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Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    28/10/2010    3 recensioni
Los Angeles (California), the second of November 2010
08:32 PM
Sfiorai come se fosse un volto, il vetro che era sotto il mio tocco, che rivestiva la grossa parete bianca; mi mancava qualcosa che ancora non sapevo cosa fosse..mi mancava un pezzo di corpo ma sapevo di avere tutto in quel momento.
Salt Lake City (Utah), the second of November 2010
08:34 PM
…mi mancava qualcosa ma non sapevo cosa fosse, una persona, una cosa..un parente, un giocattolo..una donna. Non lo sapevo ma mi sentivo mancare l’aria..e capì che era una cosa che mi aveva accompagnato per tutti questi anni, per troppi anni e che avevo smesso di credergli da quando una cosa terribile non mi fece più sperare. In nulla.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles (California), the second of November 2010
08:32 PM

 


Inutile dire che avrei aspettato chissà quanti altri giorni ancora, prima che si decidesse a darmi una risposta certa. Ecco come si possono spiegare le mie notti insonnie, come spiegare il mio troppo bisogno di fumare e il mio troppo nervosismo. Per loro era semplice: ti davano una parte ed eri come un burattino…potevi, anzi dovevi fare tutto quello che loro ti ordinavano di fare, e tu, inutile burattino, devi seguire ogni loro comando.
Io invece dovevo avere tempo. Inserirmi nella parte, nel personaggio, cercare di provare i suoi stessi sentimenti e se era anche possibile le sue vere emozioni. Invece ero li, solo, con una stupida tazza dei “Chicago Fire” piena fino all’orlo di caffè americano. Non sapevano neanche farlo il caffè questi stupidi americani nati dal nostro ventre, e adesso noi che siamo i loro genitori siamo riconosciuti solo per la regina. Ecco perché io amo e vivo in Irlanda, lì siamo neutrali come la Svizzera, e a me basta questo. Uno stato liberale dove tu possa avere i tuoi diritti..ma adesso mi dilungo troppo sulla politica, sarà che non dormo da 24 ore e mi fa male tutta questa “acqua-colorata” che bevo, che poi non so nemmeno da cosa è ricavata; forse dai restanti residui di caffè in polvere, perché era impossibile che facesse cosi schifo di natura. Voltai il capo verso quella grande finestra che copriva praticamente tutta la parete e una candida luce arancione inondava calda la stanza, il tramonto era iniziato e mille sfumature tingevano il cielo facendolo diventare uno spettacolo che solo il pochi potevano ammirare. La luce faceva brillare il rosso luccicante della mia vestaglia di seta che era legata alla vita con un grosso laccio nero, in tinta con il pigiama. Mi alzai con cautela spostando delicatamente la sedia di ferro ricoperta da lastre di plastica facendole sembrare vetro; le pantofole rosse facevano risaltare una scritta ironica cucita a mano “ My job start when I put these” che strisciavano pesantemente sul parquet dorato illuminato dalle luci candide del sole. Sfiorai come se fosse un volto, il vetro che era sotto il mio tocco, che rivestiva la grossa parete bianca; mi mancava qualcosa che ancora non sapevo cosa fosse..mi mancava un pezzo di corpo ma sapevo di avere tutto in quel momento. Decisi allora di non continuare quella stupida commedia ad aspettare una “ fottuta telefonata” che non sarebbe arrivata, forse neanche se mi sarei messo a pregare. Avrei di nuovo aspettato domani..ancora con una tazza di questo caffè in mano.

