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Autore: samek    08/12/2010    1 recensioni
Sembrava che lui dovesse tornare a casa da un momento all’altro, ma il suo corpo era caduto nelle cascate Reichenbach. […] Ed io – tutti noi, perfino quelle stanze – ero rimasto indietro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Sherlock Holmes;

Fandom: Sherlock Holmes;

Pairing: Holmes/Watson;

Rating: Pg;

Genere: Angst, Introspettivo.

Warning: Gen (o al massimo Pre-Slash), Missing Moment de “Il Ritorno di Sherlock Holmes - L’avventura della casa vuota”;

Summary: Sembrava che lui dovesse tornare a casa da un momento all’altro, ma il suo corpo era caduto nelle cascate Reichenbach. […] Ed io – tutti noi, perfino quelle stanze – ero rimasto indietro.

Note: Scritta sul prompt 10 – “Arrendersi è per i pivelli!” del Set8 di 10disneyfic, e sul prompt 83. Immagine preso dalla mia cartella della Maritombola di maridichallenge.

 

DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.

 

 

Fantasmi di Polvere

 

Al tempio c'è una poesia intitolata “La Mancanza”, incisa nella pietra.
Ci sono tre parole, ma il poeta le ha cancellate.
Non si può leggere la mancanza, solo avvertirla
.*

 

L’appartamento al 221B di Baker Street era esattamente come lo ricordavo, solo qualche bruciatura in un angolo del salotto – i segni dell’incendio che gli scagnozzi di Moriarty avevano appiccato – testimoniava quel che era accaduto.

Le carte del mio amico erano ancora integre, la pantofola persiana in cui era nascosto il tabacco era al suo solito posto, così come la foto di Irene Adler, e le sedie erano poco discoste dal tavolo, come se qualcuno fosse stato seduto lì sino ad un attimo prima.

Invece erano passati tre anni.

La Signora Hudson non aveva toccato nulla, era evidente dallo strato di polvere che ammantava ogni cosa, e Mycroft Holmes – il fratello maggiore del mio collega – continuava a pagare l’affitto. Sembrava che lui dovesse tornare a casa da un momento all’altro, ma il suo corpo era caduto nelle cascate Reichenbach.

Forse era proprio questo il motivo che spingeva il suo congiunto a mantenere l’appartamento così com’era: non c’era una tomba su cui piangere Sherlock. Quello era un mausoleo alla sua memoria.

Ed io – tutti noi, perfino quelle stanze – ero rimasto indietro.

Tutto, lì dentro, era rimasto congelato, perfino il calendario non veniva strappato da quando Holmes se n’era andato. La polvere che ricopriva tutto avrebbe potuto essere neve e la morsa che mi stringeva il cuore doveva essere ghiaccio.

Accarezzai con la punta delle dita una grossa macchia d’acido sul tavolo da chimica, i miei polpastrelli lasciarono cinque lunghe impronte nella polvere, simili a strappi d’artiglio s’un velo.

Pensai che la mia vita era proprio così: strappata, e non esisteva un filo con cui rimettere insieme i pezzi.

Mia moglie Mary aveva lasciato le terrene tribolazioni sei mesi dopo Holmes e non c’era più niente – niente! – che tenesse legato me a questo mondo. Mi svegliavo, mangiavo, lavoravo, rientravo a casa, dormivo… ma non stavo realmente vivendo. Andavo avanti per inerzia e, se solo fossi stato meno vigliacco, mi sarei gettato sotto le ruote di una carrozza già da tempo.

Desideravo farlo tutti i giorno, in realtà. Ogni volta che andavo a dormire speravo di non svegliarmi più e, quando riaprivo gli occhi, restavo paralizzato a letto per minuti interi, schiacciato da un senso di vuoto opprimente.

Ogni mattina mi ponevo la stessa domanda: perché dovrei alzarmi dal letto?

Lo facevo solo in virtù del fatto che mi giungesse sempre la stessa risposta, mi sembrava di sentire il mio amico sussurrarmi all’orecchio: Arrendersi è per i pivelli!

Mi diressi verso la porta e accarezzai con lo sguardo ogni oggetto in quella stanza, per un attimo ebbi l’impressione che Holmes stesse per uscire dalla sua camera e, in un’eco lontana, mi parve di sentire il rumore dei suoi passi sulle scale.

Era piena di fantasmi, quella casa, ma non era lo spirito di Sherlock Holmes ad infestarla. Erano la mancanza, il dolore e i ricordi. Soprattutto i ricordi.

Se chiudevo gli occhi, potevo ascoltare Holmes suonare il violino, come una delle tante sere d’autunno in cui diluviava così forte da sembrare che la pioggia non volesse farci uscire di casa, quasi che la musica fosse rimasta intrappolata tra le pareti.

Immaginai di sedermi nella mia vecchia poltrona e restare lì ad aspettarlo, allo stesso modo in cui lo attendevano tutti i mobili e gli oggetti; alla fine, la polvere gentile avrebbe coperto anche me, come una coperta leggera.

Lasciai l’appartamento di fretta – o forse è più giusto dire che scappai – e per strada un ragazzo mi fermò, offrendomi di acquistare un quotidiano. La prima pagina riportava nuove notizie sulla morte di Ronald Adair, il delitto avvenuto a porte chiuse che stava infiammando l’opinione pubblica.

Io stesso mi ero interessato al caso, proprio come avrei fatto ai tempi in cui lavoravo con Holmes. Ovviamente ero giunto a ben poche conclusioni, ma la casa in cui era avvenuta la macabra vicenda era sulla strada che portava al mio ambulatorio, quindi decisi di fermarmi a controllare la situazione.

Il giardino di Villa Adair era invaso da curiosi e giornalisti. Rimasi lì solo pochi minuti, il tempo di rendermi conto che non vi era modo di scoprire nulla di nuovo e, quando mi voltai per andarmene, mi scontrai con qualcuno.

Era un vecchio libraio dall’aspetto scorbutico, che mi fisso malamente per aver fatto cadere i suoi volumi. Mi chinai a raccoglierli, e l’anziano gentiluomo andò subito via borbottando.

Non ci feci caso e ripresi la strada per il mio ambulatorio. Ero arrivato solo da qualche minuto, quando lo stesso vecchio si presentò alla porta.

Si scusò per i suoi modi poco cortesi e m’indicò un ripiano vuoto della libreria, proponendomi alcuni acquisti. Mi voltai per un attimo – non più di qualche secondo, davvero – e quando riportai lo sguardo su di lui, al suo posto vi era Sherlock Holmes.

Mi sentii mancare e stavolta, mentre chiudevo gli occhi, pregai di svegliarmi.

 

FINE.

 

*La frase che fa da introduzione alla storia è tratta dal film “Memorie di una Geisha”.

   
 
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