Crossover
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Autore: sorika    14/11/2010    0 recensioni
Kyouya, ancora, fissava inerme la scacchiera. Sasori l’aveva preso. Aveva preso il quaderno. Il Diario. Ora era veramente spacciato.
Genere: Generale, Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Atto IV

ATTO IV

Letture indiscrete, sangue e tante botte

 

Sasori e Kyouya, dopo un intera settimana passata a dipingere tutte le pareti del castello e ad aver attentato alla loro vita almeno dieci volte, se n’erano tornati nelle loro corrispettive camere, per riposare le membra affaticate.

Intanto, nella sua camera, barricato dietro la lucente porta in mogano, Sesshomaru osservava scettico il quaderno che aveva raccolto, insicuro se aprirlo o restituirlo al proprietario.

Qualcosa gli diceva che se il quaderno era davvero di Sasori allora probabilmente era stato creato al solo scopo di infastidire chi lo trovava. E visto che era stato lui a trovarlo, non gli andava per niente di vedersi esplodere qualcosa in faccia o peggio! Di vedersi  i capelli in fiamme.

Quindi, afferrandolo saldamente per due dita, si avviò alla porta per riportarlo a quell’idiota, perché di sottostare ai suoi scherzetti idioti non gli andava proprio.

Così, percorrendo quel piccolo tratto di corridoio che li distanziava, si avvicinò alla porta e bussò, quasi scardinandola. Dall’altra parte, soffocando un insulto indefinito, il marionettista L’aprì esibendo la migliore espressione omicida che riuscisse a fare.

Sesshomaru, per nulla impressionato, gli mise sotto al naso il quaderno.

«Ehi, micronano. È tuo?»

«No. E togliti dai piedi, che sono stanco»

«Sapessi quanto m’importa. Tieni, riprenditelo» e glielo spinse contro, scatenando una crisi isterica e una sequela di improperi che preferisco non trascrivere.

Sesshomaru se li prese tutti senza battere ciglio, come se non riguardassero lui tutte quelle maledizioni. Semplicemente, usufruendo della sua pazienza, aspettò che Sasori si desse una calmata, prima di sbatterglielo in faccia o di farglielo ingoiare.

«…E’ di Kyouya, stupidissimo demone! Dallo a lui se ci tieni tanto!» sbraitò, pronto a chiudergli la porta in faccia. Sesshomaru, prontamente, bloccò il movimento con una mano, fissando indifferente la faccia furente di Sasori.

«Che ci faceva in camera tua?»

«Che t’importa?»

«Rispondi, idiota»

«Altrimenti?»

La risposta arrivò immeditata. Sotto la sua gola, a pochi centimetri dalle giugulare, la katana di Sesshomaru sostava tranquilla, pronta a conficcarsi nella pelle tenera del collo come uno stecchino nell’oliva. Sasori non ebbe nemmeno la forza di deglutire. Semplicemente rispose, infischiandosene delle conseguenze.

«Gliel’ho preso per leggerlo. Hai presente? Ci scrive cose strane. Su di noi»

e Sesshomaru, ottenuto ciò che voleva, lo lasciò andare di scatto, fregandosene se aveva sbattuto la porta e o se l’aveva mandato cordialmente al diavolo.

Quello che gli interessava era ciò che c’era scritto nel quaderno. Per il resto… chissene.

-ò.O-

Kyouya, sbuffando distrutto, si lasciò cadere sul soffice materasso con un tonfo sordo, rilassandosi non appena si era accorto di sprofondare tra le lenzuola.

Si sentiva stanchissimo e la schiena, dove quello scemo di Sasori l’aveva colpito con il barattolo di vernice, pulsava quieta, dolendo un poco. Ma probabilmente non era quello che gli faceva chiudere gli occhi dalla stanchezza, e nemmeno il dolere feroce del braccio destro. No. Era stanco solo perché aveva faticato, per la prima volta in vita sua.

E poi, cribbio, come poteva non stancarsi lavorando insieme a quello scemo di Sasori?

Sbuffò di nuovo, raggomitolandosi in posizione fetale. Si tolse gli occhiali, abbassando le palpebre e provò ad addormentarsi, ma un pensiero lo fece quasi rimanere senza fiato.

Il quaderno che quel impudente di Sasori gli aveva preso, dov’era ora? Se non ricordava male Sasori l’aveva sbattuto al suolo con fare alterato e lì era rimasto, poiché nessuno dei due aveva avuto il tempo materiale di riprenderlo. Quindi, se nessuno aveva messo mano, doveva essere ancora lì, giusto?

Kyouya non ci pensò due volte, e con le gambe a pezzi, andò verso la stanza di Sasori, per riprenderselo e magari mollargli un altro pugno in faccia- era stato veramente troppo bello sentire la guancia del marionettista tirare, mentre sferrava il suo destro. Ma lo era stato molto di più vederlo barcollare, sorpreso.

Bussò, sorridendo, e attese che quello screanzato aprisse.

«Maledettissimo demone del cav-» abbaiò, aprendo la porta di scatto.

Kyouya lo fissò per un attimo, stupito. Poi gli chiese, freddo:

«Dammi il quaderno, idiota» e tese una mano.

Sasori la schiaffeggiò, ringhiando:

«Al diavolo voi e il vostro fottuto quaderno!»