**

Salt Lake City (Utah), the second of November 2010
08:34 PM


    Il battito del mio cuore non riusciva a smettere, nonostante io fossi bradicardico e capissi che anche se ci fosse un battito in più sentivo il petto scoppiare, ma sapevo che quelli non erano qualche battito in più. Il mio cuore stava impazzendo e non sapevo come fermarlo..mi succedeva tutte le volte che dovevo salire sul palco e fare un esibizione, non capivo mai il perché, il perché di quella dannata sensazione che mi prendeva allo stomaco e mi legava in stretti nodo le mie emozioni, tramutandole in stupide paure. Conoscevo queste persone da più di 12 anni, mi erano state accanto tutti i giorni e i mesi della loro vita e della mia; riuscivo a ricordare i loro visi nella folla a sentire le loro voci distintamente e ricordarle ogni volta che venivo a “trovarli”…non per questo non erano la mia famiglia. Non notavo migliaia di persone forse perché erano troppo lontani dalla mai vista, ma sarei riuscito a riconoscerli se mi trovassi vicino a loro. Ormai erano tutti pezzi di me..tanti piccoli tasselli inseriti perfettamente per creare un nuovo “Jared Leto” ogni volta che volevano..ormai loro potevano creare una mia personalità, un mio pensiero e potevano farmi cambiare idea quando lo desideravo. Ma nonostante fossero la mia gioia di vivere, nonostante li sentissi come tanti piccoli figli…come il mio stesso sangue provavo sempre una paura che mi avvolgeva il corpo ogni volta mettevo piede su quella superficie levigata. Feci un grosso respiro per eliminare quella “fottuta ansia”, almeno credevo che pensare ad altro o svagarsi sarebbe servito a non preoccuparsi che il mio cuore stava praticamente uscendo dal mio corpo. Mi passai una mano fra i capelli scuri che avevano cambiato molto spesso colore e forma, loro erano un po’ come il mio stato d’animo…erano quelle cose che non potevo cambiare dalla vita e quindi non potendole cambiare modificavo loro, arruffandoli un po’ per poi passare una liscia e leggera patina di gel per lasciarli immobili durante quello che sarebbe successo a breve. Una piccola e densa goccia di sudore scendeva lentamente sulla mia tempia senza fermarsi..scendeva intrepida quando si asciugò proprio vicino le mie labbra; un brivido mi travolse e mi fece cadere a terra senza forze, senza poter capire il perché era successo. Non capì il perché di quella reazione, ma sentivo un forte dolore al ginocchio quasi non riuscivo più ad alzarmi, poi il dolore travolse anche la gamba destra..sentivo bruciarla e i muscoli si contraevano facendomi ancora più male. Un senso di mancanza di protezione mi travolse…mi mancava qualcosa ma non sapevo cosa fosse, una persona, una cosa..un parente, un giocattolo..una donna. Non lo sapevo ma mi sentivo mancare l’aria..e capì che era una cosa che mi aveva accompagnato per tutti questi anni, per troppi anni e che avevo smesso di credergli da quando una cosa terribile non mi fece più sperare. In nulla.


     **

Los Angeles (California), the second of November 2010
08:40 PM


La stanza cominciava a scurirsi, il cielo era diventato scuro e le luci della città iniziavano a illuminare la terra sottostante, le stelle pian piano brillavano nell’oscurità e un piccolo spicchio di luna, timida si faceva vedere tra piccole sfumature di nuvole bianco panna. Domani sarebbe stato un giorno soleggiato e caldo, nonostante fossimo ad novembre. Mia nonna da piccolo mi aveva insegnato a capire che tempo avrebbe fatto il giorno dopo, guardando solamente la posizione della luna, del suo alone e delle nuvole che coprivano il cielo: amavo fare il sapientone a scuola quando i miei compagni guardavano il cielo sconvolti dalla pioggia e dalla mia previsione anticipata. Amavo essere visto come il primo in classifica, come il migliore che c’era in carica..infatti c’è la mettevo tutta ad essere sempre il meglio, in tutte le situazioni…anche quelle peggiori. Sul bancone vicino la porta erano ancora li quei biglietti che mi avrebbero portato nello Utah, qualche girono fa, mi avrebbero fatto rivedere forse per l’ultima volta quella persona che mi aveva fatto sentire l’unico uomo sulla terra superiore a tutti, superiore anche a me stesso. Insieme a lui mi ero davvero sentito al settimo cielo, sapevo che non sarebbe durato troppo perché tutti e due non avevamo i piedi per terra e sapevamo che ci avrebbero scoperto da un momento all’altro. Ma non era stato questo a separarci e a farci perdere di vista per un tempo immemore. Ero stato io, il mio lavoro e il mio stupido orgoglio a farmi dire che tutto quello che stavo facendo era solo per il mio e solo unico piacere; decisi quindi di voltare pagina…ma ancora oggi non riesco a finire di leggere quelle ultime righe che mi farebbero chiudere questo maledetto libro. Ma il mio istinto comunque non mi fece partire, non mi fece correre da lui e non mi diede la possibilità più di rimettere a posto le cose; non che ci fossero state possibilità di iniziare da capo..ma a me bastava solo averci provato. Ma forse era stato meglio cosi, aveva sofferto anche troppo e in un concerto simile mi sarebbe spezzato il cuore a vederlo fermo e immobile a fissarmi come se fossi un fantasma, tra quelle migliaia di persone che non capivano cosa sarebbe successo. Poi non mi avrebbe neanche più guardato in faccia, sarebbe scappato dicendomi di andarmene a ‘fanculo e chiudendomi ogni sorta di possibilità e si speranza di rivederlo di nuovo nelle mie braccia a parlarmi dolcemente come prima; quindi forse era stato meglio non andarci, almeno credevo ancora che un giorno lui sarebbe tornato da me. Dal suo Alessandro.
 


