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Autore: FreienFall    28/11/2010    1 recensioni
Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi pur mi restava, e nell'incerto raggio del sol vederla io mi credeva ancora.
(Il Sogno, Giacomo Leopardi)
Così, per la tua immagine o per il mio amore,
anche se lontano sei sempre in me presente;
perchè non puoi andare oltre i miei pensieri
e secmpre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi".
(Sonetto 47, William Shakespeare)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Continuammo a vederci in questo modo, per tutto giugno seguii le date del tour, trascurando scuola e amici, cercavo di trascorrere più tempo possibile con lui, tornavo a casa soltanto per prendere vestiti puliti e oggetti di prima necessità femminile, i miei avevano capito che c’era qualcosa che non andava, d’altronde sparivo per giorni e giorni, era chiaro che ormai per me la scuola fosse un optional ma non mi domandavano nulla, anche perché ci parlavamo raramente anche quando ero a Berlino. Il problema erano i soldi che avevano cominciato a scarseggiare già dopo la prima settimana, poiché, nonostante Tom si ostinasse a volermi pagare tutto, io mi sentivo in soggezione e preferivo pagarmi le mie spese da sola, soprattutto perché già ero un elemento di distrazione, in più riguardo ai voli Tom era stato irremovibile sul fatto di pagare lui, mi sentivo follemente in debito; iniziai a chiedere soldi ai miei genitori, ormai lavorare a Berlino o in qualunque altra città era impossibile, dato che non ci fermavamo più di due giorni nella stessa città, era l’unica possibilità per sopravvivere senza essere totalmente mantenuta da Tom. I miei non subito capirono quanto quella relazione fosse importante per me, quanto lo fosse Tom, o quanto lo fosse stare con lui sempre, solo dopo lunghe liti furibonde riuscii a convincerli. Non avevamo problemi di soldi e perciò mantenermi non sarebbe stato assolutamente un disagio, il punto di scontro maggiore fu la scuola, dato che non volevano che perdessi l’anno mi misero alle calcagna un insegnante privato, Mark, un ragazzo giovane che mi faceva il programma del restante anno scolastico e mi metteva anche alla prova con delle verifiche. Inizialmente la cosa mi diede un fastidio in quantificabile, perché non solo mi toglieva tempo da poter dedicare solo a Tom, mi costringeva a studiare! A Tom l’idea che avessi un insegnante privato non era dispiaciuta affatto, mi aveva ammorbato con tutte le motivazioni per le quali non avrei dovuto lasciare la scuola sin dall’inizio, ma quando incontrò Mark per la prima volta, notai i pugni stretti alla fine delle braccia distese lungo il profilo del corpo e il modo eloquente con il quale strinse i denti e deglutì. Alla fine mi trovavo bene con Mark, era molto preparato ed era giovane e comprensivo; capiva quando non era giornata, quando avevo bisogno di un giorno libero o quando ero troppo distratta per seguirlo e mi lasciava i miei tempi e i miei spazi.

