Era notte fonda. Affacciata
alla finestra, come una principessa delle fiabe, sembravo tutto meno che una
principessa delle fiabe. I miei capelli sparavano in tutte le direzioni mentre
con sguardo truce fulminavo chiunque passasse in strada… ovvero nessuno.
Un bel nessuno con cui prendersela. Neanche un cane. Nes-su-no. Questo non andava
affatto bene, poco ma sicuro.
Non tutto andava male, a
parte il mio umore pessimo.. un piccolo dettaglio
insignificante quindi, direte voi. Già. La stanza dell’albergo dove
alloggiavamo era discretamente fresca e pulita, grazie agli Dei. Niente come il
caldo soffocante degli ultimi giorni poteva impedirmi una volta di più di dormire e dormire è fondamentale per preservare la bellezza e
il cervello di una maga genio come me. Non commentate, grazie. E’ meglio
per voi.
Amelia dormiva nel letto
addossato alla parete, con una gamba fuori dal lenzuolo. Ogni tanto blaterava
qualcosa a proposito della giustizia, con tono di voce abbastanza basso per sua fortuna, anche sollevandosi a sedere
ma a parte questi exploit, la notte era calma e decisamente
silenziosa. L’idea che tutti riuscissero a riposare tranne me mi stava
facendo impazzire. E quando impazzisco ho bisogno di
sfogare la mia ira. L’ho per caso già detto in qualche altro momento?
Guardai in lontananza,
cercando di ritrovare la calma osservando il paesaggio. Non dicono che la
natura aiuta a rilassare i nervi? E chi cavolo ha
inventato questa scemenza??? Sinceramente l’ultima cosa che sono, quando
mi addentro nelle foreste, è rilassata.
Dalla finestra si riusciva a
vedere la zona boschiva che avremmo dovuto attraversare
nei giorni a venire; si prospettavano notti stellate, di bivacchi di fortuna.
Notti di guardia e di chiacchiere assonnate di fronte al fuoco. Carne secca e
formaggio duro, frutta selvatica trovata qua e là. Una vera pacchia, lasciate che ve lo dica.
Bisognava davvero che
riuscissi a riposare perché quello alle mie spalle sarebbe stato
l’ultimo letto decente di lì a parecchi giorni eppure… sembrava
che prendere sonno non fosse cosa per me. Urlare per la frustrazione stava
iniziando sempre più a sembrarmi un’ottima soluzione.
La verità è che
ero… nervosa. No, agitata. No… non capivo neanche io che diavolo mi
prendesse ma era dall’incidente di Ehltarien che non ero più me stessa.
Da quando eravamo partiti
c’erano stati diversi silenzi tesi, tra noi (soprattutto il mio verso
tutti, se volete una confessione sincera) ed io non avevo potuto scaricare le
emozioni indefinite che mi affliggevano perché non avevamo incontrato
neanche un campo di banditi durante il percorso. Stupidi banditi! In compenso
c’era stata una foresta non segnalata sulla cartina (stupida cartina!), o
meglio appena accennata, come se si fosse trattato di un boschetto miserrimo mentre invece era piuttosto fitta, piena zeppa di rovi e di
acquitrini fangosi che ci avevano fatto assomigliare a dei mendicanti ancora
più del previsto. Stupida foresta!
Giunti a Mahen,
la ridente cittadina che ci ospitava, Amelia aveva dovuto insistere, sigillo di
Saillune alla mano, che era davvero chi affermava di
essere. Ci avevano guardato male, tacciato di essere ladri e minacciato di
chiamare le guardie. Io stavo per dare in escandescenze, non c’è
neanche bisogno di dirlo, vero? Insomma, giorni e giorni
passati e districarsi dai rovi e da tutta la meraviglia che un sottobosco
può riservare, per non parlare di rami malefici che ti finiscono negli
occhi se non stai attenta… e quel maledetto bifolco non si piegava
neanche davanti all’autorità del sigillo di Saillune?
Zel e Gourry mi avevano trattenuta per le braccia mentre Amelia si ergeva in tutta
la sua non troppo alta statura e partiva con un discorso sulla giustizia che
avrebbe potuto stendere un orso. Il tutto continuando a sventolare il sigillo. Solo
a quel punto l’oste, sudato fradicio dopo la tirata e con ancora evidenti
dubbi, aveva deciso di ospitarci. Se non fossi stata furibonda in quella maniera avrei potuto anche ammettere non potevamo dare
neanche tutti i torti all’albergatore visto che ci presentavamo in questa
maniera…
La bellissima maga-genio (io! Sono IO!!! Vediamo di non
indispormi, eh?): capelli aggrovigliati adornati da qualche foglia e svariati rametti.
Abiti in disordine, sporchi di fango.
Ma cosa ci posso fare se abbiamo dovuto attraversare quel
postaccio? Non ho certo avuto tempo di pettinarmi e farmi carina mentre cercavo
di non finire in qualche fosso o farmi cavare gli occhi dai malefici rami!
Amelia: completamente
grondante di fango, in pratica il mostro delle paludi. La prossima volta impara
a non saltare giù dagli alberi, sono anni che deve ancora capire come
farlo con stile. E non dite che sono acida!
Zelgadiss: senza menzionare il suo aspetto, che alla gente
comune incute ancora un qualche timore, vestito da abiti completamente laceri. Semi nudo, a voler dire le cose col loro nome.
Adesso sono
curiosa di sapere cosa mai gli sia successo ma pare che a lui sia passata la
voglia di parlarne.
Gourry: questo non lo conosco, si è aggiunto al
gruppo contro la mia volontà. E poi non mi sono mai piaciuti gli uomini
mummia!
Castai un Lighting di basso
livello e mi sedetti alla scrivania con il mio libro degli incantesimi alla
mano. Forse scrivere qualche pagina mi avrebbe conciliato il sonno. Certo, come
no. Al limite il contrario… Mi alzai di scatto
mettendomi le mani nei capelli e mugolando di rabbia. Potevo castarmi uno Sleeping… ma… se per uno
sfortunato caso lo avessi regolato male avrei potuto
dormire per qualche secolo. Valeva la pena di essere la nuova bella
addormentata? No, grazie.
Dunque?
Sbuffai ed
Amelia emise uno strano suono in risposta. Continuando a dormire, ovvio.
Valutai l’ipotesi di farmi un giro in qualche taverna ma l’idea di
bermi la birra schifosa di una qualche bettola proprio non mi andava. Non dopo Ehltarien. Non dopo la mega
sbronza che mi ero presa e tutto il fattaccio che ne era venuto. Basta birra,
bandita per sempre dal mio menu.
Bene, allora. Cosa mi
rimaneva se non stendermi sul letto e contare le pecore fino al
mattino? Mi lanciai sul mio giaciglio e affondai la faccia nel morbido cuscino.
Mi girai sulla schiena, poi di lato. Mi rannicchiai poi calciai via le coperte.
Maledizione!!! Un cane latrava in lontananza. Mi
catapultai fuori dal letto e chiusi la finestra, poi di nuovo sotto le coperte.
Chiusi gli occhi.
“… la
giustizia!” Amelia si era rizzata a sedere urlando a pieni polmoni.
“Giustizia!” ripetè prima di
afflosciarsi di nuovo. Io, che nel frattempo avevo fatto un balzo per lo
spavento, tornai a faccia in giù sul cuscino. Amelia voleva sicuramente
uccidermi e continuando così ci sarebbe presto riuscita.
Respirai profondamente per
riuscire a calmarmi.
