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Autore: Padme86    16/11/2010    2 recensioni
Sono solo memorie, in fondo.
Appartengono al passato, ricordi che restano indelebili nell’animo di una persona.
Come una macchia che non può scomparire o che non vogliamo cancellare.
Si può avere paura di un quaderno? È solo un pezzo di carta, di cosa devo essere spaventato?
Bene, proviamo questo esperimento…

Un passato intriso di sangue.
Una vita per la strada.
Il tramonto di un giovane
La nascita di un assassino.
Uno squarcio nel passato del pistolero della Phoenix Company.
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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*Memorie di un assassino*
 
 
 
-Se dal buio nasce un Mostro, dal sangue nasce un Assassino-
[Mia cit.]
 
 
 
Sono solo memorie, in fondo.
Appartengono al passato, ricordi che restano indelebili nell’animo di una persona. Come una macchia che non può scomparire o che non vogliamo cancellare.
Non capisco perché metterle per iscritto, a che cosa serve? Dopo tutto rimangono sempre dentro di te, non escono anche se scrivi ciò che provi.
Ma qualcuno mi ha detto che aiuta, perciò facciamolo… Non ci ho mai provato e credo di essere anche nervoso.
Si può avere paura di un quaderno? È solo un pezzo di carta, di cosa devo essere spaventato?
Bene, proviamo questo esperimento…
Prendo la penna e comincio a scrivere sul foglio bianco immacolato…
 
Sono nato in Russia, una terra fredda e senza calore, e l’ambiente familiare non era esattamente il massimo. Il mio caro padre aveva preso il brutto vizio di bere e fumare come una locomotiva, abitudini che poi ha trasmesso anche a me lo stronzo.
Mia madre era una persona ordinaria, di bell’aspetto quando riusciva a nascondere i lividi violacei sul suo viso, piccolo regalo del mio caro padre.
Io avevo sei anni il giorno in cui divenni ciò che sono ora: un assassino.
Ero appena tornato da scuola (che si possa credere o no anch’io sono stato un bambino e mi piaceva andarci), aprii la porta e vidi qualcosa che fece scattare in me la famosa scintilla: mio padre con una pistola in mano e mia madre in una pozza di sangue con un buco in mezzo alla fronte.
Volevo bene a mia madre, il suo affetto era l’unica cosa che mi rendeva un po’ felice dal fatto che avevo un padre nullafacente e pezzo di merda.
E vederla lì… Fredda e pallida come solo un cadavere può esserlo e osservare mio padre impassibile davanti a lei con la pistola in mano… Lo vidi fissarmi: non vi era niente dentro quelle iridi schifosamente inutili.
Fece cadere la pistola che, non so come, arrivò ai miei piedi. Il mio corpo si mosse da solo: mi chinai e la presi, puntandola verso di lui.
Posso ancora ricordare la sua espressione terrorizzata quando gli sparai il primo colpo al petto, seguito da altri cinque tutti diretti al cuore.
Riesco ancora a vederlo cadere agonizzante per terra, accanto a mia madre, in un lago di sangue. Non provai nulla a quella visione: forse soddisfazione. Quell’uomo era inutile ed io lo avevo tolto di mezzo. Mi aveva privato di mia madre e l’avevo ucciso: questo era quanto.
Ma ero abbastanza intelligente per capire che ora ero solo e come tale sarei rimasto. Presto mi avrebbero portato via, magari anche in prigione, e non lo volevo. Presi alcune cose e scappai, tenendo sempre con me quella pistola: sarebbe diventata la mia migliore amica.
 
Cavolo, non è niente male. Ho parlato di questo momento solo con una persona, nei dettagli si intende, ma farlo in questo modo… È come se mi fossi liberato di un piccolo peso, anche se non voglio dimenticare. Il passato è ciò che mi ha reso forte e mai al mondo tornerei indietro.
Continuiamo, è meglio… In fondo qualcuno ci tiene che faccia questa cosa: ogni tanto è bello far contento qualcuno a cui si tiene.
 
