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Autore: StephEnKing1985    26/10/2010    1 recensioni
Alberto aveva un ragazzo, Nathan. La loro relazione durava da cinque anni, fino a che un giorno Nathan non uscì di casa e non scomparve. A distanza di due anni, Alberto è ancora solo e non sa cosa fare della sua vita. Mentre cerca di rialzarsi, misteriosi omicidi sconvolgono la tranquilla città di Torino. Conoscendo le vittime, Alberto si sentirà in dovere di indagare. Aiutato da uno scrittore, Alberto seguirà la via dell'assassino, fino a scoprire un'agghiacciante verità che mai avrebbe potuto immaginare.
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cinque

Cinque

 

Alberto era preoccupato. Il primo giorno che non aveva visto arrivare Daniele al lavoro, aveva pensato immediatamente che fosse stato un atto di ripicca per il rifiuto di una relazione con lui. Per tre quarti d’ora era rimasto attaccato al telefono che squillava a vuoto, fino a che non si era deciso a chiamare a casa, dove aveva risposto suo padre.

-Non è rientrato? Come mai?-

-No, non è rientrato. E non sappiamo dove sia, il suo telefono squilla a vuoto.-

-Capisco. La ringrazio signor Melandri, eventualmente mi richiami, qui in ufficio abbiamo bisogno del certificato medico di suo figlio se non si sente bene.-

-E noi abbiamo bisogno di nostro figlio. Le confesso che siamo alquanto preoccupati- Concluse il padre, dall’altra parte del telefono. Alberto annuì grave, tenendosi l’attaccatura del naso con l’indice e il pollice. Ringraziò ancora, quindi riappese e aspettò.

Il secondo giorno arrivò al lavoro e trovò tutti i suoi colleghi riuniti in crocchio in area relax. Da lontano, intuì che stavano parlando di Daniele. Donatello, il suo collega di ufficio stava comunicando che i genitori di Daniele avevano avviato una procedura per persona scomparsa.

-Mi ha telefonato questa mattina il padre. Ha detto che Daniele non è rientrato neanche ieri dopo la tua telefonata. Così hanno chiamato i carabinieri e per ora è dichiarato scomparso.-

Lo sguardo di Alberto si era perso nel vuoto nell’apprendere quella notizia, ed il suo cuore aveva avuto un salto. Con movimenti meccanici si avvicinò alla macchinetta del caffè ed estrasse una monetina da venti centesimi, che però non riuscì ad introdurre nella fessura, e gli cadde sul pavimento con un metallico tintinnio. Un dejà vu... di un episodio che avrebbe voluto dimenticare.

Quella mattina di due anni prima, non vedendo più arrivare Nathan a casa al solito orario, si era preoccupato parecchio. La sua mente si era messa a passare in rassegna diversi scenari per spiegare l’accaduto, non trovando tuttavia la soluzione adatta. E mentre era al lavoro, già due anni prima, era lì che voleva prendere il caffè alla macchinetta ma a causa della mancanza di coordinazione, la monetina da venti centesimi di euro gli era sfuggita di mano andando a finire sul pavimento, dove aveva tintinnato per due volte, fino a fermarsi. Mentre si chinava per raccoglierla, con mano tremante, vide qualcosa macchiargli il dorso.

Una, due, tre piccole goccioline di sangue si posarono sulla sua mano. A quella vista, Alberto quasi cadde a sedere per lo spavento, guardando in su per capire da dove provenisse quel macabro stillicidio. Sul soffitto vide una macchia dello stesso colore, quindi lasciò lì i venti centesimi e corse in bagno, sciacquandosi le mani e piangendo dal dolore.

Ora era lì a casa, seduto sul divano mentre alla televisione trasmettevano “Chi vuol essere Milionario”. Guardava nel video, ma non riusciva a concentrarsi. Continuava a pensare a Daniele che era scomparso, e poi a Nathan. “Perché?” pensava, e più si faceva quella domanda, più la sua mente tirava fuori il meglio degli scenari più improbabili. Ripensò ai carabinieri che erano venuti a chiedergli che fine aveva fatto il “signor Melandri”, dato che “lei, signor Ferrari, è l’ultima persona con cui il signor Melandri è stato in compagnia.”

Alle loro domande Alberto non aveva saputo come rispondere se non con la verità. Aveva detto loro che erano andati al cinema e poi che si erano separati verso le ventitré e quaranta. Da lì in poi non l’aveva più visto, nemmeno sul posto di lavoro. Preoccupato, Alberto aveva chiesto ai militari come stessero procedendo le indagini, ma quelli gli risposero che ancora non potevano dire nulla.