La mia vita era uno splendore: le mattine le passavo a studiare, i pomeriggi quando Tom doveva fare i sound-check e le prove andavo con lui e seduta per terra lo guardavo, lo guardavo e basta, ogni momento sentivo di amarlo più di quello precedente, amavo ogni singolo gesto, il modo in cui, seduto su uno sgabello, si tirava su i pantaloni prendendo la stoffa dalle ginocchia, il modo in cui si accendeva le sigarette, il modo in cui le sue mani scivolavano sulla chitarra creando una melodia perfetta, le espressioni del suo viso. Ogni cosa di lui sentivo di amarla come niente altro al mondo. Le sere erano imprevedibili, una sera si lavorava fino a tardi e si mangiava un panino, una sera si andava a cena fuori, una sera mi portava in posti meravigliosi. La mia vita era con lui, la mia vita era lui, tutto ciò che avevo girava attorno a lui, tutto ciò che ero girava intorno a lui, lui era il centro del mio universo. Ero riuscita a trovare la persona che facesse per me, la persona che riuscisse pienamente a capirmi, ad aiutarmi quando ne avevo bisogno, a farmi sentire bene con un solo sorriso, la persona che con una sola parola, o con uno sguardo era capace di fare un discorso intero. Sapevo che anche lui mi amava, lo sentivo, riuscivo a percepirlo, dal suo sguardo soprattutto, dai suoi occhi, quello che provavamo era palpabile nell’aria. Il tour finì a metà luglio e finalmente potemmo goderci il nostro tempo insieme. Finalmente anche i miei furono d’accordo sul fatto che non avessi più bisogno di Mark dato che la scuola era finita e fossi uscita con una buona media e furono d’accordo, anche se con riluttanza, che andassi a vivere da Tom e con lui passassi le vacanze. Fu un mese e mezzo meraviglioso, partimmo per l’America, io, Tom e tutti i componenti della band, visitammo posti meravigliosi e il nostro amore non fece che crescere. A Tom non importava se ci avessero fotografato insieme, ma Bill ed io giungemmo alla conclusione che per il bene di quella vacanza sarebbe stato meglio se avessimo tenuto le nostre passionali effusioni per quando fossimo soli. Poi tornammo a Berlino e vivemmo insieme. La convivenza vera e propria fu particolare ma lo stesso bellissima: entrambi scoprimmo lati dei rispettivi caratteri che non conoscevamo fino in fondo, ad esempio spesso mi scontrai con il suo egocentrismo, con il suo amore per la precisione, il suo non accettare mai critiche o suggerimenti, o il fatto di essere realista sempre, i suoi nervosismi a prima vista immotivati e una lista infinita, ma ogni cosa di lui per quanto mi facesse incazzare sapevo di amarla.

Mi portò anche a conoscere sua madre e Gordon, quel giorno rimarrà per sempre impresso nella mia mente: -Buongiorno amore!- disse stampandomi un bacio sulla bocca, ricordo il suo viso sorridente, quel mattino giocammo a farci il solletico e a chi riuscisse a mettere a terra l’altro, ricordo le risate, le carezze e i baci, tutti, da quello più breve a quello più lungo e passionale scambiato su quel letto. E non scorderò mai l’espressione d’imbarazzo che era dipinta sul suo viso e il modo frettoloso e imbarazzato con cui disse che mi avrebbe fatto conoscere Simonee Gordon. Loro sono bravissime persone, furono davvero molto gentili con me, rimasero solo un po’ perplessi riguardo all’età, visto che non ero maggiorenne e che andavo ancora a scuola. Tom su questo era stato parecchio vago! Ma per il resto mi accolsero ben volentieri in casa loro. Tom non aveva mai presentato una ragazza ai suoi, le uniche ragazze entrate in quella casa erano scomparse come erano apparse. Simone mi disse che non avevano mai visto due volte la stessa ragazza uscire da casa loro. Fu veramente divertente, soprattutto quando Tom si mise a esaltare le sue doti e la sua esperienza in fatto di ragazze. L’espressione di Gordon era a metà fra lo sconvolto e il traumatizzato, almeno quanto la mia. Ma poi divenne impossibile non ridere davanti a quelle celebrazione del dio Tom.

A settembre fummo di nuovo sommersi dagli impegni e ricominciammo a girare una città dopo l’altra. L’idea non mi dispiaceva, con lui stavo scoprendo il mondo, visitavo città che quando vivevo a Berlino non avevo potuto fare altro che sognare. A metà settembre i miei mi appiopparono nuovamente Mark e questo mi svegliò dal sogno estivo che avevo vissuto con Tom.

I mesi passarono tra viaggi, programmi tv e radio, tra folli discussioni e amore incontaminato.

