Diana rientrò a casa con il morale a terra.
“Diana… ti eri dimenticata il cappotto prima!” disse la
madre appena la vide entrare in casa.
“Diana… Stai bene?” disse avvicinandosi a lei ed
osservandola meglio.
“Oh mamma!” disse solo la ragazza prima di scoppiare in un
pianto a dirotto.
“Diana… Cos’è successo?” chiese abbracciandola e guardando
Minnie May alla ricerca di una spiegazione.
La piccola la osservò senza proferire parola, in quanto non
aveva capito bene cos’avesse combinato la sorella maggiore.
“Diana adesso calmati e raccontami tutto…” disse la signora
Barry una volta che la figlia sembrò calmarsi.
Non posso dirglielo, altrimenti non mi farà
più vedere Fred! pensò la ragazza cercando di
calmarsi.
“Non è niente mamma… troppe emozioni…” disse allontanandosi
da lei.
“Sicura?” le chiese guardandola negli occhi.
Un semplice cenno affermativo rispose a quella domanda.
Aiutò la madre ad apparecchiare e, si sedette a tavola.
Dopo aver pregato, tutti fecero onore all’arrosto della
signora Barry, tutti tranne Diana che osservava distrattamente quello che aveva
nel piatto.
“Diana? Non hai fame?” chiese la signora Barry dopo aver
scambiato un’occhiata d’intesa con il marito.
“Non ho appetito mamma… Posso salire in camera?” chiese la
ragazza con un sorriso tirato.
“D’accordo… magari dopo ti porto un bicchiere di latte
caldo…” propose premurosa la donna.
“Paula… mi sono ricordato che domani pomeriggio devo andare
a riparare la staccionata di Zia Atossa…” disse il signor Barry alla moglie.
Diana, a sentire quella notizia, sbiancò visibilmente ma
continuò il tragitto verso la camera.
Appena ebbe chiuso la porta, la ragazza si buttò sul letto
e pianse, pianse calde lacrime.
Pensava di averle esaurite, ma si dovette ricredere.
Pianse per quasi mezz’ora poi, vinta dal sonno,
s’addormentò.
Un’ora dopo la madre salì in camera con una tazza di latte
fumante e vide che la figlia si era addormentata.
Il dolce viso della ragazza rigato dalle lacrime; tornò
quindi sui suoi passi.
Non volendo disturbare il sonno della figlia, sperando che
la notte portasse la pace nell’animo della ragazza.
I pallidi raggi del sole svegliarono Diana da un sonno
alquanto agitato.
“Neppure nei sogni Janet mi da tregua” mormorò la ragazza
alzandosi dal letto.
Dopo essersi lavata il viso si vestì con un semplice abito
verde muschio.
Dopo essersi osservata allo specchio, scese lentamente in
cucina.
“Buongiorno mamma…” disse la ragazza alla donna, già
affaccendata in cucina.
“Buongiorno Diana… Stai un po’ meglio?” chiese la donna
apprensiva.
“Sì… non ti preoccupare” disse la ragazza, ma il tono di
voce non era il solito allegro e la madre lo percepì.
“Mi sembri stanca…” disse la donna osservando attentamente
la figlia.
“E’ solo apparenza… Sto benissimo, non ti preoccupare”
disse la ragazza con più enfasi tranquillizzando, almeno in parte, la donna.
Dopo aver fatto colazione uscì diretta all’asilo.
“Diana? Ehi Diana… Aspetta!” la chiamò Fred.
“Fred? Ciao” disse sorridendo.
“Non stai bene? Hai una faccia…” le disse il ragazzo
accarezzandole dolcemente una guancia.
“Va tutto bene… dev’essere la stanchezza accumulata durante
il viaggio” rispose la ragazza.
“Se lo dici tu… ti accompagno?” propose il ragazzo felice
dell’occasione appena capitatagli.
“Sì, grazie” disse Diana tornando ad essere, almeno
esteriormente, la ragazza felice del giorno prima.
Parlarono della recita che si sarebbe tenuta la vigilia di
natale e dei vari lavori che la segheria del padre di lui aveva in procinto di
svolgere.
