Zona industriale
Kurubito Est
Tokyo
Il rombo
dei motori e l’odore dell’olio bruciato erano ancora più intensi quella sera. Le
due automobili erano già posizionate sulla linea della partenza, il potente
quanto truccato motore ruggiva impaziente.
Al volante di entrambe le vetture era seduto il rispettivo pilota, attorniato
dai propri seguaci… Accanto il finestrino di una Jaguar nero pece, piuttosto
modesta in confronto alla sfidante, c’erano due uomini, che parlavano con il
guidatore.
-Allora, Yoh…Ricordati ciò che ti ho detto-
-E non scordarti di frenare almeno trecento metri prima del muro…- intervenne un
ragazzo moro, alto e dalla strana pettinatura –Questa bellezza ha una ripresa da
infarto, ma ha paura di fermarsi- ridacchiò, carezzando la lucida fiancata della
macchina.
Il pilota sorrise, la sua solita calma nei lineamenti
-Non preoccuparti, Faust…E Ryu, grazie per le raccomandazioni, ma so cavarmela
benissimo, come sapete- disse, allacciando la spessa cintura.
Si guardò attorno, apparentemente cercando qualcuno…
-Ma dov’è Anna?-
-Okami(*) Anna ha detto che era uno spreco assistere a questa gara…- spiegò
dolcemente una ragazza dalla chioma rosata e lo sguardo timido. Yoh sospirò…
Anna, la sua ragazza. A dire la verità, lei non dimostrava poi molto il titolo
che il fidanzato le aveva attribuito. Temeva quasi fosse solo interessata al
*ruolo* che aveva Yoh nella zona di Kurubito. Mentre Tamao…
Fece andare su di giri il motore, tenendo saldo il freno, fissando con la coda
dell’occhio la giovane che gli aveva parlato prima. Lei, Yoh lo sapeva, era
innamorata di lui. Ma lui, non voleva e non poteva ricambiare il grande affetto
che gli mostrava…
La nera Jaguar scattò in avanti, impaziente come una pantera di ghermire la
strada, trattenuta a stento dal piede sinistro dal giovane, fisso sul pedale del
freno.
-Ehi, Asakura!-
Il moro si girò verso colui che l’aveva chiamato. Il pilota della vistosa
Ferrari, di una tinta tra il rosso e il rame cromato, lo fissava ringhiando dal
finestrino.
-Ci vediamo in fondo…- lo minacciò, le parole accompagnate dagli ululati dei
suoi compagni.
Yoh ricambiò la minaccia con un sorriso
-Attento a non perderti per strada- ribattè, alzando il finestrino e
concentrandosi sulla pista.
Il percorso scelto era proprio dietro la vecchia zona industriale. All’ingresso
del lungo rettilineo era posizionata una griglia ad alta tensione, che si alzava
ed abbassava ad intervalli. Una minacciosa ghigliottina, capace di friggere il
conducente dell’auto…
I motori delle due vetture latravano, attendendo il momento propizio per
partire. Cinque kilometri di asfalto prima del muro. Di solido cemento armato.
-Ancora qualche istante…- pensò Yoh, le mani guantate strette sul
volante, rivolgendo un’occhiata all’avversario. Questo, improvvisamente, partì
deciso, urtando con l’alettone posteriore la grata elettrica. Venne liquefatto
all’istante, ma era passato.
-Dannazione!-
Imprecando, il moro lasciò il freno e la macchina schizzò in avanti, la velocità
di un proiettile. Un nero proiettile lanciato all’inseguimento della Ferrari.
Faceva i trecento all’ora, e non accennava a fermarsi…E l’avversario era almeno
un kilometro più avanti.
Una goccia di sudore scese dalla tempia sulla guancia del giovane. Ormai,
sarebbe stato costretto a rallentare, altrimenti si sarebbe schiantato nel muro.
Tolse gli occhi dalla strada, gettando una fugace occhiata al ventenne
dell’altra vettura. Aveva gli occhiali scuri e non poteva intravedere la sua
espressione…Tuttavia, non sembrava minimamente intenzionato a frenare.
A 500 metri dal muro, Yoh inchiodò sul pedale del freno, stringendo così forte
il volante che le nocche divennero bianche. Inutile, sarebbe arrivato dopo la
Ferrari. Il capo del temuto clan Asakura disonorato in questo modo…Non sarebbe
più stato in grado di guardare suo fratello negli occhi.
