sguardo sicuro, vestita di pizzo; lui: scuro, alto, moro di capelli!» vaneggiò Stefania.

«Ma questi sono… Io li conosco!» concluse sconcertato Giulio.

«Ma è lampante: sono Monica e Michele.» constatò Laura realisticamente.

«Sì, sì, sì!» emise dei gridolini d’entusiasmo Stefania, facendo sventolare le paillettes del vestitino.

«’Sì, sì, sì!’ cosa, Stefania?» chiese scettica l’altra.

«Magari potrebbe essere un modo per farli riavvicinare: il tango è magico, no?» suggerì la sorella.

«Sì, ma… stento a credere che accetteranno.» porse in risposta Laura con pessimismo spiccato.

«Ma non hai detto che lui le sta provando tutte per riconquistarla?» incalzò il cognato.

«Beh, tu la fai venire qui con una scusa, ovviamente, e poi fai fare a noi. Così, risolviamo i loro problemi, si ricongiungono: bacini, bacetti e tutto quanto e noi abbiamo i ballerini adatti per la gara: meglio di così!» trillò raggiante Stefania, gesticolando.

«Stefania, questo è usare le persone!» notò la sorella discorde.

«No, questo è ottimizzare e, in questi tempi di crisi economica e non, è una mano santa!» -la corresse la sorella- «Intanto, chiama lui; se vuole farsi perdonare, accetterà di certo e di corsa!»

«A me pare tanto una follia, figurati se quei due accettano…» si mostrò dubbiosa Laura.

«Va beh, Laura, tentare non costa nulla.» suggerì Giulio.

«Lascia fare…» - soggiunse Stefania, mentre osservava la sorella immobile a guardarla e scambiarle occhiate torve- «Che aspetti?! Lo devo chiamare io Michele o ce la fai da sola?»

Laura, sbuffando, estrasse il cellulare dalla borsa, scorse la rubrica fino ad arrivare al numero del fidanzato della migliore amica e, premendo il tasto verde, attese in silenzio che l’uomo rispondesse.

«Michele! Ciao, sono Laura. Tutto bene?»

«Sì, sì, non ce male… Sì, lo so che senza Monica ti senti perduto, eccetera, eccetera… Sì, ma ascoltami, forse c’è un modo per recuperare; sappi che però non me ne prendo la responsabilità!»

~

Michele trascinava stancamente i piedi sul parquet, dirigendosi verso la sala da ballo, dalla quale proveniva il ritmo di una travolgente samba.

Si affacciò alla porta a vetri, allora socchiusa, e vi sbucò pochi istanti dopo, appena vide Stefania e Giulio seduti sullo stereo a impartire suggerimenti ad una coppia di aitanti ballerini.

«Michele, eccoti!» esclamò Stefania, intravedendo Michele.

«Ma siete sicuri che funzionerà?» chiese lui, profondamente turbato, avanzando verso di loro.

«Michele, cosa dici?! Deve funzionare!» lo corresse Stefania, inarcando il sopracciglio.

«Beh, ma, Stefi, non è proprio così scontato che…» si sentì in dovere di soggiungere Giulio; subito dopo, venne zittito dalla compagna che di angelico sembrava avere soltanto l’aspetto.

«Giulio scherza sempre, comunque dobbiamo perché:

Primo: volere è potere!!

Secondo: se tu non torni a casa, darai problemi psicoemotivi a tutti coloro che hanno a che fare con la tua ‘dolce metà’ e tuo figlio crescerà orfano di padre.

Terzo, ma non per questo meno importante, se fallisce il piano e non partecipano alla gara di tango, saremo costretti a chiuder bottega e tu non vuoi avere la nostra imminente rovina sulla coscienza, vero?» lo intimidì la bionda.

«E’ sempre così, non ti preoccupare: è molto meglio di ciò che sembra!» bisbigliò di sottecchi Giulio a Michele.

«Allora, iniziamo sì o no?» divenne sbrigativa Stefania, fissando i due uomini, intimiditi dinnanzi al suo cipiglio severo e, tremendamente, determinato.

~

«Hai capito, Maya?» domandarono in coro, a carattere inquisitorio, Laura e Rosa.

«Non mi fido, ripeti!» continuò Rosa nel cogliere un’evidente smorfia di Maya.