Potevo andare a fare due
chiacchiere con Zel! Schioccai le dita e sorrisi. Che
sciocca a non averci pensato prima! Lo sciamano dormiva meno di noi altri,
forse proprio grazie alla sua forma di chimera. Non era impossibile trovarlo
ancora alzato e se fosse stato di umore non pessimo
avremmo potuto conversare un po’. Non ero pratica di ipnosi
ma avrei voluto chiedergli se aveva conosceva qualche nozione in quello
specifico campo. Con Zel non si poteva mai sapere.
No, non per la storia di
Emma. Per mia personale cultura. E non osate ribattere!
Il pigiama che ci avevano
dato alla locanda era di tela grezza e un po’ largo… se Zel fosse stato in camera o nella locanda
avrei potuto raggiungerlo anche così vestita ma poteva essere anche
fuori, a osservare la volta celeste come spesso faceva, e uscire in paese
vestita con il pigiama non mi sembrava una buona idea. No, decisamente.
Non potevo permettere che si spargesse la voce che la temibile Bandit Killer amasse vagare di notte vestita solo con
orrendi pigiami.
Mi liberai velocemente di
casacca e pantaloni e presi i miei soliti abiti, lavati, stirati e
sommariamente rammendati dalla gentile lavanderia dell’albergo. Erano
davvero consumati, ancora un paio di avventure del genere che tendevano a
capitarmi e sarebbero letteralmente caduti a pezzi. Sospirai mentre mi
agganciavo il mantello. Decisi di lasciare i copri
spalle e i talismani in camera però presi il pugnale. La prudenza non
è mai troppa, anche in una cittadina all’apparenza tranquilla come
Mahen.
Una volta in corridoio, un
tipico corridoio in legno con le assi scricchiolanti,
mi avviai verso la camera di Zel superando senza uno
sguardo quella di Gourry. Ok,
non è vero. Guardai la porta ma solo per un attimo. Era stata molto
brusca con lui durante il viaggio attraverso la foresta e… forse non
sempre se lo meritava. Ecco. L’ho ammesso. Va bene, il mio lato crudele
aveva prevalso ma se l’era cercata. Se solo ricordavo certe cose… Aaaargh!
Basta pensare a Gourry!
Bussai alla porta dello
sciamano senza ottenere risposta. Strano. Con l’udito che aveva ma
soprattutto grazie ai rumori che produceva lo scalcinato corridoio
avrebbe dovuto avermi sentita già da un pezzo. Magari era davvero fuori
o dormiva. Non era impossibile.
Va bene, io volevo essere
pacifica. Davvero. Però se nessuno era disponibile a fare due
chiacchiere con me (e io non ero predisposta a
chiacchierare con tutti, in quel momento) voleva dire che sarei passata al
piano B. Mahen era circondata da boschi. Quello
appena attraversato era talmente impervio che neppure il più stupido dei
briganti si era dato la pena di alloggiarvi…
diciamo che potevo fare un favore ai miei amici andando in avanscoperta nel
tratto che dovevamo percorrere e dare un’occhiata se era al sicuro. Dai
banditi. Riuscii a percepire ogni millimetro del ghigno che mi si estese sul
volto.
Sempre saputo
di essere sotto sotto buona e generosa. Peccato che
spesso gli altri non se ne accorgano! Ma… mai
darsi per vinti! Sollevai il pugno. “Si va a dare la caccia ai
cattivi!” gridai con entusiasmo, venendo
centrata in pieno da una ciabattata appena un secondo dopo. “Silenzio in
corridoio!” urlò un vocione tonante. Ok, avevo fatto una scena alla Amelia ma dovete capirmi. Una maga frustrata è
una maga frustrata. E poi la ciabatta è il MIO
mezzo di punizione! Calma, Lina. Lo zoticone lo punirai domani,
all’aperto. Se lo fai adesso è facile che
l’oste vi cacci a pedate… e questo non farebbe bene agli animi dei
tuoi amici.
Presi un respiro, distesi i
pugni che avevo serrato e massaggiandomi la fronte uscii nel fresco della
notte.
Un’ora dopo…
Niente. Nessuno. Deserto
proprio.
Avevo battuto quella dannata
boscaglia palmo a palmo e non avevo trovato anima
viva.
Posso ufficialmente dire che
il mondo stava cospirando contro la mia sanità mentale? Ma cosa dovevo fare per attirare qualche brigante? Avevo
vagato come una povera sprovveduta (bè, fingendo di esserlo), avevo fatto del
dannato rumore… anche un cieco mi avrebbe scoperta…
niente. Non c’era stato verso! Ma… non era normale!
Pestai i piedi con violenza
al suolo mentre mi decidevo a tornare alla locanda, con la coda tra le gambe,
ormai sull’orlo di una crisi di nervi.
Spinsi con malagrazia la
porta della taverna. Il salone era in penombra, rischiarato dalle fiamme del
camino. Un solitario avventore incappucciato sedeva silenzioso in un angolo,
spalle al muro e una tazza di caffè fumante davanti a sé. Al mio
ingresso mi rivolse una breve occhiata, poi estrasse una cartina e si mise a
leggere. La cameriera, che evidentemente stava facendo il turno di notte, si
stava dirigendo verso di lui con un vassoio di biscotti, senza prestare caso a
me. O almeno, così mi parve in un primo momento. Non appena feci per
imboccare le scale che portavano alla zona notte la ragazza
si voltò di scatto, appoggiando precipitosamente (e rumorosamente) il
vassoio vuoto sul bancone e mi raggiunse.
I lunghi capelli rosa erano
raccolti in degli strani codini e da sotto alla frangetta
mi osservava con occhi curiosi. Alzai un sopracciglio. Ci mancava solo dover
litigare con la cameriera (una cameriera dall’aspetto vagamente familiare,
ora che la guardavo bene) per concludere la giornata,
anzi, vista l’ora, iniziare quella nuova in bellezza.
“Ehm…”
disse lei, appoggiandosi l’indice alla bocca. “Ci conosciamo,
vero?” Mi rivolse uno sguardo amichevole, piegando la testa di lato. A
quel punto il dubbio era venuto anche a me. Era magrolina, non molto alta, sui
dodici anni ma erano più che altro il colore dei capelli, degli occhi e
qualcosa nella fisionomia del volto che mi sembrava di riconoscere. Che fosse…
“Kira?”
Doveva essere proprio Kira, la nipote del dottor Runan!
L’avevo incontrata che era una bambinetta… una bambinetta
capace di fare una pozione potenzialmente in grado di porre rimedio alla
maledizione che mi aveva lanciato Mazenda. Ma se davvero era Kira che diavolo
ci faceva in quel posto, tanto lontano dalla bottega che aveva ereditato e
soprattutto… perché faceva la serva?
Improvvisamente mi colse un
brivido. Gli occhi del misterioso ospite mi stavano perforando la schiena.
Mi voltai di scatto e anche Kira si girò. “Signore?
Ha bisogno di qualche altra cosa?” L’uomo scosse
la testa e, dopo aver piegato il foglio che aveva in mano, prese a
sgranocchiare i suoi biscotti ostentando indifferenza. Non mi piaceva
quella situazione. Non mi fidavo delle persone, soprattutto quelle che mi
fissavano di sottecchi. Poteva anche essere un curioso, eppure… Gli
lanciai un’occhiataccia e lo vidi rinculare in
risposta, facendo stridere la sedia che finì per cozzare definitivamente
contro al muro. Ecco, ci stava guardando ancora. Lo sapevo!
