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Autore: Queen_Dair    08/11/2010    0 recensioni
Cosa pensereste se risvegliandovi vi trovaste immersi nel buio più profondo che abbiate mai visto? Cosa provereste se vi accorgeste di essere rinchiusi dentro a qualcosa di stretto e piccolo? E se qualcuno fosse lì fuori ad attendervi? Questo è quello che è accaduto ad una giovane ragazza di nome Katy, che d’improvviso si è trovata immersa in un mondo oscuro e nuovo circondata da persone più o meno conosciute.
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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titolo ff: Lacrymosa

raiting: ROSSO (più o meno)

autore: -Micky86- o Micky6277

DISCLAIMER: I fatti e i personaggi descritti in questa OS sono di mia invenzione, non c'è nessun rimando a persona reale o esistente, se c'è, è puramente casuale.

Avevo ancora le palpebre chiuse, eppure era come se vedessi perfettamente tutto quello che mi circondava, non grazie alla vista, ma bensì al udito. Percepivo i suoni e i rumori più lievi, provenienti anche da molto lontano, come se io fossi lì, in quei luoghi.

Concentrandomi appena riuscì a sentire qualcosa che si apriva alla mia destra e qualcuno uscire fuori da quel qualcosa, iniziando ad emettere dei leggeri brontolii gutturali provenienti non solo dalla sua bocca ma anche dal suo stomaco, il che poteva significare solo una cosa… quel qualcuno aveva fame.

Una sensazione di terrore misto a panico mi fece accapponare la pelle, facendomi stringere ancora di più gli occhi, nella speranza che nulla e nessuno mi inducesse ad aprili in quel istante.

Il mio stomaco iniziò a torcersi per la paura e il mio battito cardiaco divenne sempre più forte ed assordante, al punto che potevo sentire il pulsare del mio stesso cuore nelle orecchie, come fosse un martello pneumatico che non aveva il minimo autocontrollo su se stesso. Rabbrividì a quel suono e un urlo agghiacciante minacciò di esplodermi in bocca, ma fortunatamente un altro suono attirò la mia attenzione, facendomi tornare concentrata e calma, anche se solo per un breve istante.

Alla mia sinistra, qualcuno era uscito da quella che sembrava una vecchia porta cigolante, anche se il rumore mi parve leggermente diverso. Sentì sospirare e poi sentì il suono di una voce maschile molto armoniosa, sensuale e che per qualche strano motivo mi parve familiare: «non si è ancora destata?» un’altra voce maschile, leggermente più roca, ma non meno profonda e sensuale gli rispose: «no, eppure… la sento vivere…» sentì un altro sospiro leggero, probabilmente proveniente dal primo uomo che aveva parlato e a quel punto il mio naso percepì un forte odore di rose e cannella. Era l’odore di un profumo, ma non sapevo di chi fosse, sentivo soltanto che si avvicinava sempre più a me, diventando sempre più forte e… nauseante. «che cosa credi che accadrà? Che appena ti vedrà ti salterà tra le braccia e vivrete per sempre felici e contenti?». Era la voce di una donna e trasmetteva grande intelligenza e …rabbia.

Ancora un sospiro. «Io.. io… non lo so.»

«beh, ti dico io quello che accadrà. Lei si sveglierà spaventata nella sua eterna dimora e quando capirà che cosa è diventata impazzirà e tu sarai costretto ad ucciderla con le tue stesse mani.»

«Smettila Cally. Smettila subito!» Quella voce armoniosa e sensuale si riempì d’ira. Il respiro del uomo divenne affannoso, come se avesse corso per molto tempo, ma la verità è che probabilmente la collera si era impossessata di lui.

«perché? Così potrai continuare a vivere nelle tue fantasie come hai fatto in questi ultimi due anni? Credi davvero che lei ti ringrazierà per averle dato questa vita?» per un istante ci fu un silenzio agghiacciante ma alla fine quella voce così familiare, le rispose in un sussurro: «si..».

«Allora mio caro, sei un illuso!»

«perché? Perché dovrei essere un illuso? Infondo io ho reagito bene e lei mi ha sempre amato e ha continuato ad amarmi anche quando credeva di avermi perso per sempre… per cui, sarà felice di rivedermi.»

