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Autore: GurenSuzuki    09/11/2010    3 recensioni
E se, agli inizi del 2010, i Malice Mizer decidessero di riunirsi?
E Gackt percepì mille altre parole contenute in quell'arrivederci.
Mille parole tra cui una spiccava prepotentemente sopra le altre.
Addio.
[AVVISO DELL'AUTRICE]
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gackt, Közi, Mana, Nuovo personaggio, Yu~ki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19
As raindrops

Il cielo era un'unica, spessa coperta di grigio invalicabile. Non una nuvola oscurava la tinta cinerea, ma nemmeno un raggio palesava la propria attenzione nell'immacolato candore peccaminoso che serpeggiava fin nei più piccoli vicoli di Tokyo.
Mana poggiava il capo al vetro freddo osservando inerme il fiume di persone che correvano da un capo all'altro della città. Gli tornò in mente un'immagine letta in un libro sul fatto che i fiumi sappiano essere spaventosi: anche se tu li osservi immobile, senza batter ciglio, loro continuano il loro moto perpetuo. Proprio come il tempo. Le persone spesso si fermano ad osservare lo scorrere del tempo, delle lancette che scivolano una sull'altra accumulando secondi. Mentre l'uomo riposa il tempo continua a vivere.* E anche guardare le persone che camminano è come guardare un fiume. Innarrestabile.
Tutto quel movimento gli procurava un cerchio alla testa, che coadiuvato ad un fastidio di fondo accentuava la sua già radicata malinconia.
Osservando la rovinosa fine delle gocce d'acqua lungo il vetro irrorato da miriadi di stille Mana non potè che ritrovarsi a paragonare assurdamente le persone alla pioggia: chiunque in vita s'affannava per raggiungere un traguardo, lungo un percorso che a causa di forze a noi oscure o meno (come poteva essere per l'acqua l'inclinazione di una superficie o la potenza del vento) tracciavano un proprio percorso per poi venire ingurgitate dalle fessure marmoree del davanzale e lì morire.

Poi i pensieri vertirono.

Perchè?
Perchè?
Perchè?
I propri sentimenti erano racchiusi in una teca di cristallo insondabile persino dal loro proprietario. Come si poteva essere così stupidi?
Ciò che aveva detto a Gackt erano soltanto cattiverie, menzogne e gelosie. Stralci di una natura che di sè detestava. Era dannatamente geloso. Geloso di quella puttana occhi di cerbiatto che aveva ammaliato il suo amante.

Mana senza Gackt viveva benissimo, era una persona realizzata e poteva permettersi di pretendere solo sesso dall'altro.
Satoru per Manabu era ossigeno. Un semplice scontro carnale sarebbe stato un palliativo insufficiente.

Nella vita di Mana erano sempre esistiti due colori: il bianco e il nero.
Gackt Camui aveva portato il grigio.
Aveva aggiunto bianco al nero, e per questo lo ringraziava, arrivando ad amarlo.
Ma aveva altresì screziato il bianco di nero, e per questo l'odiava.**

Gackt era il pendolo che scandiva l'incertezza di Mana. Lui non era la salvezza, ma il baratro vero e proprio. Un baratro in cui Mana stava scivolando poco a poco e sentendosi mancare la terra da sotto le suole, temendo di precipitare verso una caduta senza fine, s'era ancorato ad un fittizio filo che l'univa alla sua integrità. Per questo l'aveva coperto d'ingiurie quello stesso pomeriggio.

Gackt era l'unica incognita irrisolvibile dell'equazione che era la vita di Mana. E Mana fondava le radici della propria personalità in basi solide: odiava la confusione, la disorganizzazione.

Mana era il destino e Gackt il caos. Destino era ordinato e preciso, sapeva sempre quel che sarebbe accaduto, quando, a che ora e chi sarebbe stato coinvolto. Caos non si preoccupava di effimere certezze come orari, coincidenze e credi. E nonostante tutto persino Caos era governato da leggi che a Destino sarebbero sempre rimaste oscure e viceversa.

Tutto inutile. L'aveva perso. Ancora una volta per il proprio stupido orgoglio e la propria cieca stupidità. L'aveva lasciato andare troppe volte. Gli strappi si possono ricucire una volta, ma la seconda persino il più robusto dei fili si piega sotto a tali scempi. Mana era annientato se provava a pensare anche solo un attimo al rapporto tra lui e Gackt come un vecchio straccio rattoppato e ridotto ormai a brandelli. Ogni sillaba pronunciata quel pomeriggio era stata una pugnalata inferta al tessuto.

Una lacrima gli sfuggì.
Poi un'altra.
E un'altra ancora.
Finchè non si ritrovò a premere il volto tra le ginocchia unite, i singhiozzi che stemperavano nella rumorosa quiete domestica.

Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiin.

Alzò il capo, trattenendo a stento qualche impropero per nulla elegante.

Aprì la porta senza nemmeno controllare le proprie condizioni o chi ci fosse dall'altro lato.