Kira interruppe il flusso dei miei pensieri. “Giusto,
sono Kira!” mi osservò con attenzione,
“Tu sei Lina-san, giusto?” Sorrise in
modo amabile. Girai lentamente la testa nella sua direzione. “Già.”
Forse fu una risposta piatta ma ero un po’ tesa per via della situazione.
Forse nessuno ci avrebbe visto niente di male, forse avrebbe solo provato un
po’ di fastidio a sentirsi osservato ma… io ero Lina Inverse, no?
Appunto. La vocina di Kira mi riportò di nuovo
sulla Terra. “Mi ricordo bene di te… dove sono i tuoi amici? Quella con quei buffi riccioli che strillava sempre e… quel
tipo strano col bastone?” Mi scese una gocciolona
al ricordo dell’avventura passata insieme a quei due da Kira. Prima che potessi rispondere, quella riprese a
parlare. “Forse ti chiederai che ci faccio qui.” Emise una
risatina. Bè, in effetti…”Sai…
ehm… ricordi l’esplosione della casa di mio nonno…”
emise un’altra risatina. “Diciamo che c’è stato
qualche problema per ricostruirla e ricomprare tutti gli ingredienti… mio
nonno lavorava praticamente gratis e quindi…
faccio la cameriera per arrotondare. Al mattino mi do
da fare come… bè, dottore no? E la sera faccio la cameriera.”
Che dire? Ero impressionata.
Mi aveva appena raccontato una storia tutto sommato
tragica continuando a sorridere… sembrava una Sylphiel
in miniatura! Kira in effetti
continuava a guardarmi serenamente, poi improvvisamente si diede una pacca
sulla fronte. Io trasalii leggermente.
“Che stupidina che sono! Ti ho fermata per chiederti se per caso
avevi bisogno di aiuto!” Eh?
“So che sei arrivata con altri amici… dalle cucine mi hanno detto
che tu e lo spadaccino biondo avete messo in ginocchio lo chef.”
Ridacchiò. “Ecco, ti ho vista uscire nel
cuore della notte e ho pensato che forse cercavi i tuoi amici… che eri
preoccupata.” Nuovo sorriso. Non ricordavo che Kira
fosse inquietante. Ricordavo solo che aveva pasticciato il preziosissimo libro
di suo nonno a dire il vero… comunque tutto quel sorridere mi stava
facendo venire il mal di pancia. Tutto
quel sorridere mi stava facendo venire il diabete.
Kira mi sorrise (ancora!) in attesa di risposta. A dire il
vero non ero in pensiero per Zel ma se Kira parlava di amici al plurale… intendeva forse Zel e Gourry? E cosa ci facevano Zel e Gourry in giro, nel cuore
della notte? Quasi quasi…
“Oh,
ma certo! Sono
un po’ preoccupata… dove sono andati?” Sperai che il mio tono
non sembrasse troppo affettato. Poi stiracchiai le labbra e io e Kira passammo un minuto
buono a sorriderci come due imbecilli. Finalmente la ragazzina si decise a
parlare.
“Non devi essere in
pena, sono nella ‘Sala degli schermidori’.” La sala di che? Cioè, so che
cos’è uno schermidore ma non avevo mai sentito che esistessero
delle sale apposite per… i combattimenti?
“Già,” continuò Kira. “A Mahen i
combattimenti all’aperto non sono ben visti… e se anche uno vuole
solo allenarsi lo deve fare dove ti ho detto. Se le
guardie ti beccano a duellare in paese… bè,
diciamo che ti potrebbero mettere in prigione o sbattere fuori dalla
città. A Mahen non piace la violenza di nessun
genere.” Ah,
questa città potrebbe proprio andare a genio ad Amelia…
“Pensa che prima che
arrivassi io… hanno assunto un uomo per cacciare i briganti dai boschi e
lui li ha sterminati tutti!!!” Adesso si spiega…
Kira tacque un attimo, guardandomi negli occhi. Mi sentii
in dovere di farle almeno una domanda di cortesia, visto che
si stava dando tanto da fare ‘per me’… di sua volontà,
senza che neanche aprissi bocca ma insomma… anche io ogni tanto devo
seguire qualche regola sociale, no? Già. “Ehm,”
mi grattai il mento, “Da quanto lavori qui, Kira?”
La ragazzina si mise a giocherellare con una ciocca di capelli. “Dunque… Bè, sono due
giorni!” La guardai perplessa. “Eh, due giorni in
questa locanda ma a Mahen sono due mesi!
Sai… diciamo che sono itinerante! Ma basta parlare di me… vuoi che ti indichi dove si trova
Scoccai un’occhiata
allo scocciante sconosciuto e mi accorsi che mentre parlavamo si era dileguato.
Male, male davvero. Per fortuna l’indomani saremmo
partiti… sperai non si trattasse di un mazoku o
qualche altra rogna ma… l’ho già detto che essere Lina
Inverse significa spesso andare a braccetto con una buona dose di guai, no?
Kira mi diede indicazioni piuttosto precise e in un attimo
fui alla porta della famosa Sala. In effetti man mano
che mi avvicinavo sentivo i tipici suoni di un combattimento con le spade.
Forse per quello avevano trovato un luogo un pochino
isolato per costruire l’edificio che l’accoglieva. Entrai e dietro
un bancone stile locanda una specie di guardia con
degli improbabili baffetti mi fermò.
“Vuole combattere, signorina?” mi indirizzò uno
sguardo obliquo. “Non si accettano damigelle strillanti come
pubblico.” Da…damigelle
strillanti??? Ma per chi mi ha preso? E’
simpatico quando la gente non si rende conto con chi ha a che fare. Amico, potrei stenderti con il mignolo della
mano sinistra. Mi imposi la calma. Respirai. Che
dovevo fare? Ero venuta a curiosare… Non avevo neanche la mia spada corta…
Pazienza, una bella sessione di combattimento mi avrebbe aiutata
a scaricare i nervi, non tutti i mali venivano per nuocere.
“Voglio
combattere.”
L’ometto si
portò le mani alla bocca ed emise un basso fischio. Un attimo dopo una
ragazza dai corti capelli neri arrivò trafelata. “Porta la
signorina a scegliere la spada e poi spiegale le regole della Sala.” Prima
di lasciarci andare stese la mano nella mia direzione. “Il pugnale,
signorina.” Non avrei dato un centesimo a quell’individuo eppure
aveva individuato subito l’arma che portavo con me. La domanda era…
volevo lasciargli in custodia il mio pugnale? Emisi un sospiro. Gli diedi il
pugnale. “Grazie, signorina. All’uscita le
verrà riconsegnato.” Poi fece un cenno
alla ragazza, che mi mise una mano sul braccio. “Venga, prego.”
Usava un tono piuttosto cerimonioso; questa sala doveva essere un affare serio
per meritare tanta gente, disponibile anche a quell’ora della notte.
Anzi, del mattino.
“Mi
chiamo Marie, sarò la sua guida. E’ la prima volta qui, vero? Non ricordo di averla mai vista da
noi.” Mi occhieggiò sospettosa. Io non capivo quello
sguardo… che cosa voleva sapere esattamente? Lina Inverse è una
persona diretta e pratica, quindi… “Non capisco
dove vuoi arrivare.” Marie smise immediatamente di guardarmi e
continuando a camminare mi rivelò l’arcano. “Dovete essere straniera. Immagino che Doliev-san
lo abbia capito subito… Che stupida, mi scusi signorina.” Storse la bocca, imbarazzata. “A
Mahen c’è un’altra Sala degli
Schermidori… che è nostra concorrente. Ogni anno i campioni
dell’una e dell’altra squadra si affrontano e ovviamente né
noi né loro amiamo ricevere spie della fazione opposta… però
ogni tanto sia noi che loro tentiamo di mandarne.
