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Autore: Akane    07/12/2010    1 recensioni
"Ci sono diversi tipi di sentimenti che legano due persone e se devo associare un elemento a te, associo il fuoco ma non perché tu bruci te stesso, bensì perché bruci me."
Mike e Chester come vedono il loro rapporto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hybrid Theory'
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TITOLO: Fusioni
AUTORE: Akane
SERIE: RPF - cantanti
TIPO: one shot, slash
GENERE: sentimentale
RATING: verde
PAIRING: ChesterXMike dei Linkin Park
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi visto che esistono davvero. Naturalmente è tutto frutto della mia fantasia, ma non faccio male a nessuno!
NOTE: ho voluto provare ad interpretare a modo mio il loro rapporto. Qua in realtà nessuno sta con nessuno ma ci sono dei chiari sentimenti di mezzo…
Certe cose si riferiscono a notizie vere (come che la prima prova l‘hanno fatta per telefono), altre invece sono totalmente inventate.
Naturalmente anche qua ci vuole un bel seguito che approfondisca.
È tutto introspettivo e si alternano Mike in corsivo fra virgoltte e Chester normale senza virgolette. Non ci sono scene dinamiche e discorsi diretti perché è un percorso del loro rapporto da parte di entrambi, l’uno parla all’altro.
Ok, grazie a chiunque vorrà dirmi cosa ne pensa.
Buona lettura.
Baci Akane


FUSIONI

/Iridescent - Linkin Park/
“Quando ti ho ascoltato la prima volta che mi avevano spedito alcuni tuoi pezzi, ho subito pensato che non potessi essere vero. Uno non poteva reggere un tale ritmo per troppo tempo, ti saresti bruciato le corde vocali. Ma poi continuando anche su altre canzoni non ho potuto non immaginarti sulle mie e andare avanti con la mente a quando le avresti cantate e fatte tue.
E a come avremmo cantato insieme.
La mia testa ha cominciato a lavorare tanto velocemente quanto la tua voce potente e precisa emetteva parole.
Non ti avevo davanti e non sapevo come fossi, ma ti ascoltavo e più lo facevo più mi rendevo conto che eri perfetto.
Semplicemente perfetto.
Quello che cercavamo.
Quello che volevo.
Quello che avevo aspettato davvero.
Tu avresti dato il tocco che ci serviva e ne sono stato sicuro praticamente subito.
Non ho esitato a spedirti alcuni dei nostri pezzi fatti col precedente cantante che ci aveva mollati e mi sono sentito più stupido che mai nell’attesa, perché pensavo che non ti interessasse e che non avrei mai potuto cantare con te.
Sarebbe stata l’eventualità peggiore di quell’ultimo periodo, un periodo non certo facile visto che eravamo rimasti senza vocalist principale!
E’ stata l’attesa più brutta eppure non lunga. È a me che è parsa infinita.”