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Salt Lake City (Utah), the second of November 2010
08:45 PM
“ A quarter to start the show”

 

Un quarto all’inizio dello show…
Un quarto all’inizio dello show…
Un quarto all’inizio dello show…
…un quarto all’inizio delle riprese.

 


 

Già..all’inizio delle riprese, all’inizio di un forte martirio, all’inizio del grande incubo..all’inizio della mia fine. Quelle parole mi rimbombavano in testa, dovevo cercare quella cosa che mi mancava dall’inizio di quel dannato film, quella cosa che mi mancava da anni e che speravo di non trovare mai. Farfugliavo cose senza senso mentre mettevo in subbuglio quel maledetto camerino di 4x4, che già due persone erano di troppo. Nella valigia, nel bagno…in quella maledetta borsa di Emma..non c’era nulla…nulla che mi soddisfacesse di quella inutile mancanza. Quando mi ricordai che mia madre mi fece un piccolo regalo quando iniziai a fare la star , mi regalo un cofanetto di legno, dipinto di bianco con sopra scritta la mia frase preferita. Aveva impiegato quasi una settimana a farlo, ma alla fine era uscito perfetto…e poi mi rispecchiava più di chiunque altro. Lo portavo sempre con me, perché mia madre mi diceva sempre che aprendolo avrebbe catturato tutte le mie energie negative e le avrebbe rinchiuse per sempre, cosi non avrei avuto più paura. Gli angoli erano diventati neri e la frase era praticamente illeggibile..ma a me non importava, mi aveva portato fortuna fin dagli esordi; lo aprì con cautela quando Emma bussò violentemente alla mia porta aprendola e guardandomi arrabbiata.
-Che ci fai ancora vestito cosi! Tra nemmeno dieci minuti devi salire sul palco! Datti una mossa ti prego, perché i tuoi cari amici non vogliono proprio collaborare!- chiuse la porta per andarsene quando la riaprì di nuovo facedomi un occhiolino – Ah! Ricordati bel fustacchione che devi restare intatto per domani mattina, c’è quella maledetta intervista che ti ruberà metà giornata. Quindi cerca di non buttarti tra la folla, potrebbero farti male- e se ne andò sbattendo nuovamente la porta con un colpo deciso che vece vibrare la bottiglietta d’acqua che avevo su quel ripiano.
Dovevo sbrigarmi se non volevo fare una figuraccia anche questa volta, alla mia mancanza ci avrei pensato dopo…adesso era meglio fare tutto con calma altrimenti sul palco ci rai arrivato a calci. Anche se il mio cuore continuava a battere violentemente, sapeva che non vedeva l’ora di rincontrare quella cosa che mi aveva fatto soffrire per troppo tempo…ma temeva che non l’avrei mai più rivista. Proprio come sarebbe stato. Infilai rapidamente un paio di jeans scuri che avevo lasciato sulla poltrona azzurra che avevo chiesto appositamente di portare; alcune volte mi stupivo pure io per quanto fossi una seccatura e per quanto mi stessi tramutando in una donna..ma comunque non era un mio problema. Rivoltai praticamente tutto il camerino in cerca di una maglia che non mi facesse sembrare un barbone, quando stranamente in fondo alla valigia vidi un super-felpone uno di quelli che ti arrivano alle ginocchia e ti fanno sembrare più magro di quanto tu già non lo sia. La presi tra le mani è uno strano odore che mi ricordava tanto il passato mi penetrò nelle narici, fin quando non l’aprì e una scritta gigantesca mi si parò sui miei occhi… “I Love Marocco”…
Era scritto a lettere cubitali e la scritta bianca si faceva notare sul tessuto morbido di color nero, sapevo che non avrei dovuto portarla perché se lo avrei fatto non avrei più dormito la notte, ma lo feci..infilai la felpa che scivolò come l’acqua sulla roccia, sul mio corpo esile. Una grossa ondata di calore circolava nel piccolissimo spazio che separava la mia pelle da quella della felpa, sapevo che avevo fatto un grosso sbaglio, ma almeno il cuore finalmente si sarebbe fermato.