Anche se questo forse non dovrei dirlo.” Ah, ecco. Tutti calmi e tranquilli a Mahen ma sotto sotto…
“Va bene,” intervenni, “Mi era parso
però di capire che fosse aperta al pubblico.” Altrimenti come
avrebbero fatto Zel e Gourry
ad entrare? Marie annuì freneticamente.
“E’ così, è così… però siamo
vicini alla Grande Competizione e… siamo tutti un po’
nervosi.” Giuro che riuscii a sentire le lettere maiuscole che aveva usato per pronunciare ‘grande
competizione’. Ah, che belle queste
cose di paese… mi mancava restarne invischiata! Per l’ennesima
volta mi trovai felice nel pensare che l’indomani saremmo
andati via.
Ho già detto che mi
porto rogna da sola?
Salimmo due rampe di scale e
percorremmo in silenzio un lungo corridoio sul quale si affacciavano diverse
porte. La maggior parte di queste era chiusa ma dalle rare con i battenti
spalancati uscivano ed entravano uomini e ragazzi armati, qualche ragazza e in
minor quantità donne mature. La cosa che notai subito e che mi parve
piuttosto particolare era che quasi ogni spada, in mano alle persone che
avevamo incrociato, era di legno. Marie doveva aver seguito il mio sguardo e la
successiva espressione perplessa perché anticipò la domanda che
volevo farle.
“Sta
guardando le spade, signorina? Signorina…?” Ah! Voleva il mio nome. Visto che dicevo raramente il mio vero nome e l’ultima
volta che lo avevo fatto aveva confermato la mia identità ad una mezza elfa invischiata in un piano
diabolico, mi guardai bene dal rivelarglielo. C’era però la
possibilità che Gourry o Zel
mi vedessero e mi chiamassero per nome, quindi… “Mi chiamo Carolina…
Lina, se preferisci.” Mi produssi nel mio sorriso falso più
sincero e rassicurante. Cioè, a parte il pugnale volevo sembrarle il più innocua possibile… volevo, o forse
dovevo, disperatamente evitare guai. Desideravo sfogare i miei… bè, qualunque cosa fossero…
repressi ma valutavo che non fosse il caso di far intervenire le guardie. Per
questa volta.
Volevo mantenere un profilo
basso.
“Bene, Lina-san… ecco, quelli che ha
visto sono degli ‘apprendisti’. La prima volta che una persona
viene a combattere qui gli viene data una spada di
legno, una versione molto robusta e accurata dell’arma che ha scelto ma
pur sempre… ‘finta’. Non vogliamo che qualcuno si infilzi… prima gradiamo sapere come se la cava. Se
è bravo allora da quel momento in poi può
usare il ferro.” Non faceva una piega. Quello di cui non riuscivo a
capacitarmi era la ragione di quell’affluenza notturna. Nel senso, era
notte fonda! Non dormiva la gente di gesto paese?
“Come mai ci sono tante
persone a quest’ora?” Bè? Ero
curiosa! Marie si passò una mano sulla frangia, spostandola di lato.
“Deve sapere che a Mahen si dice che le notti
di luna piena siano le migliori, per gli apprendisti.” Eh? “Da noi c’è una
lunga tradizione di spadaccini… la nostra fama è ormai estesa in
tutto il Paese.” Mai sentiti
nominare. Ma non è che intendeva paese, nel
senso della sola Mahen? Essendo all’oscuro
dei miei pensieri, Marie proseguì, con tono orgoglioso. “Qui ogni
bambino o bambina che nasce viene iniziato presto ad
usare la spada… Almeno, da qualche anno a questa parte, da quando siamo
diventati famosi.” Sì, ci credeva davvero. Dovevo aprirle gli
occhi e rivelarle che nessuno li conosceva? Na, mi
sentivo generosa. Nel frattempo Marie aveva ripreso a parlare. “Comunque,
Lina-san, prima di farla combattere con gli
altri… forse
la dovremo sottoporre ad un test. Il nostro campione combatte per
primo con ogni novellino, di solito.” Novellino? Ma io ero venuta solo
per… ah, lasciamo perdere. “Ecco!
La sua sala è laggiù!” Da come aveva
saltellato e dal colore sulle guance dovevo dedurre che Marie avesse una cotta
per il famoso campione. Povera
me.
Mentre ci avvicinavamo
sentii delle voci familiari provenire dalla mia destra. Gourry
e Zel! Bè ero arrivata spinta dalla curiosità… una
sbirciatina alla porta, magari…
“Lina-san?”
Rivolsi un’occhiata
alla mia ‘guida’. E va bene… a mali estremi…
“Non sono capitata qui
per caso…” diressi a Marie la mia espressione più innocente,
“avevo sentito della ‘sala’ e volevo combattere” mezza bugia, “poi ho scoperto che
era arrivato qui anche mio fratello,” grossa bugia, “e ho appena sentito
la sua voce…” verità,
“posso dare un’occhiata veloce… per favore?” Suvvia Marie, fai la brava…
Marie si mordicchiò il
labbro. “In realtà sarebbe ‘no pubblico’…
per ragioni di sicurezza, capisce?” Già,
la ‘grande sfida’. “Per
Ci avvicinammo alla porta e
sporgemmo la testa all’interno. “Scusi… qual è suo
fratello?” Uff… Ma che sospettosa! Le
sorrisi a denti un pochino stretti. “Quello
biondo.” Marie inarcò le sopracciglia. “Padri
diversi.” Mentii ancora. O meglio, non mentii affatto.
Per quello che ne sapevo io, i nostri padri non erano la stessa persona.
Finalmente Marie chiuse il becco e io osservai per
diversi minuti Gourry e Zel
fronteggiarsi. Non era la prima volta… si erano già combattuti e
l’ultima volta era stato molto doloroso anche per me, scoprire chi si
celasse dietro alla maschera di quello spadaccino invincibile. Adesso
però si battevano solo per allenarsi. Giusto? Perché…
insomma, non era insolito anche per loro questo comportamento? Che succedeva?
Era notte anche per Gourry e Zel…
d’accordo lo sciamano… ma Gourry? Non era
certo un insonne…
Lasciai perdere per un attimo
le domande e mi concentrai su di loro. Era piacevole vederli, i loro movimenti
fluidi sembravano una danza, erano perfettamente coordinati e molto
concentrati. Parate, affondi, scarti millimetrici. Il mantello di Zel ondeggiava mentre lo sciamano si spostava a destra e
parava velocemente la spada di Gourry, poi fu il
turno di Gourry di scansarsi. Aveva i capelli legati
in una treccia, come raramente gli avevo visto fare da quando ci conoscevamo.
Improvvisamente Marie si
schiarì la voce. La guardai e lei tentò di nuovo di richiamare
l’attenzione dei ragazzi. Oh, cavolo… “Signori?” I miei amici si fermarono,
abbassando le spade. Io stavo per eclissarmi dietro alla porta quando una mano
sulla schiena mi spinse leggermente ma fermamente in avanti. Maledettaaaaaa! “E’ venuta a trovarla
Emisi una risatina stridula,
mettendomi una mano dietro alla testa. Zelgadiss
sollevò quasi impercettibilmente il sopracciglio mentre Gourry, ancora ansante, fece per aprire bocca. Mi lanciai
in avanti e gli misi le mani sulle braccia. “Fratello mio!” Sorrisi
e lo guardai fisso negli occhi. Cervello a Gourry!