«Va bene, va bene, arriveremo insieme con il pacchettino alla scuola di Stefania e obblighiamo Monica a gettarsi a capofitto nel ‘sacro fuoco dell’arte’» sbuffò Maya, rivolgendosi alle due amiche.

«Magari, un pizzico in più d’entusiasmo, tesoro!» suggerì Laura, cercando di invogliare la rossa.

«Pretendete pure l’entusiasmo! Capisco che la vecchia Maya si è estinta, ma il tango è un cosuccia innocente: un ballerino figo lo potevate rimediare anche a me, no?!» polemizzò, tenendo il broncio.

«Non so perché, ma una ritorsione del genere me l’aspettavo!» commentò disinvolta Rosa.

«Comunque, dovete aiutarmi: mia sorella, come suo solito, mi ha cacciato nei guai ed il vestito lo dobbiamo trovare noi. » -spiegò Laura che, notando le facce perplesse delle altre, si sentì in obbligo di continuare- «Sì, avete capito bene: noi, perché voi siete miei amiche e non potete lasciarmi nei guai proprio adesso…»

«Eh… ti pareva!» si lamentarono le due in coro.

«Ragazze, ricordate: en –tu – sia – smo! In ogni caso, il problema è: dove si trova un costume del genere?» domandò la bionda, indubbiamente preoccupata.

«Beh… Se proprio devo essere sincera, io avrei in mente un certo posticino...» civettò Maya.

«Davvero?» si illuminò Laura.

«Beh sì, vi accenno solo che il completino, quello da infermiera- sì, proprio lui, l’artefice del collasso del ‘lumacone’, di Bui, insomma- l’ho rimediato lì.» confessò Maya, facendo l’occhiolino.

«Cos’è sta storia del completino da infermiera?» se ne venne fuori Elio.

«Che palle, Elio! Quanto sei geloso; il passato è passato!» esclamò Maya infastidita.

«Sì, va bene, ma con il direttore vecchio e stempiato: ‘Buonasera Dottore’ vestita da infermiera tutta sexy e con me, ‘l’amore della tua vita’, niente di niente?!»

«Vedete! Ve l’avevo detto, ve l’avevo detto: mai con una delle tre categorie a rischio!» borbottò la rossa.

~

«Ma io non voglio, la smettete?!» strepitò Monica con gli occhi bendati da una benda nera.

«Uffa! Certo che sei suscettibile…» sbuffò Maya, continuando a tirarla per un braccio.

«Una sorpresa è una sorpresa!» soggiunse Rosa.

«Sì, ma bendare l’amica che, tra l’altro, è la vostra datrice di lavoro potrebbe arrecare danni seri, ve ne rendete conto, sì?» replicò Monica indispettita.

«Entra, su!» strillò Maya, aprendo la porta, mentre Rosa slacciava la benda.

«No, aspettate! E questo camerino che starebbe a significare?!» rispose Monica, con la faccia di qualcuno che pensa di essere vittima di uno scherzo di cattivo gusto.

«Mettilo, subito!» la intimorì Maya, indicando un vestito di pizzo nero.

«Ma voi siete pazze!» ribatté Monica, come al solita discorde con le imposizioni.

«Subito

~

«Su, avanti, vieni avanti, Monichina!» la strattonava Rosa.

«No, no, no! Voi non potete approfittarvi di me in questo modo!» si dimenò Monica, cercando di sfuggire alla presa pronta delle due amiche.

«Monica, come la fai lunga! Che sarà mai!» sbuffò Maya.

«Un giorno ci ringrazierai per quello che stiamo facendo, eccome se ci ringrazierai, bella mia!» esclamò Rosa, continuando a tirare Monica per un braccio.

«Eh… Voi due mi fate paura, poi, con Maya nei paraggi, non so perché, ma il fatto di avere una benda nera sugli occhi non mi conforta affatto!» rinfacciò la rossa, indicando un’ampia benda che le copriva gli occhi.

«Uffa! Ancora con questi pregiudizi! Non lo dicevate anche voi che sono cambiata, che la vena da mangiatrice di uomini si è estinta? Fidati per una volta, no?» si infastidì Maya, continuando a guidare Monica che, per quanto si sforzasse, andava avanti a tentoni.