**

Los Angeles (California), the second of November 2010
08:55 PM


Sapevo che mancavano cinque minuti all’inizio del concerto, sapevo che tra poco si sarebbero spente le luci e il tendone sarebbe sceso giù fino a scivolare sul palco…sapevo che un grosso rumore di batteria avrebbe fatto urlare migliaia di persone che erano ammassate solo per poter vedere meglio quattro persone che si scatenavano senza dire mai basta. Poi in tendone si sarebbe alzato e le urla si sarebbero fatte sempre più acute e la gente si ammassava sempre più per toccarlo e urlare di avercela fatta. Cercavo di vederli sempre qualche giorno dopo sulle reti musicali, e ogni volta sapevo che se ci fossi stato il concerto non sarebbe andato cosi bene, e rimpiangevo ogni volta di comprare sempre i biglietti e poi di non andarci mai. Proprio come quello di stasera, quando lo ero venuto a sapere ero corso subito a prendere il biglietto per il “parterre”, cosi sarei riuscito a vederlo meglio..mi sarei messo capotti e felpe per non farmi riconoscere, sarei stato lì giorni prima per prendermi la prima fila al centro per poterlo guardare e far si che anche lui mi guardasse. Poi però mi rendevo conto giorni dopo o la sera stessa o la sera del volo che poteva essere solo una stupida scelta per Lui, si sarebbe certamente arrabbiato e poi…se per davvero avrebbe fatto come mi diceva nei primi giorni della nostra separazione? Se per davvero si sarebbe messo a piangere? Se per davvero avrebbe fatto cadere il microfono e fosse scappato per non farsi vedere? Non volevo che i suoi fan lo prendessero come un vigliacco che non sapeva gestire le situazioni più dure, perché lui non lo era…lo ero io che mi sarei fato vedere in quelle vesti senza chiedergli nemmeno il permesso di guardarlo e si stare lì. Ancora non sapevo il perché lo vedevo sempre nei miei pensieri, perché era un ricordo fisso in ogni movimento che facevo..forse perché non lo avevo mai dimenticato, forse perché neanche lui mi aveva dimenticato, forse perché dovevamo rincontrarci di nuovo. A quel pensiero un sorriso di aprì sul mio volto, e preso da altri pensieri lasciai sul tavolo il caffè e misi fuori posto il telefono, salì le scale e corsi nella camera da letto; tu non l’avevi mai vista questa casa e tutto il resto, l’avevo comprata proprio per stare vicino a te..ma poi è tutto svanito e questa casa è l’unica cosa che ho che mi ricorda te. Aprì l’armadio con furia e una busta di carta era in fondo intrappolata tra le maniche di un cappotto, il tuo profumo era ancona incatenato dentro quelle fibre che contenevano la carta, la tua scrittura era rimasta indelebile come la prima volta che scrivesti su quella busta. La tua frase colorava di nero gran parte della busta e la tua scrittura rotondeggiante faceva diventare tutto più armonioso.
“Siccome i ricordi possono essere cancellati, le memorie possono svanire con il passare del tempo, il modo di interagire potrà cambiare..solo una cosa potrà farci ricordare di quello che è stato e sarà di noi. Questa è l’unica cosa che ho in possesso adesso e l’unica cosa a cui penso che un girono non potrai più dimenticartene; forse quando rileggerai il mio pensiero, tu mi avrai mandato all’inferno oppure uno di noi due sarà partito…ma a me interessa che questo foglio possa essere ancora toccato dai tuoi occhi. Farò tutto il possibile per non tagliare questo filo che ci tiene attaccati, ma se dovesse succedere tu non dimenticare mai che io ti ho amato, ti amo, e ti amerò per sempre. Che il tempo lo voglia o no.”
Tra le dita tenevo incastrato quel filo che era ornato da quella pietra color oro, brillava alla luce come un diamante anche se non valeva nulla. Lo avevi rubato a Stone con la scusa di ripararlo per averlo rotto invece me lo portasti nel camerino e mi desti questo foglio e poi scappasti via senza poter dirti che anche io provavo le tue stesse emozioni. Cercai di infilarlo al collo per ricordarmi quelle cose che mi avevano fatto davvero sorridere, cosi con un colpo secco riuscì ad annodare il filo e vedere finalmente quella pietra che ci teneva uniti, al collo.


