“Andiamo a caccia insieme stasera?”
È una cosa che ho sempre odiato fare, ma ne ho bisogno per
sopravvivere. Mi correggo: il mio corpo ne ha bisogno. Non conta niente quello
che provo io nel farlo, non conta niente l’orrore che mi assale mentre affondo
i denti nella carne di qualcuno per nutrirmi, con la consapevolezza che da lì a
pochi istanti morirà e che ad ucciderlo sono stata io. Il sangue umano mi tiene
in vita, se così si può definire la mia esistenza.
Mi rigiro il foglietto con il messaggio della mia amica tra le
mani valutando la mia situazione: ho la bocca secca, sono inutili i miei
tentativi di inumidirla passando la lingua sulle labbra. Eppure è un gesto che
mi viene ancora sponteneo. Sento il sapore del veleno, del mio veleno, nella
bocca; ha cominciato a fluire antipaticamente dai miei canini affilati e
doverlo ingoiare è fastidioso. Si, credo di aver proprio bisogno di bere questa
notte.
Odio doverlo fare!
Non mi piace uccidere, ma non ho altra scelta. So di essere un
mostro, mi sento un mostro e cerco di alleviare questa sensazione, i sensi di
colpa, nutrendomi solamente quando ce n’è davvero la necessità.
È strano per una creatura come me? Beh, sono un vampiro
giovane, sono stata trasformata da poco più di tre decenni e la mia natura
umana ha ancora un briciolo di controllo su di me per fortuna.
“Ci vediamo al parco a mezzanotte” scrivo in risposta
consegnando il biglietto al pipistrello in attesa sul davanzale della finestra
della mia camera. Lo osservo volare via per un lungo tratto fino a che diventa
troppo lontano da scorgere anche per la mia vista acutamente sviluppata.
Mi alzo dalla sedia e mi avvicino all’armadio. Devo scegliere
i vestiti per questa sera, al solito avrebbe dovuto essere qualcosa di comodo,
ma allo stesso tempo provocante. Alla fine indosso una minigonna rossa in pelle
e un top nero attillato, un velo di trucco leggero e i capelli corvini lunghi e
lisci lasciati cadere morbidi sulle spalle. Sono imprigionata nel mio corpo da
diciottenne e va bene così, perché so di poter sembrare anche qualche anno più
grande all’occasione. Passando davanti allo specchio vorrei poter sorridere
alla mia figura riflessa, proprio come facevo sempre, molto tempo fa. Passo due
dita sulla superficie liscia del piccolo ornamento rotondo che non ho mai tolto
dalla parete sebbene sia inutile. Non so precisamente il motivo per cui non
l’abbia ancora fatto, forse perché ogni giorno mi possa ricordare che non sono
più normale. Come se non ce ne
fossero anche troppi di elementi che me lo ricordano in continuazione.
Spicco un balzo fuori dalla finestra aperta e atterro
delicatamente sull’erba sottostante. Mi dirigo a passo deciso verso il centro
della città.
C’è poca gente in giro per le strade, forse un po’ per l’ora
tarda o forse perché siamo in autunno e le serate qui sono già molto fredde,
almeno questo è quello che sento dire. Non provo più nessuna delle sensazioni
fisiche umane dalla trasformazione.
Arrivata al luogo dell’incontro, non ho nessun problema a
vedere Sam appoggiata ad un albero nella parte maggiormente al buio.
Avvicinandomi la saluto con un cenno della testa e un semplice “ciao”.
-Ciao Lilith!- dice con un sorriso quasi divertito. Ha notato
che sono di umore nero.
-Avanti, andiamo.- taglio corto. Voglio finire questa cosa il
più in fretta possobile.
Sam si allontana dall’albero e varca il cancello del parco
sapendo che l’avrei seguita. -Da quanto tempo è che non ti nutri Lilith?- mi chiede
con un sorriso. -Il tuo carettere diventa davvero instabile quando sei in
astinenza-. Continua a camminare in cerca di un buon posto per attaccare. Il
parco è una zona popolata in qualsiasi periodo dell’anno e a qualsiasi ora si
possono trovare coppie o gruppi di amici che passeggiano.
-Da una settimana,- rispondo svogliatamente -ma sai che non è
l’astinenza il mio problema, almeno non per il motivo che pensi tu. È proprio
l’opposto: è il dovermi nutrire che
mi rende nervosa.-
-Si, lo so, me lo ripeti ogni volta-. La vedo sorridere con un
pizzico di calcolata malizia ad un ragazzino che ci fissa mentre gli passiamo
davanti. Non è il suo tipo, pure troppo giovane, può essere un quindicenne.