Ma accadde qualcosa, che nessuno aveva previsto…
Il motore della vettura scarlatta prese a fumare. Il conducente si sporse dal
finestrino, fissando rabbioso il cofano fondersi per il calore
-Ma che diav…-
*KAAAAAAAAABOOOOOOOOMMMMM!!!!!*
Un assordante botto fece saltare in aria tutta la macchina, che venne divorata
all’istante da un rogo di fiamme, senza lasciar scampo al pilota. Yoh venne
sospinto in avanti dal risucchio dell’aria bollente, senza che a nulla potessero
funzionare i freni. Lasciò il volante e il pedale, raggomitolandosi sul sedile,
per diminuire al minimo lo schianto.
La Jaguar “entrò” letteralmente nel muro del magazzino, polverizzando il
cemento. I vetri esplosero e la lamiera dell’auto si accartocciò su se stessa.
Il motore prese fuoco e, tempo qualche secondo, Yoh avrebbe fatto la stessa fine
del suo defunto avversario.
Strisciò fuori dalla carcassa, certo di avere almeno tre costole rotte. Era
pieno di tagli che gli avevano provocato i vetri, ma tutto sommato stava bene. E
al momento, la cosa più importante era levarsi di torno prima che tutto saltasse
in aria. Alla svelta…
Corse fuori dal buco che la macchina aveva aperto nella parete, tenendosi un
braccio. Malgrado fosse bravo a correre in auto, per l’atletica era totalmente
negato.
L’ulteriore esplosione alle sue spalle lo fece ruzzolare via. Si ritrovò a
terra, ansimante, il magazzino totalmente in fiamme, così come la Ferrari poco
più avanti.
La vista cominciava ad offuscarsi, mentre fissava delle sagome che correvano da
lui, le sirene della polizia e dei pompieri in lontananza.
Sorrise, prima di perdere i sensi, abbandonandosi sull’asfalto
-Ho vinto…-
***
Zona portuale
Kurubito Sud
Tokyo
Una tetra stanza, le pareti crepate e il pavimento ingombro di lattine e
pacchetti di sigarette vuoti. Aveva il soffitto alto e un penetrante odore di
olio di motore, essendo ciò che rimaneva di un vecchio deposito auto. Numerosi
cassoni di legno e impalcature di acciaio arrugginito completavano il quadro.
Una figura bussò allo spesso portone, tre volte, aspettando risposta. Si guardò
intorno, circospetto e spaventato, stringendosi nel cappotto. Non gradiva venire
da quelle parti, proprio no…
Era entrato nel clan Star solamente perché voleva gettarsi alle spalle la noiosa
vita della Tokyo “rispettabile”. Era da poco che si era trasferito nella Koogai,
la bassa periferia, e bazzicava spesso le varie zone del quartiere di Kurubito.
Un “kurubito” era, letteralmente, un “ladro di automobili”; e, visto che la zona
abbondava di macchina rubate, l’intera zona aveva preso questo nome.
Tuttavia, il nostro informatore misterioso era solo un sottoposto, adibito a
sorvegliare, di nascosto ovviamente, le gare della altre bande, e venire a
riferire tutto al capo. Non l’aveva mai visto in faccia, ma tutti, da quelle
parti, conoscevano la storia dei due fratelli Asakura e della loro faida.
La porta si aprì, cigolando. Rabbrividendo, entrò nel buio e soffocante
magazzino. Tossì, mettendosi una mano sulla bocca. C’era così tanto fumo, lì
dentro, che sembrava ci fosse la nebbia. Tenne lo sguardo basso, avanzando verso
una piramide di cassoni centrale, sentendosi osservato. Era inquietante, decine
di mozziconi brillanti di sigaretta, ancora accesi, poco sotto occhi minacciosi.
Sapeva, da quanto gli dicevano, che in quello stanzone c’erano i fedeli seguaci
Hao Asakura, coloro i quali lo avevano visto in faccia.
-Ah, Kasazuka-san, benvenuto-
Una voce stranamente cordiale lo accolse. Alzò lo sguardo, cauto, notando che
proveniva proprio dalla cima della pila di casse. Si inchinò leggermente
-Signor Hao- cominciò –Ho il rapporto della gara di questa notte…-
-Bene, sentiamo-
L’informatore cambiò appoggio da un piede all’altro, nervoso
-Ecco…Suo fratello, il signor Yoh, ha vinto…- il silenzio che ne seguì non fu
rassicurante –Ma solamente perché la vettura avversaria ha preso fuoco
inspiegabilmente, circa alla fine del percorso…-
Sentì una risata, seguita da molte altre sparse nel fumo delle sigarette,
intorno a lui. Corrugò le sopracciglia, perplesso. Perché…?
