Ambientata alla fine del I canto del Purgatorio, durante la purificazione chiesta da Catone.
I quattri astri sono le quattro virtù Platoniche e ho immaginato un dolore profondo e nascosto di Virgilio, che vede in Dante un modo per uscire dal suo limbo ma che ora, una volta arrivati alle porte del purgatorio, sembra sfuggirgli.
Completamente. Totalmente. Platonico. Il loro amore.
Auguri, moglieH mia.
Giunchi
sporchi
Gli occhi non erano abituati a quel candore che tingeva il cielo. La nitidezza che poco a poco spariva era piacevole e accarezzava entrambi mentre camminavano adagio raggiungendo la distesa indicatagli.
Le stelle splendenti di quella gloriosa e vittoriosa notte stavano poco alla volta svanendo, sostituendosi a quelle più ritardatarie del mattino, fragili ed effimere bellezze dell'alba nascente.
Ma Dante guardava le spalle del suo maestro e continuava a vederli, quei quattro astri rifulgenti.
L'erba verde brillava di rugiada che bagnava le loro lunghe tuniche. La pestarono e se ne dispiacquero un poco, perché era così morbida e così bella che sembrava di pestare Dio stesso.
Virgilio si inginocchiò e affondò le mani leggermente, parendo ringraziare tutto il Creato per quel sacro dono. E come il sacerdote ammira l'Ostia riconoscendone la bellezza e la potenza intrinseca, così lui ne strappò un ciuffo, stringendolo tra i palmi, pronto ad aiutare, come sempre, il suo discepolo.
Lo avrebbe elevato, lo avrebbe sostenuto come in precedenza. Ma lui, lui sarebbe rimasto in basso.
Dante rimase fermo ad osservarlo, in riverente silenzio. Il viso fuliginoso e sporco meravigliato si aprì in un'espressione di stupore e ammirazione, le labbra si schiusero e respirò a fondo.
L'inferno era passato, ora avevano cambiato rotta.
Su, al cielo!
Virgilio sorrideva, ma in quel sorriso era nascosta una malinconia celata, che il suo amico non vide.
Lo vide chinarsi a sua volta e gli pose lentamente le mani sul viso, iniziando a strofinarlo con l'erba verde e umida.
E quella bellezza divina, quella Natura, lo ripulì. La sporcizia rimase nelle mani di Virgilio, lì dove si sarebbe essiccata da sola.
Ogni istante che passava sapeva che Dante se ne sarebbe andato, perché così doveva essere. E ne era felice, veramente. Ma se si rendeva conto che quello sarebbe stato un addio eterno, il cuore morto e condannato iniziava a palpitare di tristezza e disperazione.
Il limbo. Il nulla. Di nuovo.
Lasciò cadere i giunchi sporchi e si accorse che un poco di fuligine era rimasta sulle sue mani, poco importava. Le nuove piante rinacquero e il giovane poeta le fissò strabiliato, gli occhi lucidi di commozione sincera.
Accanto a lui, il suo compagno, rimase fermo, ancora chinato, gli occhi lucidi, anche lui, all'idea che quella era la metà del loro cammino, che stava per concludersi.
Subitamente, là onde l'avelse.
Angolo autrice:
la frase finale è, logicamente, non mia. È stata presa pari-pari dall'opera del Grande Poeta.
AuguVi, auguVi, loro sono l'acme dello slash XD
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Idem per anobii (ha trovato il giochino, la bimba): Ulissae anobii
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