Eppure attiriamo anche la loro attenzione. Ora che ci faccio caso, mi accorgo
che Sam indossa un vestitino blu notte che mette in risalto le sue forme
perfette, lascia la schiena scoperta e anche una buona parte delle cosce e ha
un paio di scarpe dal tacco a spillo vertiginoso, i capelli biondi corti dal
taglio sbarazzino. È normale che attiriamo l’attenzione; il nostro
abbigliamento e il nostro bell’aspetto dovuto al fatto che siamo vampiri,
creano un mix perfetto a cui nessuno può resistere. D’altronde è così che
attiriamo le nostre prede, è un fattore biologico, le persone sono attratte da
noi per un istinto naturale che non si sanno spiegare; è un po’ come il canto
delle sirene, solo che noi non abbiamo bisogno di cantare.
Ci siamo inoltrate molto nel parco e qui c’è molta più gente.
Il loro odore, l’odore degli umani, comincia a farsi più intenso; mi penetra
nelle narici risvegliando in me istinti primordiali che minacciano di prendere
il sopravvento. Mi impongo di non perdere il controllo, non posso perdere il controllo. Finalmente
incrociamo due uomini piacenti, sulla trentina. Io e Sam ci scambiamo una
rapida occhiata d’intesa e sorridiamo soddisfatte. Ovviamente sono loro ad
abbordarci; come è strano il mondo a volte, pensavano di essere predatori
questa sera e invece diventeranno le prede. È proprio crudele il destino.
Li conduciamo nel fitto di alcuni alberi, lontano da occhi
indiscreti.
Adesso la sete si è fatta prepotente; ho voglia di sangue.
Devo restare lucida! È solo un bisogno fisico.
-Il biondo è mio.- sussurra eccitata Sam. Il suo tono è
decisamente troppi decibel sotto la soglia udibile e i due tizi non si sono
nemmeno accorti che ha parlato, ma io l’ho sentita chiaramente e le sorrido.
Non voglio perdere altro tempo, passo una mano tra i capelli
scuri dell’altro ragazzo e lo attiro a me reclinandogli la testa all’indietro,
mettendo in esposizione il suo collo che assaporo passando lentamente la lingua
sulla pelle bronzea. Lui stupidamente ride, poggiando le mani sulla mia vita e
tirandomi a se per i fianchi.
Nel frattempo vedo che Sam spinge il suo uomo su una panchina
sedendocisi sopra a cavalcioni. A lei piace giocare con le sue vittime, prima.
Annuso il collo della mia cena e tutta la concentrazione e la
buona volontà che avevo fino a questo momento vanno a farsi benedire lasciando
posto alla Bestia che è in me; e il mio gesto non è più solamente quel bisogno
fisico, qualcosa da fare, ma diventa piacere, puro piacere! L’adrenalina mi
pervade, sento la carotide pulsare sempre più velocemente sotto il tocco delle
mie labbra che scorrono ancora delicate a massaggiare il collo del moro, sento
il sangue caldo scorrere impetuoso come a chiamarmi. È tutto così stimolante e
io non rifiuto quell’invito suadente; subito i miei denti affondano nella
pelle, lacerano la carne e sento un brivido di eccitazione lungo tutto il mio
corpo mentre il liquido denso mi entra in bocca riempiendomi completamente, ed
è così… piacevole
Mi alzo con un sospiro e mi preparo per raggiungere Sam alla
stazione della metropolitana. Non ho nessuna voglia di uscire oggi, ma so che
sarebbe peggio restare a casa senza fare niente. Indosso la divisa scolastica e
in un paio di minuti sono accanto a Sam ad aspettare il treno. Potremmo
arrivare ovunque in un lampo se solo volessimo, ma usare i mezzi di trasporto
ci fa sembrare normali agli occhi della gente, soprattutto per arrivare a
scuola, così evitiamo che gli altri ragazzi ci facciano o si facciano domande
inutili come era già successo un anno tanto tempo fa. Anche frequentare la
scuola ci da una parvenza di normalità. Sam dice che non le interessa apparire
normale, ma che è solo un passatempo e un modo per conoscere altre persone.
Siamo arrivate alla nostra fermata, basta uno sguardo d’intesa e insieme ci
dirigiamo verso il ciglio della strada opposto, all’ombra.