Cervello a Gourry! Come sempre, lo spadaccino
capì le mie intenzioni. Ci mise un attimo ma capì. Aveva ancora
un’espressione un po’ sconcertata ma… poteva essere quella di
un ragazzo che non si aspetta di vedersi comparire davanti la
sorella minore, giusto? “Sapevo che saresti venuto qui…”
Era la prima volta che gli parlavo direttamente, dall’incidente di Ehltarien. Bè, mentre
attraversavo la foresta ero piuttosto impegnata ad
uscirne intera, capito? Non potevo mettermi a fare anche conversazione! Lo
spadaccino nel frattempo aveva chiuso la bocca e mi stava guardando
intensamente. Ehi! Perché diavolo mi fissava in quella maniera?
Sollevò una mano e me la mise sulla guancia. Eh? “La mia sorellina.” Disse in tono affettuoso e poi si inginocchiò davanti a me, abbracciandomi.
Il mondo si fermò.
Pe… perché stava facendo quella
sceneggiata? Doveva solo reggermi il gioco, non abbracciarmi davanti a tutti!
Divenni rigida di collera, con le guance in fiamme. Non vedevo nulla, né
sentivo altro che il battito furioso del mio cuore. Ti ama. All’improvviso la voce di Eloise
si fece strada nella mia testa. ‘Zitta,
tu!’ ordinai. La vera Eloise difficilmente si
sarebbe tappata la bocca ma questo… era un ricordo e il ricordo si poteva censurare. Sentii la voce di Gourry che diceva ancora a voce alta che ero la sua amata
sorellina e poi avvicinò le labbra al mio orecchio.
“Ti prego,
perdonami.” Era un sussurro.
Mi lasciò andare.
Sentivo il suo sguardo su di
me ma lo evitai deliberatamente. Ci fu un attimo di silenzio e alla fine lo
sentii mentre affermava con voce allegra che era sempre felice di vedere la sua
sorellina. Gli diedi le spalle senza rispondere. Ma… non rispondere ad un fratello così affettuoso poteva sembrare sospetto. E io
non avevo forse mentito per non sembrare sospetta? “Ci vediamo
dopo.” Non riuscii ad evitare un tono freddino.
Non mi voltai più verso di lui. Non lo guardai negli occhi neanche una
volta mentre mi dirigevo verso Marie. Non guardai in faccia nessuno, lasciai
che i capelli mi coprissero gli occhi. Chiusi la porta alle spalle.
“Soddisfatta adesso?” le sibilai, incapace di trattenermi. Lei mi
sorrise, mettendomi una mano sulla spalla. “Mi deve scusare,
signorina… ma
Avrei voluto picchiare Gourry. Avrei voluto ricambiare l’abbraccio.
Avrei
voluto non essere mai stata ad Ehltarien.
Senza neanche accorgermi mi
trovai di fronte una porta enorme, finemente decorata. Era diversa da tutte
quelle che si aprivano sulle stanze dei combattimenti sia come qualità
di legno che come fattura. Evidentemente la porta del
loro campione. Io però me ne volevo andare. A distruggere qualcosa
possibilmente, alla faccia delle guardie. Se volevano i danni che chiedessero
il conto a Gourry Gabriev.
Quell’idiota. Idiota. Idiota. Idiota. Farmi fare quella figura davanti a Zelgadiss… e non dite che recitava come io gli avevo fatto
capire che doveva fare! Che senso aveva abbracciarmi così? Se avesse
voluto chiedermi scusa per qualcosa avrebbe dovuto
farlo in qualche dannato posto PRIVATO. E poi non c’era niente da
scusarsi. Non era successo NIENTE.
E allora perchè sei
stata così dura con lui? Perché non gli hai mai dato la
possibilità di parlare?
Volevo andare in camera a
dormire. Mi sarei castata uno Sleeping, lo avrei
fatto… ero una maga, no? E
l’indomani sarei stata nuova di zecca, avrei…
“Lina-san?
Tutto bene?” Marie mi guardava preoccupata, il tipo di preoccupazione che
si riserva ad una fanciulla che il peggio che
può fare è svenirti davanti agli occhi. Forse si era fatta
quell’idea perché stavo tremando violentemente. Il problema era
che non sarei svenuta. Sarei esplosa. Letteralmente.
Stavo per dirle che tornavo
da dove ero venuta e tanti saluti quando la porta si aprì. Un ragazzo
piuttosto giovane e con le lentiggini ci fece cenno di accomodarci. A quel
punto andarsene avrebbe fatto ‘ragazzina isterica’? E a me cosa
importava?
“Avanti!”
Ecco, adesso ci si metteva
anche il campione. Marie mi sorrise,
il ragazzo mi sorrise, il campione in lontananza
sorrideva. La fiera del sorriso. Lo detestavo!!!
Marie mi toccò
leggermente il gomito. “E’ veramente figo…”
sospirò sognante, poi tornò seria.
“Questa sera non ha
accettato di testare nessuno… ma vuole lo stesso essere
interpellato… e le ragazze le testa praticamente
sempre!” Fantastico. Com’ero fortunata.
In due passi il campione,
scansando agilmente il lentigginoso, fu davanti a me. Si rivolse a Marie,
degnandomi a malapena di uno sguardo. “Prova?” La ragazza
annuì, con le guance rosa, poi mi lanciò un’ultima occhiata
per sincerarsi che stessi bene e si dileguò. Io fui praticamente
costretta ad entrare, incalzata dal ragazzino.
“Con cosa
combatti?” mi disse l’uomo, dandomi la schiena. Davanti a sé
aveva un vasto campionario di armi da taglio in legno.
Sbuffai. “Spada corta.” E che finisse in fretta. Se una serata
inizia male non può che finire peggio…
una frase degna di Zel, vero? Bè,
Zel qualche volta ha ragione. (Non diteglielo.)
Il campione si girò
con la mia arma e per la prima volta mi guardò negli occhi. Sbattè le palpebre e poi mi si avvicinò. Stava
per dire qualcosa quando si bloccò, la spada con l’impugnatura
rivolta verso di me. Mi fissò a lungo senza dire nulla. Girò la
testa verso il ragazzo. “Esci, Fabien e chiudi la porta.” Un tono che non
ammetteva repliche, che mal si abbinava al bel volto aperto dell’uomo.
Aveva i capelli corti e biondi, leggermente mossi e gli occhi azzurri, di un
bel colore, come il cielo terso, appena più scuri di quelli di Gourry. Doveva essere poco più vecchio di me.
Quando Fabien
fu uscito, l’uomo si appoggiò al muro, con ancora la
‘mia’ spada in mano. Mi guardava in silenzio. Mi chiesi se per caso
fosse una qualche forma di meditazione fasulla per fare impressione agli stolti
che venivano a lui, una cosa che contribuisse a creare una certa aura mistica
intorno alla sua figura. Non era altissimo, poteva essere poco più basso
di Zelgadiss ma aveva veramente il fisico da
spadaccino. Su quello non fingeva, dunque. Il silenzio
però iniziava a pesare e non mi sentivo al sicuro. La cosa migliore è
dare retta al proprio istinto, sempre. E il mio mi stava mettendo in guardia.