Arrivarono all’asilo ed i due si separarono.
Diana entrò all’interno dell’edificio e Fred rimase un
attimo a guardarla, non convinto della tristezza che aveva letto negli occhi
della ragazza.
I bambini iniziarono pian piano ad arrivare. Mary Anne,
come d’abitudine fu la prima, ed appena vide la maestra le corse addirittura incontro.
“Maestra? Perché sei triste?” chiese ansiosa la bambina
vedendo il viso triste della ragazza.
“Non è niente Mary Anne… Non è niente” disse abbracciandola
dolcemente, mentre una lacrima solitaria le rigava il bel viso.
Arrivarono Anna e Julia e, soprattutto la prima, capirono
che non era la solita Diana quella che avevano di fronte.
Discussero con i bambini dell’imminente recita e delle
parti di ognuno.
Mary Anne ottenne la parte dell’angelo mentre Toby e Lucy
ottennero la parte di Giuseppe e Maria. Paul avrebbe fatto la parte
dell’asinello e Bob quella del bue.
Avrebbero anche cantato alcune canzoni e, dopo averle
scelte, decisero di provarle quello stesso pomeriggio.
Poco prima di pranzo Anna chiese a Diana di poterle parlare
in privato.
“Cosa c’è Diana? Sei strana. E’ lampante che è accaduto
qualcosa… Dimmelo, dopotutto siamo amiche!” disse Anna cercando di smuovere
Diana.
“Oh Anna… Sapessi… Ieri ero così felice…” iniziò Diana non
riuscendo più a tacere.
Raccontò all’amica cos’era accaduto, dal fidanzamento
ufficioso con Fred, al fidanzamento ufficiale. Alla gioia provata ed al baratro
in cui era caduta dopo l’incontro con Zia Atossa per prima e con Janet
successivamente.
“Devi dirlo a Fred. Non puoi tacerglielo. Se ti ama si sarà
accorto che qualcosa non va…” suggerì Anna stringendo le mani a Diana.
“Lo pensi davvero?” sussurrò Diana.
“Ne sono convintissima” disse sorridendo la rossa.
“Va bene… stasera dirò tutto sia a Fred sia ai miei
genitori” acconsentì Diana.
Finalmente un bel sorriso illuminava il suo bel viso, non
più segnato dall’ansia.
Rientrarono al termine della pausa e Julia notò il viso
disteso di Diana.
“Scusami Julia se non mi sono confidata con te…” disse
abbracciando l’amica.
“Non importa… Quando sarai pronta lo farai anche con me” disse
la ragazza, felice di vedere la sua amica del solito umore allegro e
spensierato.
Il pomeriggio volò letteralmente. I bambini si divertirono
un sacco a provare le loro parti.
Tutti sbagliarono qualcosa, ma dopotutto mancavano ancora
due settimane a natale ed il tempo per migliorarsi c’era.
Al termine della giornata, Diana, Anna e Julia
controllarono i bambini, non volevano che prendessero un malanno.
Una volta pronti uscirono, diretti verso la casa del primo
bambino, ma la vista di Fred, appoggiato ad una quercia, fece capire a Diana
che quella sera non avrebbe accompagnato i bambini come al solito.
Salutò tutti ed andò verso il ragazzo.
“Buonasera Diana…” disse il ragazzo, sorridendo
gentilmente.
“Buonasera Fred…” rispose Diana.
“Posso accompagnarti a casa?” chiese il giovane osservando
la ragazza.
Era strano, ma la tristezza di quella mattina era sparita.
“Certamente… però facciamo il giro lungo… devo parlarti…”
disse lei incamminandosi verso il sentiero.
Fred la seguì, curioso soprattutto di sapere cosa Diana
voleva dirle.
Dopo quella che per Fred fu un’eternità finalmente la
ragazza si decise a raccontare quanto accaduto il giorno prima a casa di Zia
Atossa.
Il ragazzo ascoltò in silenzio, ma i pugni stretti, fecero
capire alla ragazza il nervosismo crescente del ragazzo.
“… e poi… beh poi ci si è messa Janet…” disse in un soffio.