«Ah ah! Piuttosto che fidarmi di te, Maya tesoro, mi farei rinchiudere nella gabbia dei leoni con Massimo X Meridio!» controbatté la povera vittima, acida.

«Ma… Aspettate un attimo: alla fine, sbaglio o il gladiatore muore?» si fermò Maya, dubbiosa.

«Appunto, Maya! Appunto…!» rispose con tono decisamente cinico.

L’amica tacque, rivolgendole soltanto un’ inutile smorfia, in segno di disapprovazione.

«Io lo sapevo che non dovevo fidarmi di due come voi, siete due pazze!» borbottò Monica, parecchio infastidita.

Rosa e Maya assistevano al loro calvario in silenzio, senza commentare.

«Siamo arrivate, siediti!» le suggerì Rosa, quando furono arrivate nel centro della sala da ballo.

Monica si abbandonò alla sedia di vimini, sbuffando.

«Voi lo sapete, sì, che la crisi economica in Italia c’è sempre e che, essendo io la vostra datrice di lavoro, potrei, insomma, come posso dire, allinearmi ai tagli di personale per comprarmi quella borsa di Luis Vuitton nuova?» cercò di intimidirle la riccia, dimenandosi sulla sedia.

«Ah- ah- ah!» sbuffò Rosa.

«Davvero valiamo soltanto quanto una borsa per te?» piagnucolò Maya, arricciando le labbra verso il basso.

«Beh, tu vedila così, la Luis Vuitton non è una borsa qualsiasi è una delle più care in commercio, costa un occhio della testa!» rispose con disinvoltura l’altra, con sorriso cinico.

«L’assenza di Alien ti ha influenzato negativamente!» notò Maya, con aria allibita.

Nel frattempo, Stefania e Giulio si erano appostati dietro la porta a vetro della sala, incitando Michele ad entrare.

I due abbozzarono un occhiolino alle ragazze facendo loro segno di lasciare la sala.

Michele, pur essendo molto dubbioso, entrò con disinvoltura, opponendo un’immagine di sé ferma, sicura.

Aprì la porta, senza voltarsi indietro, con passo e cipiglio sfrontato si lasciava indietro il parquet su cui aveva lasciato la propria ombra scura.

Arrivò alla sedia, vi si poggiò di schiena e sfiorò, contemporaneamente, le mani di Monica sullo schienale di ferro nero.

E qui, in quel medesimo istante, esplose la musica: un tango moderno, parlato… travolgente ad ogni modo.

Monica si sentì percorso da un brivido, quel rischio che sentiva, quella paura intrigante s’impossessavano del suo corpo, vibrando sotto la pelle calda, bianca.

Michele aspettò qualche attimo, quanto bastava per consentire a Monica di acquisire il suono ridondante concesso dalle corde d’una chitarra dalle melodie estranee e lontane, allora imprigionate in un disco. Incessanti i raggi di luce del cd penetravano lo specchio della porta vetro, innanzi a loro, così distante.

Basta, non si poteva continuare nell’attesa.

Afferrò la sua mano, attirandola a sé.

Sussultando, Monica affrontò quella presa forte; pur non sapendo cosa l’aspettasse.

In un frangente d’istanti, sentì il suo corpo sfiorare quello dell’uomo che pur non riuscendo a vedere, sentiva.

Si stupì, tra sé, sorridendo maliziosamente, di come riuscì a far suo il contatto con quel corpo sfuggente che le cingeva stretto i fianchi.

Si lasciò guidare, mentre sfidava il movimento dell’aria, in controvento, sfidando con passi lenti, cadenzati il parquet lucido.

I tacchi alti di Monica, tanto dolce quanto azzardata imposizione delle sue amiche, scivolavano lente a ogni passo, che ad ogni accenno di musica si facevano più disinibiti, più incalzanti.

Michele andava avanti, la teneva stretta sempre di più, convincendola con il suo tocco dolce a fidarsi completamente di lui e delle sue mani che ondeggiavano incontrastate sul pizzo nero, che disegnava la trama fitta a fiori lungo la schiena, riflettendo la sua pelle chiara.