-Ottimo lavoro, Kasazuka. Puoi andare, adesso…-
Il giovane uomo, si inchinò nuovamente, sempre più incerto del perché il
suo capo sembrava lieto della notizia appena ricevuto. Si avviò al portone,
uscendo e chiudendoselo alle spalle. Sparì rapido nella fredda notte, sgommando
con la sua moto, impaziente di andarsene da lì.
-Assolutamente perfetto…- parlò Hao, sbuffando in una sola boccata il fumo che
aveva appena aspirato. Sogghignò
-Il sabotaggio all’auto di quegli sciocchi ha funzionato, ben fatto Kanna- si
congratulò il moro con una ragazza dai lunghi capelli lisci e lo sguardo
glaciale. Questa chiuse gli occhi
-Bazzecole, le auto sono la mia specialità…-
Hao rise nuovamente, spegnendo la cicca contro il legno del cassone ove era
stravaccato.
-Mi scusi se glielo chiedo, signor Hao…- intervenne una voce roca. Il giovane
diciottenne si voltò, sorridendo
-Dimmi, Peyote-
-Ecco…Perché avete fatto vincere vostro fratello, se la domanda non vi è
inopportuna…-
Il sorriso abbandonò il volto del moro, e la sua espressione divenne glaciale
-Si, Peyote, la domanda mi disturba…-
L’uomo si affrettò a scusarsi, lasciando Hao silenzioso. Fissò davanti a sé,
nella piccola finestra dal vetro sporco, i bui vicoli di Kurubito, udendo in
sottofondo il chiacchiericcio dei suoi sottoposti e il frangersi delle onde sul
molo di cemento, lontano in quella gelida nottata. Sogghignò
-Solo io posso vincerti, Yoh, ricordatelo…-
***
Piano attico
Kurubito Nord
Tokyo
Due occhi dal taglio felino lo osservavano dall’ombra. La pupilla dorata, le
sottili sopracciglia nere, corrucciate, intraviste appena sotto il folto ciuffo
corvino che ricadeva scomposto davanti agli occhi, conferivano alla sua
espressione un che di irritato.
Estremamente irritato.
Tutti sapevano che quando quegli occhi d’ambra si incupivano, qualcuno avrebbe
pagato il proprio errore. Il possessore di quelle iridi di miele non era noto
per perdonare.
-Che significa “è saltato in aria”?- chiese, scocciato, al suo
informatore.
Quella notte, la gara del Clan Asakura si era dimostrata molto più *frequentata*
del previsto. Anche un altro clan si era preoccupato di inviare un infiltrato
per assistere a quella corsa. E, adesso, l’uomo rimpiangeva di aver accettato
quell’incarico. Dettato dal capo del gruppo in persona, poi…
-Beh, ecco…- cominciò l’informatore, cercando di guadagnare tempo –La macchina
dello sfidante di Asakura è esplosa, come le ho detto…Quindi, il ragazzo è
rimasto coinvolto, in parte-
-So che significa “saltare in aria”, Okamura- lo freddò quella voce fredda e
impassibile –Mi prendi per uno scemo, forse…?- chiese poi, mellifluo.
L’uomo lo vide sogghignare, nella penombra, un sorrisetto velenoso dipinto sulle
labbra. Deglutì, scotendo la testa
-No, signore, certo che no- sudò freddo, scusandosi –E’ solo che…non capisco la
vostra domanda-
-Di che ti sorprendi, Ren?- una voce ironica provenì alle spalle dell’uomo –Ecco
ciò che si ottiene da persone incompetenti, solo insulti…-
L’informatore si girò di scatto.
Nel salone al piano attico dove era stato ricevuto erano entrate altre due
figure. Il giovane a sinistra aveva capelli blu scuro, trattenuti da una fascia
nera, che li alzavano in aria, facendolo assomigliare ad un riccio. Lo guardava
ridacchiando, un brillio divertito negli occhi. Era accompagnato da una bella
ragazza, dalla lunga chioma turchina e vestita di un abitino viola scuro,
piuttosto corto e provocante.