**

Salt Lake City (Utah), the second of November 2010
09:00 PM


 

Inizierà tra nemmeno pochi secondi..il pubblico sbraitava da nemmeno due metri da noi e sentivo il cuore battere più in fretta possibile.
- Jared? Sei pronto?- mi domandò Emma aprendo la porta del camerino facendo attenzione a non procurare un altro terremoto
- Si, sono prontissimo- confortai Emma. Lei faceva tutto cosi minuziosamente per far si che niente mancasse ai nostri concerti, era sempre attenta ai particolari faceva muovere perfettamente le pedine del “nostro gioco”, e ce la metteva sempre tutta per fare tutto perfetto. Per far si che noi ci congratulassimo con lei. -Perfetto- mi regalò uno dei suoi preziosi sorrisi, uno di quello che non mi regalava mai.
– Grazie, Jared. Spero di fare tutto in modo perfetto-
- Lo sarà.. non ti preoccupare- le faci l’occhiolino e lei svanì di nuovo dietro quella porta bianca. Adesso era il mio momento, era il momento in cui si mettevano da parte le angosce, le frenesie, le ansie e si cominciava a vivere; il momento di aprire i polmoni e strillare a squarciagola, il momento di aprire il cuore e far entrare i veri sentimenti e cacciare via quelli falsi, il momento in cui non ci si sente più colpevoli ma vittoriosi, il momento in cui nessuno e più solo, il momento in cui tutti siamo uniti anche senza vederci. Il momento in cui non si pensa più, in cui si è liberi si è amati. Aprì la porta e il corridoio buio mi si parava davanti, il silenzio che creava quella ombra soffice fu zittito dalle urla strazianti che provenivano da un luogo sconosciuto, le luci blu e rosse sommergevano gli inizi dell’ombra scura rendendola una stupenda illusione ottica; ma prima di passare la soglia che mi separava dal lungo corridoio mi ricordai di non aver messo fine a quello che volevo…mi diressi velocemente verso quel cofanetto e un brivido freddo mi trapasso la schiena fino a farmi strozzare la saliva in gola.
- Dai! Jared! Sbrigati!- le fulminanti parole di mio fratello mi fecero capire che adesso non erano più secondo ma piccolissimi attimi e non c’era tempo per pensare se era giusto o sbagliato fare quello che avrei fatto. Infilai con furia quel piccolo laccio che teneva incatenato una pietra che di prezioso non aveva nulla ma alla luce avrebbe brillato come un diamante. Ecco perché lo presi. Lo presi per te. Mi incamminai velocemente cercando di stare al passo di mio fratello quando uno sguardo truce fisso la mia felpa – L’hai messa di nuovo?- mi fissò facendo attenzione a non lasciare nessun particolare scoperto dal suo sguardo indagatore
- Si, ma adesso la butto- ripetei quella frase come se fosse un copione, ormai era stampate nella mia mente
-Lo so, Jared – si fermò e prese con forza quella pietra – ma ti giuro che sei morto se cominci a frignare durante in concerto, e morirà anche lui per avermi e averti fatto fare una figura di merda. Prega Dio che tutto vada bene. – attorciglio le sue braccia intorno alle mie spalle stritolandole poi con un sorriso sornione andò via. Non dovevo sbagliare…almeno non durante il concerto. Continuai a correre per raggiungere mio fratello, mentre lo scricchiolio del legno sotto i miei piedi si faceva sempre più forte.