“La facciamo,
questa prova?” Lo apostrofai in maniera arrogante. L’attacco
è la miglior difesa, ragazze. Lui mi guardò ancora un attimo,
pensoso. Poi si voltò, appoggiò al muro la spada in legno e raggiunse un armadio a muro dal quale estrasse
una spada corta vera. Per la prima volta mi parlò. “Possiamo lasciar
stare il legno, Lina Inverse.” Bingo. Sapeva chi ero, mi aveva riconosciuta. La mia fama mi precedeva ma non erano in molti
a conoscere il mio volto, a conti fatti. Eppure lui aveva pronunciato il mio
nome senza esitare. Lo avevo già incontrato? Quando?Mi era nemico?
Certo, il fatto che mi chiamasse per nome e cognome…
“Chi sei?” tanto
valeva arrivare al punto.
L’uomo strinse le
labbra. “E’ importante?” Mentre parlava
si stava di nuovo avvicinando, con la spada per me stretta nella mano destra.
Lo fissai di rimando. “Visto che questa non mi
sembra più una prova… sì, è importante.”
Prendere tempo. Studiare l’avversario. Anticiparne le mosse. Ero in
pericolo, ormai era chiaro. Eppure, nonostante la mia memoria, non riuscivo a
collocare il personaggio. A meno che fosse qualcuno a
cui avevo fatto qualcosa in modo indiretto. Qualcuno come Radok.
“Mi chiamo Aleksander.” Tutto qui. Mi chiamo Aleksander.
Santo Cielo, questo conosce il mio nome e cognome, di
certo ha fatto delle ricerche su di me e quando gli chiedo come si chiama mi
risponde… Mi chiamo Aleksander???Dei, aiutatemi. La vena sulla fronte
iniziò a pulsare. Era già una brutta serata… Feci un passo
in avanti, gli strappai la spada e la gettai a terra. “Chi sei?”
Ripetei con voce furibonda.
Lui mi squadrò e
sorrise. “Non ti va di combattere?” Estrasse la sua arma dal fodero
e me la puntò contro. “C’è
in palio la tua vita, mocciosa.” Ah, ci risiamo… sempre i soliti clichè…
Poi, veloce come un fulmine
si gettò su di me. Reagii di istinto…
FIREBALL! E… una specie di corrente calda, buona forse per asciugare i
panni, eruppe dai miei guanti. La lama della spada attraversò i miei
capelli, tranciandone qualcuno (i miei capelli! I miei
capelli dannazione!!!) e Aleksander
finì con la bocca a due millimetri dalla mia guancia. “Ti ho mancata apposta dolcezza… questo è un
avvertimento. La prossima volta ti affetto.”
Si tirò indietro di
scatto e mi sorrise. Quando sorrideva era bello in
modo disarmante e non sembrava neanche pazzo. Perché era pazzo, vero?
No, dico. Ero disarmata!
Ma soprattutto… Rune Breaker?
“Sei
sorpresa di non poter usare la magia? Lascia che ti
spieghi…” Sì, vabbè, questo
tizio che spiega a me la magia?
Scherziamo? “Rune Breaker.” Tagliai
corto. Aleksander fece una faccia sorpresa. Sarebbe
stata comica se non fossi stata sulla strada per un’arrabbiatura epocale.
“Ascolta,
amico,” sputacchiai nella sua direzione, “So benissimo che
tipo di incantesimo impedisce ai fruitori di usare la magia… non hai
forse detto che sai chi sono? Allora non ti dovrebbe essere difficile
immaginare che non hai molto da insegnarmi. Adesso che siamo arrivati a questo,
te lo ripeto. COSA vuoi da me?”
Aleksander raccolse col piede la spada corta e me la
lanciò. La afferrai mio malgrado. “Voglio
combattere con te… senza magia. Solo spade.” D’accordo…Scossi la testa.
“Per-chè?!”
E dai, dimmelo… cosa ti ho fatto? Con la voglia che la gente ha di
parlare come mai questo qui ci mette tanto a spiegarmi perché mai ce l’ha con me? Che noia… Aleksander
mi si avvicinò poi si mise una mano in tasca ed estrasse un foglietto
stropicciato. Lo scosse un po’ e poi me lo girò.
“Tu sei Lina
Inverse.” (questo lo avevamo già chiarito, mi
pare.)
Era una
vecchio foglio con la taglia sulla testa emessa per me, Gourry
e Zelgadiss.Ma allora…
“Tu sei lo spione alla
taverna!” urlai.
Aleksander arricciò il naso. “Non so di cosa
parli.”
Lo sapeva eccome! Doveva
essere lui che mi osservava… lui… o il suo ragazzetto lentigginoso!
Ma se questione era tutta qui…
Mi sforzai di assumere un
cipiglio meno furioso e più ‘rassicurante’.
“Quel mandato è scaduto da un sacco di tempo!” Incidente
concluso? Posso andarmene? Lo sguardo del mio avversario non sembrava convinto.
Strinse gli occhi e alzò le spalle. “IO non credo proprio!”
Ecco… che bello… Il fatto è che non capivo. Se pensava che
fossi una ricercata perché non mi consegnava alle guardie?
“Per
curiosità… sei tu che hai sterminato i banditi?”
“Già.” Già. Appunto.
Quindi non mi avrebbe consegnata alle guardie. Mi
aveva sfidata… voleva… uccidermi? Senza
neanche il beneficio del dubbio?
“Allora…combattiamo?”
Con la mano mi faceva cenno
di avvicinarmi ma io non ci tenevo particolarmente. Prima di iniziare ad
allenarmi con Gourry pensavo di essere una spadaccina
sopra alla media… dopo aver iniziato a confrontarmi con lui, questa
sicurezza era scesa drammaticamente. E purtroppo continuavo a schivare a
sinistra. Per quanto mi impegnassi, in quei frangenti
il mio corpo reagiva automaticamente rendendomi prevedibile. E quindi
vulnerabile.
Ora, non che ci volesse molto
a estinguere i banditi, a me modestamente bastava schioccare le dita
però se quello spadaccino c’era riuscito da solo, senza
l’uso della magia, doveva essere decisamente
bravo. E io (dura ammetterlo, il mio orgoglio ne stava
soffrendo) non ero così brava.
Lanciai un’occhiata
alla porta che Aleksander intercettò al volo.
“E’ una porta
speciale. Si chiude con un meccanismo che la blocca come con un ‘Lock’ ma senza magia
e senza chiave.”
Mi pareva giusto.
Che opzioni
avevo? Niente magia, chiusa in una stanza con una porta
dall’aspetto molto, molto solido con uno spadaccino provetto.
…la finestra…
c’era la finestra! Potevo saltare dalla
finestra! Mi sarei probabilmente rotta una gamba ma piuttosto che farmi
ammazzare… E’ vero che fuggire non è onorevole ma
sinceramente, il mio onore poteva subire l’affronto, la mia vita no.
Avrei combattuto…
facendo in modo da riuscire ad avere la finestra alle spalle… e al
momento buono mi ci sarei gettata contro.
Aleksander mi aspettava pazientemente. “Hai deciso?”
Bè, non mi lasciava poi molto da decidere, no?
Impugnai la spada e mi feci
avanti. Chissà, magari Gourry e Zelgadiss sarebbero venuti a cercarmi e mi sarei
risparmiata il volo dalla finestra. Certo Lina, come no... Adesso basta
rimuginare, dovevo stare attenta, cercare di non farmi
colpire e mettere in atto il mio piano il più velocemente possibile.
