Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: livingfiamme    04/12/2010    3 recensioni
Helena è una ragazza.
Helena ha un segreto, un segreto terribile. Helena è una ballerina. O forse no?
Helena un giorno incontra un angelo.
Un angelo di nome Michael.
Un incontro premeditato.
Un incontro che amerà. O forse no?
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Forse quel giorno ero semplicemente fuori di testa. O forse Dio aveva deciso di mettersi in mezzo. Fatto sta che ora sono qui, aspettando di morire, e sto facendo soffrire un uomo che non merita tutto questo.
Lo sento, me ne sto andando... Ma prima ancora una cosa.
-Michael, ricorda, l'amore vive per sempre.
L'ultima immagine che vedo è il suo sorriso bagnato di lacrime.

Un incontro casuale... finchè ci credi.

1 Gennaio 1988

Io, Helena Salvatore, sono la ballerina più brava del mio corso. Frequento l'accademia di danza americana per giovani talenti, o almeno così c'è scritto sull'insegna. Io non mi sento un talento, ma sono giovane. Ho solo venticinque anni in fin dei conti.Ho costruito la mia vita, il mio corpo e la mia voce a modello di Michael Jackson, il mio mito da quando avevo tre anni o giù di lì. Forse anche prima, ma non me ne ricordo e non posso esserne sicura.A lezione con me oggi ci sono quelle due bambole tutte botulino, Celine e Jane. Non le sopporto, è più forte di me. Sono sempre stata un tipo molto pacifico, ma queste due riescono a farmi saltare i nervi come nessuno. Quel che mi manda in bestia più di tutto è il fatto che facciano di tutto per mettersi davanti e cercare di farsi seguire, ma puntualmente sbagliano.Io sono una ragazza piuttosto anonima, o almeno lo ero prima di arrivare in America. Qui i miei capelli ricci e neri, simbolo della Romania, fanno a pugni con il lisciume piatto e castano della maggior parte della popolazione. Gli occhi neri si notano anche a grande distanza, in mezzo al chiaro cielo e al color corteccia intensa tipici degli Americani.Esco dalla sala, esausta. Finalmente, ora che mi sono rimessa in pari con le coreografie posso tornare a casa senza quella vocina che continuamente mi ricorda che dovrei studiare.Abito in una casetta al centro di Miami, dove il sole picchia anche alle quattro del pomeriggio e dove l'aria afosa impedisce di respirare. L'atmosfera caotica della città impedisce di pensare, ed è proprio questo che mi piace. Non voglio pensare al mio passato, ai Carpazi, al male che si annida nel mio corpo e lo divora. Voglio pensare al sole, all'aria, alla mia vita, alla danza.
Svolto in Ocean Drive e finalmente sono davanti al portone della villetta in cui abito insieme alla mia migliore amica, Chynthia. La vedo sbracciarsi nella notte calda nel giardino, e non posso fare a meno di sorridere. Sono cose come queste a migliorarti la vita.
-Ce l'hai fatta a rientrare finalmente! Corri, che la cena si fredda.
Così vengo letteralmente trascinata in casa e costretta a ingurgitare più cose di quante normalmente uno stomaco possa contenere.
-Chynthia, ma sei scema a farmi mangiare tutte queste cose?! Domani nel caso te ne fossi dimenticata devo andare in ospedale!
-Ma che ti importa, mica influisce quanto hai mangiato la sera prima!
-Mi verrà da vomitare, già lo so.
-Dopo un mese ancora non ce la fai ad abituarti?
-No. E poi non è facile.
-Lo so, Helena. Ti aspetterò fuori.
-Non è necessario.
-Voglio farlo. Voglio esserci.
-Ma io non voglio che tu ci sia!
Si rabbuia. Beh, non mi sento in colpa. E' da quando tutta questa storia è iniziata che non faccio altro che ripeterle che le cose le devo affrontare da sola perchè tanto nessuno può aiutarmi.

2 Gennaio 1988

Ma quanto può mettere tristezza un ospedale? Neanche gli infermieri lo sanno. Entro nella stanza. Quattro medici iniziano a visitarmi. Io precipito nella mia trance fantastica dove tutto è perfetto e gioioso. Non so quanto tempo passa, non so come sto, non so neanche dove sono. Quel che sento sono solo due parole che incidono carne, cuore e cervello rischiando di farmi svenire.
-E' inutile.
Bene. Perfetto, addio sogni di gloria, come si suol dire.
-Solo un anno.
Solo un anno. Ma sarà un anno così fantastico, che passerà in fretta, e quando me ne andrò, sarà per poco.
O almeno così voglio credere.
Perchè lo shock è talmente grande da togliermi il fiato.
Percepisco a stento il tocco di qualcuno, un tocco caldo e amichevole.
-Stai bene?
Una voce dolce, calda e morbida.
-No, non sto bene.
Non mi rendo conto di chi sta parlando, nè che gli ho risposto male, finchè non alzo lo sguardo.
Santo Dio musica.
Michael Jackson.
Non riprendo fiato, non parlo, non svengo, non lo guardo. Continuo a fissare il pavimento con sguardo vacuo, mentre due frasi si rincorrono nel mio cervello a velocità ultrasonica, scontrandosi.
''Sono davanti a Michael Jackson'' e ''Solo un anno''.
Una parte del mio cervello è impegnata a farmi capire che sto facendo una figuraccia, l'altra è paralizzata.
Voci cominciano a sussurrare, ma non ci faccio caso.
Alzo la testa.
-Sei un'illusione?
Quell'angelo abbassa lo sguardo. Sulle prime mi chiedo perché lo abbia fatto, poi realizzo che sono caduta a terra. Le mie ginocchia sanguinano.
Lui mi offre la mano. La prendo, è una stretta forte e paterna.
Ride.
Quel suono cristallino, così puro e perfetto, ricorda le campane di cristallo e una ballerina che danza leggera, dimentica dei problemi del mondo.
-No, non sono un'illusione. O almeno credo. Comunque piacere, io sono Michael Jackson.

   
 
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