Monica era estraniata, non contava null’altro che il calore che il corpo su cui si cullava le infondeva. Sentiva passione in quel contatto, questo provocava in quel ballo il diffondersi d’un amaro retrogusto di vergogna. Le guance le erano improvvisamente avvampate al solo pensiero di quella trasgressione. Qualcosa dentro di lei sembrava suggerirle che non v’era incoscienza in quel pensiero, in quella voglia.

Voleva vederlo, quell’uomo.

Forse, perché, infondo, trovava strano come quelle carezze fossero disinibite, sicure, passionali. Lo sconosciuto, che la guidava inseguendo quella musica, conosceva il suo corpo da sempre e anche lei aveva incontrato il suo, di già e sapeva d’esservi rimasta.

Assecondava ogni cosa; non l’avrebbe fatto mai e poi mai, se avesse attuato anche solo un po’ dell’autocontrollo che sfoderava nell’affrontare la vita.

Trasgredire.

Si sentiva una bambola di pezza tra le sue braccia ferme che, però, non dimenticavano mai di farle conoscere quanto potessero rivelarsi dolci, toccandola.

Nonostante si rivelasse quasi degna di perversione, la fantasia di poter scoprire chi fosse il possessore di quelle carezze sfrontate non spingeva Monica a sfilarsi la benda ed incrociare i propri occhi ai suoi.

Michele cercava di non guardarla in volto, almeno non direttamente; questo fino a quando non sentì un tanto irruente quanto fremente desiderio di sfidare il suo stupore, guardandola direttamente negli occhi. Fermò il passo un istante, con una mano sfilò il lembo di tessuto nero che coprivano gli occhi celesti di Monica.

Monica trattenne un urlo, istigato metà per rabbia, metà per stupore. I suoi occhi vispi si accesero improvvisamente e una smorfia fece comparsa sul suo viso. Nonostante, avrebbe avuto voglia di sprigionare tutto il suo astio represso, decise di continuare il ballo fino all’ultimo accenno.

Incroci veloci, gli ultimi, si succedevano lasciando spazio agli ultimi appoggi prima dell’ultimo accordo del violino.

Finirono vicini, uno all’altro, stretti. Michele la guardava malizioso dall’alto, tenendo la fronte poggiata a quella di Monica.

Lei faceva finta di nulla, finse un sorriso di compiacenza per poi...

[Sbang!]

Con tutto il risentimento possibile nei confronti della fuga che aveva dovuto subire, un prepotente pestone a opera di un signor tacco 12 poteva considerarsi più che ragionevole, anzi, anche fin troppo indulgente – secondo il suo parere.

«Ma che è?! Ti sei impazzita!?» esclamò Michele, barcollando per il dolore al piede.

«E no, caro mio! Dovevi aspettartelo, volevi, forse, che ti stendessi il tappeto rosso?» controbatté lei, acida.

«Lo spirito ironico non ti manca mai, eh?» la provocò ulteriormente.

«Certo che no! Non mi lascerei sfuggire l’occasione di ‘farti la punta’ per nulla al mondo, a costo di farmi scuoiare viva!» gli fece una smorfia lei, continuando a rimanere immobile nella posa del tango.

«Ah – ah – ah! Comunque dimmi che non ti ho sorpreso!» continuò lui, avvicinandosi al viso di lei.

«Non mi hai affatto sorpresa!» ribatté Monica, voltando il capo verso l’alto, muovendo i ricci biondi all’indietro.

«Ma come? Io mi metto in gioco e questo è il risultato?» domandò retorico Michele, ormai indisposto dai modi della partner.

«Non me l’hai detto tu di dirti che non mi avevi sorpreso!» lo provocò ulteriormente.

«Lasciamo stare, con te è sempre così: una partita persa!» concluse lui, guardandola negli occhi, abbozzando una smorfia.

«Lo puoi ben dire, infame da strapazzo che non sei altro…» rispose secca lei, intrigante.

«Ancora non mi perdoni?»

«Ah…! Tu te ne vai senza motivo, te ne torni fresco come una rosa e pretendi che io faccia finta di niente!? E no, bello mio! Che c’ho scritto in faccia ‘ Gioconda’?!» buttò lì lei con stizza, pur rimanendo immobile tra le sue braccia e la presa forte che esercitavano su di lei.