Aleksander caricò prontamente e la sua lama
incrociò con violenza la mia. Il dolore mi colpì il braccio con
forza e si arrampicò fino alla spalla. Riuscii a parare ma lui spingeva
con la lama. Improvvisamente mi sembrò di non combattere da secoli.
Decisi di eludere e saltai indietro, facendo in modo di allontanarmi. Delle
lacrime involontarie mi si erano formate agli angoli
degli occhi. L’uomo mi guardava condiscendente.
“Non ti preoccupare,
non ci vorrà molto.”
In effetti se non avessi pensato alla finestra, non ci avrebbe
messo molto. Era forte, non potevo effettivamente sapere se combatteva bene ma era forte davvero.
Caricò ancora e riuscii a tenergli testa, per un po’. O forse
è meglio dire che più che altro cercai di evitarlo e schivai. A
sinistra. Sempre. A quel punto sapevo di essere fregata. Aveva notato il mio
errore e la prossima volta che avessi schivato mi avrebbe colpita
al fianco. In più, a furia di indietreggiare ero più vicina alla
porta che alla finestra.
“Lina!” una serie
di colpi sulla porta mi fece sobbalzare. Non lasciai lo sguardo di Aleksander ma mi sentii sollevata. Gourry.
Gourry e Zelgadiss dovevano
avermi cercata… dovevano aver capito che
qualcosa che non andava. “Lina!!!” Mi
chiamavano entrambi. Senza voltarmi, anche se istintivamente lo avrei fatto,
risposi. Era seccante fare la figura della damigella indifesa… ma avevo
cara la pellaccia e in un combattimento del genere non ne sarei uscita tanto
bene. Sentii la porta tremare per la violenza dei colpi che le venivano inferti. Udii la voce di Marie che tentava di
rassicurarli e Zelgadiss che le gridava contro. I
tonfi continuavano ma la porta non cedeva.
Gourry e Zel erano robusti ma non
avevano buone spade. Gourry aveva ancora una semplice
spada, potenziata con dei talismani però soprattutto come
protezione… Zelgadiss non aveva ancora trovato
il modo di riparare la sua… quindi niente Astral
Vine…
“Allora…” Aleksander mi sorrise. “E’ arrivata la
cavalleria?”
Mi si gettò contro e io rotolai a terra. Finalmente davo la schiena alla finestra.
Dovevo indietreggiare, indietreggiare il più
possibile. E poi gettarmi con forza contro al vetro.
Possibile che non ci avesse pensato anche lui? E’ vero, eravamo al terzo
piano e non era saggio quello che pensavo di fare… ma non avevo alternative valide e questo pazzo mi avrebbe passato
volentieri a fil di lama.
Parai. Parai. Il mio polso
urlava di dolore. Abbassai la testa. Indietreggiai. Mi gettai di lato. Parai.
Indietreggiai.
Per mia fortuna, per sua
sfortuna, scivolò leggermente sul pavimento. Questo lo sbilanciò
per l’attimo che mi era necessario per voltargli le spalle e scaraventami
contro la finestra. Alzai il braccio, a cui avevo
avvolto un lembo del mantello per proteggermi il viso e spiccai un balzo.
Il pugnale mi colpì
alla coscia mentre stavo ancora saltando, conficcandosi in profondità.
Poi attraversai il vetro.
Il dolore alla gamba era
orrendo ma ebbi la prontezza di provare a castare il Levitation. Nelle orecchie sentivo il fragore
dell’aria e mi sembrava di cadere al rallentatore. Forse la
lucidità stava per venire meno… ma non potevo, non dovevo svenire o mi sarei fatta
molto male. Decisamente troppo male.
Maledizione, il pugnale non
ci voleva!
“Levitation!”
Quando mancava poco al mio
rovinoso atterraggio, l’incantesimo funzionò, attutendo un poco l’impatto.
Le gambe non mi ressero a lungo e finii in ginocchio. Fissai stupidamente la
finestra divelta e mi parve che i vetri scintillassero come stelle dorate. Non
sentivo niente. Tutto era ovattato e non ne capivo il perché. Dopotutto
non c’era stata un’esplosione, no? Non provavo neanche dolore. Abbassai
la testa e vidi la gamba infortunata che sanguinava ininterrottamente. La
ferita si era allargata, forse quando ero crollata in ginocchio. Ci misi il
guanto sopra e lo rialzai verso il mio viso. Era zuppo, come zuppo
era il calzone e parte del terreno sul quale ero appoggiata. Lina…
sveglia! Pensa, Lina! Devi fermare
l’emorragia… o almeno rallentarla! Ma Lina
doveva essere da qualche altra parte, fuori combattimento.
Osservai con distacco il
sangue rosso vivo che usciva a fiotti copiosi dalla ferita.
Faceva freddo. Ferma il sangue! Dovevo usare un Recovery… dovevo…
perché mai il mondo roteava?
Aprii gli occhi , che non mi ricordavo proprio di avere chiuso, ed ero tra
le braccia di Gourry.
“Forza Lina, forza resisti!” Mi accarezzava i capelli. Sembrava
disperato. Alzai lievemente la testa, che pesava un quintale e vidi Zelgadiss vicino alla mia gamba, leggermente sollevata, che
faceva pressione con le mani sulla ferita. Aveva la fronte imperlata di sudore.
Brutto segno.
Brutta ferita. Brutta caduta.
Mi veniva da ridere. Buffo no? Ora il dolore lo sentivo ed era ovunque.
“Lina?” Gourry doveva aver visto che ero vigile. “Lina, ti
prego!” Volevo sorridergli e rassicurarlo. Non era nulla di grave davvero
ma tutto quello che riuscii a produrre fu una smorfia. Non doveva essere stata
rassicurante perché vidi i suoi occhi riempirsi
di lacrime. Eh, come la faceva tragica! Sarei stata presto nuova di zec…
Oh, merda. Quando riaprii gli
occhi capii che dovevo essere svenuta un’altra
volta. E per poco tempo perché ero ancora tra
le braccia di Gourry e Zel
era ancora sulla mia gamba. Spingeva sul taglio e stava usando un Recovery ma forse non era abbastanza perché lo
sentii gridare dove fosse il guaritore. Questa non era una cosa buona. Affatto.
Avevo un freddo terribile mi sentivo congelare.
Ma poteva una che aveva
sconfitto alcuni potenti Signori del Demoni finire così???
Gourry mi avvicinò il viso al suo. “Resisti
Lina, ti prego resisti…” Mi accorsi solo
allora che mi stava stringendo anche una mano. Sensibilità addio, eh?
Feci un mezzo sbuffo che voleva essere una risata. Certo che resisto caro il mio Gourry…
altrimenti come faccio a punirti per avermi messa in imbarazzo davanti a Zelgadiss? Improvvisamente mi venne un groppo alla
gola. Tentai di stringermi a Gourry, come un naufrago
che non vuole affogare. Certo che
resisto, Gourry… perché altrimenti come faccio a prendere a calci nel sedere quel
maledetto campione? Mi sentivo affondare. Certo che resisto… Emisi un singhiozzo.
Se solo respirare non fosse
stato così orrendamente difficile…
Non ho detto che mi sentivo
affondare? A dire il vero mi sentivo sollevare… Socchiusi gli occhi (ero
‘andata via’ di nuovo?) ed ero ancora tra le braccia di Gourry ma lui era in piedi e stava correndo. Sentivo il suo
respiro affannoso e vedevo che era imbrattato di sangue. Indovinate di chi era?
