Un sussurro nel sangue
Sta
cominciando a essere buio. Le luci iniziano ad aprirsi e le persone corrono
frenetiche qua e là, come fossero inseguite da qualcuno. Guardando meglio la
scena si potrebbe dire che è come se tutti stessero per perdere l'ultimo treno
della giornata.
Nell'aria
c'è troppo stress, troppa fretta, troppa noncuranza, troppo egoismo. E' quasi
irrespirabile. A momenti fa paura.
Loro
passeggiano tranquilli, fianco a fianco, in tutto quel fiume di gente.
Indifferenti scivolano negli sguardi eletrizzati dei passanti. Sono così
taciturni che, in tutto quel frastuono, è impossibile non notarli.
Fa
quasi piangere vederli lì, come in un sogno, incuranti di tutto, andare avanti.
Lo sguardo basso. Pieno di emozione li vedi passare, stando vicini, e appena se
ne vanno ti rendi conto che, dentro di te, qualcosa si è spezzato. Sono così
semplici che ti fanno venire nostalgia di un tempo mai esistito. Ti ricordano
cose che mai più torneranno. Divulgano emozioni mai conosciute. Colpiscono così
forte che non puoi impedirti di voltarti per dare un'ultima occhiata. Finiscono
rapendoti con gesti troppo comuni per essere fatti da esseri normali.
Avanzano
calmi, senza accorgersi di nulla.
Sono
appena usciti dal cinema come altre decine di persone. Il film è stato
terrorizzante. Lei, ancora scossa, si stringe al suo braccio e continua a
festeggiare mentalmente. Dopo svariati tentativi finiti male e innumerevoli
piani falliti ce l'ha fatta. E' finalmente riuscita a strapparlo dal lavoro e a
portarlo un po' fuori.
"Ti
si deve ossigenare il cervello!" gli ha detto con voce scherzosa "O
preferisci perdere i tuoi 4 preziosissimi neuroni?" ha poi continuato con
finto tono drammatico.
Lui,
dal canto suo, non ha potuto trattenersi dal ridere di quella scenetta. Gli è
piaciuto troppo il modo in qui lei è venuta lì, ha annunciato di dovergli comunicare qualcosa e,
dopo la prima frase detta in assolutà serietà, si è inventata tutti i sistemi
possibili e immaginabili per convincerlo. E' sembrato uno spettacolo teatrale
improvvisato, pieno di tenerezza, falsa rabbia e speranza. Fatto apposta per
lui.
Alla
fine, davanti a quegl'occhioni, ha ceduto.
Ora
tiene gli occhi puntati su quello che ha davanti, intanto pensa a chissà cosa.
Comportamento tipico di entrambi.
Ad
un certo punto il silenzio per lei diventa troppo, è fonte di agitazione.
Decide di sollevare il morale con una delle sue solite uscite.
"Facciamo
un gioco!"
Lui
ritorna bruscamente alla realtà e comincia a guardarla, sorpreso. Forse non si
è ancora abituato a quel lato tanto infantile. Non c'è certo da biasimarlo. Lei
è sempre così matura e introversa. Soprattutto in certi momenti. Soprattutto
con lui. Praticamente si dimentica subito che a volte lei ha bisogno di
ritornare a quell'infanzia mai vissuta completamente.
Sceglie
di assecondarla, di giocare anche lui.
"Che
gioco?" chiede visibilmente preoccupato.
"Non
lo so...Scegli tu!"
"Ehm...Un
gioco con delle domande?" propone.
"Bello."
"Bene.
Comincio io."
"Chiedi
serenamente. Sono a tua completa disposizione." e accompagna la frase
facendo un mezzo cerchio con tutto il braccio e rivolgendo lo sguardo verso
l'alto.
"Secondo
te..." inizia lui.
"Secondo
me...?"
Un
sorrisino gli affiora sulle labbra.
"Secondo
te...cos'è bello?"
Touchè.
Stessa identica domanda che lei gli ha posto pochi giorni prima.
Bisogna
ammettere che sentendola rimane piacevolmente sorpresa. Pensava se ne fosse già
dimenticato e infondo non sarebbe stato strano. Gliene fa tante, di domande, e
in continuazione. Chiunque altro sarebbe già impazzito. Ma lui no. Lui è già
pazzo di suo. Lo sanno entrambi.