Quel modo di fare suscitò in Michele il desiderio che con lei provava da sempre, vedendola arrabbiata: provava come compiacimento nel vedere che Monica, proprio quella pantera rabbiosa che aveva innanzi, non poteva far a meno di lui e delle sue attenzioni. Con uno scatto improvviso, Michele si avvicinò quel tanto da annullare la distanza tra le sue labbra e quelle della sua donna.

Monica lasciò che il fidanzato sfiorasse la sua bocca, subito dopo la sua mano destra si era mossa velocemente, in maniera decisa, diventando presto uno schiaffo.

«Una pizza mi dai? Ma sei scema?»domandò lui, sfiorando la parte del viso lesa dal sonoro colpo inflittogli da Monica.

«No, dovevo fartela pagare in qualche modo! Giusto?» lo sbeffeggiò lei, guardandolo fisso, mentre faceva cenno di andarsene.

«Ehi! Dove vai?» chiese lei, guardandolo camminare verso la porta, intento a uscire.

«Me ne vado…» rispose lui sconsolato, facendo cenno di voltarsi indietro.

«No, la tua penitenza inizia da subito!» lo fermò lei.

«E quindi?»

«Come quindi?! Non volevi farti perdonare?» chiese sfrontatamente Monica, ormai viso contro viso. Intrecciò le labbra alle sue, Michele rimase sorpreso, ma, superato il primo impatto, riconobbe le labbra della sua donna; vi restò un po’.

«Pace?» propose Michele, con fare tranquillo.

«Ma vedi che rovini tutto?» ribatté Monica, mettendogli il broncio.

«Ma che dovevo fare, allora?» domandò lui, con espressione tipica di chi è totalmente indifeso.

«Stare zitto, Miché! Dovevi stare zit- to!» rispose lei, irritata.

«Mi fai stare zitto anche se…» cercò di rimediare Michele, invano.

«Sì, stai zitto che fai più danni di quello che…» si dimenava Monica, sovrastando la voce del fidanzato.

«Anche se ti dico che ti amo…?» propose Michele con semplicità disarmante, e volto sognante.

«Te l’avevo detto di stare zit… No, scusa; credo di non aver capito bene: cosa hai detto?» si soffermò Monica, poggiando la fronte contro la sua.

«Bravi! Oddio sono commossa!!!» fece il suo ingresso una raggiante Stefania vestita di lustrini.

«Stefania…? Ma che ci fai, qui?» esordì Monica, alla vista della bionda.

«Ma come che ci faccio qui?! Vi ho visti casualmente dal vetro e sarei pronta a scommettere che…» - si fermò improvvisamente Stefania, interrotta dalle occhiate torve di Giulio, il quale sembrava rivendicare il diritto d’essere considerato - «Va bene, va bene! Vi abbiamo visti casualmente dal vetro e saremmo pronti a scommettere che siete proprio quello che stavamo cercando!»

«No, no, no, scusate: cosa centreremmo io e lui?» chiese lei, confusa, con una risata nervosa.

«Sì, appunto che centreremmo io e lei?» finse ignoranza Michele.

«Non potete più scappare!» annunciò entusiasta Stefania, dinnanzi ai due volti sconvolti.

In quel momento, un toc-toc.

Laura, arrivata casualmente nel momento cruciale, si godeva lo spettacolo dal vetro, tentando di nascondere, invano, Maya e Rosa che, non sapendo mantenere l’istinto di curiosità e civetteria, avevano assistito alla scena, dietro il vetro.

«Considerando che… insomma, grazie a me…, Noi – certo, sì- grazie a Noi, vi siete ritrovati, riconciliati, o, comunque qualcosa vi sarà pure successo, no?!! Beh…Allora, questa gara…» arrivò al dunque Stefania, fingendo la diplomazia che non aveva mai e poi mai posseduto.

«Stefania non essere drastica come sempre, ti prego!» suggerì Giulio, con un finto sorriso.

«Ma certo amore!!... Lo sai che sono cambiata, no?» - rispose Stefania, assumendo un sorrisino angelico, innegabilmente finto, nel tentativo di mettere a tacere il marito -«Allora, dicevamo: qui i casi sono due! Accettate sì, o sì!??»


   
 
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