“Janet è ad Avonlea?!” chiese alquanto stupito il giovane.
“Già… da quanto mi ha detto è stata lei a sobillare sua
nonna e poi mia zia… Scusa se non te l’ho detto prima…” disse lei chinando il
capo.
“L’importante è che tu l’abbia fatto. Ricordami di
ringraziare Anna per il consiglio che ti ha dato…” disse abbracciandola
teneramente.
“Me ne ricorderò…” rispose Diana sorridendo.
“Adesso sei tornata la Diana che conosco e che amo con
tutto me stesso…” disse lui dandole un buffetto sulla guancia.
Erano intanto giunti a casa Barry. Si salutarono e Diana
rientrò in casa.
“Già a casa Diana?” le chiese la madre.
“Sì… è passato Fred a prendermi… Mamma… Ti ricordi ieri
sera?” chiese Diana.
“Sì… perché?” chiese la donna osservando la figlia.
“Ecco… c’è qualcosa che devo dirti…” iniziò la ragazza.
Dopo aver raccontato tutto si sentì meglio. Osservò di
sottecchi sua madre che era rimasta silenziosa durante tutto il suo racconto.
“Non ti preoccupare… Zia Atossa è fatta a suo modo…
Ricordati che noi saremo sempre dalla tua parte…” disse la donna comprensiva.
“Scusami se non mi sono confidata prima con te, ma avevo
paura” sussurrò la giovane.
“Anch’io l’avrei fatto al tuo posto, non ti preoccupare e
mettiamoci una pietra sopra… Tuo padre non ascolta mia Zia Atossa, e se
stavolta volesse ascoltarla… Ci penserò io a fargli cambiare idea… Ricorda
figlia mia, gli uomini sono la testa… ma la donna è il collo…” disse
sorridendole.
La settimana volò letteralmente, Diana, Anna e Julia erano
molto prese dai preparativi per la recita e tutti i bambini erano eccitati alla
sola idea che, tra quasi una settimana, avrebbero recitato come i grandi.
Janet non si era più fatta vedere, ma Diana non era
preoccupata: ora era certa dell’amore di Fred e soprattutto del suo.
Nessun ostacolo sarebbe stato insormontabile se al suo
fianco c’era Fred.
Giunse la domenica. Le insegnanti dell’asilo avevano
parlato il giorno prima con il reverendo, chiedendogli se potevano annunciare
la recita che si sarebbe tenuta la vigilia.
Il reverendo Allan era stato ben contento di aiutarle ed
aveva garantito tutta la pubblicità del caso. Era importante che i bambini
avessero vicino l’intera comunità.
Diana quel giorno si alzò di ottimo umore, nonostante il
cielo carico di nuvoloni grigi che minacciavano pioggia o, nel peggiore dei
casi, una nevicata.
Si vestì con cura, la domenica era il suo giorno preferito.
Fin dall’infanzia quel giorno era tutto per lei.
E’ strano… qualche anno fa la domenica la
trascorrevo con Anna. Quanto ci siamo divertite. Era così bella e spensierata
la vita allora… Sembrano passati secoli, anziché anni… Si cresce… E poi… adesso
c’è Fred… Già… Fred pensò la ragazza sorridendo felice.
Dopo essersi osservata un’ultima volta ed aver preso il
cappellino ed il cappotto coordinati, andò a vedere come se la stava cavando
Minnie May.
Ovviamente era ancora rintanata sotto le coperte. Dopo
qualche supplica e qualche minaccia non molto velata, la piccola si alzò ed
andò a lavarsi il visino.
Diana osservò il cielo: non voleva saperne di lasciar
uscire il sole.
A tempo di record Diana vestì la sorella, la pettinò e le
acconciò i capelli.
“Perfetta Minnie May… Andiamo, o mamma e papà ci daranno
per disperse…” disse avviandosi verso le scale.
Sua madre, accanto le scale attendeva l’arrivo delle
figlie.
“Diana! Minnie May! E’ questa
l’ora di scendere?!” disse severa la donna.
“Scusaci…” dissero le figlie contrite.
“Solo per stavolta… Andiamo…” disse la signora Barry
facendo strada alle figlie.