Mi è arrivata la tua registrazione con alcune delle vostre canzoni e la proposta scritta di unirmi alla vostra band.
Sul momento sono rimasto sul chi vive visto che non vi conoscevo, non è che eravate famosi, per non parlare del genere particolare che facevate. Una vera e propria scommessa.
No, non sono stato subito convinto, però ho ascoltato e mentre la musica si susseguiva coi testi sapendo perfettamente quali sarebbero state le mie parti, mi sono subito visto mentre duettavo con te.
Ho pensato immediatamente che di certo la mia voce ci sarebbe stata meglio in quelle canzoni, canzoni che rispecchiavano incredibilmente il mio animo ed i miei sentimenti. Cariche di rabbia, di dolore e di voglia di riscatto. Reali. Penetranti. Dure.
Mi sono sentito capito solo ascoltando quei testi e la voglia di mettermi dentro è nata immediatamente anche se ero comunque combattuto, sapevo bene che poteva essere il più grande fallimento della mia vita, ne ero consapevole. Eppure non ho saputo resistere e mi sono messo subito ad imparare le mie parti. Ci ho messo davvero poco e quello mi ha dato conferma che era giusto, che dovevo provarci nonostante tutto, anche se sapevo che era uno degli azzardi più grandi che potessi fare.
Non sapevo che faccia tu avessi ma non mi interessava.
Non penso di aver mai lavorato tanto seriamente e velocemente come per imparare quelle poche canzoni che mi avevate spedito.
Mi sono entrate dentro subito comprendendo il loro significato fin nel profondo ed anche se avevo paura di fare la cazzata del secolo, ti ho chiamato quella sera stessa.
Quando ti ho sentito per telefono ho maledetto la lontananza, volevo averti davanti e vederti, non so perché, di solito tenevo le distanza volentieri ma con te è nato subito il desiderio di conoscerti.
Ero addirittura emozionato, mi sentivo tanto idiota.
Ti dissi subito che mi interessava, che avevo provato a cantare le canzoni che mi avevi spedito da solo e che dovevo provare anche con te e mentre pensavo già a prendere il primo biglietto per L.A., tu mi hai detto se mi andava di fare una di quelle e quando ho sentito la base messa da te, sono partito e poco dopo tu mi venivi dietro.
Ci siamo messi a cantare insieme per telefono come fosse la cosa più importante del mondo, come se non potessimo aspettare un paio di ore per vederci e farlo dal vivo, come se non vedessimo entrambi l’ora di farlo.
L’abbiamo fatto come se fosse naturale, come se non avessimo fatto altro da anni.
Come se fossimo nati e cresciuti insieme, cantando così.
Era un genere a cui mi accostavo per la prima volta e per di più era la prima volta che ci parlavamo, ma è venuto con una tale naturalezza che non abbiamo avuto bisogno di altre prove per convincerci che ci eravamo trovati.
Ed è proprio il termine adatto.
Ci eravamo fottutamente trovati, porca puttana!
Sono certo di non aver provato tanto entusiasmo fino a quel momento, nella mia schifosa vita di merda!

“Quando ti ho visto sono stato contento di poter associare un viso ad una voce.
Non mi hai colpito per l’aspetto, anzi, ti reputavo abbastanza bruttino ma sapevo bene che non si doveva associare bellezza fisica a quella vocale.
Ti sforzavi di essere gentile ed eri anche impacciato perché eri contento di iniziare questo nuovo progetto ma al tempo stesso eri titubante perché poteva essere un fiasco colossale.
Non hai mai avuto bisogno di dirmelo. Sapevo che pensavi quello.
Sei sempre stato un libro aperto per me e mi piacevi per quello.
Come persona.
Eri scontroso, incazzoso, maleducato e chiuso.
Non so se era una forma di timidezza o cosa, ma quando abbiamo fatto un paio di prove tutti insieme, dal vivo, hai subito tirato fuori tutta la rabbia che avevi ed ho sentito chiaramente che non era nemmeno un milionesimo di quella che avevi accumulato dentro.
È stata come un’apparizione.
Tu davanti a quel microfono a gridare furioso in quella maniera eccessiva da manicomio.
Era talmente evidente.
Avrei usato la tua rabbia e sarebbe diventata la punta di diamante della nostra band, avrei innovato tutto ciò che ci rappresentava accentuando l’eccesso, lasciandoti libero di sfogare tutto il represso.
E più ti ascoltavo più realizzavo quanto dura dovesse essere stata la tua vita.
Non avevo bisogno che me lo dicessi, non volevo le tue confidenze.
Però sapevo che era così.
Sai, Chez, è stata dura farti integrare e mandarti giù. All’inizio il desiderio comune del gruppo era quello di strozzarti!
Tu ed i tuoi modi incazzosi. Non avevi rispetto per nessuno e solo per partito preso, parlavi col contagocce e nessuno sapeva come trattarti.
E litigavamo.
Oh, quanto litigavamo…
Però questo non abbiamo mai smesso di farlo, anche se in realtà si tratta di altri tipi di litigi. “