«Forse. O forse ti odierà per sempre per ciò che l’hai fatta diventare, beh, sempre se non impazzirà come è probabile che accada…»

Al improvviso le voci cessarono del tutto e io non sentì più niente, ne un battito del cuore, ne l’odore nauseante di poco prima, ne la loro respirazione. In un istante tutto era cessato. Sembrava di aver appena spento la televisione e di aver quindi interrotto a metà un film molto strano ma interessante. Pensai che si fossero allontanati senza fare il minimo rumore, lasciandomi totalmente sola, ovunque mi trovassi. Decisi allora di farmi coraggio e dopo aver fatto un lungo respiro profondo per costringere il mio cuore a rallentare e la mia paura a defluire un po’ dal mio corpo, aprì lentamente un occhio, ma l’oscurità sembrava non avermi ancora lasciata, così aprì anche l’altro. Strizzando gli occhi per vedere un po’ meglio, mi accorsi di essere in un posto stretto e freddo. Ero distesa su qualcosa di vellutato ma non potevo muovermi molto, alzai le braccia per uscire da quel posto, ma toccai qualcosa a pochi centimetri sopra la mia testa che mi fece trasalire. Il respiro divenne sempre più intenso e affannoso, quando i miei occhi – che nel frattempo si erano abituati a vedere in quella oscurità – scoprirono che ero intrappolata in una bara.

Gli occhi mi si spalancarono per il terrore e l’urlo che a stento era riuscito a rimanere dentro di me, poco tempo prima, mi fuggì dalle labbra come in uno stupido film horror di serie b, con la differenza che quello non era un film. Mentre continuavo ad urlare, graffiai con le unghie il sottile velluto che ricopriva la bara e diedi pugni potenti al coperchio, sperando di aprirlo. Ero talmente agitata e spaventata che continuai a muovermi e a torcermi anche quando la bara fu aperta da un uomo che mi prese tra le braccia cercando di immobilizzarmi e di calmarmi, ripetendomi di continuo «calma, va tutto bene… va tutto bene …» non riuscivo più a respirare, la paura era troppo forte e non riuscivo a capire chi fosse quel uomo. Mentre mi dibattevo continuando ad urlare come fossi in preda di un forte shock riuscì a girare la testa quel poco che bastò per vedere un potente pugno scontrarsi con la mia faccia e in un istante nulla aveva più senso. Le grida cessarono, le luci si spensero e io mi sentì meglio.

Quando riaprì gli occhi mi sentì più tranquilla e serena sapendo di aver fatto solo un brutto incubo. Cercai di rialzarmi, ma mi sentivo indolenzita e la guancia sinistra mi faceva molto male. Un colpo di tosse mi fece sputare sangue sul pavimento e appoggiando una mano sulla guancia capì di non aver affatto sognato perché al tatto la mia guancia era gonfia e dolorante. Sgranai gli occhi per lo stupore, poi sentì un rumore di tacchi avvicinarsi dalla mia destra e vidi con la coda del occhio che una donna mi stava piano piano raggiungendo, così, aiutandomi con i gomiti e le mani mi misi seduta per guardarla meglio. Lei si fermò a circa un metro da me. Indossava degli stivali di cuoio che le arrivavano al ginocchio, una minigonna anch’essa di cuoio nero e una canottiera bianca coperta da una giacca di pelle nera. Aveva gli occhi intensi color marrone che mi ricordavano molto il cioccolato fondente. I cappelli le ricadevano leggeri intorno alle spalle ed erano di un rosso così intenso e cupo da ricordarmi il colore del sangue, come il rossetto che portava sulle labbra.

Quando si inginocchiò accanto a me, sentì di nuovo quel odore nauseante. Lei distese un braccio per toccarmi ma la mia spina dorsale rabbrividì davanti a quel immagine. Scostò appena la mano e poi mi parlò. «Non devi aver paura, non ti farò del male.» Mi sorrise, ma non con gli occhi. In quelli potevo leggervi solo rabbia e cattive intenzioni e senza nemmeno rendermene conto iniziai a indietreggiare, aiutandomi con le mani. Il suo sorriso si spense del tutto e nel suo viso apparve uno sguardo carico d’odio. La vidi stringere i pugni e rialzarsi in piedi, mentre le nocche le diventavano di un bianco pallido. Con un dito mi indicò e una voce cupa e roca che non ricordava la sua, uscì da quelle labbra color sangue. «tu, stupida sgualdrina. Dovresti smetterla di comportarti come una mortale e accettare la tua nuova condizione!» Non avevo idea di cosa stesse parlando, ma ancora una volta il terrore mi raggiunse. Mi rialzai in piedi, in un gesto che non aveva nulla di grazioso ed iniziai a correre disperatamente verso la porta che stava alle mie spalle. Mi girai per guardare se quella strana e terrificante donna mi seguisse, ma non la vidi più. Quando mi rigirai, me la trovai davanti agli occhi e in un istante io fui di nuovo stesa per terra. Con uno scatto che non aveva nulla di umano, lei mi saltò addosso ed iniziò a ringhiarmi contro, mostrandomi due denti aguzzi. Strillai per la paura.