Il sole non ci scioglie, come dicono alcune credenze
naturalmente sbagliate, però ci indebolisce e un’esposizione prolungata
potrebbe anche ucciderci si, ma non è un fatto immediato, quindi possiamo
uscire anche di giorno.
Seguire le lezioni mi distrae per un po’ dai miei pensieri
cupi, forse potrei addirittura non pensare più a niente, almeno fino al
prossimo pasto.
La campanella che indica la fine delle lezioni mattutine suona
e gli alunni si fiondano in cortile per l’ora di meritato riposo. Prendo la mia
cartella ed esco anche io dall’aula. Mi siedo al mio solito posto, all’ombra di
un ampio faggio. Sam è seduta poco distante, assieme ad altri ragazzi. Lei è un
tipo molto estroverso; ama sempre essere circondata da decine di persone. Io
invece preferisco la solitudine. Prendo dalla borsa il mio libro e comincio a
leggere, dopo pochi minuti però non riesco più a concentrarmi sulle parole scritte
nella pagina; mi sento come osservata. Alzo gli occhi e subito incrocio lo
sguardo di un ragazzo; è poggiato contro il muro, un piede alzato e le mani in
tasca. Non sposta gli occhi, non cerca di nascondere che mi sta fissando. Io
continuo a guardarlo aspettando di capire cosa vuole da me, ma lui viene
chiamato da un altro ragazzo e io torno quindi alla mia lettura. Dopo nemmeno
una decina di pagine sento dei passi venire verso di me e avverto la presenza
di quello stesso ragazzo, silenziosamente mi si siede vicino. Non alzo nemmeno
gli occhi dalla pagina, anche se un poco mi incuriosisce. È lui a parlare per
primo.
-Ciao, hai fame?- mi chiede offrendomi qualcosa dal cestino
del suo pranzo.
-No grazie, ho già mangiato.- rispondo senza ancora guardarlo.
-Non è vero. Tu non mangi.- È la sua risposta secca.
A questo punto alzo la testa, voltandomi nella sua direzione.
-Scusa?- gli chiedo posando il libro.
-Da tutto il tempo che sei in questa scuola, non ti ho mai
vista pranzare.- È tranquillo, sembra che stia quasi seguendo un discorso già
impostato nella sua testa. Mi chiedo dove voglia andare a parare.
-Il fatto che tu non mi veda, non vuol dire che io non mi
nutra.- rispondo calcolando bene le parole.
-Voglio diventare ciò che tu sei.- taglia corto.
-Mi dispiace, non riesco a seguirti.- Dico alzando un
sopracciglio, anche se in me comincia ad insinuarsi un’idea assurda. Ma non può
esserre…
-So cosa sei.-
-Continuo a non capire.- affermo, anche se non è vero,
sperando che lui lasci cadere il discorso credendo di essersi sbagliato.
Sorride con espressione furba dipinta sul volto, non credo che si arrenderà
tanto facilmente.
-La tua pelle è candida come la neve, non cambi per niente con
il passare degli anni, non hai bisogno di mangiare…- sembra voglia aggiungere
qualcos’altro, ma ci ripensa. -Voglio che trasformi anche me in un vampiro.-
conclude deciso.
Sfodero una risata divertita. -Ti sei bevuto il cervello
stamattina a colazione per caso? Di cosa stai parlando?!-
-Ti ho vista questa notte. Nel parco.- I suoi occhi sono
incatenati ai miei, sa che non posso più negare l’evidenza.
Ogni traccia di divertimento scompare dalla mia faccia, adesso
la mia espressione è dura. -Allora non dovresti stare qua a parlare con me.-
-Te l’ho detto, voglio essere come te.-
Mi alzo di scatto e lui mi imita. Mi sento furiosa. -Vorresti
diventare un mostro? Un assassino? Vivere una vita che non è vita? Vorresti davvero essere così? Io
non credo…-
-Io voglio essere immortale, voglio non dover essere legato ai
bisogni fisici come il dormire, bere o mangiare, voglio non dover subire gli
effetti del tempo… Voglio essere perfetto.- Mi parla normalmente, è calmo, come
se stesse discutendo di quanto è bella la giornata oggi.
-Tu non sai di cosa stai parlando.- dico piano, mi sono calmata
anche io. La campanella suona, bisogna rientrare. -Devo andare a lezione
adesso. Ciao.- Mi volto e torno in alula.