Non eri presuntuoso ma mi davi sui nervi, anche se ammetto che quando si cantava sentivo dentro una tale soddisfazione che mi faceva capire, giorno dopo giorno, che dopotutto avevo fatto l’azzardo più giusto.
Non so perché mi davi tanto sui nervi, all’inizio.
Anche ora me li dai, ma è diverso.
Adesso litighiamo perché tu mi stuzzichi e sai dove premere per scocciarmi, io non ci metto più di due secondi a mandare a cagare chi mi scoccia.
Ci godi nel rompermi i coglioni, nel vedere come mi incazzo e come mi accendo, io lo so che tu lo fai apposta e quindi mi dà ancora più sui nervi!
Però all’epoca forse erano effettivamente divergenze d’idee o magari diversità caratteriali.
Sai, personalità dominanti e palle simili… ma che cazzo ne so, non sono un fottuto psicologo.
Ci scontravamo.
Io dicevo che ci stava meglio un urlo in un dato punto e tu dicevi che invece ci stava in un altro punto.
Poi però lentamente ci siamo conosciuti meglio e devo dire che ad essere cambiato è stato il tuo atteggiamento verso di me.
Forse hai imparato a conoscermi e non mi infastidivi davvero, ma solo per gioco.
Quando è scattata quella fase ho sentito dentro che non ero più solo.
Non avevo più tanto freddo e qualche piccolo fantasma si stava dissolvendo.
Un po’.
Credo che sia stato il fatto d’aver trovato degli amici.
Ho iniziato a vedere tutti come miei amici, ci stavo bene, mi sopportavano di più, non mi irritavo per ogni cagata e convivevamo più o meno pacificamente.
Abbiamo trovato la chiave l’uno dell’altro, mentre io e te siamo sempre rimasti il centro, dopo tutto.
Tu il mio ed io il tuo, credo.
Ed ho cominciato a giocare un po’ anche io, a fare il demente come voi, a farmi trascinare nelle idiozie che tu e Joe combinavate.
Mi piaceva anche il fare un cazzo in compagnia, cosa che all’inizio non era proprio per me.
Ho semplicemente capito che finalmente appartenevo a qualcosa.
Avevo trovato il mio fottuto posto.
Ed è nata A place for my head.
Con te.

“Abbiamo cominciato a comporre insieme quasi subito.
I testi sono sempre stati una nostra prerogativa, mentre la musica di solito la pensavamo con tutti gli altri, poi io perfezionavo e tiravo fuori qualche nuova idea di sound.
È sempre stato un lavoro di squadra, per questo funzioniamo bene.
Scrivendo insieme mi sono reso conto di tutto il mondo che avevi dentro.
Cioè prima l’avevo percepito ma lì lo vivevo, lo vedevo davvero.
Ed anche se avresti di certo giurato che non l’avresti mai fatto, hai iniziato sommessamente a confidarti con me per condividere alcune delle tue esperienze che volevi buttare giù nelle canzoni.
A volte tiravi fuori dei versi talmente contorti che, sebbene capissi cosa volessi dire, cercavo di snodarli con te e tu allora eri quasi costretto a dire a cosa ti eri riferito e parlavi di te, di una qualche tua esperienza, di qualcosa che avevi vissuto o di un concetto che volevi esprimere. Ti ascoltavo e capivo che non erano cose inventate.
Mi si stringeva il cuore.
Non ho mai faticato a nascondere il mio sentimentalismo, è la sensibilità che mi ha permesso di fare canzoni come Hands held high .
Così pian piano ho cominciato a conoscerti e a sapere tutto di te, sapevo di essere l’unico e l’idea mi piaceva, tenevo per me tutti quelli che sapevo per te erano preziosi segreti.
È stato questo ad avvicinarti a noi, a me, e a farti lentamente cambiare.
Ti sei un po’ adattato alla vena ironica e infantile del gruppo scoprendo anche i lati seri di alcuni di noi, quelli più affidabili.
E ti sei aggrappato a me senza nemmeno rendertene conto.
Sono certo che se te lo chiedo ora non sai cos’è stato a cambiarti lentamente, cosa ha fatto scattare in te la molla.
Certo, poter cantare in quel modo e sfogare in modo sano tutta la rabbia che avevi dentro è di sicuro utile, ma è anche l’appartenere a qualcosa che senti tuo.
È anche questo che ti ha aiutato.
Il raccontarti a qualcuno per tirare fuori qualcosa di buono.
Ed io ho visto la piccola luce nelle tue tenebre. C’era ancora lì da qualche parte e lentamente diventava sempre più forte, più grande, mentre diventavi parte di noi.
Parte di me.
Ed è per questo che ho scritto Iridescent.
Perché di recente ti ho guardato ed ho capito che il vecchio Chester rabbioso e furioso con tutti era un lontano ricordo.
A parte che gli scatti di rabbia li avrai sempre perché sono comunque parte di te.
Ma non posso non amare quella passione che è solo tua, quella che ti brucia in ogni modo senza risparmiare niente di te.
Quella che a volte ti spaventa e ti fa chiudere in te stesso e che poi per difesa ti fa latrare insulti a chi ti capita o essere egocentrico, presuntuoso e supponente.
È un lato talmente caldo di te, questa tua parte antipatica, che amo anche quella.
Lentamente sei diventato indispensabile, Chez.
Per il gruppo, per la nostra musica, ma soprattutto per me.”