«Cally! Noooo… lasciala andare subito!». La donna rimase sopra di me, trattenendomi per la camicia che indossavo quando alzò gli occhi per guardare oltre alla mia testa, osservando chi aveva parlato con una sorta di rabbia e di frustrazione.

«alzati e allontanati da lei. Subito!» Lei mi guardò ancora con uno sguardo rabbioso e poi mi lasciò andare, allontanandosi un po’ da me, ma continuando a fissarmi con quello sguardo da killer e girandomi attorno come un felino che attende il momento adatto per attaccare la sua preda. Mentre la fissavo negli occhi, mi accorsi di aver trattenuto per lungo tempo il respiro, eppure non mi sentivo male, ne tantomeno a corto di fiato. Aprì la bocca solo per sentire l’aria entrare. Che stava accadendo? Che mi stava succedendo?

«Mi dispiace. Cally è stata l’unica donna del gruppo per molto tempo, ecco perché non ti sopporta. Teme che tu le possa rubare i suoi uomini.» Un uomo di colore sulla trentina si avvicinò a lei e la strinse tra le braccia per confortarla. Lei si strusciò addosso a lui e strofinò la sua guancia addosso a quella del uomo che le sorrise dolcemente. Aveva i capelli ricci e neri, molto corti, degli occhi verde smeraldo e un volto abbastanza quadrato, ma non per questo non bello. In effetti emanava un grande fascino antico. Mi sentì avvampare mentre lo fissavo e abbassai gli occhi per non farglielo capire, sentendomi improvvisamente stupida. Lui mi sorrise e io mi sentì felice. Di solito non provavo quelle sensazioni con gli sconosciuti, soprattutto se come lui indossavano solo dei pantaloni di pelle nera, eppure guardandolo negli occhi, non potevo non sentirmi attratta da lui, dal suo corpo e dalla sua conoscenza. I suoi occhi mi dicevano di aver visto molte cose, di conoscerne molte altre e di avere le risposte che stavo cercando. Mi alzai in piedi con la voglia di avvicinarmi a lui e di strofinargli addosso il mio corpo, come aveva fatto quella donna, ma una voce alle mie spalle mi fece trasalire.

«Usher! Smettila di usare i tuoi poteri su Katy. Lei è mia!» D’un tratto, senza vedere quel uomo, mi sopraggiunse una consapevolezza. Io lo conoscevo. Lo conoscevo bene e conoscevo anche quelle parole ricche di rabbia e di possesso.

Due anni prima ero fidanzata con un ragazzo dolcissimo ma molto geloso di nome Daniel. Era un ragazzo pieno di talento. Suonava il piano in modo divino e insegnava al conservatorio, quando non era in giro per il Mondo per far conoscere la sua musica. Aveva degli occhi azzurri che mi ricordavano molto quelli degli husky, dei capelli biondi che al sole sembravano color oro e quando sorrideva delle fossette gli comparivano sulle guance, donando al suo sorriso e al suo volto una bellezza quasi fanciullesca.

Due anni prima stavamo per sposarci, ma lui venne attaccato da un lupo mentre stavamo facendo una gita in montagna e morì, lasciandomi sola con il mio dolore. Avevo sempre pensato che prima o poi ci saremmo rivisti, ma pensavo in paradiso, non sulla terra. No, non poteva essere lui, a meno che io non fossi… morta.

Delle mani afferrarono delicatamente le mie spalle, mentre io continuavo a fissare il vuoto.

Il respiro si fece sempre più intenso e affannoso e gli occhi minacciavano di uscirmi dalle orbite, quando girando lentamente la testa, vidi lui. Daniel. Le mie gambe e le mie ginocchia cedettero e io sarei caduta se lui non mi avesse sorretta.

