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Autore: Mirai    14/12/2010    8 recensioni
Prima fan fic scritta per la Maritombola della community Maridichallenge :D spero vi piaccia!
"...-E questo a me cosa dovrebbe interessare?!- urlò, spazientendosi senza capire le vere intenzioni dell’altro –Perchè non sei qui?-
Antonio si morse distrattamente un labbro per non ridere, o avrebbe ottenuto l’effetto contrario a quello desiderato –Perchè voglio farti una sorpresa- sussurrò con voce bassa e calda, come quella che Lovino tanto odiava e amava allo stesso tempo."
[AntonioLovino][Romantico/Fluff][Tutti i personaggi sono maggiorenni, non miei e, comunque, non realmente esistenti, purtroppo ç_ç]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie ';Raccolta Axis Powers Hetalia'
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Titolo: I can’t wait to see you
Fandom: Axis Powers Hetalia
Pair: Spagna (Antonio Fernandez Carriedo)/Romano (Lovino Vargas)
Genere: Fluff, Romantico
Rating: Verde
Avvertimenti: OneShot
Conteggio Parole: 1.150
Note: Fanfiction scritta per la Maritombola, indetta dalla community Maridichallenge <3 il prompt è il 62. “Non mi ricordo se ti ho mai detto chiaramente quanto ti detesto”! Adoro partecipare a questa iniziativa <3 spero davvero che vi piaccia *_* un commentino è amore, sappia telo <3

 

 

-Aria molto fredda, gelida, in arrivo sul continente Europeo. Previsti annuvolamenti con possibili nevicate. Vediamo ora le temperature, ecco le minime-

 

Lovino rabbrividì, sfregando inconsciamente entrambe le mani sulle braccia, come per ottenere maggior calore dal maglione di lana che indossava. Era appena la metà di dicembre ma l’inverno aveva deciso, quell’anno, di non sforare minimamente sulla tabella di marcia, entrando a pieno vigore, costringendo Lovino –e un po’ tutta l’Italia- ad indossare sciarpe, cappelli e guanti.

Si distrasse dal seguire la televisione, socchiudendo pigramente gli occhi nel guardare fuori dalla finestra: in realtà, in quel momento, lui era davvero arrabbiato, e non per il freddo –magari solo un pochino- ma per colpa di Antonio Fernandez Carriedo. Sbuffò al pensiero, borbottando dentro di sé mentre faceva un sorriso alquanto ironico; quando mai non era arrabbiato con quel bastardo spagnolo?

Solo che, quella volta, aveva decisamente superato il limite. Lovino si morse le labbra al ricordo della conversazione che avevano avuto giusto quella mattina.

 

-Perché non vuoi venire qui a Napoli da me?- aveva detto l’italiano, sussurrando contro la cornetta del telefono.

 

Era riuscito a placcare Antonio dopo circa una settimana che si mandavano solo sms e non aveva intenzione di mollarlo tanto facilmente, anche solo fosse per litigare. Non l’avrebbe ammesso, neanche sotto tortura, ma aveva un disperato bisogno di sentire la sua voce.

 

-Ma lo sai piccolo, il capo mi ha dato una montagna di lavoro da fare e io devo assolutamente- tentò di farlo ragionare Antonio, con voce tranquilla ma stanca.

Lo interruppe, secco, lapidario -Non chiamarmi piccolo.- sibilò, arrossendo dall’altro capo del telefono.

Antonio sorrise e percepì in qualche modo il suo rossore –Va bene piccolo- disse, rimarcando quel termine che tanto lo imbarazzava -ti prometto che vengo domani, ok? Te lo prometto davvero-

Lovino sbuffò –E’ passato un fottuto mese dall’ultima volta, voglio ben sperare che tu sappia cosa stai dicendo. Se non vieni sappi che puoi anche non presentarti più- e attaccò, bruscamente.

 

Non era serio in realtà; attaccato al telefono da più di dieci minuti, si stava torturando le mani nel disperato tentativo di non esplodere di imbarazzo per l’essere sceso a patti con il proprio orgoglio a quel modo. Lasciando cadere la cornetta del telefono aveva sospirato, come stava facendo in quel preciso momento, seduto sul comodo divano di casa sua.

Era appena un mese che non si vedevano –per ragioni di lavoro, oltretutto- e Lovino era sinceramente sconvolto di essere già in quella fase della coppia dove non vedere il partner ogni giorno creava un tale scompenso fisico e psicologico. Sbiancò nel rendersene conto e, stringendo convulsamente il bordo di un cuscino a caso, sperò vivamente che Antonio non se ne accorgesse mai.

Il trillo del cellulare –come suoneria aveva parte della sua amata tarantella siciliana- lo riportò alla realtà, ma non del tutto, visto che rispose al cellulare senza neanche leggere il nome del mittente.

 

-Proonto?- disse con voce strascicata, decisamente annoiata.