Già, c’erano grosse probabilità che fosse
il mio. Ah, i suoi abiti non sarebbero mai venuti puliti.
…chissà perché
pensavo a quelle scemenze.
La voce di Zel gridava e mi pareva di sentire, a tratti, anche quella
di Marie. Ma non potevo dirlo con certezza. Tutto era
avvolto da una cappa grigia, nella quale penetrava qualcosa del mondo che mi
circondava. Immagino che a quel punto persi ancora il contatto con la
realtà.
Quando mi ripresi
stavamo ancora correndo. Anzi, stavano. Mi sentivo più cosciente, nel
senso che pensavo con meno fatica, eppure più inconsistente. La mia
mente era più ‘sveglia’ ma il mio corpo era di nuovo inerte.
Ero debole ma lucida. Tremavo con violenza e respiravo in modo convulso. Era
strano. Sembrava di galleggiare. Sembrava di affogare. Stavo morendo? Le volte
che ero stata così ‘vicina’ era
stato così? Non riuscivo a ricordarlo.
“Gourry…”
Era come se qualcuno mi avesse raschiato la gola. Avevo un terribile sapore
rugginoso in bocca e immagino che dovessi avere un alito spaventoso.
Chissà come mai continuavo a pensare idiozie. “Gourry…”
Riprovai con tono di voce più alto. Lo spadaccino mi guardò e
quasi smise di correre. “Lina… Lina stiamo
arrivando, manca poco… manca poco!” Oh, Gourry…
Svoltò bruscamente a
destra e riconobbi la locanda dove alloggiavamo. Zel ci precedette sulle scale. Sentivo i suoi passi
rimbombare. Dietro di noi udii la voce di Kira. Mi
volevano portare da Amelia… ma Amelia non era capace di castare un Resurrection…
Riaprii stancamente gli occhi quando mi resi conto che mi stavano
appoggiando sul letto. Gourry era al mio fianco e
continuava a stringermi la mano. Me la stritolava. O forse non me la stava
stritolando, forse ero io che avvertivo di nuovo il dolore e sentivo male
perché ero debole.
Girai gli occhi in tempo per
vedere una disorientata Amelia in pigiama che mi correva incontro.
E poi…
Buio.
* * *
* *
Tornai al mondo piano,
riemergendo da acque profonde. Ero confusa. E arrabbiata. Ero
l’irritazione fatta persona e non capivo neanche il perché. Che
diavolo era succ… Ehi! Spalancai gli occhi.
Dove diavolo ero? Mi misi seduta su un letto modesto
ma profumato e mi guardai intorno. Ero da sola. Mentre buttavo le gambe
giù dal letto iniziai ad avere il sentore che
qualcosa non fosse… ‘giusto’. Innanzitutto le gambe mi
facevano male. Me le guardai senza notare niente di strano poi mi alzai. O
meglio, cercai. Perché quelle traditrici cedettero immediatamente, non
prima di avermi fatto provare una fitta di dolore mozzafiato. Cercai di
afferrare qualcosa per non cadere e la prima cosa fu la piantana con il lavabo
e la brocca. Non esattamente la cosa più stabile sulla faccia della
terra. Crollò tutto di schianto, me compresa.
Il dolore fu insostenibile e
lanciai un urlo.
La gamba! Improvvisamente
ricordai…
Il pugnale.
Prima che potessi anche solo iniziare
ad imprecare per essermi fatta malissimo nella caduta,
la porta si spalancò e Gourry, seguito a ruota
da Amelia, si fiondarono nella ‘mia’ camera.
“Lina-san!”
Strillò Amelia, mettendosi in ginocchio vicino a me. Tirò su con
il naso in modo veramente poco principesco e mi gettò le braccia al
collo. Dovevamo essere uno spettacolo, io con la camicia da notte sollevata
fino alle cosce e Amelia con i pantaloni zuppi dell’acqua della brocca
ma… Ehi! Ero viva! Ricambiai la stretta. Doveva essere stata lei a
guarirmi. O comunque doveva aver contribuito.
Alzai la testa e Gourry era lì, con le mani sulla
ginocchia, che mi guardava sorridendo leggermente piegato in avanti. Tra le
lacrime. Ah, il mio salvataggio doveva essere stato davvero degno di una scena
madre! Peccato esserselo perso! Alzai le dita nel segno della vittoria che
tanto era caro alla principessa.
“Vedo che qualcuno sta
meglio.” Zelgadiss. “Non dovresti
però stare sul pavimento… ne cercare di camminare, per un
po’.” Hei, ciao! Rimpatriata! Sorrisi in
modo stupido anche a lui. Non c’era come rischiare la vita e svegliarsi
tutti interi quando non si sarebbe scommesso neanche
una monetina su sé stessi per farti ghignare come un cretino
ininterrottamente. Lo sciamano mi regalò uno dei suoi rari sorrisi.
“Sono felice che tu stia bene.”
Amelia sollevò la
testa dall’incavo della mia spalla, dove l’aveva appoggiata. Si
girò verso Gourry e Zelgadiss
e, asciugandosi gli occhi, si mise in piedi. “Zelgadiss-san…
penso sia il caso di andare…” Ehi! Mi lasciava a mollo
nell’acqua? E… cos’era quel tono… malizioso??? Zel fece un passo indietro,
lasciò che Amelia uscisse e poi chiuse la porta silenziosamente alle sue
spalle.
Gourry mi si avvicinò piano. Io lo guardai dalla mia
posizione accosciata. Sembrava… timoroso.
“Come stai… Lina?” Gli feci un ghigno. “A mollo!”
A quel punto anche lui sembrò sbloccarsi e sorridendo si mise alla mia
altezza. Mi passò un braccio sotto la spalla e mi alzò di peso.
Sapeva quanto mi seccava essere sollevata ‘modello
sposa’ ed aveva evitato. Però era chiaro ad
entrambi che non sarei riuscita a rimanere in piedi da sola. Non al momento,
non ancora.
Mi fece sedere lentamente sul
letto e mentre mi sistemava i cuscini dietro alla schiena, cercai di tirare
giù quella stupida camicia da notte, che era estremamente
corta… ma perché diavolo mi avevano cacciat…
chi cavolo me l’aveva messa addosso??? Stavo iniziando ad agitarmi quando
Gourry mi si parò davanti e mi
abbracciò. Rimasi con le braccia lungo i fianchi. Sorpresa.
O forse no.
Mi tenne stretta a lungo, in
silenzio e io… ricambiai. La verità era
che volevo ricambiarlo, volevo stare nel calore della
sua stretta. La verità è che non ero più confusa. Quello
era Gourry e questa ero io. Compagni di viaggio,
amici… tutto questo e molto altro ancora.
Io avevo dato
la vita, per lui e lui mi aveva seguita nel mare del Caos per riportarmi
indietro.
Meliloon aveva ragione, quello che mi aveva fatto mi aveva colpita, anche se non avevo voluto ammetterlo. Ed ero stata
furiosa con Gourry… ma in realtà ero
furiosa con me stessa. Perché io volevo che Gourry
stesse al mio fianco, perché non volevo perderlo, non volevo
perderlo mai più.
Lui… mi amava.
E se anche non sapevo bene
come gestire tutti i sentimenti che si riversavano nel mio petto, una cosa mi
era chiara. Io lo ricambiavo. Dovevo
delle scuse a Gourry. Ero io a dovermi scusare… dovevo partire
da quello e poi… poi chissà.
Ma per ora stavo così bene, mi sentivo
così a casa tra le sue
braccia.