Ventinove
Proprio
mentre stava puntando la pistola contro Thomas ed Alberto, Dario vide delle
luci spuntare fuori dal muro. E iniziò a sentire delle voci.
-Daaaaaaaario……-
Gli
venne la pelle d’oca, soprattutto quando vide a chi appartenevano. Dal muro, vide
uscire i due ragazzi che aveva assassinato davanti al locale, per soddisfare il
suo odio verso la promiscuità. Questi avanzavano verso di lui, e lui scappò
via. Nel corridoio, però, c’erano altri “amici” ad aspettarlo. Da una porta
venne fuori Nevio, che con quella gola tagliata allungò le mani verso di Dario
per cercare di strozzarlo. Disperato, spaventato, Dario premette il grilletto e
fece fuoco, ma la pallottola attraversò il corpo di quel povero ragazzo che lui
aveva ucciso. Corse via, ma fu intercettato da Daniele che lo prese per un
braccio –Perché mi hai ucciso…? Alberto mi aveva rifiutato…- il viso di Daniele
era così innaturale, il ragazzo piangeva sangue e i suoi occhi erano vitrei.
-No!!!
Lasciatemi in pace!! Andate via!! Viaaaaaaaaaaa!!!!- urlò, correndo verso
l’atrio. Cercò di uscire, ma la porta era stranamente sbarrata. Dalla porta
della cucina udì miagolare un esercito di gatti. Sparò di nuovo, uno, due, tre,
quattro colpi, fino a che il caricatore non si esaurì, lasciandolo solo come un
bambino in una stanza buia. Ancora tutto nudo, salì le scale, ma una volta lì,
fu bloccato dall’immagine dei suoi genitori che piangevano. –Figlio mio, perché
mi hai ucciso… Noi volevamo solo aiutarti…- aveva detto suo padre –Vieni con
noi, Dario… Lo sai che la mamma ti vuole bene…- Disse sua madre.
-Andate
via, ho detto! Andate via!!- urlò ancora una volta, piangendo come un
disperato. Nel fare dietrofront, si ritrovò l’immagine di Nathan. Il ragazzo
stava in piedi con i pugni chiusi, il trench abbottonato fino al collo e quegli
occhi vitrei che lo squadravano da capo a piedi.
-Ciao
Dario. Ti ricordi di me? È passato un po’ di tempo, non è vero?- Nathan avanzò,
dicendo –Sei stato un bambino cattivo. E come tutti i bambini cattivi, adesso
meriti la tua punizione.-
-No!!
Lasciami in pace!- gemette Dario, mentre quello avanzava. Fece l’errore di
appoggiarsi all’asse marcio del ballatoio delle scale, mentre Nathan avanzava
da una parte ed i suoi genitori dall’altra. Non sapendo dove andare, Dario
chiuse gli occhi e pregò tutti i santi che sparissero, ma evidentemente anche
il buon Dio lassù si era deciso che l’ora di Dario era suonata da un bel pezzo.
Sotto
il peso del tempo, l’asse di legno cedette di schianto, e Dario fu proiettato
nel vuoto. I due tubi fuoriusciti dal pavimento erano lì ad aspettarlo, con
quelle estremità appuntite come lance. Lui vi cadde proprio sopra con la
schiena, e fu infilzato da parte a parte. Quando il metallo arrugginito gli
penetrò nelle carni, la sua bocca sputò un fiotto di sangue, che si depositò
come l’acqua di una fontana quasi tutto sulla sua faccia. Poi arrivò Thomas e
subito dopo Alberto.
Cercò
di dire qualcosa.
“Alberto…
Io… ti… ho …. Amato… tanto… fin…… dal primo… momento…. Che….. ti ho visto….”
I
suoi occhi si soffermarono su Alberto, che all’improvviso diventò sempre più
oscuro, fino a scomparire. Ebbe soltanto il tempo di pentirsi di tutto il male
che aveva fatto, e poi si addormentò per sempre.
*****
Avvolto nel cappotto di Alberto, Thomas era
disteso sul divano dell’ufficio modulare del cantiere. La neve continuava a
scendere copiosa, quasi come se avesse voluto cancellare tutti quei posti,
rendendo impossibile la circolazione con le auto. Per fortuna, accanto alla
scrivania c’era una stufetta elettrica, che Alberto accese immediatamente,
cercando di scaldare l’ambiente il più possibile. Cercò anche nell’armadietto
dei medicinali qualcosa con cui curarsi, e prese un bel fiaschetto di Brandy
che Fabrizio teneva in serbo, forse per le occasioni speciali.
-I carabinieri dovrebbero arrivare fra
poco.-
-Bene…- rispose Thomas.
-Tu stai bene?- domandò Alberto a Thomas.
Questi annuì, poi sospirò.
-Grazie.- mormorò Thomas. –Adesso il mio
mestiere si conclude veramente qui. Il caso è chiuso.-
-Non è concluso un bel niente- replicò
Alberto, andando a sedersi accanto a lui. Thomas gli fece spazio,
rannicchiandosi su sé stesso. –Io… penso di doverti delle scuse, Thomas.-
Il ragazzo fece una risatina –Hmh. No, sono
io che te le devo. Anzi, forse ti devo qualcosa di più.- disse, e Alberto lo
guardò. –Mi sono comportato come un ragazzino, l’altro giorno. Non avrei dovuto
aggredirti così, dirti che rifiutavo il caso. Mi … mi dispiace, io non so se
potrò mai perdon…..-
Non fece in tempo a finire la frase, che
Alberto lo prese dolcemente a sé e gli baciò le labbra. Thomas non oppose
resistenza, anzi chiuse gli occhi e lo baciò a sua volta. Forse quello era il
più bel bacio che si erano mai dati.
-Alberto?-
-Hm?- mormorò questi, staccandosi un attimo
dal bacio.
-Non… non starai di nuovo giocando a
qualche gioco?- domandò Thomas.
Ironicamente, Alberto sorrise e lo baciò
ancora, con più sensualità. Sorrise anche, abbracciando teneramente il bel
ragazzo. Poi infine lo guardò negli occhi, e sorridendo gli rispose –Sì, sto
giocando ad un gioco che non hai mai fatto: Alberto che vuole incominciare a
frequentare Thomas. Ti va di giocare?-
Thomas lo guardò per un attimo con quegli
occhi verde smeraldo. Poi li chiuse e lo baciò ancora una volta, con una
passione mai provata prima, addirittura portando le mani sulle sue guance ed
esplorandogli la bocca con la lingua.
-Ti basta come risposta?-
-No, non ho capito bene.- disse Alberto,
ridacchiando.
-Uffa, ma allora sei proprio duro di
comprendonio- rispose Thomas, e riprese a baciarlo di nuovo, mentre Alberto lo
abbracciava e lo teneva a sé. Complicità. Qualcosa che era scattato anche tra
loro due. Finalmente, dopo tanto tempo che Alberto aspettava qualcosa del
genere. E finalmente anche per Thomas, che per la prima volta nella sua vita
poteva dire di essere stato fortunato ad incontrare una persona così.