«Dimmi dov’è» gli chiese di nuovo, mentre Sasori imprecava come uno scaricatore di porto. A quanto pareva il sonno era l’unica cosa che lo mandasse in bestia. Kyouya se lo appuntò mentalmente.

«Ce l’ha Sesshomaru, occhialuto. E spero che quando l’abbia letto te ne dia così tante da rifarti i connotati» e gli sbatté la porta in faccia, imprecando di nuovo.

Kyouya, con la mano ancora tesa, non osò dire niente. Si limitò a fare dietro front, a tornare nella sua camera e a redigere il testamento.

Perché, lo sapeva, ormai era morto.

-ò.O-

Sesshomaru, comodamente seduto sul suo prezioso divano in pelle ecologica bianca, sfogliava distratto il quaderno, lasciandolo scorrere sulle dita pagina dopo pagina. Non è che avesse tanta voglia di leggerlo né tanto meno di ridarlo a Kyouya visto che ci scriveva cose strane, come aveva detto Sasori.

Non che poi si fidasse tanto di quello che diceva quello scemo- aveva smesso di credergli quando l’aveva visto entrare tutto saltellante in camera sua con una piastra in mano.

«Posso farti i capelli, Sesshomaru?» gli aveva chiesto e lui, idiota, aveva detto di sì.

E beh, il risultato era stato una testa per metà bruciata e una mano contusa e rotta, per via del potente cazzotto che aveva tirato a quell’imbecille quando si era accorto del disastro.

Ecco perché non poteva dare retta alle sue parole. Perché erano troppo subdole.

Così, perfettamente spaparacchiato sui cuscini soffici del divano, Sesshomaru si crucciava nel dubbio: leggere o non leggere? (peccato che avesse buttato il teschio proprio la settimana scorsa. Altrimenti sarebbe stato un perfetto Amleto!).

Alla fine, guardando l’ora e notando che era le 18.02, senza gridare né allarmarsi, si fiondò sul telecomando, per vedere una delle sue telenovele preferite.

Non che ci fosse molto di speciale in quel programma ma i protagonisti avevano dei capelli così belli e setosi! E sempre una pettinatura diversa! Come poteva resistere?

Ed infatti, come un cagnolino elettrizzato, Sesshomaru alzò il volume e canticchiò la sigla, ben attento a non farsi udire.

Quello che non sapeva però, era che nell’altra stanza, davanti a dei lumini votivi e alla figura di Kira Sceso in Terra, Kyouya pregava il buon fato di non fargli leggere il quaderno.

Cosa che, per il momento, sembrava riuscire.

-ò.O-

«Ti prego, buon Kira, fa che Sesshomaru si tagli malamente una ciocca di capelli e che rimanga per le prossime ventiquattro ore accasciato al suolo a maledirsi. Ti prego, Dio di Un Nuovo Mondo, salvami la vita, lasciami vivere nel tuo nome, perché altrimenti cosa mi rimane, dopo di questo?»

«Di pulire dove avete sporcato» lo interruppe la Somma Rashmi, appoggiandosi allo stipite della porta con un sopracciglio alzato.

Kyouya, interrotto durante il suo momento di preghiera la guardò accigliato, prima di alzarsi dal suolo e di scrollarsi eventuali granelli di polvere dai vestiti. Poi, schiarendosi la gola, disse:

«Io non ho sporcato, mia regina. Dovreste dirlo a Sasori»

«Mi consideri stupida al punto di svegliarlo mentre riprende le forze?»

Kyouya scosse la testa, avanzando di qualche passo verso la regina.

«Non ho detto questo, mia signora. Però non mi sembra equo che sia io a dover pulire anche la sua parte» concluse, esponendo alla perfezioni le sue motivazioni.

Perché, cavolo, lui non aveva la minima intenzione di pulire dove anche quell’essere aveva sporcato. E poi lui era stato ben attento a non far gocciare niente quindi che diamine voleva quella rompiscatole della sua regina?

Lui non avrebbe nemmeno messo mano nel lavoro dell’essere riprovevole, quindi era inutile che la regina lo guardasse con quell’espressione furibonda. Lui avrebbe fatto come voleva, perché non era assolutamente giusto che chiunque in quel castello poteva muoversi come preferiva senza risentire delle conseguenze!

«Vai a pulire. Subito» gli ordinò, lampeggiando fiamme dagli occhi.

Kyouya, dopo un momento di silenzio, abbassò il capo e disse, sconfitto:

«Come vuole, mia regina» e la Somma, tutta trionfante, tolse il disturbo.

Kyouya, di nuovo rimasto solo, si piegò di nuovo sulle ginocchia e portò le mani unite verso l’immagine di Light Yagami che scendeva dal cielo come un angelo.

Chiuse gli occhi e ricominciò a pregare.

«Grande Kira, dato che ci sei, fai in modo che anche la mia regina smetta di trattarmi come un suo tirapiedi. Per esempio potresti fargli esplodere qualcosa di non lesivo in faccia, o potresti fargli ingurgitare della cioccolata scaduta. Potente Dio, uccidi Sesshomaru e tutti quelli che impediscono al tuo devoto servo di servirti come dovrebbe. E, sopra a ogni cosa, fai in modo che Sasori veda le pene dell’inferno».

Poi, ritenendosi soddisfatto delle sue preghiere, si alzò, ripetè le stesse azioni descritte prima e si avviò verso la camera di Sesshomaru, per chiedergli con le buone la restituzione del quaderno sottratto impunemente dal deficiente.

