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Autore: telesette    29/10/2010    2 recensioni
[Belfy e Lillibit]
A distanza di ben trent'anni, dal 1980 circa, i personaggi nati dai racconti di Shigera Yanagawa e Tomoyuki Miyata vengono riproposti in questa nuova serie di episodi ASSOLUTAMENTE amatoriale e senza alcun scopo di lucro, al fine di riproporre il fascino dei cartoni di un tempo anche alle nuove generazioni...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Così come erano venute le pioggie autunnali e l'inverno rigido e freddo, finalmente i primi raggi del sole primaverile tornavano a splendere. Un anno era passato da quel terribile terremoto e i Fanit finalmente cominciavano a vedere i primi frutti del loro paziente lavoro di ricostruzione: il villaggio ai piedi del monte Tangany era stato ormai interamente ricostruito; gli abitanti erano tornati ognuno alle proprie case e alle proprie occupazioni; i campi erano stati riseminati e tutto lasciava sperare in un'abbondante messe per quell'estate...
Mongar, lo scoiattolo volante, sonnecchiava tranquillo e beato mentre i suoni della foresta lo cullavano dolcemente assieme al profumo dei fiori appena sbocciati.
Ad un tratto il suono di un flauto si levò leggero nell'aria, trasportato dal vento. Mongar agitò le orecchie pur continuando a dormire, tuttavìa le dolci note ben presto cominciarono a destarlo dal suo sonno.

- Ah-Huuung - sbadigliò Mongar, aprendo lentamente gli occhi, ancora mezzo addormentato.

Qualcuno stava suonando un'allegra melodìa vivace, probabilmente ispirata dall'aria frizzante della bella stagione, ed era un piacere ascoltare. Stiracchiandosi appena, il tenero scoiattolo fece un grosso sforzo per escludere l'idea di poter dormire ancora qualche ora. Sicuramente il "musicista" e la sua graziosa compagna non glielo avrebbero permesso tanto facilmente, perciò si armò di pazienza e, lasciandosi trasportare dalla brezza mattutìna, cominciò a volare da un albero all'altro nella direzione da cui proveniva la musica.
Dal giorno in cui la maggior parte degli animali era scomparsa dalla foresta, ogni traccia di vita sembrava essersi dissolta. Tuttavìa quel giorno sembrò portare con sé un’insolita scintilla di vitalità, come se la natura stessa avesse deciso di risvegliarsi al dolce suono di quel flauto. Ai piedi di un piccolo ruscello, con le sue acque limpide e cristalline, due piccole figure erano sedute all’ombra delle prime foglie che cominciavano a ricoprire i rami degli alberi. Entrambe indossavano dei costumi colorati piuttosto sgargianti, con dei buffi copricapo a punta, tuttavia erano talmente minuscoli da risultare praticamente invisibili all’occhio umano. Il primo, un ragazzo dai corti capelli rossicci, suonava un flauto ricavato da un sottile bastoncino di salice; l’altra era una ragazza con una lunga chioma di capelli biondi che scivolavano da sotto il buffo cappello dello stesso colore dei suoi vestiti. Mentre il ragazzo suonava a occhi chiusi l’allegro motivetto, lei lo ascoltava in silenzio con un’espressione sognante. Ad un tratto il giovane musicista si interruppe, osservando l’espressione della sua compagna.

- Perché hai smesso ? - domandò la ragazza. - E’ bello sentirti suonare di nuovo, dopo tutto questo tempo…

Il ragazzo sorrise.

- Allora ti faccio sentire un altro pezzo - esclamò lui, riaccostando il flauto alle labbra.

Subito la dolce sequenza di note, capace di sciogliere anche il ghiaccio più ostinato dell’ultima neve, riprese a echeggiare per tutta la foresta. La ragazza lo ascoltava rapita, dondolando leggermente la testa a ritmo, e dimenticando tutto il resto.
Intanto Mongar, che finalmente era arrivato a destinazione, atterrò davanti ai due giovani folletti con un elegante movimento.

- Ciao Belfi, ciao Lillibit - esclamò salutando i due ragazzi.
- Ciao Mongar - risposero i due con un sorriso fino alle orecchie. - Come stai, Mongar, hai dormito bene quest’inverno ?
- Ecco, diciamo che non era poi così male - rispose imbarazzato lo scoiattolo.

Entrambi i folletti nascosero a stento una risatina.

- Che ne dite - domandò Mongar. - Ci facciamo un giro del bosco, come ai bei tempi ?
- Sììì - risposero in coro Belfi e Lillibit.