Tutto iniziò a traballare quando ebbi un ritardo, inizialmente sotterrai la paura folle di aspettare un bambino e attesi qualche altro giorno; non cambiava niente, le mestruazioni non mi venivano e io iniziavo sul serio a pensare di essere incinta. Feci un test di gravidanza, poi due, poi tre, tutti positivi, non sapevo cosa dovessi fare, non avevo mai pensato che mi potesse accadere. Il terrore si era impossessato della mia mente e frenava ogni azione, ogni pensiero e Tom se ne accorse. Vacillavo al pensiero di poterlo perdere, non c’era nient’altro oltre che averlo mio che m’interessasse, nulla che amassi lontanamente quanto lui e sapevo che se fosse stato davvero come credevo, non avrei potuto chiedergli di starmi accanto, era normale che un uomo a vent’anni scappasse di fronte alla prospettiva di avere un figlio e io dal mio canto sarei stata capace di distruggere il sogno che portava avanti da quando aveva sette anni solo per me? No, non c’era assolutamente una soluzione, l’avrei perso.

Una sera dopo tutta la giornata di prove, Tom d’un tratto si fermò, con passo nervoso arrivò da me, mi prese per un braccio e mi portò di fuori. In tutto il tragitto non rispose a nessuna delle mie domande, tirava dritto sempre più nervoso. –Chiara, mi spieghi cos’hai per piacere? Io non ne posso più di vederti così, lo so c’è qualcosa che non va- iniziò. Rimasi in silenzio abbassando lo sguardo, era ovvio che avrebbe dovuto saperlo –Oh! Sto parlando con te! Dimmi perché sei così strana, avanti, perché?-Si hai ragione ma… non so…- cadde il silenzio, Tom si accese una sigaretta e iniziò a fumarla concitatamente. Sbottò- mi spieghi come cazzo faccio io…-si fermò- non puoi farmi questo, io sto impazzendo, non mi interessa come, non cercale le parole giuste dimmelo e basta! Non è concepibile! Mi hai preso per uno stupido? Pensi sul serio che non mi sia accorto di niente? Dimmi un po’ ti sembro stupido? Cazzo Chiara ti conosco, è quasi un anno che ti conosco! Non capisco, proprio non capisco! Dimmi cosa c’è che non va!– Ormai urlava e gesticolava furioso -Okok, calmati però- lo abbracciai e gli diedi un leggero bacio sulle labbra. Non avevo idea di come dirglielo, nonostante ci avessi pensato tanto. Cazzo ero incinta! Mi sentii svenire e nascosi il viso nel suo petto. Inspirai profondamente il suo odore nella felpa e dissi -Ho un ritardo…Quasi sicuramente sono incinta- dirlo ad alta voce, a qualcun altro che non fossi io, mi fece sentire ancora peggio.
Sentii il leggero impatto della sigaretta con il terreno, alzai gli occhi verso di lui, vidi il panico sul suo viso e mi sentii già sola.

Tentai di slacciare l’abbraccio, volevo correre via, non c’era bisogno che me lo dicesse avevo capito, ma Tom mi strinse ancora di più a sé e mi baciò sulla testa. Prese il mio viso tra le mani, avevo gli occhi lucidi e una lacrima stava per scendere lungo il mio viso. Tom l’asciugò non appena raggiunse il rossore della guancia, si avvicinò, sfiorò il suo naso con il mio e sussurrò –Hey, non piangere, non ti lascerò da sola, ci sono io con te, -si allontanò un poco e posò lo sguardo dentro i miei occhi colmi di lacrime -Guardami sono qui davanti a te, lo affronteremo insieme, sono con te hai capito?- continuavo a piangere nonostante cercassi di trattenere ancora tutta quella paura folle che avevo costretto dentro di me fino a quel momento, ma invano. Lo guardai negli occhi e trovai una tranquillità che non avrei mai pensato, mi trasmise sicurezza e nei suoi occhi trovai una forza che ero sicura di non avere.

Mi strinsi forte a lui e farfugliai un grazie –Ti amo- rispose, -Ti amo anch’io-riuscii a dire tra i singhiozzi.
   
 
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