Gli anni passarono, ormai ero un perfetto ragazzo di strada. Vivevo libero e rubavo per vivere e… A volte uccidevo per vivere. Mi piaceva quella vita, amavo uccidere… Avevo un talento naturale, non sbagliavo mai un colpo.
Se volevo colpire ad una gamba il proiettile finiva in quella gamba.
Se volevo colpire ad una spalla il proiettile finiva nella spalla.
Se volevo colpire al cuore o alla testa non sbagliavo mai.
Ero un vero talento, così dicevano i poliziotti che trovavano i cadaveri che lasciavo. Ero poco più di un ragazzino ma avevo già una fama invidiabile: conosciuto come un killer preciso e infallibile.
Nella mia vita un giorno come un altro comparsero Irina e Dimitry: i primi a cui ho permesso di farne parte. Avevano fame e divisi con loro metà del mio cibo: erano due fratelli, gemelli credo. Entrambi con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Non posso dire di essermi affezionato a loro… Certo, con Irina ho passato notti di sesso indimenticabili, credo di poter affermare con certezza che con lei ho vissuto la mia prima vera volta. Non so se mi amasse, ma di certo non le ero indifferente e per me era lo stesso.
E Dimitriy non apprezzava molto questo: sua sorella era intoccabile, convinto che l’avrei di sicuro fatta soffrire. E in un certo senso così è stato… Non amavo Irina, non potevo amarla per il semplice fatto che non ne ero capace.
Non conoscevo l’amore e non volevo conoscerlo. Per breve tempo, forse, avevo conosciuto quello di mia madre, ma nient’altro. Non credevo in quel sentimento, ma se penso alla mia condizione attuale mi viene da ridere per come mi sono ricreduto… Ma non perdiamo il filo.
Alla fine anche quella tiepida famiglia si distrusse: Dimitriy venne ucciso in un vicolo, fui io a trovarlo e non seppi cosa pensare… Mi sembrò di tornare di nuovo indietro nel tempo, vedere un’altra persona a cui tenevo nel sangue: probabilmente era il mio destino.
Non feci nemmeno in tempo ad accertarmi di com’era successo che sentì i poliziotti arrivare: se mi avessero trovato mi avrebbero di sicuro incolpato con la reputazione che mi ero fatto.
La morte di Dimitriy mi fece pensare: ma che in cazzo di posto vivevo? Era una merda totale ed io valevo di più. Avevo sentito dire che l’Italia era un posto molto accogliente, soprattutto il Sud…. Avrei avuto certamente una vita migliore… Non sarei più stato uno squallido ladro, ma un assassino rispettato e temuto. La Sicilia era il posto ideale…
Senza salutare Irina, non aveva senso farlo e per di più era troppo rischioso, presi i miei ultimi risparmi e mi imbarcai su un mercantile diretto proprio verso l’Italia.
Ci mettemmo circa due settimane ad arrivare, quando finalmente attraccammo in una città chiamata Caltanisetta. Sgattaiolai fuori senza che gli sbirri, che controllavano il carico, mi vedessero. Mi finsi un ragazzo qualunque, che probabilmente aveva bisogno di un bagno, mentre camminavo per quelle strade caotiche e piene di sole… Era tutto così diverso: li c’era vita, sole, persone felici e che ridevano tra loro. Il mare era stupendo, avevo sempre sognato di vederlo...
Dovevo pensare a cosa fare per tirare avanti, a farmi un nome come mi ero promesso. Ma come facevo? Lì non era come in Russia, le cose funzionavano diversamente… Non avevo nessun contatto o conoscente, era dura. Ad un tratto andai a sbattere contro quello che sarebbe diventato il mio capo: Rei Kon. E ci sbattei davvero contro: mi fece cadere a terra mentre correva chissà dove!
Rei… A volte mi chiedo come faccia a sopportarmi. È stato lui ad aiutarmi, a farmi avere una vita diversa ed io gli ho sempre procurato più guai che altro. E lui sempre lì a pararmi il culo, prendendosi lavate di capo per cose che avevo fatto io… Ma non me ne ha mai fatta una colpa o fatto pesare. Mi chiedo se gli ho dimostrato abbastanza la mia stima…
 