Senza perdere tempo, i due montarono sulla morbida schiena del loro amico e si librarono in volo sulle ali del vento che fischiava attraverso gli alberi. Era da tanto che non provavano più quella sensazione ed erano felici come non mai. Mongar si destreggiava abilmente fra i rami come una specie di aquilone ma senza “incastrarsi” e procedeva spedito e sicuro, sorridendo di tanto in tanto in risposta alle grida eccitate dei folletti sopra di lui.

***


Frattanto al villaggio il signor Lock, il padre di Lillibit, e il signor Maimond, il sindaco del villaggio, discutevano in modo abbastanza serio sul modo migliore in cui poter ricostruire la scuola. Il rude boscaiolo cercava in tutti i modi di far notare al sindaco che le travi di sostegno non erano abbastanza robuste per sostenere il peso dell’edificio, e che erano necessari almeno altri due mesi di lavoro per effettuare un lavoro decente… Ma, sfortunatamente, il sindaco non era dello stesso parere.

- Non mi interessa la tua opinione, Lock - esclamò Maimond abbastanza seccato. - I ragazzi hanno bisogno urgentemente di tornare a scuola… E tu non puoi pretendere altri due mesi per aggiustare quello stramaledetto tetto!
- Allora non ci siamo capiti, eh, Maimond - ribatté Lock con la sua solita voce priva di emozione. - Non è per fare i “miei comodi” che ti sto facendo notare le condizioni di questi lavori, bensì perché mi occorre il giusto tempo per fare le cose per bene… Se invece preferisci che il tetto crolli sulla testa di tuo figlio, accomodati!
- Mi stai forse provocando, Lock ?!?

Per tutta risposta, il boscaiolo afferrò i propri attrezzi e tornò al lavoro voltando le spalle al suo interlocutore.

- A giudicare da come “recepisci” le cose, sarebbe tempo perso, e io ne ho già sprecato fin troppo…

Maimond diventò rosso di rabbia, tuttavìa si calcò furiosamente la tuba in testa e si allontanò per non esplodere.

- Ne riparleremo Lock - inveì ancora contro il boscaiolo. - Non credere che la faccenda finirà così… Ci penserà l’opinione pubblica a convincerti su come “stringere” i tempi e darti da fare!

Lock sospirò rassegnato e si rimise all’opera.
Il figlio di Maimond, Napoleone, e i suoi amici Bit e Brownie avevano assistito a tutta la scena e, senza minimamente preoccuparsi di chi avesse torto o ragione, ringraziavano il cielo che la scuola non avesse ancora riaperto i battenti.

- Se quell’incapace del babbo di Lillibit continuerà a lavorare alla velocità di una lumaca, “ti saluto scuola”… Meglio così, non sopporto di rinchiudermi là dentro tutti i santi giorni!
- A chi lo dici, Napo - sospirarono Bit e Brownie.
- Piuttosto - esclamò il ragazzo piuttosto irritato. - Avete visto dove si è cacciata Belfi ? E’ da quando si è sciolta la neve che non la vedo…

I due folletti si strinsero nelle spalle imbarazzati, tuttavìa Napoleone rivolse loro un’occhiataccia.

- Allora ?!?
- Beh, Napo… Lo sai, probabilmente sarà assieme a Lillibit in questo momento…
- Dovevo immaginarlo… Sempre lui!

Napoleone si allontanò furibondo. Fin da quando avevano cominciato a frequentarsi, lui era sempre stato “innamorato” di Belfi, tuttavìa quest’ultima aveva ampiamente mostrato di gradire molto più volentieri la compagnia di Lillibit e, anche se col tempo aveva imparato in un certo senso a farsene una ragione, bastava pronunciare il nome di Lillibit per farlo infuriare. In quanto figlio del sindaco, Napoleone era un tipo orgoglioso e spavaldo e, il più delle volte, anche piuttosto presuntuoso. Tuttavìa non era un ragazzo cattivo e, malgrado i suoi difetti, gli amici gli volevano bene lo stesso.

- Allora, Napo - domandarono gli altri. - Che facciamo oggi ?
- Che volete che si faccia - rispose Napoleone imbronciato. - E’ una bella giornata, no ?!? Si va a pescare…

***


Alcune ore più tardi, si era fatta ora di tornare a casa. Belfi e Lillibit chiesero a Mongar di accompagnarli fino al villaggio e, dopo un altro velocissimo e breve volo tra gli alberi, arrivarono a destinazione.

