titolo ff:
Lacrymosa
raiting: ROSSO
(più o meno)
autore:
-Micky86- o Micky6277
DISCLAIMER: I
fatti e i personaggi descritti in questa OS sono di mia invenzione, non c'è nessun rimando a persona reale o
esistente, se c'è, è puramente casuale.
Avevo ancora
le palpebre chiuse, eppure era come se vedessi perfettamente tutto
quello che
mi circondava, non grazie alla vista, ma bensì al udito. Percepivo i
suoni e i
rumori più lievi, provenienti anche da molto lontano, come se io fossi
lì, in
quei luoghi.
Concentrandomi
appena riuscì a sentire qualcosa che si apriva alla mia destra e
qualcuno
uscire fuori da quel qualcosa, iniziando
ad emettere dei leggeri brontolii gutturali provenienti non solo dalla
sua
bocca ma anche dal suo stomaco, il che poteva significare solo una
cosa… quel qualcuno aveva fame.
Una sensazione
di terrore misto a panico mi fece accapponare la pelle, facendomi
stringere ancora
di più gli occhi, nella speranza che nulla e nessuno mi inducesse ad
aprili in
quel istante.
Il mio stomaco
iniziò a torcersi per la paura e il mio battito cardiaco divenne sempre
più
forte ed assordante, al punto che potevo sentire il pulsare del mio
stesso
cuore nelle orecchie, come fosse un martello pneumatico che non aveva
il minimo
autocontrollo su se stesso. Rabbrividì a quel suono e un urlo
agghiacciante
minacciò di esplodermi in bocca, ma fortunatamente un altro suono
attirò la mia
attenzione, facendomi tornare concentrata e calma, anche se solo per un
breve
istante.
Alla mia
sinistra, qualcuno era uscito da quella che sembrava una vecchia porta
cigolante, anche se il rumore mi parve leggermente diverso. Sentì
sospirare e
poi sentì il suono di una voce maschile molto armoniosa, sensuale e che
per
qualche strano motivo mi parve familiare: «non si è ancora destata?»
un’altra voce
maschile, leggermente più roca, ma non meno profonda e sensuale gli
rispose:
«no, eppure… la sento vivere…» sentì un altro sospiro leggero,
probabilmente
proveniente dal primo uomo che aveva parlato e a quel punto il mio naso
percepì
un forte odore di rose e cannella. Era l’odore di un profumo, ma non
sapevo di
chi fosse, sentivo soltanto che si avvicinava sempre più a me,
diventando
sempre più forte e… nauseante. «che cosa credi che accadrà? Che appena
ti vedrà
ti salterà tra le braccia e vivrete per sempre felici e contenti?». Era
la voce
di una donna e trasmetteva grande intelligenza e …rabbia.
Ancora un
sospiro. «Io.. io… non lo so.»
«beh, ti dico io
quello che accadrà. Lei si sveglierà spaventata nella sua eterna
dimora e quando capirà che cosa è diventata impazzirà e tu
sarai costretto ad ucciderla con le tue stesse mani.»
«Smettila
Cally. Smettila subito!» Quella voce armoniosa e sensuale si riempì
d’ira. Il respiro
del uomo divenne affannoso, come se avesse corso per molto tempo, ma la
verità
è che probabilmente la collera si era impossessata di lui.
«perché? Così
potrai continuare a vivere nelle tue fantasie come hai fatto in questi
ultimi
due anni? Credi davvero che lei ti ringrazierà per averle dato questa vita?» per un istante ci fu un
silenzio agghiacciante ma alla fine quella voce così familiare, le
rispose in
un sussurro: «si..».
«Allora mio
caro, sei un illuso!»
«perché?
Perché dovrei essere un illuso? Infondo io ho reagito bene e lei mi ha
sempre
amato e ha continuato ad amarmi anche quando credeva di avermi perso
per
sempre… per cui, sarà felice di rivedermi.»