Prima di bussare si aggiustò gli occhiali sul naso e poi attese.

Ma visto che nessuno gli apriva la porta decise di aprirsela da solo. Poggiò la mano sul pomello d’ottone, lo fece girare e poi aprì la porta.

«Ehi, Sesshomaru, che per caso hai un quad-» ma una katana, lanciata da un angolo buio, lo schivò per un pelo. Kyouya la guardò stralunato.

«Che diamine ti prende!» starnazzò e Sesshomaru emerse dall’ombra come un fantasma.

«Va via, scemo. Sono impegnato»

«Ma il mio quad-»

«Sparisci ho detto» ringhiò il  Lord «Lo avrai quando avrò finito di leggerlo» e tornò ad accucciarsi nell’ombra sparendo alla vista.

Kyouya, recepito il messaggio, chiuse la porta e rimase un attimo nel corridoio, poi lanciò un grido acuto simile a quello di un aquila morente ed infine decise di telefonare ai suoi amici per un ultimo saluto.

Addio mondo crudele, fu il suo unico pensiero.

-ò.O-

Quando la telenovela finì, Sesshomaru si alzò dal divano, stiracchiò i muscoli indolenziti e decise di andarsi a fare una bella passeggiata nel boschetto adiacente la tenuta, quello dove poteva tranquillamente infilzare gli scoiattoli senza che qualche scocciatore gli ricordasse che erano animali da proteggere e non da uccidere.

Così, si avviò alla porta, ma all’improvviso si ricordò del quaderno di Kyouya e lo prese. Se non avesse trovato scoiattoli da infilzare, avrebbe letto quello.

Sempre meglio di stare immobile ore ed ore a guadare i pezzi di cielo che si stagliavano oltre i rami degli alberi. Guardarli gli faceva venire solo sonno.

«Dove vai di bello?» gli disse una  voce non appena uscì dalla camera. Quella voce, che riconobbe come quella di Sasori, attendeva una risposta celandosi dietro al sorrisino malevolo che c’era sul volto del proprietario.

Sesshomaru decise di snobbarlo.

«Ma come, non eri morto?».

«Se io fossi morto, tu saresti stato una donna» gli disse, ridacchiando.

Santo cielo, cosa lo frenava da spaccargli quella faccia da c…?!

«Sparisci dalla mia vista, sgorbio».

«Dove stai andando?»

«Dove i bambini petulanti non possono venire» e si voltò, ma Sasori non si era ancora arreso. Strascicando i piedi lo seguì, fermandosi poi di fronte a lui.

«E allora perché ci vai?» gli fece giustamente notare.

Sesshomaru represse un altro istinto omicida e con uno spintone che avrebbe scaraventato a terra anche un elefante, scansò Sasori dal suo cammino, intimandogli con un ringhio feroce di stargli alla larga.

Allora Sasori, capendo al volo che cominciava a rischiare grosso e che probabilmente un'altra spinta di quelle l’avrebbe catapultato lontano abbastanza da diventare un puntino di ossa e legno tumefatto, prese una distanza di cinque metri e disse:

«L’hai letto il quaderno?»

Sesshomaru si fermò sul posto, senza voltarsi, e concluse:

«No. Ma lo farò a breve».

E Sasori, saltellando gioioso per la lieta notizia decise di andare a rompere le scatole alla regina. Così almeno avrebbe impiegato in modo utile il suo tempo.

Kyouya intanto, barricato nella propria stanza, aveva sentito tutto, grazie ad uno spioncino che aveva applicato alla porta e non sapeva che fare.

L’idea di tramortire Sesshomaru con una scodella gli sembrava eccessiva ed inefficace. E poi lo sapevano pure i muri ormai che Sesshomaru non sarebbe crollato a terra moribondo nemmeno se qualcuno gli avesse fatto cadere addosso un palazzo di cinque piani.

Ma qualcosa doveva pur fare. Ucciderlo no, altrimenti la Regina avrebbe eletto consigliere qualcun altro di peggio (ovviamente consigliato da Sasori), legarlo ad una sedia nemmeno, perché tanto si sarebbe sciolto senza problemi e farlo uccidere da qualcun altro era veramente troppo da vigliacco.

Quindi, che fare?

Poteva suicidarsi, ma non era coraggioso fino a quel punto. E nemmeno per altri punti. Quindi doveva assolutamente inventarsi qualcos’altro.

Per il momento l’avrebbe pedinato, in modo da prevenire qualsiasi malsana azione (tipo aprire la pagine proprio sulla descrizione del demone) e per strapparglielo dalle mani.

Così, ritenendosi un genio, si incamminò, seguendolo quatto quatto.

-ò.O-

Sesshomaru, troppo preso ad immaginare i corpicini straziati dei scoiattoli, in un primo momento non notò un essere indefinito di foglie e bacche procedere dietro di lui come una spia da film scadente, ma quando il sopraccitato essere calpesto un ramoscello secco, il demone si volto di scatto, già pronto ad infilzare il malcapitato.

Kyouya, preoccupato rimase immobile, con il respiro fermo nel petto. Poteva sentire il proprio battito cardiaco squarciare il silenzio e per una frazione di secondo gli sembrò che Sesshomaru riuscisse a sentirlo. Ma il demone, annusando l’aria e non sentendo niente (per fortuna era sottovento) alzò le spalle e riprese a camminare.