**

Los Angeles (California), the second of November 2010
09:10 PM

Una forza inaspettata fece battere il mio cuore a mille come se percepisse una emozione cosi grande da farmelo uscire dal petto. Il concerto doveva essere iniziato da un pezzo e chissà se anche lui si sarebbe chiesto le stesse cose che mi chiedevo io, se anche lui non avrebbe fatto a meno di allacciarsi quella stupida collana intorno al collo. Ricordavo a memoria le battute, i luoghi, le scene e tutto quello che ci aveva insegnato Stone per farci sentire il più “greci” possibili . Ricordo quando ci richiamava ogni volta che non ci chiamavamo come il nomi del film, e molte volte era fissato a farci leggere alcuna frasi in greco antico, altre volte ancora a immedesimarsi per davvero in quello che avevano provato in realtà quei personaggi.
Si. Fu il primo regista che mi chiese di mettermi nei panni di Alessandro il Grande e di pensare come lui, agire come lui e amare come lui; alcune volte ci chiudeva nella stanza per ore con Jared fino a quando uno dei due non cedeva e si calava perfettamente nella parte dicendo all’altro di amarlo, fino a quando lui si alzava e diceva tutto sorridente che un giorno ci saremo svegliati nella vera Babilonia e che per davvero ci sarebbe accaduta la loro vera storia. Ogni volta che diceva quelle frasi vedevo i tuoi occhi chiudersi rapidamente e guardare in basso, come se la cosa non volessi che ti toccasse minimamente e poi correvi in camerino dicendo la scusa di provare ancora e ancora; un sacco di volte Stone mi fermò dicendo che tu stavi male e che non potevo entrare a controllare cosa stavi facendo, non lo saprò mai ma so che Stone lo sapeva e lo faceva per il tuo bene.
Molti dubitavano che tra di noi non ci fosse davvero qualcosa, a partire dalla Jolie e da Kilmer che ogni volta mi guardavano scrutandomi in cerca di qualche particolare, forse il tuo profumo, per capire se ero stato con te quel girono. Ma davvero tra noi c’e stato qualcosa? Davvero noi due ci siamo amati come Alessandro ed Efestione? Tu mi hai mai amato? Hai mai detto la verità? Io ho sempre creduto nei nostri momenti, che potevano essere sia belli che brutti, ho creduto nelle gioie e nei dolori, ricordo tutte le volte che ti abbracciavo e immergevo il mio naso nel tuo collo per sentire la tua pelle liscia e il tuo bellissimo profumo, ricordo ogni volta che mi svegliavo e ti ripetevo che tra noi non ci sarebbe stato niente che ci avesse separato. Mi sbagliavo. Adesso lo rimpiangerò per sempre.
Mi manchi.
Mi manchi troppo.
Mi manchi tanto.
Mi manchi cosi tanto che adesso penso davvero che tu sia stato per me una semplice illusione.


Spero di non deludervi con questa mia nuova one-shot che ho scritto per rimanere in tema Colin/Jared. Spero di essere stata dura ma nello stesso tempo dolce, sensibile ma nello stesso tempo insensibile...spero di avervi fatto provare tutte quelle emozioni che mi entrano in testa ogni volta che scrivo una FF del genere. Spero con tutto il cuore di non devidervi mai, perchè siete diventati una grande gioia di vivere ^__^
Lasicate dei commenti se volete mi renderete tanto felice.
Alla prossima.
Mary.

  
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