Salirono sul calesse e si avviarono verso la chiesa.
Arrivarono dopo circa dieci minuti. Quasi tutte le persone
erano già entrate.
Sapevano di non essere in ritardo, ma era abitudine
ritrovarsi qualche minuto dinnanzi alla chiesa per parlare.
Stavolta non sarebbe stato possibile, ma la signora Barry
non intendeva crucciarsi per così poco.
Entrarono in chiesa e presero posto al loro solito banco.
Diana vide Anna e Julia, nella fila accanto alla sua e vide
Fred: era bellissimo.
L’arrivo di Janet nella piccola chiesa di Avonlea non passò
inosservato. Il vestito scelto era rosso ed alquanto scollato per una chiesa.
Tutti la osservarono, le matrone e tutte le donne presenti
alquanto contrariate da un simile spettacolo, mentre gli uomini ed i ragazzi la
osservavano rapiti da tanta bellezza.
Vari mormorii si alzarono. Diana lanciò una rapida occhiata
a Janet, arrossendo subito.
Janet infatti non era sola, era accompagnata dalla signora
Thompson e da Zia Atossa.
La signora Lynde cambiò colore, e molti pensarono che
sarebbe morta in quello stesso istante.
Janet, ignorando i sussurri e le occhiate, prese posto una
fila davanti a quella dei Wright.
Il reverendo salì
sul pulpito, pronto ad officiare la funzione. Ma i continui mormorii lo
costrinsero ad intervenire “Fratelli… sorelle… questa è la casa del Signore… un
po’ di rispetto!” nessuno seppe dire se quelle parole erano per i mormorii
oppure per Janet soltanto.
Il reverendo, una volta ottenuto il silenzio assoluto,
iniziò la funzione.
Appena terminata la funzione, il reverendo attirò
nuovamente l’attenzione dei fedeli.
“Un’ultima cosa fratelli e sorelle… Vi ricordo che la
vigilia di natale in questa chiesa avrà luogo la recita dei bambini dell’asilo…
Vi ringrazio fin d’ora per la vostra partecipazione, che spero sarà numerosa…”
disse il reverendo Allan guardando i fedeli.
Tutti i presenti annuirono, assicurando al vicino la loro
presenza.
“Un attimo ancora… un nostro concittadino ha chiesto di
poter parlare pubblicamente… ed io ho acconsentito… do quindi la parola a Fred
Wright…” disse il reverendo andandosi a sedere.
“Grazie reverendo…” disse il giovane dopo essere salito sul
pulpito.
“mi scuso per il modo inconsueto con cui ho deciso di
parlarvi, ma non voglio che ci siano più dubbi in proposito…” l’attenzione ora
era tutta per il ragazzo. Persino Diana e Janet osservavano il giovane, curiose
di ascoltare quello che aveva da dire.
“Vi informo ufficialmente che sono il fidanzato di Diana
Barry e… se lei mi farà l’onore… tra due anni… il 25 maggio… se per lei andrà
bene… vorrei diventasse la mia sposa…” terminò il giovane, rimanendo in attesa
della risposta di Diana.
Questa, rossa come un pomodoro, era seduta incapace di
staccare gli occhi di dosso dal giovane.
“Penso stia aspettando una risposta Diana…” disse la
signora Barry guardando di sottecchi la figlia.
“Sì…” sussurrò restando seduta.
“Non ti sente…” disse ancora la madre “Alzati…” insisté.
“Sì… con immensa gioia…” disse lei a voce alta.
Un applauso esplose appena lei ebbe pronunciato quelle
parole.
Il ragazzo scese dal pulpito e si avviò verso la ragazza.
“Pensi che sia stato sufficientemente chiaro?” chiese
guardandola negli occhi.
“Secondo me… sì…” disse sorridendogli dolcemente.
Tutti i cittadini andarono a congratularsi con i futuri
sposi, non era mai accaduto che una proposta di matrimonio fosse fatta così
pubblicamente, almeno non ad Avonlea.
Janet uscì furibonda dalla chiesa, seguita poco dopo dalla
signora Thompson.
