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Autore: Yellow Daffodil    18/12/2010    3 recensioni
Jeremy Parker ha 22 anni ed è un criminale. Ha chiesto al suo migliore amico di aiutarlo a rapire una ragazza, perché il signor Edoardo Cordano l'ha minacciato di fargli la pelle. Alex Bell è il suddetto migliore amico e crede che Jeremy si farà ammazzare.
Tessy Heavens è la ragazza in questione, è la figlia del ricchissimo Oliver Heavens, a cui apparentemente verranno spillati dei soldi. Ha una sorella che odia e che non fa parte della sua perfetta famiglia. Ma questa sorella a sua volta odia tutti quanti a partire da suo padre, il suo nome è Taylor e mi sa proprio che Jeremy si sbaglierà e rapirà lei al posto di Tessy. Nel frattempo Allyson, migliore amica di Tessy e Taylor, si incazzerà con Alex Bell, il suo fidanzato, e con Richard Stuart, suo fratello, il quale è anche il braccio destro di Cordano. Che casino.
Aggiungiamo che Jeremy e Taylor saranno così incompatibili che la missione risulterà impossibile, ma poi magari si innamoreranno e allora Cordano si incazzerà da morire e regalerà a voi lettori un vero, magico, Natale.
Buon rapimento a tutti!
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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All I want - 2

ALI WANT FOCHRISTMAS IS...



********Broken Photo, Broken Heart, Broken Nose********


Jeremy era appostato in quell'umidissimo posto da ormai venti minuti. Non sentiva più i piedi, immersi nella neve semi-sciolta del giorno prima, mentre l'aria gelida della sera non rendeva di certo più facile il suo compito.

A quell’ora avrebbe dovuto trovarsi dentro la villa a festeggiare un compleanno a cui non era stato invitato, ma ci aveva riflettuto e aveva concluso che quel piano era più un suicidio che un tentativo di rapimento. D’altronde era il piano di Cordano.

Aveva deciso che avrebbe aspettato dietro a una vecchia quercia del giardino di villa Heavens, controllando l'andamento della festa dalla grande vetrata che scorgeva tra le fronde. Una volta terminata la baldoria, tutti se ne sarebbero tornati a casa ubriachi fradici e sarebbe stato un giochetto intrufolarsi senza che venisse notato. Rispetto agli altri, avrebbe avuto il vantaggio della lucidità, a quell’ora.

Avrebbe atteso nascosto da qualche parte, finché la casa non si fosse svuotata degli invitati e lui si fosse trovato solo con la ragazza. A quel punto, l’avrebbe addormentata col cloroformio e rapita. L'unica problematica di quel nuovo piano era che avrebbe avuto poco tempo prima che il padre di lei facesse ritorno, ma si era attrezzato abbastanza bene per riuscire a cavarsela in fretta.

In più, aveva concordato il segnale con Alex: un messaggio vuoto e lui avrebbe dovuto raggiungerlo con la macchina, uno squillo e avrebbe dovuto precipitarsi da lui, in caso di bisogno d'aiuto. Il suo amico, non appena aveva saputo che l'indirizzo a cui si stavano recando era casa Heavens, si era sbattuto la mano sulla fronte e aveva tristemente telefonato alla sua nuova ragazza per disdire il loro appuntamento. Jeremy aveva tentato per l’ennesima volta di dissuaderlo, ma Alex era proprio di coccio.
Ottimo inizio di relazione, aveva pensato Jeremy, ma d’altra parte gli era infinitamente grato per essere lì ad aiutarlo. Specialmente in quel momento, in cui l’agitazione gli stava facendo tremare le mani e gli aveva serrato la gola.

Era la prima volta che faceva qualcosa del genere e si era informato a fondo sulle procedure. Grazie a una sua vecchia conoscenza, era riuscito a procurarsi del cloroformio, un paio di manette e anche una piccola pistola, utile per eventuali minacce. Tuttavia, nonostante avesse tutto l’occorrente, aveva una paura tremenda di compiere quello che stava per compiere. Non solo era pericoloso per se stesso, ma anche per la sua vittima, la famosa Tessy Heavens. Se qualcosa fosse andato storto, sarebbe stata lei a risentirne e Jeremy non era abituato a fare del male agli altri. O, per lo meno, non ad altri che non se lo meritassero.