«sta calma. Sono io… andrà tutto bene…» mi sorrise, ma stranamente non riuscivo a sentirmi felice. Avevo atteso quel momento per tanto tempo. Sperando che il fantasma del mio defunto ragazzo comparisse di nuovo come nel film “Ghost” per poter vivere la nostra storia d’amore ultraterrena, eppure in quel momento mi sembrava tutto così sbagliato, tutto così …orribile.

Le guance mi si bagnarono di un liquido che riconobbi solo quando le vidi anche nel volto di lui… lacrime.

«ho aspettato tanto questo momento…» mi disse in un sussurro, prima di baciarmi sulle labbra, in un bacio tenero e casto che eravamo soliti scambiarci prima di andare al lavoro. Lo sentì cercare di insinuare la sua lingua tra le mie labbra, ma ero talmente terrorizzata da non riuscire nemmeno a muovermi, figuriamoci ad aprire la bocca. Allora mi accarezzò cercando di farmi calmare, ma io trasalì e con uno strattone mi liberai dalla sua presa.

«Katy, sono io… Daniel. Ora potremmo stare insieme come abbiamo sempre desiderato.»

«che cosa sei tu? Che cosa mi hai fatto?» La mia voce sembrava distante e irriconoscibile anche alle mie orecchie. Ma la rabbia che provavo in quel momento mi aiutò a non crollare a terra per mettermi a piangere.

Una risata divertita e gioiosa giunse dalle mie spalle.

«Noi siamo vampiri, e ora lo sei anche tu!» mi disse quella donna.

«NO!» il mio grido era carico d’odio e di disperazione.

«Katy ti prego, non comportarti così… possiamo restare insieme per sempre, non è quello che hai sempre voluto?» Daniel cercò di avvicinarsi a me, allungando un braccio per accarezzarmi la guancia, ma io indietreggiai e con rabbia gli risposi. «Non so chi sei tu o loro, ma io non sono una vampira e di sicuro non starò con te. Sei solo un mostro!» La tristezza che potevo leggere nei suoi occhi, si trasformò in un istante in furia ceca.

«scegli Katy e scegli bene. O rimarrai con me per sempre o morirai!» pronunciò quel ultima parola con una rabbia ed un ardore che non erano mai appartenuti a lui e allora capì. Quel corpo era di Daniel, ma quel essere non era lui.

«preferirei morire, piuttosto che vivere per sempre con te e vivere come un mostro.»

«e così sia…» In un secondo mi saltò addosso, catapultandomi a terra e facendomi sbattere la testa. Cercai di difendermi e con una forza che non mi era mai appartenuta, riuscì in qualche modo a respingere il suo attacco, lanciando Daniel a qualche metro di distanza da me. Mi rialzai velocemente e corsi verso quel unica porta che mi sembrava la mia unica possibilità di sopravvivere. Ma ancora una volta finì per terra quando delle braccia, dopo avermi afferrata per le spalle, mi lanciarono dall’altra parte della stanza e io finì addosso a qualcosa di rettangolare e robusto. Aprì gli occhi e mi accorsi di essere accanto ad una bara nera. Gridai, ma qualcuno mi bloccò le urla, mettendomi una mano davanti alla bocca e immobilizzando le mie braccia dietro alla schiena.

«Mi dispiace, speravo che avresti capito e accettato questa mia nuova vita, ma a quanto pare, sei una debole.» Daniel mi sputò sul viso, ricoprendomi la guancia sinistra di una strana saliva che bruciava come acido. Al suo fianco si avvicinò la donna con un paletto di legno tra le mani.

«Facciamola finita Daniel. Questi preliminari mi hanno stancata.» Lui le lanciò uno sguardo carico d’odio, ma annuì alla sua richiesta. Iniziai a dibattermi per liberarmi da chi mi stava trattenendo e quando con la coda del occhio riuscì a vedere l’uomo che poco prima mi aveva attratta, mi calmai al istante e fissandolo, rimasi imprigionata al interno dei suoi occhi, annegandovi sempre di più.

Un dolore acuto mi fece tornare alla realtà. Girai un po’ la testa e vidi un paletto piantato nel mio cuore, dal quale fuoriusciva moltissimo sangue. Il mio corpo cedette a poco a poco e quel tale di nome Usher mi accompagnò dolcemente a terra. Guardai Daniel diventare sempre più un ombra alla mia vista, probabilmente appannata. Poi le tenebre mi inghiottirono e con un ultimo sussulto esalai il mio ultimo respiro.

   
 
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