-Hola mi amor ¿qué estás haciendo?- squillò dall’altro capo una voce gioviale, che riportò ad una soglia decente l’attenzione di Lovino.

-Bastardo!- esclamò, aggrappandosi al bracciolo del divano –Sei tu!-

Antonio rise divertito, sistemandosi meglio l’auricolare del bluetooth nell’orecchio –Non so come io sia salvato sul tuo cellulare ora, ma l’ultima volta che ho controllato c’era un unico Antonio nella tua rubrica...- lo punzecchiò, senza distrarsi dalla guida del veicolo che aveva noleggiato una volta arrivato a Napoli. Era un uomo di parola, dopotutto.

Lovino aggrottò le sopracciglia, sopraffatto nuovamente dalla rabbia –Chi ti ha dato il permesso di controllare il mio cellulare bastardo? Mh?- lo rimbeccò, accavallando le gambe in modo teso –E comunque. Sono le dieci di sera. E’ tardi.- disse, cercando di comunicargli il proprio disappunto con quelle poche parole -Dove sei?- chiese ancora, dando per scontato il fatto che lui, a quell’ora, doveva già essere lì da un bel pezzo.

-In macchina- rispose lo spagnolo, mantenendo lo stesso sorriso di prima, felice e un po’ sornione –sto guidando- ammise, cercando di non scoprirsi troppo e nel frattempo si ritrovò a maledire la città che il suo compagno tanto amava: davvero, come poteva non esistere un parcheggio libero?

-E questo a me cosa dovrebbe interessare?!- urlò, spazientendosi senza capire le vere intenzioni dell’altro –Perchè non sei qui?-

Antonio si morse distrattamente un labbro per non ridere, o avrebbe ottenuto l’effetto contrario a quello desiderato –Perchè voglio farti una sorpresa- sussurrò con voce bassa e calda, come quella che Lovino tanto odiava e amava allo stesso tempo.

-Una sorpresa? E che razza di sorpresa vorresti farmi?- borbottò stizzito, alzandosi in piedi nel sentire lo stomaco stringersi di strana curiosità.

 

Antonio esultò silenziosamente nel momento in cui spense la macchina –parcheggiata dopo grandi e strategiche ricerche-, togliendosi frettolosamente la cintura. Non rispose alla domanda vagamente acida di Lovino, stringendosi addosso il cappotto mentre cominciava a correre verso il suo appartamento.

 

-Ehi, coglione, sei ancora lì?- chiese dopo qualche secondo di attesa, battendo un piede per terra.

-Ci sono, ci sono- rise Antonio, ansimando quasi sottovoce per la corsa che terminò di fronte alla porta del condominio, che trovò miracolosamente aperta.

-Bene, scongiurato il pericolo morte prematura, mi dici di che cazzo di sorpresa stavi parlando?-

-Apri la porta- disse semplicemente Antonio, allargando ancora di più il sorriso.

-...eh?- soffiò Lovino, muovendosi inconsciamente verso l’ingresso –Perchè? Questa conversazione sta cominciando a non avere più senso, idiota-

-Tu apri la porta, piccolo- furono le sue ultime parole, ghignando sottilmente.

-Basta! Ti ho detto di non chiarmarmi- alzò la voce, aprendo la porta di casa senza rendersi conto di quello che stava facendo e fu costretto a sobbalzare quando vide che il suo stupido bastardo era proprio lì, davanti a lui, con una terribile faccia da schiaffi -...piccolo- concluse in un sussurro, abbassando il telefono da vicino all’orecchio.

Antonio si tolse l’auricolare, allungando una mano per accarezzargli il viso di sfuggita –Sorpresa- disse poi, avvicinandosi per rubargli un primo bacio a fior di labbra.

 

La bocca di Lovino aderì perfettamente a quella di Antonio –motivando l’ipotesi dello spagnolo che le loro labbra erano semplicemente nate per baciarsi-, cercando nel frattempo di fermare i piccoli brividi che gli scuotevano il corpo.

Antonio era lì per lui, aveva mantenuto la promessa, quella stupida, fottuta, importantissima promessa.

 

-Non…- Lovino deglutì a fatica, stringendo una mano attorno al colletto del suo cappotto -non mi ricordo se ti ho mai detto chiaramente quanto ti detesto…- arrossì, troppo attonito per poter formulare un insulto più sprezzante di quello.

-Forse un paio di volte- disse Antonio, spingendosi dentro casa mentre si chiudeva la porta alle spalle –ma c’è sempre tempo per ridirmelo ancora, ancora e ancora tante volte- sorrise, catturando nuovamente le sue labbra in un bacio che, di certo, non gli avrebbe evitato la ramanzina che sarebbe seguita di lì a poco.

 

Anche se forse, pensò Antonio mentre stringeva finalmente a sé l’italiano, l’avrebbe attutita un pochino.

   
 
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