"Oooooh....Cos'è
bello...." ripete lei.
La
guarda mentre si spreme le meningi per l'ennesima volta in quella giornata. La
sua piccola pensatrice.
"Oggetti
o persone?" domanda all'improvviso.
Quella
ragazza ha un debole nel complicarsi la vita.
"Entrambi."
E
lui aiuta.
"Entrambi.
Allora...Per quanto riguarda gli oggetti, penso che sia bello....tutto quello
che passa inosservato." risponde convinta. E continua con la stessa voce
che si usa nel descrivere un'immagine troppo perfetta per essere ricordata. Parole
sussurrate che sembrano provenire da troppo lontano.
"Hai
presente tutte le cose che la gente non guarda mai, presa com'è a lavorare,
correre, litigare? Tipo...le stelle. Ecco. Il cielo stellato, una notte di luna
piena, il sole che illumina le nuvole in un certo modo, le lucciole, una o due
candele accese, la foschia...Tutte quelle situazioni, quegl'oggetti che parlano
un po' di te. Che mostrano cos'hai dentro. Chi sei veramente. Le cose che ti
fanno male...Questo è bello."
Lui
annuisce piano cercando di cogliere il senso delle parole. Intanto la guarda.
Lo sguardo trasognato, la bocca dischiusa, la camminata lenta, il profilo del
viso. Piccoli dettagli che ha paura di scordare e che si segna a mente ogni
giorno. Così come scrive su fogli volanti le sensazioni da lei suscitate. Nello
stesso modo in cui, la sera, appoggia la fronte alla sua e ascolta rapito le
rivelazioni da lei fatte con voce tremante. Immerso in memorie più simili a
sogni si ricorda perchè l'ha colpito tanto, quella mocciosetta di 10 anni più
giovane.
E'
bello tutto ciò che dimostra chi sei.
D'un
tratto si libera dai ricordi e aggiunge: "E i cimiteri."
"E
i cimiteri, certo." conferma lei con voce viva "Accompagnati di
nebbiolina, cattedrali gotiche, cripte, rose, nero e tutto quello che è macabro
e inquitente." elenca sulle dita.
"Macabro
e inquietante... Tipo cosa?"
"Tu."
dice guardandolo seria.
"Io?
Io sarei macabro e inquitante quindi."
"Certo!
E anche...come si dice...creepy!"
Lui
la guarda con gli occhi sgranati.
"Farei
venire i brividi!?"
"Non
sai quanto."
"E'
preoccupante." fa lui.
"E'
sexy." controbatte lei con tono provocatorio.
La
odia quando fa così, però resiste e non si fa sopraffare.
"La
tua innocenza è commovente." constata.
"Già..."
"Comunque...Riguardo
alle persone?"
Finito
il momento.
"Porco
piffero!" impreca lei "Questo è più complicato."
"Perchè?"
"Perchè
sì. C'è...con le donne non ci sono problemi. Se penso che una donna sia bella
lo dico con tranquillità e basta! Solo non saprei dirti che donne sono belle,
perchè non ho nessuna preferenza in particolare....Se non le vedo non so dirti
cosa ne penso." Sospira. "Con gli uomini è più difficile."
"Come
mai?" si interessa lui.
Lei
si concentra bene. Lo sa perchè è così, deve solo trovare i termini esatti per
spiegarglielo. Deve solo trovarli. Come se fosse facile.
Lui
non le da fretta e aspetta paziente.
"E'
che..." inizia provando a dare un senso alla frase "...che, che non
ti dirò mai se uno secondo me è bello o no. Non perchè non voglia, ma perchè al
massimo potrò dirti che è...sì e no carino. Insomma io...oooooh...lo sai che mi
lasciano tutti indifferenti. Non mi dicono niente. E questo perchè..."
Si
zittisce all'istante. Ha detto molto e decisamente ha quasi rivelato troppo.
Spera di cavarsela, ma lui non è ancora così stupido e coglie l'occasione al
volo.
"Perchè..."
insiste.
Lei
si mette a mugugnare qualcosa, a sbuffare. Sembra più che mai una bambina.
"Coraggio,
dimmelo." l'incoraggia lui "Sei tu quella che dice 'Le cose devono
avere un inizio e una fine'...Bene, l'inizio l'hai messo ora vedi di
aggiungerci una fine. E lo sviluppo se possibile.."