Ren, dalla poltrona dove era seduto nella penombra, sospirò pesantemente
-HoroHoro, quante volte ti ho ripetuto che ciò che faccio non ti deve
interessare?- lo rimproverò con voce strascicata. Il giovanotto scoppiò a ridere
-Dici sempre così, allora come mai chiedi la mia opinione?-
Ren non rispose nemmeno, tornando a concentrarsi sull’uomo
-Voglio sapere perché è saltato in aria, chiaro? E lo voglio sapere adesso-
L’uomo venne assalito dal panico
-Ma…com…-
-D’accordo, mi sento generoso- la voce tagliente di Ren lo interruppe –Ti
concedo un’ora per scoprirlo, usala bene, se non vuoi tornare dal buco nel quel
ti ho raccattato…Chiaro?-
L’uomo annuì, frenetico, inchinandosi riconoscente.
-Bene, per ora è tutto- riprese il giovane –Pirika, accompagnalo fuori…-
La ragazza annuì, precedendo l’uomo fuori dalla porta e scendendo le scale con i
suoi tacchi alti. Quello la seguì, sollevato, chiudendosi la porta alle spalle e
ansioso di mettersi subito al lavoro. Non era cosa da tutti i giorni ottenere
una seconda possibilità da Ren Tao.
-Devi essere particolarmente di buon umore, per averlo risparmiato- fece notare
HoroHoro, stravaccandosi su un divano di pelle chiara, addossato alla parete.
Ren si alzò dalla poltrona, fissando fuori dalla finestra e dandogli le spalle.
La poca luce che filtrava dallo spiraglio nella tenda illuminava il suo volto,
facendo luccicare quelle iridi dorate, adesso rabbuiate maggiormente.
-Al contrario, sono molto irritato da questa faccenda…- rispose poi. Si voltò,
fissando il giovane negli occhi scuri, che sbucavano appena da sotto l’ombra
della fascia
-Prova ad usare quel poco cervello che ti ritrovi…-cominciò –Come può una
macchina, truccata e controllata fino all’ultima vite, esplodere
all’improvviso?-
HoroHoro sembrò rifletterci seriamente, nel silenzio che era sceso nella sala.
Poco dopo, scosse la testa
-E’ impossibile, hai ragione-
-Come sempre, del resto- sogghignò Ren, tornando a fissare fuori dal vetro, che
si stava appannando leggermente per il suo respiro. Strinse un pugno, piantato
lungo il fianco
-Sospetto ci sia di mezzo qualcuno, HoroHoro, qualcuno che dovresti
conoscere molto bene…-
Il ragazzo dalla chioma oltremare cacciò una risatina nervosa
-Andiamo, non dire sciocchezze…-
-Non lo faccio mai, infatti, dovresti saperlo- ribattè Ren, rapido. HoroHoro
sbuffò, esasperato
-Lo so, è che…andiamo, non credo che quel *qualcuno* voglia favorire Yoh
Asakura, non dopo quello che è successo tra loro- spiegò, passandosi una mano
negli ispidi capelli blu cupo.
Un lento sogghigno fece capolino sul viso di Ren
-Quanto sei ingenuo- ridacchiò –Credi veramente che Hao Asakura non voglia
favorire il suo adorato gemellino?-
-Ma a che scopo?- incalzò HoroHoro, sempre più scettico.
Il diciottenne davanti a lui spalancò, con un ampio gesto, la lunga tenda di
velluto nero che copriva la finestra, permettendo alla luce della luna di
bagnare tutta la stanza, dal grande finestrone a picco sui vicoli di Kurubito
Nord, la zona più lussuosa di quella periferia malfamata. In lontananza, si
potevano scorgere le luci dei quartieri centrali di Tokyo, dove l’ombra delle
lotte tra i Clan di Kurubito non erano ancora riuscite ad arrivare.
Quel pallido chiarore tinse di viola i riflessi dei capelli corvini di Ren, che
ricadevano davanti agli occhi e ai lati del viso, serio e impassibile.
-Lo scopo, dici?- poggiò una mano sul vetro, guardando la strada sotto di sé.
Quattro ragazzini stavano trafficando nel motore di una Porsche grigio argento,
sprigionando scintille dai fili scoperti.
-Ancora non lo so…Ma sta certo che lo scoprirò- sibilò, facendo rabbrividire lo
spavaldo HoroHoro.