Kyouya avrebbe volentieri tirato un sospiro di sollievo, ma evitò, perché poteva davvero rilassarsi solo quando il quaderno sarebbe tornato nelle sue mani.

Così, notando che la schiena del demone era abbastanza lontana, riprese a camminare ed in poco tempo raggiunsero il piccolo paradiso che la Regina Rashmi aveva creato apposta per loro.

C’era un laghetto circondato da tanti alberi che sostava pochi metri da dove si trovava. Al suo interno, starnazzando loquaci, tante piccole ochette nuotavano per passare il tempo, mentre Scoiattoli e uccelli banchettavano con le bacche cadute al suolo. Il silenzio era l’unica nota di realtà che c’era e persino Sesshomaru, che non perdeva mai la concentrazione, si abbandonò al suo suono, distraendosi.

E in quel momento, nel momento in cui il Lord chiudeva gli occhi e si poggiava ad un albero, decise di agire.

Camminando lentamente lo raggiunse e si nascose dietro lo stesso albero.

Poi, ripetendosi che sarebbe andato tutto bene, allungò una mano e sfiorò la copertina del quaderno che Sesshomaru si teneva in grembo.

E fu lì, che accadde.

Sesshomaru aprì gli occhi e con uno scatto velocissimo lo afferrò per la mano incriminata e lo gettò al suolo, facendogli rimpiangere il giorno in cui era nato e quello in cui aveva deciso di diventare consigliere.

Un unica,devastante fitta di dolore lo costrinse a rotolarsi a terra nel tentativo di placare le fitte atroci alla schiena, ma un piede pesante come un masso gli bloccò ogni movimento.

Sesshomaru, austero nella sua altezza, lo guardava indifferente, pigiando quel piede senza porsi remore e Kyouya, buttato a terra come un agnello da sacrificare non sapeva più se pregarlo gli avrebbe salvato la pelle.

Era troppo giovane per morire! Ma che gli era saltato in mente? Credeva forse che quel demone indemoniato fosse Sasori?! Sasori era una bazzecola in confronto! Diamine, si era rovinato da solo per la seconda volta! Possibile che stesse diventando così idiota?

«Che sei venuto a fare?» gli chiese Sesshomaru, fissandolo.

Kyouya deglutì e provò a sorridere, ma le fitte lancinanti alla schiena e alle braccia gli permettevano solo di dedicargli una smorfia. Ma comunque al demone non doveva interessare.

«I-Io… ti dispiace togliere il piede?» domandò.

«Rispondi alla mia domanda, nano» e Kyouya sospirando, disse:

«E-ero venuto per il quaderno»

Sesshomaru alzò un sopracciglio ed estrasse dalla tasca del kimono il quaderno incriminato.

«Questo?»

«Esatto. V-vedi, Sasori mi ha detto che ce l’avevi tu, così i-»

«Quel micronano rossiccio ha detto anche che ci scrivi cose strane. È vero?»

Kyouya maledì Sasori mentalmente e pregò che, qualunque cosa stesse facendo, morisse all’istante. Perché se lo meritava proprio! Gli stava rovinando la vita, l’esistenza, non gli avrebbe più permesso di fare calcoli matematici, né di rivedere l’Host Club! Avrebbe passato la sua esistenza su una sedia a rotelle, o peggio, in un letto (perché Sesshomaru non ci sarebbe andato leggero) e non avrebbe più sentito il sapore delle stagioni, e del sole sulla pelle, non avrebbe più sentito gli uccelli cinguettare e nemmeno avrebbe assistito alla fioritura dei ciliegi. Per lui non ci sarebbe stato più niente, ed era così triste saperlo che-

«Vuoi rispondere?!» gli ordinò Sesshomaru, spingendo sulla sua pancia senza riguardo.

Kyouya si contorse ringhiando e gli chiese di smettere, venendo accontentato.

«Ci scrivo gli affari miei li! E tu dovresti ridarmelo!» gli gridò, scalciando per liberarsi dalle costrizioni imposte dal demone.

«Non credo che tu sia nella posizione di darmi ordini. Per cui taci, idiota» e aprì per bene il quaderno.

Su una pagina, scritto in rosso carminio, il nome Sesshomaru occupava mezza pagina.

E il diretto interessato, accigliandosi, cambiò pagina per cominciare a leggere.

A quel punto, e solo a quel punto, sapendo di non avere altre vie di scampo, Kyouya scalciò così forte da sbattere l’osso sacro per terra e si liberò, cominciando a correre come il vento.

Poteva sentire il rumore degli occhi di Sesshomaru che scorrevano sulle parole e quello più lugubre delle sue dita che si chiudevano a pugno.

Bene, aveva qualcos’altro d’aggiungere?

Merda.

-ò.O-

La regina Rashmi, dopo aver trascorso una buona oretta e mezza con Sasori (uhuhu ^///^) se n’era andata a leggere un buon libro in biblioteca.

Il libro in questione, regalo vecchissimo di non ricorda chi, s’intitolava “10 modi per fare una torta ed usarla nel peggiore dei modi”. Lei era arrivata soltanto al terzo, poiché era una donna davvero molto impegnata (la sua vita si riduceva a: Gridare- governare- gridare- rilassarsi- gridare. Davvero sfiancante) allora non trovava mai tempo per leggere. Ma visto che nel castello stava regnando il silenzio più assoluto, poteva benissimo riprendere la lettura.