Certe
cose è sempre meglio specificarle.
"Anche
lo sviluppo?!" si lamenta
"Anche
lo sviluppo."
Si
mette a fissarlo con sguardo supplichevole. Lui la ignora.
"Sto
aspettando."
Porca
paletta.
"Va
bene, va bene. Come desiderate, maestà."
lo prende in giro.
"Guarda
cosa mi tocca...Allora...In questo caso è più difficile, a causa dei
filtri!" dice convinta.
"A
causa di cosa?!" si stupisce lui.
Bene.
Perfetto. Ora deve anche spiegare nei dettagli. Ma quando imparerà a chiudere
quella dannata ciabatta che si ritrova per bocca. Promemoria: prossima volta
cucirsi le labbra a filo doppio, incatenarle e buttare la chiave.
"Praticamente,
l'elenco che ti ho fatto prima non era composto da cose prese a casaccio.
C'erano delgli elementi che ho preso in considerazione. Te li ho anche detti.
Ricordi?"
Annuisce.
"Ecco,
quelli sarebbero i filtri. Non si tratta solo di oggetti che parlano di te e
basta. Sono cose che proprio perchè hanno qualcosa di tuo ti smuovono dentro.
La bellezza, quella vera, ti smuove qualcosa nel profondo."
"Qundi
le cose elencate ti smuovono." constata.
"Esatto.
Certe lo fanno maggiormente e altre quasi non le noto, però sì."
"E
questo sistema lo usi anche per le persone..."
"Non
è proprio che lo uso. Diciamo che c'è e basta. Io non lo controllo. Parte da
solo e mi limito a lasciarlo fare. Comunque sì, è usato anche con le
persone."
"Perchè
solo con gli uomini?" si interessa.
"Bè...solo
con gli uomini. Probabilmente è così anche con le donne, solo che in quel caso
non me ne accorgo. Non so perchè." fa lei incerta.
"Interessante.
Ma non hai risposto alla domanda." le fa notare.
"Scusa."
risponde un po' seccata "Dunque...Dev'essere perchè se mi dovessi
innamorare di una persona, sarebbe un lui e non una lei. Penso sia una specie
di sistema d'allarme. Se sono convinta di amare qualcuno, ma non lo considero
davvero bello...suona una sirena. Questo perchè..."
"...Perchè
se ami una persona vuol dire che ha smosso qualcosa in te. Chi smuove è
considerato di una bellezza assoluta, quindi davvero bello." conclude al
suo posto.
Lei
lo guarda ammirata.
"Amo
la tua intelligenza."
"Non
è intelligenza. E' solo questione di ascoltare." precisa lui.
"Qualunque
cosa sia non la perdere."
Si
guardano un istante, poi lei prosegue.
"Facciamo
un esempio pratico."
"Splendido."
esclama calmo.
"L'unico
esempio pratico possibile, se tu."
"Chissà
perchè me lo aspettavo..."
Piccata
gli dà una pacca sul braccio.
"Non
è colpa mia se sei così popolare. Comunque...dicevo..." riprende "
...l'esempio pratico saresti tu. E qui dovrò farti una piccola confessione
temo."
"Ti
ascolto."
Dà
una sbirciatina con la coda dell'occhio, preoccupata. Lo vede calmo come
sempre. Fa un respiro profondo e cerca di apparire normale.
"Che
mi sono quasi messa a piangere di felicità quando ho saputo che...c'eri
davvero, già lo sai. Te l'ho ripetuto un migliaio di volte. Però non sai che
all'inizio la mia era solo una cotta. Diciamo che lo è stata...almeno per i
primi due mesi. Ora non fraintendere. Quando ho detto la prima volta che ti
amo, l'ho fatto perchè se rimandavo ancora rischiavo di impazzire. Non è stata
una cosa detta con leggerezza, anzi. E hai avuto modo di constatarlo. Comunque...tornando
al discorso...Dicevo, appunto, che per me tutto era cominciato come una cotta,
anche se inconsapevole."
"Non
è un cosa poi così brutta." cerca di tranquillizzarla.
"Se
lo dici tu...Comunque il brutto, semmai, è che all'inizio... tu non mi dicevi
niente. Proprio zero. Anzi, se devo essere sincera, ti consideravo anche un
po'...strano. Strano per come ti vestivi, per come apparivi."