- Grazie Mongar - fecero Belfi e Lillibit sorridendo.

Lo scoiattolo sorrise a sua volta e fece per andarsene quando Belfi lo pregò di aspettare un momento.

- Questa è per te - disse estraendo una ghianda dal cappello e porgendola allo scoiattolo. - Buon appetito!

Mongar ringraziò il gesto premuroso di Belfi e ricambiò a sua volta l’augurio, dopodiché si levò in aria e scomparve attraverso gli alberi.
Ormai era quasi mezzogiorno, tutti i Fanit interrompevano le attività per andare a mangiare, tranne il padre di Lillibit che, pur di non perdere tempo prezioso, si portava il pranzo da casa la mattina e rimaneva a lavorare fino a tarda serata.

- Ciao papà - lo salutò il ragazzo.

Lock rispose senza nemmeno girare la testa.

- Buongiorno, signor Lock - fece educatamente Belfi. - Come procede il suo lavoro ?

Il boscaiolo si deterse un attimo la fronte col dorso della mano e ricominciò a martellare sulle travi senza perdere un secondo. In quel momento però giunse anche lo zio di Belfi, il dottor Doklin.

- Belfi - esclamò Doklin amabilmente. - Non è un po’ tardi per andartene in giro ? Tuo padre e tua madre si sono già messi a tavola…
- Arrivo subito zio, stavo salutando Lillibit!
- Dottor Doklin - fece Lillibit con un cenno del capo.
- Buongiorno Lillibit - rispose il dottore con un sorriso. - Che ne dici, ti va di venire a mangiare da noi oggi ?
- Davvero, posso ?
- Se tuo padre non ha niente in contrario…
- Assolutamente - fece Lock, smettendo un attimo di martellare. - Anzi, dal momento che anche oggi non posso tornare a casa, mi fa piacere che Lillibit non resti solo!

Felici come sempre, i due ragazzi si avviarono a casa dello zio di Belfi, mentre quest’ultimo restò un momento a scambiare qualche parola col taciturno boscaiolo.

- Ti stai dando veramente da fare, vedo!
- Già - rispose Lock con una smorfia.
- Come procede il lavoro, finora ?
- Senza quella “seccatura” di Maimond, andrebbe tutto sicuramente meglio - rispose Lock, alquanto seccato. - Quello sciocco non vuol capire che la durata di un lavoro NON dipende solo dalla quantità ma dalla qualità del lavoro stesso… Se non fosse che qui dentro ci dovranno stare i bambini, ti giuro che farei venire LUI a martellare al posto mio! Almeno così forse gli entrerebbe un po’ di buon senso in quella zucca!

Doklin sorrise.

- Non hai tutti i torti…
- Come stanno i genitori di Belfi ?
- Bene, direi… Ormai si sono ripresi completamente e, grazie alla comprensione e all’affetto della bambina, stanno finalmente recuperando tutti gli anni in cui sono rimasti lontani!

Lock abbassò il capo.

- Sono sempre dell’idea di partire ?
- Non l’hai ancora detto a Lillibit ?
- Tu avresti il coraggio di dirglielo…

Doklin sospirò.

- Eh, posso immaginare… Non sarà facile per quei due ragazzi dirsi addio!
- E per te, Doklin ? In fin dei conti Belfi è rimasta con te fin da quando era in fasce!
- Non ti si può nascondere niente, eh Lock ?!? Certo, mi mancherà la sua presenza per casa… D’altronde è giusto così, Belfi deve stare con la sua famiglia e, per quanto le voglia bene, io non posso decidere al posto dei suoi genitori…
- Potrebbero sempre restare a vivere qui: lavoro ce n’è in abbondanza e non avrebbero difficoltà nel rifarsi una vita!
- Il problema è un altro, Lock - rispose Doklin. - Belfi ha altri parenti in vita, oltre ai suoi genitori, e ha il dovere e il diritto di conoscere “tutta” la verità sulle sue origini… Ora è abbastanza grande per capire!

Lock scosse il capo tristemente.

- Spero che tu abbia ragione!

( continua )

Nota dell'Autore:
Trent'anni... Trent'anni di vita passati così... XD Sembra incredibile tornare a "riscoprire" dopo tanto tempo le gioie dei BEI TEMPI ANDATI - Certo oggi "Belfi & Lillibit" appartengono alla storia ormai - spero solo che i giovani di oggi imparino a riscoprirli e apprezzarli come i loro genitori...
Saluti

DADO

   
 
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