«Forse. O
forse ti odierà per sempre per ciò che l’hai fatta diventare, beh,
sempre se
non impazzirà come è probabile che accada…»
Al improvviso
le voci cessarono del tutto e io non sentì più niente, ne un battito
del cuore,
ne l’odore nauseante di poco prima, ne la loro respirazione. In un
istante
tutto era cessato. Sembrava di aver appena spento la televisione e di
aver
quindi interrotto a metà un film molto strano ma interessante. Pensai
che si
fossero allontanati senza fare il minimo rumore, lasciandomi totalmente
sola,
ovunque mi trovassi. Decisi allora di farmi coraggio e dopo aver fatto
un lungo respiro profondo per costringere il
mio
cuore a rallentare e la mia paura a defluire un po’ dal mio corpo, aprì
lentamente un occhio, ma l’oscurità sembrava non avermi ancora
lasciata, così
aprì anche l’altro. Strizzando gli occhi per vedere un po’ meglio, mi
accorsi
di essere in un posto stretto e freddo. Ero distesa su qualcosa di
vellutato ma
non potevo muovermi molto, alzai le braccia per uscire da quel posto,
ma toccai
qualcosa a pochi centimetri sopra la mia testa che mi fece trasalire.
Il
respiro divenne sempre più intenso e affannoso, quando i miei occhi –
che nel
frattempo si erano abituati a vedere in quella oscurità – scoprirono
che ero
intrappolata in una bara.
Gli occhi mi
si spalancarono per il terrore e l’urlo che a stento era riuscito a
rimanere
dentro di me, poco tempo prima, mi fuggì dalle labbra come in uno
stupido film
horror di serie b, con la differenza che quello non era un film. Mentre
continuavo ad urlare, graffiai con le unghie il sottile velluto che
ricopriva
la bara e diedi pugni potenti al coperchio, sperando di aprirlo. Ero
talmente
agitata e spaventata che continuai a muovermi e a torcermi anche quando
la bara
fu aperta da un uomo che mi prese tra le braccia cercando di
immobilizzarmi e
di calmarmi, ripetendomi di continuo «calma, va tutto bene… va tutto
bene …»
non riuscivo più a respirare, la paura era troppo forte e non riuscivo
a capire
chi fosse quel uomo. Mentre mi dibattevo continuando ad urlare come
fossi in
preda di un forte shock riuscì a girare la testa quel poco che bastò
per vedere
un potente pugno scontrarsi con la mia faccia e in un istante nulla
aveva più
senso. Le grida cessarono, le luci si spensero e io mi sentì meglio.
Quando riaprì
gli occhi mi sentì più tranquilla e serena sapendo di aver fatto solo
un brutto
incubo. Cercai di rialzarmi, ma mi sentivo indolenzita e la guancia
sinistra mi
faceva molto male. Un colpo di tosse mi fece sputare sangue sul
pavimento e
appoggiando una mano sulla guancia capì di non aver affatto sognato
perché al
tatto la mia guancia era gonfia e dolorante. Sgranai gli occhi per lo
stupore,
poi sentì un rumore di tacchi avvicinarsi dalla mia destra e vidi con
la coda
del occhio che una donna mi stava piano piano raggiungendo, così,
aiutandomi
con i gomiti e le mani mi misi seduta per guardarla meglio. Lei si
fermò a
circa un metro da me. Indossava degli stivali di cuoio che le
arrivavano al
ginocchio, una minigonna anch’essa di cuoio nero e una canottiera
bianca
coperta da una giacca di pelle nera. Aveva gli occhi intensi color
marrone che
mi ricordavano molto il cioccolato fondente. I cappelli le ricadevano
leggeri intorno
alle spalle ed erano di un rosso così intenso e cupo da ricordarmi il
colore
del sangue, come il rossetto che portava sulle labbra.
Quando si
inginocchiò accanto a me, sentì di nuovo quel odore nauseante. Lei
distese un
braccio per toccarmi ma la mia spina dorsale rabbrividì davanti a quel
immagine.
Scostò appena la mano e poi mi parlò. «Non devi aver paura, non ti farò
del
male.» Mi sorrise, ma non con gli occhi. In quelli potevo leggervi solo
rabbia
e cattive intenzioni e senza nemmeno rendermene conto iniziai a
indietreggiare,
aiutandomi con le mani. Il suo sorriso si spense del tutto e nel suo
viso
apparve uno sguardo carico d’odio. La vidi stringere i pugni e
rialzarsi in
piedi, mentre le nocche le diventavano di un bianco pallido. Con un
dito mi
indicò e una voce cupa e roca che non ricordava la sua, uscì da quelle
labbra
color sangue. «tu, stupida sgualdrina. Dovresti smetterla di
comportarti come
una mortale e accettare la tua nuova condizione!» Non avevo idea di
cosa stesse
parlando, ma ancora una volta il terrore mi raggiunse. Mi rialzai in
piedi, in
un gesto che non aveva nulla di grazioso ed iniziai a correre
disperatamente
verso la porta che stava alle mie spalle. Mi girai per guardare se
quella
strana e terrificante donna mi seguisse, ma non la vidi più. Quando mi
rigirai,
me la trovai davanti agli occhi e in un istante io fui di nuovo stesa
per
terra. Con uno scatto che non aveva nulla di umano, lei mi saltò
addosso ed
iniziò a ringhiarmi contro, mostrandomi due denti aguzzi. Strillai per
la
paura.