Scrivere insieme per me è come fare l’amore.
Non concedo tanto di me nemmeno quando faccio fisicamente sesso con qualcuno.
In quel caso svuoto il mio seme e basta. Non faccio niente di particolare, ma quando scrivo canzoni metto giù parti della mia anima, sia che mi riferisca a qualche mio vissuto che invece mi riferisca a qualcosa di esterno… dico comunque il mio pensiero, il mio pensiero profondo.
Scrivere con qualcun altro è condividere quella mia anima e l’ho fatto solo con te, Mike.
A volte non è servito te lo spiegassi, capivi al volo cosa intendevo, cosa dicevo, cosa esprimevo e tu lo perfezionavi. Altre invece me lo facevi spiegare e nel tentativo di non scoprirmi, finiva che parlavo di me più di quel che non avessi voluto.
Però mi sentivo assurdamente meglio.
Certe cose le ho esplicitamente dette solo a te.
Certe non potrò mai dirle comunque a nessuno, però sono arrivato a raccontarti più o meno indirettamente certe cicatrici che non credevo di avere la forza di esprimere a voce.
Tu capivi e non avevi la presunzione di dare fottuti consigli del cazzo, ma scrivevi dei versi talmente belli che mi entravano e mi curavano la ferita che ancora sanguinava.
A te non è mai servito parlare per consolare e farti sentire vicino a qualcuno che stava male, ti basta scrivere canzoni e trovi sempre le parole giuste in quei dannati versi e non so come fai.
Voglio dire, scrivo anche io, ma c’è una netta differenza fra le mie parti e le tue. Non di qualità, so di andare più che bene anche io.
È una differenza di sensibilità.
Tu ci metti dei sentimenti talmente alti e carichi di speranza e luce che io non arriverei mai nemmeno impegnandomi.
Io invece ci metto le tenebre e la rabbia, la disillusione.
Siamo diversi e so che funzioniamo bene appunto per quello.
E forse è perché credevo in quel che cantavo, che lentamente sono stato meglio.
O non so perché cazzo, ma ora posso dire di essere finalmente guarito dalla merda in cui ero.
La droga è stato il peggio che nel mio passato ho fatto da solo. Il meglio è stato il tentato suicidio, togliermi dal mondo era una grande idea, peccato che non ci sono riuscito.
Il resto me l’hanno fatto gli altri, cose che non ho mai chiesto e mai ho voluto.
Però non sono mai stato un genio nell’azzeccare le vie giuste d’uscita.
Solo entrando nei Linkin Park devo dire che finalmente ci ho preso.
La scommessa più grande della mia vita, senza ombra di dubbio.
Però ora ne sto per fare un’altra ed anche se sono uno che ama il rischio, tutto sommato, non sono certo uno che ha voglia di infliggersi di nuovo altro dolore da solo.
Ho giurato di non ferirmi più di mia volontà quando mi sono disintossicato.
Ma non arrivo più a mascherarmi tanto bene, così penso che te lo dirò semplicemente come mi viene, così come è da me, come mi uscirà.
Perché ormai riesco a fondere la mia voce perfettamente solo alla tua e canto al meglio solo se sei tu ad accompagnarmi con qualche strumento, con o senza gli altri.