 Così, accomodandosi su un divano, aprì il libro alla pagina contrassegnata. Ma quando arrivò alla seconda parola, un dubbio le fece accapponare la pelle.

Gridando come un aquila per far arrivare Sasori il prima possibile, le venne in mente che sia Sesshomaru sia Kyouya mancavano all’appello. Di solito erano sempre in giro a quell’ora, a farsi gli affari loro o a combinare qualcosa che le avrebbe fatto venire le crisi isteriche, ma in quel momento non c’erano e il dubbio si faceva sempre più vero.

«Ma dove caspita sei, eh? SASORI!» gridò ancora e il marionettista, senza scomporsi tanto, fece capolino dalla porta con l’espressione più annoiata del suo repertorio.

«Cosa vuole?» le chiese, scocciato.

«Dove sono Sesshomaru e Kyouya?»

Sasori ridacchiò.

«Vuole che glielo dica veramente?»

La regina gli tirò il libro, indignata, e lo prese in mezzo alla fronte, ma il marionettista non sembrò risentirne. Anzi, il suo ghigno si allargò ulteriormente.

«Fai il serio e rispondi. Dove sono?»

«Ad amoreggiare, probabilmente»

«Quindi, anche tu lo pensi» gli disse la regina, preoccupatissima. Così preoccupata che prese a mangiarsi le unghie. Non poteva essere.

«Cosa?»

«Che… beh, che loro due…. Insomma…»

«Che si fottono a vicenda?»

«SASORI!» gridò indignata la regina «Che termini sono? Sei proprio volgare!»

Sasori roteò gli occhi, scocciato.

«Scusi» disse, tanto per troncare sul nascere la solita tiritera del “devi comportarti bene se vuoi vivere in un palazzo di signori per bene”. una scocciatura, insomma.

«Comunque» continuò poi lei, tossicchiando «Tu lo pensi?»

«Mah, così su due piedi non saprei cosa dirle…» in verità qualcosa da dire ce l’aveva ed assomigliava a qualcosa del tipo “In realtà Sesshomaru lo vuole solo riempire di botte fino a sventrarlo, quindi stia tranquilla”. Ma la conosceva abbastanza da sapere che sarebbe corsa in aiuto del matematico, quindi i giochi si sarebbero conclusi con una sua sfuriata. E visto che la cosa non era divertente non le avrebbe detto niente.

«Ah, beh… se si amano…» e riprese a leggere, per placare il dubbio.

Quanto si sbagliava.

-ò.O-

 «Anf, anf, anf»

Correre non era mai stato così impegnativo, considerò Kyouya, avanzando a gran velocità per riuscire a scampare da una scarica di botte che non gli avrebbe mai più permesso di guardarsi allo specchio senza considerarsi schifoso.

Aveva i polmoni in fiamme, stretti come due prugne secche, e il suo cuore pompava così forte che per quasi tutto il tragitto aveva creduto che gli sarebbe scoppiato.

Il che non era male, visto che almeno sarebbe morto di morte naturale e non pestato a sangue da un idiota fissato con i capelli e i morti e gli scoiattoli e suo fratello!

Chissà poi quanto tempo era passato! Da quando aveva cominciato a correre non aveva più visto l’ora, ma su per giù sarebbe dovuta passare un ora.

Rallentò quasi di botto, stupito. Era un ora che correva? Impossibile. Escludendo il fatto che non fosse un grande campione di corsa e che si era giocato ormai le gambe, era veramente troppo strano che avesse fatto un ora di corsa. Giusto le persone allenate potevano raggiungere simili record. Non che lui fosse una schiappetta; intendiamoci, lui aveva in fisico prestante, era bello, giovane e in salute, le ultimi analisi che aveva fatto lo davano sano come un pesce, quindi poteva anche dire che il suo fisico reggesse agli sforzi. Ma che gli permettesse di correre per un ora filata senza accusare infarti o crisi respiratorie, beh, era assurdo.

Eppure così era, visto che le lancette del suo orologio segnavano un ora esatta dalla partenza.

Kyouya scosse la testa e prese enormi boccate d’aria, fermandosi del tutto. Da qualche parte, ora che ci pensava, aveva letto che l’adrenalina, quando entrava in circolo nel sangue, permetteva di fare cose assurde. Beh, nei limiti concessi da un semplice corpo umano, ma abbastanza forti da lasciare il segno. Probabilmente la sua adrenalina, mista al terrore fisico di essere pestato, gli aveva dato la giusta carica di correre! Già, doveva essere per forza così!

C’era chi si ricaricava con il Poket Coffee e chi con L’adrenalina e La Paura!

Un ragionamento semplicemente impeccabile!

Era veramente un genio! Diamine ma nessuno si accorgeva della sua suprema intell-

«BUU!» lo spaventò Sesshomaru, piombandogli davanti con la stessa forza di una scarica di pallottole.

Il povero Kyouya, dallo spavento, si lasciò cadere a terra, sbattendo di nuovo quel povero osso sacro che rimpiangeva il giorno in cui poteva essere delicatamente accomodato su poltrone di velluto, nella scuola chiamata Ouran.

«Sesshomaru…! Che.. che cazzo fai?!» sbraitò, con il cuore a mille.

