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Autore: Little Cookie    01/11/2010    2 recensioni
Per prima cosa vorrei fare una breve introduzione a ciò che sto per raccontare. Questa è sicuramente la prima volta che tento di mettere un sogno per iscritto, perché è stato quello che senz'altro mi ha colpita più di tutti. Innanzi tutto perché a tratti era confuso e talvolta ripetitivo e poi perché ha avuto un suo sviluppo e ne è uscita fuori una bella storia.
Non solo: con questo voglio parlare del mio amore per Steven Tyler e gli Aerosmith, perché li amo sul serio!!
Tutte le cose che ho scritto sono frutto della mia fantasia... anche se devo ammettere che parecche cose sono vere xD
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Allora… cominciamo. Tutto iniziò in maniera confusa, senza che io riuscissi nemmeno a capire che cosa mi stesse passando per la testa. Mi ricordo solamente che ero ad un concerto con una persona la quale se ne andò in seguito al motore principale del mio sogno così strano: uno svenimento. Ebbene sì, svenni. Il cantante sul palco mi vide e smise di cantare. Scese immediatamente e venne verso di me facendosi largo tra la folla. C’era un gran casino. Da quel momento in poi non capii più niente. Mi ritrovai nello spazio privato del cantante, ma non so come ci sono arrivata fin lì perché non avevo idea di quello che era successo prima. Mamma mia! Era tutto così strano, ma così reale! Fatto sta che mentre ero ancora mezza svenuta sentivo il suo corpo chino sopra di me, il suo dolce respiro sul mio collo e mi sentivo osservata. Ma proprio per quello desideravo rimanere in quel delizioso momento di estasi. Però mi svegliai. Mi voltai e lo vidi. Per un attimo il mio cuore smise di battere per poi riprendere velocemente. Non sapevo dove mi trovavo e continuavo a guardare il suo volto con un’espressione vuota. Scommetto che nemmeno lui era riuscito a comprendere come mi sentivo e che cosa stessi provando per la sua presenza. Notavo però che mi scrutava attentamente e poi disse qualcosa: “Hey, come stai ora? Lo sai che mi hai fatto spaventare?”. Stentavo a crederci. Non poteva essere vero. Dopo aver preso la mia mano ed averla accompagnata sul suo ginocchio, accennai un mezzo sorriso. Mi sentivo terribilmente stordita in quel momento. Il tipo mi aveva lasciato ancora con un mistero: come si chiamava? Il suo volto era qualcosa di particolare, di difficilmente descrivibile, ma mi affascinava proprio per questo. Avevo tentato di parlare, ma l’ulteriore avvicinamento del suo viso al mio me lo impedì. Dopodiché fissai i suoi occhi e da lì ci fu il punto di rottura: sì, provavo qualcosa per lui. Era ufficiale. Presi coraggio e parlai: “Lei chi è? E come ci sono arrivata qui?”. Lui alzò il braccio e lo tese verso i miei capelli per spostarmeli dal viso da essi coperto: “ Io stavo cantando e tu sei svenuta là in mezzo alla folla”. “Dimmi il tuo nome! Dimmelo, dimmelo!” pensavo nella mia mente. Sembrava farlo apposta. Era così misterioso. Tutto il contrario di ciò che era sul palco. Continuava a spostarmi i capelli: “Steven, mi chiamo Steven”. Aveva una voce così soave. Mi faceva sentire calma. Successivamente passò ad accarezzarmi il capo e io continuavo a fissarlo nel frattempo: “Dammi pure del tu” aggiunse. “Mi prenderò io cura di te, Miriam”. Gli afferrai la mano con cui mi accarezzava. Miriam! Miriam! Come diavolo faceva a sapere il mio nome. Avevo un’espressione da persona impaurita e il mio respiro si fece affannoso: “ Co… co… come conosci il mio nome?”. Lui fece una risatina: “Calmati adesso. Me lo ha detto la persona che era con te”. Il mio respiro continuava ad essere duro: “Stai tranquilla. Non ti accadrà nulla. Ti ho portata qui perché volevo vedere come stavi e perché avevi bisogno di tranquillità. Non ti farò del male lo giuro”. Io ero veramente terrorizzata dal fatto che una persona estranea sapesse il mio nome e che mi avesse portato nel suo spazio privato. Dopodiché chiusi per un attimo gli occhi. Pensavo che dopotutto Steven fosse una brava persona. Mi sdraiai di nuovo e Steven continuò ad accarezzarmi. Steven, oh Steven! Quanto adoravo la sensazione che suscitavano le sue carezze. Amavo la grazia e la dolcezza con cui mi si rivolgeva, per non parlare del suo tono di voce. Steven mi affascinava tanto come tipo. Successivamente mi diede un bacio sulla guancia e gli sorrisi: “Starai qui fino a che non ti sentirai meglio” mi disse. Mi penetrò con il suo sguardo profondo e fu qualcosa che mi stregò. Poi mi fece l’occhiolino e si preparò per andare via: “Steven?”. La mia voce lo fermò quindi si voltò verso di me: “Sì cara?”. Io ero piuttosto imbarazzata: “Hmmm… grazie”. Fu tutto quello che riuscii a dire. Fece un ulteriore sorriso e poi si morse le labbra per poi leccarsele: “Non c’è di che”. E se ne andò. Lo osservai mentre usciva. Non riuscivo a definire il suo comportamento in quanto non capivo se Steven si comportasse in senso paterno nei miei confronti oppure se lo faceva per amore, ma amore nel senso più intimo. Era più grande di me.
   
 
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