"Mana..."

Gli venne quasi da ridere. Gackt Camui, dall'alto della sua strafottenza, stava lì impalato con gli occhi cerchiati di rosso.

Gli venne istintivo chiudergli la porta in faccia, senza incrinare neppure per un istante la maschera austera e inviolabile delle proprie iridi asciutte. Ma il corvino si frappose al battente e spalancò l'uscio con forza. Gli andò incontro a passi pesanti, afferrandolo per le spalle magre e tirandolo poi verso di se. Restarono così, infiniti secondi di niente, in cui semplicemente si fronteggiarono, le iridi scrutavano le une nelle altre, le bocche respiravano affannosamente, le mani dell'uno chiudevano la via a quelle dell'altro.

Poi si baciarono.

Un bacio irruento, un bacio carnale. Un bacio che entrambi volevano.

Gackt si staccò poco dopo.

"Non ti permetterò di andartene ancora. L'ho permesso una volta, non sarò così idiota da farlo di nuovo, Manabu. Tu sei mio." sillabò con le labbra a pochi centimetri dalle gemelle, che replicarono con solerzia consumata "Non sono un oggetto." ma già la maschera andava liquefacendosi. La vista gli si appannò, gli angoli della bocca tremarono e le sopracciglia si corrucciarono.

"Non ho intenzione di rinunciare a te." ribadì Gackt.

Mana odiava piangere. Era inutile. Non era qualche stupida goccia d'acqua salata a riportare la vita sulla giusta direzione. Il tempo perso a piagnucolare si poteva spendere cercando una soluzione al motivo della propria tristezza. Mana odiava piangere.

Ma in quel momento gli argini si ruppero.

Mana pianse. Pianse come non aveva mai fatto innanzi a nessuno, sul petto di quella sua odiata ragione di vita. Pianse fino a non poterne più. Pianse fino ad addormentarsi.

Per una volta che le cose sono semplici, non complichiamole.

In cuor suo Gackt l'aveva sempre saputo.

----

La musica assordante rimbombava fastidiosamente in quel tugurio sporco e malmesso, dove l'olezzo d'orina era praticamente insopportabile. Provò ad aprire il rubinetto, ma non ne uscì niente, allora rivolse gli occhi -obliati da lenti a contatto color ghiaccio- verso la superficie sporca dello specchio davanti a sè.

I capelli blu erano disordinatamente cotonati, le palpebre coperte da uno spesso strato di trucco nero. Si continuò a fissare, il cuore che prese a battere furioso, le mani che -ancorate alla ceramica lercia e cadente del lavandino- tremavano lievemente. Il neon sopra la sua testa oscillava, come anche la spoglia luce emessa.

Che cazzo ci faccio in questo schifo.

Era letteralmente fuggito. Via dalla pista della sala, via dalla musica assordante, via da Jui. Un moto di nausea lo coglieva ogni volta che quelle mani sottili -quegli stessi arti che un tempo l'avevano fatto fremere di desiderio- gli si avvicinavano, o anche solo quando i suoi occhi verde brillante si posavano sulla sua figura. Aveva smesso di temerlo, alla paura era subentrato l'odio radicato per quel vocalist dalle chiome ramate che l'aveva imprigionato in una rete di bugie cucita da fili illusori.

Balla sulle lame, piccolo Takanori.

Un tempo quel gioco era stato divertente. Era divertente quando Jui lo legava, quando Jui lo baciava, quando Jui lo possedeva, quando l'amava. Ma ben presto la natura sadica del ragazzo era emersa con prepotenza, e i segni li portava ancora sotto la maglietta, alcuni forse non sarebbero più spariti, tanto per riportagli alla mente immagini crude di notti nauseanti, in cui aveva pregato ogni Dio esistente o non nel firmamento affinchè le ore scivolassero veloci e l'alba nascesse.

Era anche vero che da quando stava con lui a scuola avevano smesso di tormentarlo. I bulli s'erano addomesticati, erano più docili e semplicemente lo evitavano, come lui evitava loro. Un patto di non belligeranza reciproco. Ma non era così vigliacco da nascondersi dietro un'ombra. L'anno scolastico stava ormai per finire, sarebbe uscito da quella scuola per sempre. Il motivo che lo teneva ancora legato a Jui era diverso. Possedeva lunghi capelli color cioccolato e occhi vispi.

Il triangolo che consumavano con Sachiko si poteva definire agli antipodi del buon costume, ma forse, lui era la persona sbagliata per decretare ciò che fosse giusto o sbagliato. Si asteneva dal dare qualsiasi giudizio, sentendosi l'individuo meno idoneo a farlo.

Trasse un profondo -profondissimo- respiro.

E poi uscì dal bagno.

Subito la cacofonia indistinta di voci frapposte alla musica lo investì e faticò a mettere a fuoco il buio della sala, rotto da luci intermittenti. Si fece strada nel caos della pista, sgusciando tra i corpi sudati stretti in abiti succinti.