-Ci vediamo all’uscita.- Sussurra. Sa che l’ho sentito.
-Si, ho visto che a pranzo ti sei fatta un nuovo amichetto.-
ammicca.
-Si è avvicinato lui.- rispondo noncurante con un’alzatina di
spalle. Non mi va di dirle niente per ora, non mi va che sappia che qualcuno
conosce il nostro segreto; si agiterebbe. E prenderebbe decisioni drastiche.
-Certo, certo. Intanto adesso è laggiù che ti aspetta.-
sorride.
L’avevo visto anche io, contro il muro nella stessa posizione
in cui era qualche ora fa. Adesso che lo guardo meglio noto che è un bel
ragazzo. Moro, occhi verdi, attraente. Mi fa un cenno di saluto con la testa.
-Dai, vai. Non farlo aspettare oltre.- Mi esorta Sam.
-Ok, ciao. Ci vediamo.- la saluto girandomi.
-Stanotte?- mi domanda speranzosa.
-Non credo.- Un’altra caccia? No grazie!
Non appena gli sono vicino mi sorride rasserenante. Ha un bel
sorriso. -Abbiamo cominciato con il piede sbagliato oggi, io sono Drake.- mi
tende la mano.
Non la stringo. -Lilith.- rispondo. La sua decisione mi rende
ancora ostile.
-Facciamo due passi?- comincia a camminare, senza aspettare
una mia risposta. -Hai pensato a quello che ti ho detto?-
-Anche se ci avessi pensato, il mio pensiero non cambierebbe.-
forse dovrei cercare di prenderlo con le buone e convincerlo a cambiare idea.
-Perché non vuoi capire? Io voglio cambiare! Non ti sembra un
gesto egoista non trasformarmi? Solo tu vorresti avere questa fortuna?-
-Fortuna?!- sbotto -Lo sai quanto rimpiango io di non essere
più umana? Di non poter vivere una vita normale… se si potesse avere
l’opportunità di tornare indietro lo farei! Sono addirittura arrivata al punto
di provare ad uccidermi in diversi modi,- mi accorgo che la sua attenzione
adesso è aumentata. -ma sai, un vampiro non può suicidarsi.- mi calmo. -Tanti
anni fa ho anche chiesto alla mia amica di farmi morire, la supplicavo, non
sopportavo di avere ogni notte la bocca sporca del sangue di qualche vittima
innocente, non sopportavo di avere sempre quella sete implacabile. Lei
naturalmente cercava di dissuadermi, mi è stata vicino e mi ha aiutato a
superare quel momento. Ma non del tutto, ancora a volte bramo la morte.- mentre
parlo mi rendo conto che quel desiderio prepotente di morire che avevo io, non
è molto diverso dal desiderio di Drake di diventare un vampiro. Anche se
riuscissi a fargli cambiare idea adesso, gli rimarebbe comunque il rimpianto di
non avere insistito. Le mie parole lo hanno colpito, rimane in silenzio per un
po’. Ci sediamo sull’erba di un prato, è pieno di persone, soprattutto bambini,
nell’aria aleggiano le loro vocine allegre, le risate. Da giovane sognavo anche
di avere una famiglia.
-Troveremo una cura.- dice Drake distogliendomi dai miei
pensieri. -Ti aiuterò se tu in cambio mi rendi una creatura eterna.-
Mi sfugge una risatina amara. -Il vampirismo non è una
malattia, è una maledizione! Non puoi parlare di cure.-
-Io ho sentito che esistono dei metodi…- esclama con
entusiasmo.
-E hai sentito anche se funzionano?- ribatto scettica.
-Questo non te lo so dire, ma possiamo provarci!-
Non mi sfiora nemmeno l’idea di poter tornare umana, non nutro
false speranze, ma non glielo dico, è così determinato.
-Quanti anni hai?- mi chiede poi.
-Cinquanta.-
-Li porti proprio bene!- scherza.