Immergendosi fino al naso nella sciarpa, si concentrò sulla finestra, nella speranza di individuare la ragazza che Cordano gli aveva indicato nella fotografia.

Avrebbe dovuto avere capelli lunghi e scuri, un fisico asciutto, una statura media, arco e violino in mano, sorriso e sguardo orgogliosi. Una bellissima ragazza, pensò. Guardò più attentamente e non notò segni particolari. O forse sì, in effetti uno ce n'era: aveva le orecchie leggermente a sventola, esattamente come il signor Oliver Heavens. La avrebbe riconosciuta per quello, si disse.







"Non vedo l'utilità di questa pagliacciata, Ally."

"Oh, smettila. Ormai siamo qui, non puoi più tirarti indietro."

"Lo sto facendo." Taylor Heavens incrociò le braccia come una bambina, avvolta nel suo cappotto bianco e a disagio sui tacchi.

Allyson guardò la villa decorata da mille luci e poi puntò gli occhi da cerbiatta su Taylor: "Dovrò stare completamente sola. Prima mi abbandona Alex e poi tu. Oh, Tay, sono proprio sfortunata."

"Ecco la tragedia."

"Sai che ti dico? Forse è destino che io non sia felice."

"Ally, per favore. Che disagio."

"Forse è meglio così; almeno avrò più tempo da dedicare a Tessy."

La ragazza roteò gli occhi: "Tu sai proprio quali sono i miei punti deboli, eh?"

Allyson sbatté nuovamente le ciglia e Taylor cedette, lasciandosi trascinare per un polso lungo il vialetto umidiccio.

Ridendo per il pessimo equilibrio di Taylor, arrivarono fino al porticato e suonarono alla porta della festeggiata.





Tessy aprì all'ennesimo ospite, favolosa nel suo provocante abito rosso. Indossava una giaccia di pelliccia che non copriva la vistosa scollatura e le orecchie, in pendant con i polsi, erano adornate da due grandi cerchi dorati.

"Ally!" abbracciò l'amica e le diede come di consueto tre baci sulla guancia, facendo tintinnare tutti i suoi gioielli. "Ho saputo di Alex, mi dispiace davvero ta-" ma la sua voce si smorzò quando vide che Allyson non si era presentata sola. "Taylor."

La sorellastra, imbarazzata, allungò la borsa contenente il suo regalo: "Tanti auguri." recitò senza sentimento.

"Grazie." rispose l'altra, asciutta, lanciando un'occhiataccia all’amica. "Entrate pure."

Le accompagnò nell'immenso salone addobbato per Natale e le invitò a sistemarsi come meglio preferivano.
Sulla parete di fondo c'erano un piccolo palco con un pianoforte lucidato a dovere e un violino altrettanto scintillante, mentre al centro spiccava una pista da ballo. Ai lati della stanza, lunghi tavoli erano stati riempiti di cibi raffinati, tartine, bevande selezionate, ogni prelibatezza che potesse anche solo sembrare costosa. Tutto era sistemato con un gusto e un ordine impeccabili. C'erano anche dei palloncini rossi e, Taylor notò con invidia, centinaia di premi e medaglie con il nome di sua sorella vicino al numero 1. 

"Sono frutto di molti anni di studio. E ovviamente di talento." commentò Tessy, notando il suo sguardo.

"Ognuno ha un suo talento." le rispose Taylor, togliendosi la giacca.

"Peccato che pochi riescano a farne buon uso." la ragazza si ravvivò i capelli, tacendo l’invito ad appenderle il cappotto. "Bel vestito, comunque." aggiunse. "L'avrei scelto anch'io, fossi stata in te. Il nero snellisce."