Se c’era una cosa di cui era certo, era che Tao Ren manteneva sempre la parola
data.
In un modo, o nell’altro.
-Piuttosto…- riprese Ren, il sapore di un sogghigno in quelle parole –Avverti
Pirica che abbiamo un ospite in arrivo, sembra una cosa importante se Asakura
invia un ambasciatore di tale risma-
HoroHoro si alzò, accostandosi anch’esso al grande finestrone, fissando la
figura che camminava a testa china verso il grattacielo.
Il suo volto si aprì in un sorriso, sinceramente soddisfatto
-Certo- ridacchiò –Sarà divertente fare quattro chiacchiere…- e corse fuori, in
cerca della sorella.
***
Covo del Clan Asakura
Kurubito Est
Tokyo
Yoh Asakura si
sentiva letteralmente a pezzi.
Gli doleva il petto, ad ogni respiro era come se mille spilli si conficcassero
sotto lo sterno, lungo tutta la zona toracica. Le voci che udiva intorno a sé
erano lontane, sembrava che qualcuno gli premesse l’ovatta sulle orecchie,
facendo rimbombare anche il più piccolo rumore. Cercò di aprire gli occhi, ma
l’impresa sembrò risultare al di là delle sue forze…
Ma c’era una voce, a lui nota. Oh, quella la conosceva bene.
-Sveglialo Ryu, non m’importa-
-Ma…okami Anna…-
-T’ho detto sveglialo!-
Yoh non potè reprimere un sorriso sconsolato. La sua ragazza, sempre così dolce
e comprensiva. Aprì gli occhi, trovandosi a pochi centimetri dal viso coperto da
una bianca mascherina di Faust VIII. Quest’ultimo gli sorrise
-Oh, ben svegliato Yoh-
Il moro tossì leggermente, sputando sangue. Evidentemente, l’emorragia non era
ancora terminata…
Alzò lo sguardo, osservando gli occupanti della stanza. Si trovavano nella sua
camera da letto, in un discreto palazzo nella zona est di Kurubito. Era un
vecchio Minshuku(**), pieno di stanze e bagni termali all’aperto, ottimo ritrovo
per tutti i componenti del clan Asakura.
Sorrise, nervosamente, dal futon dove era sdraiato
-Emh…salve-
-Yoh Sama, state bene- Tamao scoppiò in lacrime, coprendosi il volto con le
mani, mentre singhiozzava. Le piccole spalle erano scosse da un tremito, mentre
Ryu cercava di consolarla, dandole leggere pacchettine sul capo. Faust si alzò,
togliendosi mascherina e guanti
-Deve riposare, gli ho immobilizzato il torace, ma non deve fare sforzi,
altrimenti le costole si muoveranno…- raccomandò, rivolto ad Anna. La giovane
annuì, piantando le sue iridi scure in quelle di Yoh.
-Lasciateci soli- intimò. Ryu e Faust si guardarono, dubbiosi, obbedendo. Ryu
sospinse Tamao, ancora in lacrime, accompagnandola fuori dalla stanza e
chiudendosi la porta scorrevole alle spalle. La camera rimase piacevolmente
silenziosa…
Yoh si passò una mano tra i capelli castani, scompigliandoli ulteriormente,
mentre sbadigliava
-Ah, che sonno…Quanto ho dormito?-
Anna non rispose, limitandosi a fissarlo a braccia incrociate, piantata davanti
a lui. Yoh si zittì, osservando qualcosa agitarsi negli occhi freddi
della giovane, qualcosa che non riuscì ad identificare…
-…Anna? Ti senti…- si interruppe, sussultando. Lungo la guancia della ragazza
scendeva una lacrima, solitaria e trasparente, mentre lo fissava ancora.
-Baka- sibilò, rabbiosa –Yoh no baka!! Potevi morire lo capisci?- sbottò,
infuriata, cadendo in ginocchio di fianco al giovane e facendo per tirargli uno
dei suoi famosi schiaffoni.
Yoh chiuse gli occhi, preparandosi al colpo, che però non venne. Sentì, invece,
il tocco delicato della mano di Anna sulla gota sinistra, carezzare
delicatamente il lungo graffio che aveva sullo zigomo. Lei lo guardò, ancora
impassibile, malgrado la lacrima che ancora rigava il suo volto.