«Cally! Noooo…
lasciala andare subito!». La donna rimase sopra di me, trattenendomi
per la
camicia che indossavo quando alzò gli occhi per guardare oltre alla mia
testa, osservando
chi aveva parlato con una sorta di rabbia e di frustrazione.
«alzati e
allontanati da lei. Subito!» Lei mi guardò ancora con uno sguardo
rabbioso e
poi mi lasciò andare, allontanandosi un po’ da me, ma continuando a
fissarmi
con quello sguardo da killer e girandomi attorno come un felino che
attende il
momento adatto per attaccare la sua preda. Mentre la fissavo negli
occhi, mi
accorsi di aver trattenuto per lungo tempo il respiro, eppure non mi
sentivo
male, ne tantomeno a corto di fiato. Aprì la bocca solo per sentire
l’aria
entrare. Che stava accadendo? Che mi
stava succedendo?
«Mi dispiace.
Cally è stata l’unica donna del gruppo per molto tempo, ecco perché non
ti
sopporta. Teme che tu le possa rubare i suoi uomini.» Un uomo di colore
sulla
trentina si avvicinò a lei e la strinse tra le braccia per confortarla.
Lei si
strusciò addosso a lui e strofinò la sua guancia addosso a quella del
uomo che
le sorrise dolcemente. Aveva i capelli ricci e neri, molto corti, degli
occhi
verde smeraldo e un volto abbastanza quadrato, ma non per questo non
bello. In
effetti emanava un grande fascino antico. Mi sentì avvampare mentre lo
fissavo
e abbassai gli occhi per non farglielo capire, sentendomi
improvvisamente
stupida. Lui mi sorrise e io mi sentì felice. Di solito non provavo
quelle
sensazioni con gli sconosciuti, soprattutto se come lui indossavano
solo dei
pantaloni di pelle nera, eppure guardandolo negli occhi, non potevo non
sentirmi attratta da lui, dal suo corpo e dalla sua conoscenza. I suoi
occhi mi
dicevano di aver visto molte cose, di conoscerne molte altre e di avere
le
risposte che stavo cercando. Mi alzai in piedi con la voglia di
avvicinarmi a
lui e di strofinargli addosso il mio corpo, come aveva fatto quella
donna, ma
una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
«Usher!
Smettila di usare i tuoi poteri su Katy.
Lei è mia!» D’un tratto, senza vedere quel uomo, mi sopraggiunse una
consapevolezza. Io lo conoscevo. Lo conoscevo bene e conoscevo anche
quelle
parole ricche di rabbia e di possesso.
Due anni prima
ero fidanzata con un ragazzo dolcissimo ma molto geloso di nome Daniel.
Era un
ragazzo pieno di talento. Suonava il piano in modo divino e insegnava
al
conservatorio, quando non era in giro per il Mondo per far conoscere la
sua
musica. Aveva degli occhi azzurri che mi ricordavano molto quelli degli
husky,
dei capelli biondi che al sole sembravano color oro e quando sorrideva
delle
fossette gli comparivano sulle guance, donando al suo sorriso e al suo
volto una
bellezza quasi fanciullesca.
Due anni prima
stavamo per sposarci, ma lui venne attaccato da un lupo mentre stavamo
facendo
una gita in montagna e morì, lasciandomi sola con il mio dolore. Avevo
sempre
pensato che prima o poi ci saremmo rivisti, ma pensavo in paradiso, non
sulla
terra. No, non poteva essere lui, a meno che io non fossi… morta.
Delle mani
afferrarono delicatamente le mie spalle, mentre io continuavo a fissare
il
vuoto.
Il respiro si
fece sempre più intenso e affannoso e gli occhi minacciavano di uscirmi
dalle
orbite, quando girando lentamente la testa, vidi lui. Daniel. Le mie
gambe e le
mie ginocchia cedettero e io sarei caduta se lui non mi avesse sorretta.
«sta calma.