Il diretto interessato, limitandosi ad un ghigno compiaciuto, rispose:

«Che faccio? Semplice: leggo il quaderno con te. Ti va?»

«NO!» gridò Kyouya, spingendolo lontano per aprirsi un varco e scappare. Ma Sesshomaru, che sotto alla cascata setosa di capelli aveva un cervello perfettamente funzionante, lo afferrò per un braccio e lo sbatté sul tronco di un albero, intimandogli:

«Sta qui, mio piccolo, stupido, Kyouya. Che ora ci divertiamo».

«Ti ho detto che-»

«Sta zitto per favore. Vuoi farmi arrabbiare?»

Ovvio che no, avrebbe detto, e poi gli avrebbe permesso di usarlo come poggia piedi, ma tanto non avrebbe funzionato; Sesshomaru l’avrebbe picchiato senza porsi remore.

«Non leggerlo» lo supplicò, ma Sesshomaru decise di ignorarlo.

Aprì il quaderno alla pagina giusta, prese un bel respiro, e cominciò a leggere:

«Non odio Sesshomaru, non almeno come odio Sasori, ma diciamo che una buona percentuale di sopportazione se ne va a farsi fottere quando me lo trovo davanti. Non che faccia o dica qualcosa di sbagliato o di eretico, ma c’è qualcosa nella sua persona che da un immenso fastidio. Innanzitutto è un fissato dei capelli. Non c’è giorno in cui nn se li piastri o non se li lavi o non se li ritocchi. Anche se se li è tagliati il giorno prima deve assolutamente rimetterci mano perché, e non sia mai, potrebbero essere stati spuntanti male. Ma dico! Se li taglia da solo! E con la cura maniacale che ha di certo non si scorda proprio niente! Bah, pover uomo! A volte mi chiedo se sotto quel manto di capelli setosi ci sia qualcosa, oltre al fumo e ad Inuyasha. Perché, diciamocelo, in una persona che è fissata per il fratello cosa ci può essere di buono? Niente, ovvio. Per me lo ama e vuole creare un incesto, oppure il suo odio è così smisurato che proprio non riesce a pensare ad altro. Il che poi non è vero visto che va a letto con la regina senza tante cerimonie. Odioso essere immondo! E poi è un demone cane. Un DEMONE CANE! Lui dice di essere quello di sangue puro, come i pastori tedeschi o i rotvailer, e che suo fratello invece è un bastardino senza ritegno che deve sparire dalla faccia della terra… mah, per me, cane di razza o cane incrociato, non c’è differenza. Non hanno entrambi quattro zampe, un naso, due orecchie e una coda? Ma se ti azzardi a dire qualcosa del genere a quel bigotto ecco che ti si rivolta contro e prova ad ucciderti. Io non so cosa prova la gente ad ammazzare, ma lui proprio non cambia mai espressione. Sasori almeno esulta, o finge di essere dispiaciuto, ma lui no, non fa niente. Ficca la sua katana nella pancia di qualcuno e lo guarda. Così. Senza fare niente. Come se stesse guardando per la centesima volta lo stesso film. All’inizio credevo che lo facesse per trovare un modo originale per uccidere il fratello. Poi ho creduto che lo facesse per tenersi in allenamento. Ora invece credo che lo faccia solo per ammazzare il tempo. Come i poveri scoiattoli che giustizia nel bosco vicino alla tenuta. Che gli hanno fatto? Niente, ma il signorino, veramente troppo affaticato dai suoi compiti da consigliere, si sente così tanto annoiato da dover troncare la vita di povere bestiole indifese. È uno schifoso assassino dalla fulgida chioma argentata, tanto che fa invidia a tantissimi Mini Pony, che non si pone limiti e che si crede pure in diritto di guardarti dall’alto in basso e di giudicarti con quella sua aria da essere supremo. Ah, spero che il giorno in cui Light ritrovi il quaderno si concretizzi di più, perché gli chiederò di giustiziarlo. Quante atroci sofferenze gli farò patire! Sì! Così finalmente me lo toglierò dalle palle, e la stessa cosa farò con Sasori. Il mondo sarà libero dalla feccia e io ucciderò Mikami e salirò alla destra di Kira, per regnare insieme a lui nei secoli dei secoli».

Kyouya chiuse gli occhi ed attese la punizione quasi con trepidante attesa, mentre il silenzio carico di angoscia saturava l’aria come un odore molesto- che doveva pur esserci, visto che Kyouya si era lasciato scappare qualche puzzetta innocente.

Ma Sesshomaru non si sentiva e non si vedeva e il poveretto non aveva voglia di aprire gli occhi e di assicurarsi della situazione. Se doveva essere picchiato, voleva fingere di non saperne niente.

«E’ così, eh?» gli domandò Sesshomaru, camminando sul tappeto di foglie scricchiolanti ed avvicinandosi a l’essere rannicchiato che un tempo era Kyouya.

Quando fu abbastanza vicino, afferrandolo saldamente per il mento, lo costrinse ad alzare il viso e a guardarlo, fissandolo da pochi centimetri.

«Perché non provi a difenderti?» domandò.

«Perché non servirebbe»

«Giusto. Allora rendiamo il gioco più interessante» lo tirò su di scatto, facendolo mettere in piedi. Gli lasciò il mento e lo spinse avanti, ghignando. Kyouya si volse a guardarlo.

«Dai, scappa. Altrimenti che gusto c’è?»