Il giovane sorrise, dolcemente
-Ti chiedo scusa, Anna- passò una nocca sulla guancia arrossata della ragazza,
asciugando quella stilla agrodolce –Non piangere-
La biondina corrugò le sopracciglia, staccandosi da lui e passandosi una mano
sugli occhi
-Non sto piangendo- si giustificò, austera come sempre.
Yoh annuì, tranquillo, mentre lei si rialzava in piedi, spolverandosi l’abito
nero, corto fino alle ginocchia.
-Complimenti per questa sera, mi hanno riferito…-
-Grazie-
-Ma quell’imprevisto non doveva capitare- continuò, seria –Ho mandato Manta ad
incontrare Tao Ren, abbiamo bisogno di alleati…-
-Ren è sempre stato dalla nostra parte, lo sarà anche questa volta- spiegò il
moro, minimizzando. Anna approvò con un cenno del capo, recandosi alla parete in
fronte al futon. A questa era affissa una cartina, piena di vicoli tortuosi e
stradine: la scritta “Kurubito” troneggiava in cima alla piantina.
Indicò la zona est, racchiusa da una spessa linea rossa, e poi quella nord, dove
svettava un immenso grattacielo, il simbolo del Tao sopra i numerosi violetti
-Possiamo controllare tutta la zona nord-est, se Tao Ren acconsente ancora…-
poi, puntò l’indice dalla lunga unghia curata nella zona ovest, circondata da un
lussureggiante parco, uno degli ultimi di tutta Tokyo –ma il nostro problema
restano sempre loro…-
L’espressione di Yoh si rabbuiò, mentre fissava con le sue iridi color nocciola
il nome del clan che dominava l’intera zona occidentale di Kurubito
-Lasciamoli perdere, Anna…- sussurrò –I conti che hanno da risolvere con mio
fratello non sono affar mio…-
***
Parco Shuichiro
Kurubito Ovest
Tokyo
Le foglie di un
albero cadevano intorno alla figura seduta a terra, sotto di esso, sulla fredda
terra, che il gelo di quella notte luminosa aveva ghiacciato. Come una delicata
pioggia, turbinavano nell’aria nebbiosa, che fischiava e mormorava tra i rami
del parco.
Alzò gli occhi verso le fronde, un rogo di frasche porpora e oro, così *belle* e
calde…Sembrava quasi ardessero di vita propria, come tante scintille scappate al
controllo del fuoco.
Un piccolo lampo rosa si materializzò al suo fianco, profumando di fiori il
respiro caldo del giovane. Tese una mano, ove la creaturina si posò
delicatamente, spolverando le dita di quella mano di una polverina impalpabile,
brillante e delicata come un bocciolo di fiore. Rischiarò il buio che la luna
non era riuscita a cancellare, sotto quell’immenso acero scarlatto. Il ragazzo
sorrise, gentile
-Ben tornata, Morphin…Allora?-
La fatina volò vicino al suo orecchio, sussurrando parole che solo lui poteva
udire e che si persero nel vento di quella notte invernale. Il giovane annuì,
ringraziandola.
Si appoggiò al tronco dell’albero, sospirando, mentre l’esserino si accomodava
sulla sua spalla, rannicchiandosi contro il collo caldo del suo padrone, sotto
la stoffa della bianca veste che indossava. Il ragazzo scrutò davanti a sé, le
iridi di smeraldo pensierose e inquiete.
Doveva riferire ciò che Morphin gli aveva raccontato?
Non era un’informazione ufficiale, e sapeva come Marco prendeva le cattive
notizie, soprattutto non richieste…
Si passò un dito sulla parte destra della gola, percorrendo le strisce rossastre
che macchiavano la purezza di quella pelle bianca e sottile, rabbuiandosi.
No, si disse, meglio di no…
Dopotutto, nessuno sapeva dove si trovasse in questo momento. Era uscito di
nascosto, godendosi quei pochi attimi che poteva riservare per sé stesso, lui e
nessun altro. Alzò nuovamente lo sguardo, perdendosi nel bruciante rogo di
foglie, che ad ogni carezza del vento cadevano lentamente al suolo, tappezzando
ormai tutto il prato. Inspirò profondamente, socchiudendo le palpebre al soffio
di quell’aria gelida sul viso, come un bacio a fior di labbra.