Mai come allora Alberto aspettava il telegiornale. Avrebbe voluto vedere sui titoli del TG5 la notizia che Daniele era scomparso, per cui continuava a guardare la trasmissione senza interesse, aspettando che finisse, quando all’improvviso suonò il campanello. Non era quello esterno, bensì quello interno del pianerottolo.

Arrivato alla porta, Alberto accostò l’orecchio al battente.

-Chi è?- disse, controllando il più possibile la sua voce.

-Sono Mainardi, Alberto. Devo parlarle, se mi apre gentilmente la porta…- disse una voce, che non sembrava per niente quella del signor Mainardi. Sul momento, la mente di Alberto non registrò questa difformità nella voce, e nemmeno il fatto che il signor Mainardi (come d’altronde sua moglie e suo figlio) non si erano mai nemmeno scomodati a salutarlo quando lo vedevano sul pianerottolo. Quando aprì la porta, si ritrovò davanti non il signor Mainardi, ma un ragazzo giovane con un paio di occhiali da sole ed una sciarpa a coprirgli il volto, ed un cappellino di lana sulla testa. Interdetto, Alberto indietreggiò, e l’individuo lo spinse via, entrando di forza nell’appartamento. Si chiuse la porta alle spalle e tirò un calcio negli stinchi ad Alberto.

-Aaaah!!! Ma che caz…?!-

Dopo aver fatto lavorare i piedi, lo sconosciuto alzò i pugni e ne assestò prima uno allo stomaco del povero Alberto e poi alla sua faccia. Poi ancora un altro, che lo mandò a sedere sul pavimento. Cercando di sfuggire al picchiatore, Alberto strisciò verso il salotto, dove un tranquillo Gerry Scotti stava scandendo un’altra domanda al concorrente. Mentre strisciava, si sentì mancare il fiato a causa di un pestone assestatogli proprio sulla schiena. Le scarpe dello sconosciuto lo colpirono al polmone, facendolo tossire. Lì si fermò. Lo sconosciuto gli montò sopra ed iniziò a tempestarlo di schiaffoni.

-Dimmelo! Dimmelo, bastardo!! Dov’è Daniele???- Sibilò l’aggressore. La sua voce era giovanile, quasi quanto la sua rabbia –Dimmelo o ti ammazzo di botte!-

Alberto provò a parlare, ma era totalmente senza fiato. Provò a spiccicare due parole, ma il ragazzo gli aveva già bloccato il collo con la sinistra, pronto a sferrargli un pugno direttamente in faccia con la destra. Sputò sangue, e l’individuo si preparò a picchiare ancora.

-Ti conviene dirmelo, o quando avrò finito con te, per godere dovrai fartelo succhiare da un piccione. Allora??? Vuoi parlare???-

-Non…-

-Cosa??? Cosa, bastardo???-

Con la voce rotta da alcuni colpi di tosse, Alberto rispose qualcosa che l’aggressore non riuscì a capire. Questi si avvicinò per cercare di capire, e quando abbassò la guardia, con le ultime forze che gli rimanevano, Alberto sferrò una ginocchiata poderosa nei genitali del ragazzo, mandandolo a rotolare via da lui. Mentre si contorceva dal dolore, Alberto lo bloccò con una gamba, andandogli addosso.

-Lasciami, stronzo!!!-

-Fermo, o ti spacco la testa.- replicò Alberto, brandendo un posacenere di marmo abbastanza pesante. –Adesso ti calmi e mi spieghi tre cose. Primo, chi cazzo sei; secondo, che cazzo vuoi da me; Terzo, con che diritto piombi a casa mia e mi demolisci di botte senza alcun motivo??? Ti consiglio di non fare scherzi. Non sei l’unico dei due a saper prendere di sorpresa le persone.-

Sentendo che il ragazzo si calmava, Alberto allentò la presa. Questi si tolse cappellino e occhiali, ed anche la sciarpa. Sotto a quell’anonimo camuffamento, c’era un ragazzo molto carino, una completa antitesi di un personaggio malvagio. Gli unici elementi che avrebbero potuto indurre in dubbio erano i suoi capelli rosso fuoco sparati dappertutto ed i suoi piercing. Al collo portava una piccola croce d’argento e le dita, che prima gli avevano fatto del male, erano piene di anelli.

-Allora, ti togli di dosso… oppure no?- chiese quello, massaggiandosi le parti intime per il dolore.

 

*****

 

-Ti fa ancora male?-

-No, è quasi passato.-

            Mentre Alberto si massaggiava la faccia con la borsa del ghiaccio, Thomas (così aveva detto di chiamarsi) preparava un altro cerotto da applicargli in faccia. Le sue guance ora erano rosse di vergogna, probabilmente per essersi comportato in maniera così aggressiva.