Ci mancava davvero poco perché Taylor vomitasse sulle costose scarpe di qualche invitato; quella festa era un vero schifo.

Tessy era al centro dell'attenzione di tutti; non facevano altro che adorarla e complimentarsi con lei per la sua grande bellezza, la sua grande casa, il suo grande talento. 

Falsi, pensava Taylor.

In quel mondo basato sul valore delle banconote che le persone tenevano nel portafogli non c'era nulla di vero. Ragazze tirate a lucido e graziose che sfoggiavano un vocabolario raffinato, ma che non avevano la minima idea di cosa fosse la realtà. Ragazzi spacconi e abbronzati, che non avevano mai sentito parlare di sacrificio, essendo stati viziati fin dall'infanzia.

E pensare che avrebbe potuto esserci caduta pure lei in quella falsa realtà. Avrebbe potuto essere cresciuta con la mente annebbiata dalla vanità, dalla superiorità e dall'esteriorità, risultando la persona altezzosa che ora odiava così tanto.

Magari sarebbe stato meglio.

Anzi, a dirla tutta, se quello fosse stato il prezzo da pagare per avere una vera famiglia, avrebbe volentieri venduto la sua anima alla ricchezza. 

Certo, non che non considerasse sua madre la sua famiglia, ma vedendo cosa avrebbero potuto essere in tre, non poteva fare a meno di torturarsi. Provava rancore nei confronti di Oliver e rimpianto perché sul volto di sua madre non c’era lo stesso sorriso che c’era sul volto di Martha.

Sì, era spiacevole da dire, ma quella ferita non voleva smettere di bruciare. E lei la sopportava sempre meno. Non era una questione di orgoglio, ma di pura delusione e tradimento nei confronti di quel papà che non aveva mai avuto.

Un ragazzo nero in un contrastante completo bianco scese in quel momento dalla scalinata di marmo, sistemandosi la cintura. Taylor ne approfittò e gli chiese indicazioni per il bagno; aveva bisogno di allontanarsi un po' da quel girone infernale.

Seguendo le istruzioni, arrivò sul pianerottolo del primo piano e scorse la porta che il ragazzo le aveva descritto, leggermente socchiusa. Peccato che aprendola constatò che il bagno era già occupato da due fuggiaschi. Un ragazzo dai perfetti riccioli biondi e da un altrettanto perfetto naso a punta stava brutalmente pomiciando con una perfetta ragazza fulva, dall'obiettivamente perfetto didietro.

Evitando di sbattere i tacchi, Taylor sgusciò più in fretta possibile nella camera accanto, sorridendo all'idea che almeno altre due anime la pensassero come lei sul fatto che il tema di quella festa fosse davvero noioso.

Solo dopo pochi istanti il suo sorriso si affievolì.

Capì di essere entrata nella stanza di Tessy – era facile, data la vastità degli espositori di premi e il numero dei poster con sue foto alle pareti.

Subito una sensazione di freddo l'abbracciò. Lei odiava il freddo.

Si sentiva vuota in quella camera così piena e, sì, tremendamente invidiosa della fortuna di sua sorella. Ma ciò che le invidiava più di qualsiasi altra cosa era quella foto sul comodino alla destra del letto. Era chiusa in un rettangolo di legno e ritraeva la sua famiglia per intero.

Taylor si avvicinò lentamente, prendendo in mano la cornice e posando subito lo sguardo su suo padre. Aveva le sue stesse orecchie a sventola, cosa che amava trasmettere geneticamente a tutti, e una faccia da uomo realizzato. Orgoglioso. Felice. 

Guardava sua figlia come in quella foto in cui osservava la piccola Taylor sbadigliare davanti all'obbiettivo, diversi anni prima. Dolce e fiero.

Peccato che gli uomini andassero sempre verso la via più ammaliante, dimenticandosi di quella che già stavano percorrendo. Come si dice, mai lasciare una strada vecchia per una nuova, anche se Oliver, che l'aveva fatto, evidentemente non se n'era pentito.