E’ strano per me esternare questi sentimenti, anche se lo sto facendo su carta… Ad ogni riga mi sento diverso, come mai mi sono sentito. Non sto accantonando tutto, è come se gli stessi dando una forma concreta che vivrà sempre.
Meglio continuare prima di perdere il filo…
 
L’incontro con Rei fu un vero colpo di fortuna. Scoprì che era il capo di una piccola compagnia di mercenari-corrieri: la Phoenix Company. Era nata da poco e all’attivo aveva solo due membri: lui e un altro ragazzo, un inglese di nome Andrew.
Il più grande rompiscatole che mai sia entrato nella mia vita. Faccia da schiaffi e capelli da porcospino! Dio, se solo ripenso al momento in cui l’ho incontrato mi sale il sangue alla testa. Il giorno in cui entrai a far parte della compagnia mi accolse con questa frase…
“Ma è solo un moccioso! Che cazzo ce ne facciamo?”
Ero un ragazzo di soli diciassette anni ma avevo più esperienza di loro due messi insieme e non accettai tale commento, che ricambiai con un bel pugno sulla faccia.
Ancora oggi battibecchiamo, ma ammetto che senza di lui le mie giornate sarebbero vuote e piatte, e so che in fondo si prenderebbe una pallottola per me… E anch’io farei lo stesso. È un rapporto strano il nostro, non riesco nemmeno a descriverlo in verità.
Entrai a far parte della famiglia mafiosa dei Tornatore, la più potente di Palermo. Ero onorato di tale opportunità, ma non sopportavo prendere ordini e facevo sempre di testa mia, a volte causando danni abbastanza gravi.
Ma potevo uccidere tranquillamente, senza provare rimorso o per sopravvivere: finalmente potevo fare ciò che più mi piaceva ed essere pagato bene, era una goduria.
Incontrai anche due miei compatrioti: Yuri Ivanov e Boris Huznestov.
Scoprì che anche loro erano russi, ma soprattutto trafficanti d’armi per la nostra famiglia.
Yuri… Un tipo serio, diligente e con la testa sulle spalle. Anche se con lui ho avuto diversi problemi, visto che ci siamo innamorati della stessa donna.
Ma ora sembra tutto accantonato o per lo meno superato. E’ uno dei pochi che posso considerare amici nell’ambito di lavoro e a cui posso chiedere qualche consiglio quando Rei è troppo impegnato per pensare a questo sfigato del suo migliore amico, che sarei io.
È anche un ottimo medico e ho molta stima di lui.
Boris…. Come descrivere il caro Boris?
È una forza della natura, credo che sia il termine più adatto. È riuscito a passare da playboy incallito e privo di emozioni a uomo innamorato nel giro di poco tempo.
Io sono l’ultimo che può parlare da questo punto di vista, ma lui è davvero peggio di me! A volte facevamo a gara a chi si scopava più donne nell’arco di un mese: vinceva sempre lui.
Non perché fosse più dotato, in tutti i sensi, ma semplicemente io preferivo il mio lavoro.
Non posso farci niente, adoro troppo uccidere e sparare ai coglioni che si mettono in mezzo al nostro lavoro…
Un giorno però accadde un fatto che mi fece riflettere su una cosa… Una cosa che nemmeno adesso ho dimenticato.
Uno scontro a fuoco in mezzo alla strada, un branco di idioti ci tese un’imboscata per farci fuori e fregarci il posto. Io sparavo con la mia solita precisione, quando però passarono sulla linea di tiro una madre con suo figlio… Il mio proiettile colpì in pieno il bimbo mentre cercavo di beccare il bastardo che mi sparava: li aveva usati come scudo.
Il piccolo si accasciò a terra in un bagno di sangue, mentre la madre piangeva disperata… Non sapevo che fare, ero paralizzato. Lo stronzo tentò di approfittarne ma Rei lo fece fuori, avvicinandosi a me e tirandomi con forza per farmi muovere. La polizia stava arrivando, dovevamo scappare, ma io riuscivo solo a sentire il grido disperato di quella madre a cui avevano strappato il figlio… Ed ero stato io a farlo. Mi ero comportato esattamente come mio padre: avevo strappato qualcosa di prezioso a qualcuno.
Non sono un santo, sono un assassino, ma mai al mondo avrei voluto privare una madre del suo bambino… Avrà avuto cinque anni ed io avevo spezzato quella piccola vita innocente.
Qualcosa dentro di me cambiò da quel giorno: decisi che non avrei mai toccato un bambino, nemmeno se il boss mi avesse costretto.
Certo, se ora ripenso alla vicenda di Elena mi sento un po’ ipocrita, ma credo che in fondo non avrei mai ucciso quella peste. Quella storia mi causò molti problemi con la stessa persona che ha deciso di farmi fare questo esperimento: una stupida e piccola mocciosa di nome Frankie.
È entrata nella mia vita per caso, la detestavo all’inizio: era troppo innocente per questo mondo.
Ma le cose cambiano in continuazione… Quando si è messa con Yuri in me è scattato qualcosa. Lei ha sciolto, seppur lievemente, il mio cuore di ghiaccio. Ha dato un senso alla mia vita intrisa di sangue e morte, donandomi un amore che a volte sento di non meritare.
Io sono fatto così e non credo che cambierò.
Ho vissuto e continuo a vivere la mia vita sempre in prima linea.
E anche se c’è Lei al mio fianco credo che questo non cambierà mai…
Sono nato bambino.
Sono cresciuto assassino.
E’ la mia realtà.
 