Lui
continua a stare in silenzio. L'espressione è identica a quella di pochi attimi
fa.
"Però
ti giuro che non ho mai voluto cambiarti!" si affretta a precisare "Potrò
essere un' anormale stronza doppiosensista, ma non sono biugiarda! Ti assicuro
che nemmeno per un attimo ho desiderato farti diventare qualcuno che non sei.
E' un pensiero che non mi sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello."
"Perchè?"
Non
sembra arrabbiato.
"Perchè
non è giusto. Io non ho il diritto di pretendere certe cose da te. E poi, se te
l'avessi chiesto, avrebbe voluto dire solo che non ti merito. Non ti merito
perchè non ti amo abbastanza. Io...io in quel momento mi sono subito detta che,
se davvero provo qualcosa per te, imparerò ad aprezzarti appieno. Così come
sei."
"E...?"
domanda.
"E..."
gli fa il verso guardandolo a bocca aperta "E dovresti saperlo com'è
andata."
"Non
hai risposto." le fa notare.
"E...poi,
una mattina, mi sono resa conto di amarti in un modo sconvolgente. Esattamente
per ciò che sei. Contento?"
Lui
si limita ad annuire piano e lei abbassa lo sguardo. Non il coraggio di
guardarlo. Si vergogna troppo delle sue parole. Le prime. Questi sono i segreti
che tali dovrebbero rimanere.
Continuano
a camminare in silenzio per qualche minuto, sempre a braccetto. Infine è lui a
parlare.
"Hai
perso l'uso della parola a causa del film o per colpa del mio aspetto macabro e
inquietante?"
Rimane
sorpresa. E' così raro sentirlo scherzare quando sono fuori, che non si aspetta
mai di sentirlo dire cose simili. Adesso poi, considerando quello che gli ha
detto, credeva già che se la fosse presa. Invece no. Lui cerca adirittura di
farla ridere. E' il suo modo per dirle che va tutto bene. Lei lo ringrazia
mentalmente, per ora, e decide di stare al gioco. Fa finta di pensare un po'
alla domanda.
"Non
lo so. E' più probabile sia stato il film...a te ormai sono abituata."
"Dicendo
questo mi insulti. Non c'è più rispetto per i goth al giorno d'oggi..."
dice simulando una bizzarra delusione.
Lei
gli sorride sollevata e lui le bacia i capelli, felice che, almeno per ora, i
sensi di colpa della piccola pensatrice siano svaniti.
Continuano
a passeggiare senza meta fino a raggiungere il parco, in cui entrano. Là,
lentamente, tra gli alberi, le fontane e in mezzo ai roseti, si riforma
l'eterea aurea che li circonda. Questa volta però ha un elemento diverso.
Sembra che il sogno sia sparito per lasciare il posto a qualcosa di più
concreto. Un'apparenza che in pubblico non mostrano mai. Un elemento che
riescono a possedere soltanto se stanno da soli. Divisi e lontani. Una loro
parte così vera da non poter essere descritta. Posseduta inconsapevolmente e
tenuta da parte. Pronta a uscire nel momento giusto. Un qualcosa che funziona
autonomamente, che non si fa vedere. Di solito.
Adesso
è diverso.
E'
diverso perchè lei si accorge di questo cambiamento. Riconosce la nota aggiunta
a una melodia perfetta. Non l'ha mai vista prima, eppure non ha dubbi. La scova
e la osserva. E' proprio lì, mescolata con le altre, la nota che in un secondo,
innocente e perfida, distruggerà tutto.
Si
ferma di botto. Anche lui si blocca e la vede. Pallida. Ma non quel pallore
perlaceo che le illumina il volto, bensì un bianco malaticcio, senza luce. Ha
un'espressione assente. Gli occhi vuoti, morti. La pelle è gelida e il corpo
trema.
Non
capisce cosa le sia successo. Non riesce a muoversi. E' semplicemente
pietrificato. Intorpidito. Lei, al contrario, è più sensibile che mai.
Sono
come luce e tenebra. Come ghiaccio e fuoco. Come uno sgradevole opposto.
Lei
dentro di sè urla. Non riesce a crederci. Non vuole farlo. E' senza senso. Non
può esistere. Non può. Non deve. E' assolutamente senza senso. Non...non ci
sono basi. Non possono esserci.