            -Scusami se sono piombato in casa tua e ti ho picchiato.-

Sospirando, Alberto rispose –Ti è andata bene che non sono un anziano. Con la furia che hai avuto, avresti potuto ucciderlo.-

-Di solito non faccio così, ma … Sai, Daniele è un mio amico…-

-…Ed un mio collega. Come ti è venuto in mente di venire qui e di…?-

-Ho interrogato un po’ di gente in giro. Sapevo che Daniele era andato al cinema, così ho chiesto ad un po’ di gente, poi sono andato alla tua università, ed ho unito gli elementi. Ed eccomi qua.-

Per un momento lunghissimo Alberto si chiese chi fosse stato il deficiente che aveva rilasciato il suo indirizzo ad uno sconosciuto, poi lasciò correre.

-Sei una specie di investigatore?-

Thomas scosse la testa –No, sono uno… beh… diciamo… uno scrittore.-

-Non mi sembri molto convinto- disse Alberto massaggiandosi la guancia con la fresca borsa del ghiaccio –lo sei o non lo sei?-

-Non lo sono ancora, ma sto cercando di scrivere un libro riguardante le persone scomparse.- Dicendo ciò, arrossì. Alberto se ne accorse, e immediatamente ricollegò il fatto che anche lui era una vittima di persona scomparsa. Il suo Nathan sicuramente faceva testo.

-So anche che il tuo fidanzato è scomparso. Mi dispiace. Daniele non me l’aveva mai detto, e quando ho fatto alcune ricerche, l’ho scoperto da me. E quindi...-

-…Lasciami indovinare. Ricollegando il fatto che il mio fidanzato fosse scomparso, e l’ultima persona che Daniele aveva visto ero io, hai collegato le due cose e sei venuto qui a picchiarmi, non è così?-

Imbarazzatissimo, Thomas scosse la testa annuendo. Alberto sospirò sconcertato.

-Dovrei denunciarti per questo.-

-No, ti prego! Non farlo!-

-E perché non dovrei?-

-Beh… perché sono un bel ragazzo?- E condì la domanda con un sorriso smagliante, che indubbiamente lo fece sembrare ancora più carino agli occhi di Alberto. Tuttavia, non si fece intenerire e si alzò dalla sedia, indeciso se telefonare ai carabinieri oppure ad un buon avvocato. Thomas lo tirò per un braccio.

-Dai… scusami. Facciamo pace, vuoi? Se non mi denunci io ti… ti prometto che…-

-Cosa?-

-Ti prometto che ti aiuterò a ritrovare il tuo ragazzo.- Disse Thomas, e sorrise di nuovo. Alberto sospirò di nuovo sconcertato.

-Sei un povero scemo se pensi questo- disse Alberto allontanandosi verso il salotto –La polizia sta cercando da due anni, e non riescono a trovare traccia. E tu, uno scrittore, o presunto tale, vorresti giocare a Sherlock Holmes con il mio ragazzo? Questo è ancora peggio che ricevere un pazzo picchiatore in casa.- Concluse Alberto, dando le spalle a Thomas e andandosi a sedere sul divano, frastornato.

Senza demordere, Thomas gli andò vicino e si sedette sulla caviglia.

-Sono laureato in giurisprudenza! Ho studiato metodo investigativo e criminologia all’Università di Bologna, e forse potrei…-

-Prima di tutto togli i piedi dal mio divano. Chi ti ha dato il permesso di sederti qui con me? E poi …- Fece per aggiungere qualcosa per farlo andare via, ma poi ci pensò su. Effettivamente la polizia era abbastanza lenta nel ricercare persone scomparse, e due anni erano già diventati troppi… “E se questo mezzo pazzo con i capelli rossi potesse fare al caso mio?” pensò Alberto, mentre Thomas lo guardava con occhi speranzosi. Speranzosi di non ricevere una denuncia per violenza privata.

-Allora?-

-Uhm… So già che me ne pentirò, ma… D’accordo. Aiutami pure a trovare il mio ragazzo.-

-Che bellezza!! Una vera e propria indagine sul campo!! Yaaay!-

Esultò Thomas, alzando un pugno in aria e rivelando i suoi denti bianchi con quel “yaay” di gioia. Alberto continuò a massaggiarsi con l’impacco freddo, e mentre faceva ciò, sentì le mani sottili ed affusolate di Thomas che gli applicavano un cerotto sulla guancia. Alberto lo guardò di traverso, e Thomas incurante dello sguardo in cagnesco, gli sorrise dolcemente.

      

 

 

   
 
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