Accidenti mi sento davvero strano… Più leggero e pesante al medesimo tempo. In poche pagine ho raccontato quasi totalmente il passato che mi ha fatto diventare ciò che sono ora.
Sono un assassino e niente lo cambierà mai… Nemmeno l’amore che la giovane che sta varcando la soglia della nostra camera prova per me.
“Allora, come ti senti? Meglio?”
“Si e no, Frankie. Non so spiegarti, ma mi sento libero e inquieto allo stesso tempo.”- lei mi sorride radiosa, sedendosi sulle mie gambe e circondandomi il collo con le braccia. Le sue piccole labbra si posano sulle mie in un bacio a stampo: sa trasmettermi molto con un solo gesto, è una delle cose che amo di lei.
“E’ normale quando si liberano emozioni che non si riescono a descrivere a parole. Il tuo passato sarà sempre con te, solo che adesso… In qualche modo lo hai condiviso, per questo ti senti così.”- forse ha ragione e questo esperimento mi è servito parecchio.
Adesso mi sento un po’ più leggero, anche se niente cambierà mai ciò che è stato.
Non voglio nemmeno che succeda: io sono diventato così grazie al mio passato.
E non sono pentito di ciò.
Sono felice di essere me stesso.
Sono felice di essere un Assassino.
E queste adesso sono le mie Memorie.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti, gente ^O^ Allora, l’idea di scrivere questo squarcio nel passato di Kei di “Phoenix Company” mi è venuto di getto, come il mio solito xD 
Diciamo che mi sono immaginata il nostro killer preferito che mette a nudo una parte dolorosa della sua vita e come sia nato il suo essere assassino. E l’ho fatto sotto forma di diario perché, a mio parere, non c’è niente di meglio di un foglio bianco per lasciarsi andare ed esprimere al meglio ciò che non si riesce a dire a parole. Come avrete notato è abbastanza breve per il semplice fatto che non volevo bruciarmi troppe cose, ma questo è un problema solo mio che presto capirete anche voi, spero xD Ok, sto divagando, è breve e basta xD Ma spero che l’apprezziate lo stesso^^ Anche chi non segue la storia può dirmi tutto ciò che pensa, non mordo X3
Aspetto commenti, consigli, critiche, etc, ci conto ^_-
 
 
Un bacio forte a tutti^^
 
 
La cara Pad
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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