Rido. È la prima vera risata che faccio dopo anni. Non lo so
perché mi viene da ridere in questo modo, è tutto così assurdo. Mai nessuno ha
saputo chi sono veramente, non mi sono mai sentita realmente me stessa con
nessun’altro a parte Sam. Ora è come se fossi un po’ più libera, sento di poter
essere me stessa anche con Drake. Lui
mi guarda sorridendo, riesco a leggere la curiosità nei suoi occhi. Decido di
raccontargli qualcosa di me. -Sono diventata un vampiro quando avevo diciotto
anni.- ricordare quella sera mi fa sempre male. -Ero a casa con la mia
famiglia, avevamo finito di cenare e stavamo guardando la televisione in
salotto. Ad un tratto tre persone sono piombate in casa dalla finestra rompendo
i vetri; mio padre minacciava di chiamare la polizia, mia madre gridava, non si
capiva niente, era tutto confusione. Io non sapevo cosa fare, ero paralizzata
dalla paura; avevo visto i loro denti appuntiti e avevo capito che eravamo
spacciati, tutti condannati a morire. Ma non volevo stare con le mani in mano,
coperta dal trambusto sono riuscita a rompere una sedia e ho conficcato una
grossa scheggia di legno nella schiena del vampiro che teneva fermo mio padre.
Si è subito polverizzato. Non appena mia madre ha capito cosa fossero, ha
cominciato a gridare il mio nome intimandomi di scappare. Uno dei due vampiri
rimasti mi ha bloccato. Sono stata costretta a guardare mentre ai miei genitori
veniva succhiato via tutto il sangue dalle vene. Poi quello che credevo fosse
il capo mi si è avvicinato, ha cominciato a parlare di qualcosa che al momento
non capivo, ero sconvolta, pensavo che da lì a pochi attimi sarei morta e non
riuscivo ad immaginare come poteva essere, quali sensazioni avrei provato,
quanto sarebbe durato. Mi disse che non voleva uccidermi, che in me vedeva una
predestinata: Lilith era stato il nome del primo vampiro. Vedeva in me un
carattere forte e deciso, proprio quello che serviva per essere una di loro. Mi
morse, iniettandomi il suo veleno. È stato doloroso, sentivo il sangue che
bruciava, il cuore battere talmente veloce che credevo sarebbe scoppiato… e poi
più niente, si è fermato. Mi sentivo come se mi fossi svegliata da un lungo
sonno, la percezione di tutto ciò che mi circondava era diversa, vedevo e
sentivo in maniera strana. Era tutto al buio, eppure mi sembrava di essere in
pieno giorno, sentivo i sussurri delle persono lontane come se fossero accanto
a me. Poi c’era il bruciore insopportabile alla gola, la sete che mi faceva
sentire come se avessi ingoiato una candela accesa. Mi portarono a caccia. La
mia prima vittima fu un bambino di dieci anni e subito dopo la madre. Ricordo
ancora l’orrore nei suoi occhi, mentre vedeva quella creatura mostruosa che
beveva dal collo di suo figlio; la disperazione per la perdita. Dopo aver
placato la sete ero più lucida, riuscì a pensare a ciò che era successo.
Vendicai i miei genitori uccidendo i due vampiri.- concludo. Continuiamo a
parlare finchè non si fa notte.
-Ti chiedo solo una settimana, una settimana per capirmi,
vedere attraverso i miei occhi.- mi dice prima di andarsene.
Gli concedo anche più di una settimana, passiamo le giornate
insieme per un mese intero. Cerca di trovare la soluzione per me, ma non c’è
niente da fare; ogni cosa che proviamo è inutile. Aveva ragione, adesso
conoscendolo riesco a capire meglio la sua decisione; ha avuto una vita
difficile ed è rimasto completamente solo.
-Sei sicuro?- gli chiedo per l’ennesima volta. -Non si torna
più indietro, lo sai.-
Annuisce. È un po’ teso, ma ancora deciso. Mi avvicino
mostrandogli i denti, poggio un bacio delicato prima di mordere il collo. Non
avevo mai trasformato nessuno prima, riesco però a capire subito quello che
devo fare e quando devo fermarmi. Aspetto il tempo della trasformazione accanto
a lui, gli tengo stretta le mano, mi sembra di rivedere la mia sofferenza. Ci
occupiamo della sua sete.
Questo pomeriggio l’ho passato assieme a Sam, l’ho salutata
cercando di non farle capire le mie intenzioni, ho chiesto a Drake di dirglielo
poi.
-Sei sicura?- rimarca. -Mi potresti stare accanto.-
Forse sarebbe diverso insieme, non sarei più sola. Sono stata
bene in questo periodo assieme a lui, ma ci sarebbe sempre il fatto degli
omicidi. -Si, sono sicura.- rispondo. Mi bacia, prima di mantenere la sua
promessa; prima di piantarmi il paletto lì dove avrebbe dovuto esserci il
cuore.