Kyouya si voltò completamente verso di lui e lo fissò con lo sguardo alto.

«Non scapperò!» disse, convinto.

«Bene» e sguainò la katana «Addio».

Kyouya fece in tempo solo a vedere una lama brillare nel buio imminente della sera.

Poi gli convenne chiudere gli occhi.

-ò.O-

La regina Rashmi, notando che il tramonto aveva lasciato già da un po’ il posto alla notte, si chiese, tutta preoccupata, che fine avessero fatto Sesshomaru e Kyouya.

Anche se fosse stata vera la storia della loro presunta relazione- a cui lei non credeva molto- questo non giustificava il loro immenso ritardo per la cena.

Infatti, seduti a tavola con tante portate davanti, sia lei che Sasori attendevano l’arrivo degli altri due, senza successo, poiché la porta rimaneva chiusa.

Solo dopo altri due minuti, la regina decise di chiedere spiegazioni:

«Tu sai dove sono vero?» domandò a Sasori, il quale, alzando lo sguardo con spassionata cortesia, la guardò senza capire.

O fingendo di non capire.

«E’ inutile che fai quella faccia da pesce imbalsamato. So che sai dove sono!»

Sasori ghignò ed accavallò le gambe, senza dire una parola.

A quel gesto, la regina, scattando come una molla, gli andò davanti e lo prese per il bavero della mantella. Lo fissò con insistenza e alla fine lo strinse così forte da strozzarlo.

«D’accordo. So dove sono» ammise poi Sasori, liberandosi dalla presa della regina ed alzandosi. La regina lo osservò impassibile.

«Venga. La porto da loro»

«Era ora, scemo. Aspettavi forse che mi venissero le rughe?»

«Sareste stata bella comunque» mentì Sasori, senza voltarsi a guardarla.

La regina gli mollò un calcio nel sedere.

«Non mentirmi idiota. Altrimenti ti faccio decapitare»

«Certo» acconsentì, senza entusiasmo.

Se l’avesse fatto decapitare davvero allora i maiali avrebbero spiccato il volo.

E Kyouya con loro.

Muhahahah!

«Cos’è quell’espressione ebete? Ti sei forse rincoglionito?» gli fece presente la regina, guardandolo inorridita. Il marionettista di voltò a guardarla con uno sguardo sornione che avrebbe fatto venire la pelle d’oca a chiunque.

«Pensavo ad una cosa» e si voltò, proseguendo.

La regina, seppur scettica, continuò a seguirlo.

Il dubbio della presunta relazione era più forte dell’interesse sulla salute mentale di quel menomato del suo consigliere.

-ò.O-

«Direi che basta. Non trovi?» convenne Sesshomaru, comodamente seduto su uno sperone di roccia poco distante da quella cosa informe che somigliava a tutto men che meno a Kyouya.

Per parlare non aveva nemmeno alzato lo sguardo, concentrato com’era a lucidare la lama della katana completamente sporca di sangue.

Sangue che non imbrattava solo la sua arma ma che sembrava essere schizzato ovunque come una bomba di gelatina che esplode e lascia il suo viscoso contenuto dappertutto.

La cosa provò a sillabare un affermazione, ma quello che uscì dalle sue labbra tumefatte fu più un sussurro agonizzante che una vera e propria frase.

Sesshomaru lo guardò ghignando.

«Bene. Allora direi che è il caso di salutarci» e fece per andarsene ma quella che risultava essere una mano lo pregò di fermarsi. Sesshomaru lo assecondò per pura curiosità e non per senso del dovere o per compassione.

«Vuoi che resti?» domandò, sapendo benissimo che quella cosa non avrebbe potuto rispondere.

Infatti, il sibilo che ne venne fuori, non corrispose nemmeno ad una lettera dell’alfabeto.

Ma Sesshomaru, che cominciava a stufarsi e ad avere fame, non gli diede più retta e se ne andò, abbandonando il corpo martoriato e decadente di Kyouya nei pressi di quel laghetto macchiato di rosso.

Nel tragitto, però, incrociò la regina e quel rompipalle di Sasori.

Dedicò loro una lunga occhiata prima di chiedere, cortese:

«Problemi?».

E la regina, spintonando di lato Sasori lo aggredì dicendo:

«E lo chiedi a noi, razza di idiota? Siete tu e Kyouya che avete dei problemi!» e lo spintonò, tanto per ribadire che era lei che comandava.

Sesshomaru si mosse di appena un millimetro, e senza scomporsi più di tanto disse:

«Oh, i miei problemi li ho risolti. La saluto» e se ne andò, sparendo come una visione.

Solo allora, Sasori domandò, essendosi perso un tassello della questione:

«Ma Kyouya dov’è?»

E la regina, in preda ad uno strano presentimento si fiondò tra gli alberi correndo a più non posso, stracciandosi il vestito nel percorso.

Quando arrivò, inciampando in una pozza che di acqua non era affatto, si accorse che c’era qualcosa di strano, poco distante. Un qualcosa che si muoveva a scatti, come in preda alle convulsioni.

Si avvicinò, cauta, seguita a ruota da un Sasori super annoiato che non faceva altro che canticchiare l’angustiante canzone dello squalo, e si accorse che la cosa melmosa e tremante non era altro che Kyouya.

Si gettò vicino a lui e gli tastò il polso, poi gli tirò qualche schiaffetto sulla faccia ed infine esaminò il resto del corpo.