Il crepitio di qualcosa che avanzava sull’erba lo risvegliò dal suo
momentaneo torpore. La brina scricchiolava sotto le suole di quel *qualcuno*,
che poteva vedere farsi strada tra i tronchi degli alberi. Aveva una certa
fretta…
Il giovane sospirò, rassegnato.
Mi hanno trovato…
Un uomo sbucò nella radura, aveva biondi capelli e un paio di occhiali dalla
montatura trasparente sul naso. Lo fissava, impassibile, lo sguardo duro e
severo come sempre.
-Lyserg…Dove ti eri cacciato?-
Il ragazzo si alzò, rapido, spolverandosi la lunga veste immacolata che portava
sopra un paio di pantaloni neri, corti al ginocchio. Raggiunse Marco, la sua
fatina che era ancora posata sulla sua spalla sinistra, scrutava l’uomo con i
piccoli occhietti viola, quasi fosse indispettita.
-Scusami Marco, voleva fare una passeggiata-
-Che non succeda più- lo seccò questo, spingendosi gli occhiali sul naso
–Piuttosto, sua altezza Maiden desidera vederti…-
Lyserg sobbalzò, inarcando educatamente un sopracciglio.
Marco non si degnò di dare spiegazioni, precedendolo nel parco, verso un grosso
edificio oltre le chiome vermiglie degli aceri. Il ragazzo lo seguì, indugiando.
Rivolse un’ultima volta i verdi occhi verso l’albero sotto il quale si era
seduto. Sorrise, triste, ripensando a ciò che era successo sotto quell’albero,
non molto tempo prima. Fantasmi di risate e parole divertite, ombre felici sotto
quell’albero, a Lyserg pareva quasi di sentirle sussurrare nel vento.
C’è quel famoso detto “Tutto cambia”.
Lyserg, tuttavia, non credeva ancora che fosse potuto accadere tanto in fretta…
***
Kurubito Nord
Tokyo
Era ancora lì, messaggero di pace, ambasciatore principale del Clan Asakura,
superiore alla faide e alle lotte tra i gruppi, dotato di tale diplomazia da
poter trattare da pari con i capi del rispettivi clan, senza bisogno di avere
una pistola in tasca o un coltello alla gola.
Manta Oyamada.
Si era alzato parecchio in quegli anni, raggiungendo, se non proprio all’altezza
di Yoh, almeno poco più basso. I capelli biondo scuro ancora acconciati in quel
caschetto sempre spettinato, la lunga frangia copriva di poco gli occhi, attenti
e guardinghi.
Affrettò il passo, calcandosi le mani in tasca del lungo cappotto e respirando
nell’aria nevosa di dicembre. Sperò con tutto il cuore di non incontrare nessuno
scagnozzo di Ren. Pur essendo quest’ultimo abbastanza comprensivo e,
relativamente, civile nei suoi confronti, non poteva dire lo stesso dei
suoi sottoposti. Anche se Manta sospettava che il giovane lo trattasse con
parziale accondiscendenza solo per il rispetto e l’onore che nutriva nei
confronti di Yoh…
Girò l’angolo, scorgendo in fondo alla larga via, dopo il dedalo di vicoli, il
grattacielo dimora di Tao Ren. La luce, all’ultimo piano, era spenta, ma poteva
vedere la tenda scostata dal grande finestrone.
Superò, cercando di restare indifferente, un gruppo di ragazzetti che
trafficavano dentro il cofano di un’automobile, evidentemente la loro ultima
preda, giungendo sotto l’ampio portone d’acciaio.
Bussò deciso sul metallo, facendo rimbombare i colpi sordi nel silenzio del
quartiere.
Aveva un messaggio importante…
…to be continued…
***
Buonasera ^o^
Mi sono andata ad impegolare in questa fanfic, vedremo se avrà un seguito^^; più
che altro, il problema è se riuscirò a continuarla, la scuola mi tiene parecchio
impegnata… -//- sapete, il terzo anno del Classico è una tortura, non so se
qualcuno ci è già passato ^-^; a chi lo farà, faccio i miei auguri più sinceri,
benvenuti nel club dei masochisti, nyah xD!
Note:
(*)= [vedi “Shaman King” #15] Significa “Padrona”, ed è l’epiteto che Ryu e
Faust usano per riferirsi ad Anna, che ha li ha aiutati nell’allenamento per lo
Shaman Fight ^-^ Chiaro?
(**)= pensione a conduzione familiare, solitamente composta da un complesso
termale^^