Sono io… andrà tutto bene…» mi sorrise, ma stranamente non riuscivo a
sentirmi
felice. Avevo atteso quel momento per tanto tempo. Sperando che il
fantasma del
mio defunto ragazzo comparisse di nuovo come nel film “Ghost” per poter
vivere la
nostra storia d’amore ultraterrena, eppure in quel momento mi sembrava
tutto
così sbagliato, tutto così …orribile.
Le guance mi
si bagnarono di un liquido che riconobbi solo quando le vidi anche nel
volto di
lui… lacrime.
«ho aspettato
tanto questo momento…» mi disse in un sussurro, prima di baciarmi sulle
labbra,
in un bacio tenero e casto che eravamo soliti scambiarci prima di
andare al
lavoro. Lo sentì cercare di insinuare la sua lingua tra le mie labbra,
ma ero
talmente terrorizzata da non riuscire nemmeno a muovermi, figuriamoci
ad aprire
la bocca. Allora mi accarezzò cercando di farmi calmare, ma io trasalì
e con
uno strattone mi liberai dalla sua presa.
«Katy, sono
io… Daniel. Ora potremmo stare insieme come abbiamo sempre desiderato.»
«che cosa sei
tu? Che cosa mi hai fatto?» La mia
voce sembrava distante e irriconoscibile anche alle mie orecchie. Ma la
rabbia
che provavo in quel momento mi aiutò a non crollare a terra per
mettermi a piangere.
Una risata
divertita e gioiosa giunse dalle mie spalle.
«Noi siamo
vampiri, e ora lo sei anche tu!» mi disse quella donna.
«NO!» il mio
grido era carico d’odio e di
disperazione.
«Katy ti
prego, non comportarti così… possiamo restare insieme per sempre, non è
quello
che hai sempre voluto?» Daniel cercò di avvicinarsi a me, allungando un
braccio
per accarezzarmi la guancia, ma io indietreggiai e con rabbia gli
risposi. «Non
so chi sei tu o loro, ma io non sono una vampira e di sicuro non starò
con te.
Sei solo un mostro!» La tristezza che potevo leggere nei suoi occhi, si
trasformò in un istante in furia ceca.
«scegli Katy e
scegli bene. O rimarrai con me per sempre o morirai!» pronunciò quel
ultima
parola con una rabbia ed un ardore che non erano mai appartenuti a lui
e allora
capì. Quel corpo era di Daniel, ma quel essere
non era lui.
«preferirei
morire, piuttosto che vivere per sempre con te e vivere come un mostro.»
«e così sia…»
In un secondo mi saltò addosso, catapultandomi a terra e facendomi
sbattere la
testa. Cercai di difendermi e con una forza che non mi era mai
appartenuta,
riuscì in qualche modo a respingere il suo attacco, lanciando Daniel a
qualche
metro di distanza da me. Mi rialzai velocemente e corsi verso quel
unica porta
che mi sembrava la mia unica possibilità di sopravvivere. Ma ancora una
volta
finì per terra quando delle braccia, dopo avermi afferrata per le
spalle, mi
lanciarono dall’altra parte della stanza e io finì addosso a qualcosa
di
rettangolare e robusto. Aprì gli occhi e mi accorsi di essere accanto
ad una
bara nera. Gridai, ma qualcuno mi bloccò le urla, mettendomi una mano
davanti
alla bocca e immobilizzando le mie braccia dietro alla schiena.
«Mi dispiace,
speravo che avresti capito e accettato questa mia nuova vita, ma a
quanto pare,
sei una debole.» Daniel mi sputò sul viso, ricoprendomi la guancia
sinistra di
una strana saliva che bruciava come acido. Al suo fianco si avvicinò la
donna
con un paletto di legno tra le mani.
«Facciamola
finita Daniel. Questi preliminari mi hanno stancata.» Lui le lanciò uno
sguardo
carico d’odio, ma annuì alla sua richiesta. Iniziai a dibattermi per
liberarmi
da chi mi stava trattenendo e quando con la coda del occhio riuscì a
vedere
l’uomo che poco prima mi aveva attratta, mi calmai al istante e
fissandolo,
rimasi imprigionata al interno dei suoi occhi, annegandovi sempre di
più.
Un dolore acuto mi fece tornare alla realtà. Girai un po’ la testa e vidi un paletto piantato nel mio cuore, dal quale fuoriusciva moltissimo sangue. Il mio corpo cedette a poco a poco e quel tale di nome Usher mi accompagnò dolcemente a terra. Guardai Daniel diventare sempre più un ombra alla mia vista, probabilmente appannata. Poi le tenebre mi inghiottirono e con un ultimo sussulto esalai il mio ultimo respiro.