Erano trascorsi due anni e mezzo…
Era il 25 maggio, il giorno del suo matrimonio.
Diana era bellissima nell’abito d’organza svasato, che
scendeva morbido fino ai piedi. Un velo delicato ed impalpabile scendeva fino a
terra.
Dei gigli selvatici ornavano la sua testa ed il bouquet,
opera di Anna che aveva mosso mari e monti affinché i fiori fossero perfetti,
faceva bella mostra di se tra le mani bianche della sposa.
Anna e Julia, in due meravigliosi abiti azzurri, erano le
sue damigelle d’onore, mentre il figlio del reverendo Allan era il paggetto.
Casa Barry era ricolma di invitati.
Fortunatamente quel giorno c’era il sole, aveva piovuto per
un’intera settimana, cosa che aveva irritato profondamente Diana.
C’era voluto tutto l’ottimismo di Anna e Julia per far si
che si calmasse.
La notte precedente le due ragazze erano rimaste a dormire
a casa Barry ed avevano discusso un’infinità di volte sull’indomani: desideri,
sogni, aspettative, dubbi, emozioni, sospiri, risatine e qualche lacrima aveva
allietato quella notte. Ed alla fine il giorno era arrivato.
Il giorno in cui due anime sarebbero state unite per
sempre.
Diana arrivò in chiesa, dove Fred già l’attendeva innanzi
all’altare.
Il vestito nero che indossava lo rendeva ancor più alto ed
attraente.
Dal canto suo, anche il ragazzo era incantato dalla vista
di Diana in abito da sposa.
La vide avanzare lentamente, al braccio del padre: sembrava
incredibile che entro breve sarebbero stati ufficialmente marito e moglie.
La cerimonia si svolse come in un sogno, le donne presenti
versarono qualche lacrima, com’è d’obbligo, mentre gli uomini cercavano di
consolarle come potevano.
Pronunciarono i loro voti guardandosi negli occhi.
“Puoi baciare la sposa…” disse il reverendo Allan,
osservando con dolcezza i due ragazzi.
“Signore e Signori, vi presento i signori Diana e Fred
Wright” disse appena i due si staccarono dal tenero bacio che aveva suggellato
il loro amore.
Vari cori inneggianti gli sposi giunsero da più punti.
Il rinfresco si svolse senza intoppi e ben presto la casa
dei Barry.
Diana era felice. Felice come non era mai stata in vita sua.
Aveva coronato il suo sogno.
Aveva lasciato il rinfresco per prendere una boccata
d’aria.
Sentì la porta sul retro chiudersi e dei passi
avvicinarlesi.
“Sapevo di trovarti qui…” disse Fred abbracciandola.
“Già… è così bello il tramonto…” disse la neosposina
accoccolandosi meglio tra le braccia del marito.
“Sai… a distanza di anni… ho una domanda da farti…” disse
Fred all’orecchio della sua amata.
“Dimmi…” lo invitò lei dolcemente.
“Perché Mary Anne ti definì come una crostata di fragole?”
chiese lui osservando i giochi di luce che si alternavano sul visino della sua
sposa.
“Le fragole ti avvolgono con il loro gusto… Ma non è facile
togliere tutti i semini che ti lasciano in bocca…” rispose la ragazza
ridacchiando.
“Vuoi dire che Mary Anne già sapeva?” chiese lui alquanto
sorpreso.
“Beh… era palese mio caro…” disse Diana sibillina.
“Te l’ho già detto che ti amo, signora Wright?” chiese lui
scrollando le spalle.
“No… non ancora, signor Wright… Ma può sempre rimediare…”
propose lei.
“Ti amo Diana…” disse lui.
“Ti amo Fred…” sussurrò lei.
Il tramonto fu l’unico a vedere il bacio dolcissimo che i
due si scambiarono.
Fine
Ecco la fine della mia fanfiction.
Ringrazio tutti quelli che l’hanno seguita
fin dall’inizio.
Un grazie particolare va a Nisicorvonero:
grazie mille per avermi incoraggiato e corretto. Questo capitolo è tutto per
te.
Con affetto. Kirby, alias Luana80