All'improvviso, mentre si avvicinava al bancone, si sentì abbrancare per la vita da una stretta ferrea. Quando si girò due iridi color smeraldo lo fissavano con malizia.

"Taka-chan, dov'eri finito?"

"I-in bagno." lo nauseava la sua vista soltanto.

E persino quando lo baciò -unendo le loro bocche castamente- non gli provocò la benchè minima emozione. Quelle labbra piene e virili che un tempo l'avevano saputo far genuflettere al proprio volere, quella bocca calda e quella lingua umida che gli lambiva ogni centimetro di corpo erano state capaci di farlo gemere fino a urlare.

Lo portò fino al limitare della pista e si sedette a uno dei divanetti di pelle nera accerchiati li attorno. Fece mettere Takanori a cavalcioni e prese subito a palpargli le natiche sode, mentre con un braccio gli avvolgeva la vita e lo baciava con irruenza. Con violenza.

Come al solito.

Poi iniziò a volere, a pretendere, di più. Gli infilò, senza perdere tempo, una lunga mano sotto i boxer e avvolse la sua virilità, prendendo a massaggiarla con leziosità. Takanori fece per scostarsi, ma Jui gli strattonò i capelli con forza.

Normalmente, si sarebbe piegato al suo volere.
Normalmente, avrebbe gioito della sua possessività.
Normalmente, si sarebbe fatto sbattere come la puttana che Jui gli diceva essere.
Normalmente, non avrebbe mai reagito a quella maniera.

Lo schiaffo si abbattè sulla guancia sinistra del ramato, e lo schiocco che ne seguì provocò a Takanori una goduria encomiabile. Avrebbe voluto fargli provare sulla pelle tutto il dolore arrecatogli -almeno quello interiore.

Sfruttò l'attimo di sbigottimento di Jui per alzarsi dalle sue gambe e correre via, fuori, lontano da quelle voci, da quella musica, da quel luogo, da Jui.

Corse. Corse via dalla sua vita.

E in quel momento, Takanori capì che qualcosa si era irrimediabilmente rotto.

E gli andava bene così.
Perché in cuor suo l'aveva sempre saputo.

*Il libro di cui si parla è un racconto inserito nel libro 'Ricordi di un vicolo cieco' di Banana Yoshimoto. Il racconto è 'La luce che c'è dentro le persone'.
**Per questo ragionamento c'è da ringraziare SadisticPassion, avendolo concepito.

gurens notes: no ma, io evito di chiedervi scusa per il MOSTRUOSO ritardo, perché è inconcepibile. Mesi. 5 mesi per un capitolo simile. Mhà. Io, non ho parole =_= vi prego di perdonarmi.
Vaniamo alle cose serie:

IL 4/08/2010 NEW LIFE HA UFFICIALMENTE COMPIUTO UN ANNO DI VITA!!!...

E NON E' ANCORA CONCLUSA!! XD

Bhe, ora vi lascio, veramente, scusate. Gomen piccine.

DarukuShivaa: vorrei approfondire anch'io la questione, ma limitiamoci alla recensione xD spero che Mana si sia riscattato in questo capitolo, però nel caso i tuoi istinti omicidi -anche perché stai aspettando da cinque mesi un mio cenno di vita- tieni *porge il chitarrista* ammazza pure u.u inizialmenjte Gackt doveva finire con Shin, però mi hanno convinto a fare il contrario .-, prenditela con la mia ragazza se è successo ciò xD ma chissà se continueranno ad essere rose e fiori muhhahah. Cercherò davvero di non farvi aspettare così tanto, mi dispiace da morire ,_, pestami pure *si porge* pestaci tutti *porge i protagonisti* xD si l'ho scritto apposta per te dei nostri triangolosi xD un bacio.

Shirosakura Hirako: ma la polizia non lo becca, perché ho scritto nello scorso capitolo che è riuscito con metodi poco leciti *leggasi: yakuza (mafia xD)* a far coprire le tracce. Yu-ki ha troppo la faccia da mafioso *ò* sììììì Piton xD ahahahhaha un bacio e perdonami per il ritardo ._.

Allora, una nota. il comportamento di Gackt verrà spiegato nel prossimo capitolo, cioè insomma: prima vi dico che sè innamorato di Shin e poi lo faccio andare con Mana? Cercherò di spiegarvi tutto nel prossimo capitolo, scritto dal punto di vista di Gackt ^^ vedremo anche ritornare Kozi si spera -se ci riesce, perché il poveretto manca anche all'autrice stessa- in qualche modo u.u e si inizia ad andare verso il primo live come Malice Mizer dove avverrà di fatto l'epilogo per questi cinque (+ 5) scapestrati ._. che mi fan dannare da oltre un anno ma che io amo tanto *l'autrice si scioglie in brodo di giuggiole*

Vi amo *cuor*
Alla prossima!
   
 
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