 “E’ davvero come fare l’amore, ormai, quando cantiamo, ed è l’unico piacere intenso e violento che posso ottenere da te, visto che se azzardassi altro rovinerei tutto.
Al di là dei nostri legami di matrimonio, qualcosa in cui tu non hai mai creduto fortemente ed io… bè, è diventata una semplice abitudine, dopo tutti questi anni insieme.
Non so, è diverso.
Ci sono diversi tipi di sentimenti che legano due persone e se devo associare un elemento a te, associo il fuoco ma non perché tu bruci te stesso, bensì perché bruci me.
Mi infiammi ed ora capisco la differenza fra te e tutti gli altri, anche da mia moglie.
È una cosa di cui non vado fiero, amare un’altra persona quando si è sposati è la peggiore che si possa fare, ma sarebbe più grave uccidere qualcuno.
Amando un altro e tenendomi la cosa per me non faccio davvero male a nessuno.
Al massimo solo a me.
E cantare con te, fondere le nostre voci a quel modo, diventare un tutt’uno sul palco, creare insieme, accompagnare la tua voce con la chitarra o la tastiera o la mia voce stessa, è come fare l’amore con te e mi basta perché non sono cose che con altri possiamo avere. Né tu con tua moglie né io con la mia.
Sono cose che possiamo avere solo noi due cantando insieme.
Ed anche se vorrei tutto, anche il lato che non posso avere, che mi impongo di non prendermi, mi faccio andare bene ciò che ho.
Finché lo posso avere cantando, andrà bene.
Deve.”

E forse perché ormai la malizia è diventata parte di me, o magari perché sei tu che me la tiri fuori nella maniera più sporca possibile, però non posso fare più a meno di provocarti a mia volta, quando non sei tu a provocare me.
Perché credo che questi nostri litigi siano dei giochi erotici che possiamo capire solo noi e che ci danno un piacere che sicuramente a nessuno è chiaro, ma non me ne fotte nulla.
A me piace discutere con te per delle cagate, mi piace quando mi provochi e mi piace provocarti a mia volta. Mi piace anche infiammarmi per delle cagate perché tu poi ridi di gusto.
Adoro quando dopo che ti mando a cagare mi guardi con l’aria da orsacchiotto e cerchi di intenerirmi senza riuscirci e di rimando ti insulto più di prima.
Adoro quando comunichiamo ad un livello talmente personale che nessuno ci sta dietro ma tutti capiscono ugualmente.
Che c’è qualcosa di diverso fra noi due o non funzioneremmo così bene sul palco e le fusioni che abbiamo messo nell’ultimo album ne sono la conferma.
Fusioni di voci dove in quasi ogni canzone siamo l’uno sull’altro e nell’ascoltare la tua voce che mi accompagna per trovare gli attacchi giusti, le durate delle mie parti, i blocchi adeguati e tutto ciò che devo fare cantando, quasi vengo quando riusciamo ad agganciarci.
E tu mi aspetti che io finisca, ed io non vedo l’ora che venga il tuo turno, e sento i brividi quando lo facciamo insieme, a due toni diversi, con stili diversi, con modalità ed intensità diverse.
Ma insieme.
Come un tutt’uno.
Più sto con te, più ne sono certo.
Presto sarai mio.

FINE



   
 
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