Eppure
fa male. Il dolore che sente nel petto è straziante. Una morsa di spine che
stringe. Stringe, ferisce, penetra nella carne. Senza sosta. Ha la sensazione
di sanguinare. Avverte il sangue scorrerle sul viso, lungo le braccia. Lo sente
gocciolare dalle dita, raggiungere il terreno e formare una pozza di sangue ai
suoi piedi. Perchè è così? Perchè? Era tutto perfetto. Perfetto. Un sogno
divenuto realtà. La realizzazione di quello che aveva sempre desiderato. Di
quello che avevano sempre desiderato. Perchè è divenato così? Da dov'è
arrivato? Come dannazzione ha fatto a trovarli?!
La
pozza si allarga ancora e ancora. Il sangue scarlato scorre senza sosta. Ogni
goccia persa è dolore aggiunto e tormento chiamato. Le spine delle sue amate
rose non le concedono un attimo di pace. Continuano ad avvolgerla e soffocarla.
La stanno uccidendo. La stanno uccidendo e non se ne pentono. Lo aiutano
a compiere la sua missione. Aiutano Lui che è arrivato per distruggere
loro due. Non resiste più. E' avvolta dal buio. Le mancano le forze. Cade sulle
ginocchia. Immagina il sangue sporcare i pantaloni.
Lui
si riprende nonappena lei cade e le si inginocchia di fronte. La vede scossa
dai tremiti e dai singhiozzi. Sempre più pallida.
"Cosa
c'è? Cos'hai?"
La
preoccupazione della sua stessa voce gli fa paura.
Lei
scuote la testa e si ostina a non rispondere. Farlo significherebbe ammettere
che Lui è vero, reale. E lei non intende farlo. All'improvviso la
stretta aumenta in modo assurdo e le sfugge un gemito di dolore. Poi un altro.
Un altro. E un altro ancora. Dopodichè la raggiungono le lacrime. Solo infine
arriva l'urlo.
Gli
si ghiaccia il sangue nelle vene.
"Dimmi
cosa c'è!" le urla preoccupato e terrorizzato.
"E'
qui! E' qui! E' arrivato!" prova a spiegare tra i singhiozzi.
"Chi
è qui?"
"Lui.
E' venuto per distruggerci!"
"Chi
è venuto?"
La
voce gli trema. Lei si accascia contro il suo petto e si avvicina più che può.
Sembra voglia entrargli dentro e restare lì nascosta. Lui la sposta quel tanto
che basta per vederle il viso. La tiene per le spalle.
"Ti
prego, dimmi chi è Lui."
"Lui...Lui
è...è...è quello che ci annienterà." risponde debolmente "Ci ha
trovati... Non abbiamo scampo."
"Di
cosa parli?"
Lei
appoggia la fronte alla sua, come quando deve confidargli qualcosa di
estremamente importante. Qualcosa che le è terribilmente difficile da dire. Gli
circonda il collo con le mani gelide. Le è sempre piaciuto farlo. Dischiude le
labbra e cerca di trovare il coraggio necessario. Infine emette la condanna.
Sussurrando.
"Il
desiderio di morte."
Lui
rimane orribilmente esterrefatto. Credeva di aver fatto attenzione. Ne era
sicuro. Non è possibile che lei l'abbia scoperto. Ha sicuramente sentito male.
Sì, è ovvio. Sicuramente ha sentito male.
Stacca
la fronte dalla sua, le prende il viso tra le mani e cerca il suo sguardo,
rivolto verso il basso.
"C-cosa...?"
Ora
è lui a essere scosso. Non riesce a impedirsi di balbettare.
Lei
guarda il sangue raggrumato sulle mani. Si è seccato. E' definitivamente
svuotata. E calma. Come pochi minuti fa. Come un paio d'ore prima. Come
all'inizio.
Rassegnata
alza gli occhi azzurri e li punta in quelli verdi di lui.
"Il
desiderio di morte, amore." gli ripete.
Lui
non vuole ammetterlo. Lei continua a guardarlo. Si imprime alla perfezione i
suoi occhi nella memoria e fa una cosa che non aveva mai fatto. Gli prende la
mano. Da qui in poi sono solo istanti.
Un
intrecciarsi di dita. Un bacio. Un sussuro detto con la debole voce che le
rimane.
"Ti
vuoi suicidare."