Avete mai visto come si uccide un maiale?

Beh, la cosa gli si avvicinava in modo spaventoso.

«Dobbiamo portarlo in un ospedale!» starnazzò la regina, alzandosi in piedi.

«Probabile» fece Sasori, alzando un lembo della camicia della cosa e osservando attirato un pezzo dell’intestino. Per un attimo gli balenò alla mente che se fosse morto sarebbe venuta fuori una bella marionetta, perché a giudicare dalle viscere era messo bene, ma quando la regina gli dedicò l’occhiataccia più brutta del suo repertorio e gli buttò in faccia tanta di quella terra infetta di sangue da far ribrezzo a chiunque l’unica cosa saggia che pensò di fare fu quella di starsene buono al suo posto.

«Forza, prendilo e portalo all’ospedale» gli ordinò la regina, indicando la cosa.

«Non ci penso proprio!» disse, incrociando le braccia sul petto.

La regina gli puntò un dito sotto il mento.

«Fallo, razza di scemo. O ti faccio sbuzzare da Sesshomaru»

«Sa che paura»

«Dovresti provarne invece. Potresti essere tu quello a terra»

«Non ho sangue né organi che potrebbe colpire»

«PRENDILO E BASTA CRETINO DI UN DEFICIENTE!» gridò la regina, colpendolo sulla testa con un bastone raccattato al suolo.

Sasori girò gli occhi al cielo e ringhiò un “d’accordo”, prima di piegarsi e di raccogliere la cosa dal suolo e di portarla all’ospedale più vicino.

-ò.O-

Tre settimane e dodici iniezioni di morfina dopo, Kyouya era quasi come nuovo, tranne che per qualche brutta cicatrice che il dottore non era riuscito a suturare meglio.

Semi sdraiato sul letto dell’ospedale, intento nella lettura di un saggio, Kyouya aspettava l’arrivo dei suoi soliti visitatori, già a reprimere il bisogno fisiologico di uccidere Sesshomaru con qualche bel liquido presente nell’ospedale.

Indossava un camice bianco che gli lasciava scoperto il sedere, ma per fortuna aveva una stanza singola, quindi poteva anche non vergognarsi- quando invece c’era Sasori il colore della sua pelle diventava quasi bordeaux per quante prese in giro riceveva.

La stanza in cui l’avevano messo era ricca di luce e le parenti verdi lo riflettevano molto bene. odorava di detersivi e di malattie, ma almeno era pulito ed ordinato.

«Come sta il nostro povero Kyouya?» cinguettò la regina, presentandosi con un grosso mazzo di fiori e con un cesto di frutta fresca. Dietro di lei Sasori e Sesshomaru, attesero l’invito.

«Forza, cretini. Entrate» ordinò loro la regina, e questi si mossero.

Sesshomaru, per volere del veterinario di fiducia, indossava ancora la museruola e la camicia di forza, che gli veniva tolta solo quando doveva pettinarsi i capelli e la sera.

«Come stai?» chiese la regina, prendendo una sedia ed accomodandosi.

«Molto meglio, grazie. Domani mi dimetteranno»

«Ma che bella notizia!» cinguettò ancora, ma visto gli altri due non fecero niente, la sua felicità scemò in un ordine perentorio «Non trovate anche voi che sia una bella notizia?»

Sesshomaru e Sasori, dandole un occhiata sommaria dissero:

«Sì, Sì» e tornarono a fissare il paesaggio oltre la finestra.

«Allora ci vediamo domani» lo salutò la regina, andandosene.

Una volta da solo, dopo essersi sbucciato una mela, Kyouya si ritirò in preghiera.

-ò.O-

Una volta a casa tutto riprese una parvenza di normalità. O almeno così sembrava poiché quando erano nella stessa stanza Kyouya e Sesshomaru stavano ad una distanza di cinquanta metri l’uno dall’altro e quando si parlavano sembravano ringhiarsi sempre, come cani in continua battaglia.

Sasori aveva di nuovo accesso al suo laboratorio, quindi lo riuscivano a vedere solo per i pasti e per le sue solite bighellonate e Kyouya poteva finalmente rilassarsi.

Del quaderno non aveva più saputo niente ed era fermamente convinto che fosse rimasto nel bosco, sepolto sotto il suo sangue rappreso o sotto qualche albero. Quindi poteva stare certo che la regina non lo avrebbe trovato.

Quindi beh, le cose erano proprio tornate alla normalità.

«Ragazzi, vado a fare una passeggiata nel bosco qui vicino!» li avvertì la regina, salutandoli come la mano.

I tre si limitarono ad augurarle una buona giornata.

Solo Kyouya si sentiva un po’ inquieto.

Quante probabilità c’erano che passasse proprio dove si era compiuta la tragedia?
 

 

Note dell’autrice: Avevo pensato di togliere questa specie di storia a capitoli perché ero convintissima che nessuno la stesse seguendo, e invece, dando un occhiata al nuove opzioni di EFP ho scoperto che si può vedere chi segue le tue storie. E beh, notare che ci sono ben tre anime pie che la seguono mi ha dato una motivazione per continuarla.

Quindi un grazie speciale va a:

Prof, Sarhita e Targul che silenziosamente mi appoggiano ^^

Ah, manca poco alla fine, il V atto è in fase di stesura (ancora) ma spero presto ci sarà ^^

  
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