Aveva avuto una figlia perfetta, quella carismatica e talentuosa che aveva sempre desiderato, e una moglie adatta a lui, bella, ricca e giovane.

La madre di Taylor non era riuscita a soddisfare le sue aspettative, non era stata all'altezza di competere con la famosa Martha Gellerd di Chicago, e lui l'aveva lasciata sola. Sola, a crescere la figlia scarsa di cui pagava il sostentamento una volta al mese.

Qualche telefonata di finto interesse, un paio di lettere di riconciliazione e venti biglietti di auguri. Poi basta, suo padre si poteva contare in quell’esiguo elenco di inutilità.
Almeno aveva la decenza di privarsi dei suoi amati soldi nella speranza di rimediare alla sua assenza. Ci riusciva solo in sterline, purtroppo.

Taylor sfilò la foto dalla cornice e, stringendola con dita tremanti, lesse ciò che c'era scritto dietro. Era datato 14 dicembre, di tre anni prima.

"Alla mia piccola perla, con amore, mamma
Al mio scintillante gioiello, con amore, papà
Buon compleanno"

Taylor non riuscì a trattenersi e strappò quella foto in un impeto di rabbia, cacciando indietro una lacrima impaziente di scendere. 

Sentì che era tutto tremendamente ingiusto e che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro, per quanto fosse l’ultima cosa che volesse.

In ogni caso, era meglio non farsi vedere da nessuno. Si alzò sentendo le gambe tremare, nascose i due pezzi nell'elastico dei collant e rimise a posto la cornice vuota, precipitandosi di sotto.

Zigzagò veloce tra gli invitati e, afferrato il cappotto, corse in strada incurante del gelo che le si insinuava nella scollatura e le bruciava le guance bagnate.





Tessy era al centro della sala da ballo, appoggiata al tavolino di vetro.

Stava aprendo i regali, accerchiata dai suoi invitati e dai calici che qualche minuto prima erano pieni di champagne. Alla sua destra, Allyson le faceva da cestinatrice di cartacce e alla sua sinistra Becky Sallivan continuava ad adularla, come al solito.

Da quando l’aveva conosciuta, Becky aspirava a diventare la sua migliore amica, ma quel posto era da sempre occupato da Allyson e questo non sarebbe mai cambiato. Solo che Becky era un po’ tonta e ci sperava davvero.

A Tessy restavano ancora tre pacchi: il primo era proprio quello di Ally. Conteneva un profumo al sandalo e vaniglia e un raffinato beauty case che sicuramente la ragazza aveva scelto appositamente pensando a lei. 

"Ally, il tuo gusto è sempre impeccabile." le sorrise provandosi il profumo.

"Lo so." sorrise lei di rimando e fu felice di aver fatto centro anche quella volta. Ormai conosceva Tessy così bene che avrebbe potuto essere lei la sua sorellastra.

La festeggiata aprì il secondo pacchettino, quello da parte di Eric, il suo secolare ragazzo. Rimase letteralmente a bocca aperta davanti a quella semplice catenina d'argento confezionata a regola d’arte. Non era da Eric fare regali così di gusto, di sicuro si era fatto aiutare da Allyson nella scelta.

Euforica, lo cercò con lo sguardo.
"Dov'è Eric?" chiese a Becky.

"Non lo so, Tess." fece lei, mortificata di non aver saputo dare una risposta al suo idolo.

Tessy fece di spallucce: "Lo ringrazierò dopo."

Decise di rimandare le smancerie con Eric a più tardi, per potersi dedicare all'ultimo pacchetto. Sul bigliettino c'era scritto un semplice 'Tanti auguri, da Taylor'.

Si chiese se l'avesse scritto col cuore e si rispose che no, non l'aveva fatto. Con tutte le probabilità era stata Allyson a obbligarla a scriverlo. Come l’aveva obbligata a comprarle un regalo e a venire alla festa, perché aveva la mania di tentare il riappacificamento ogni qualvolta potesse.

Ma Tessy non avrebbe accettato di condividere un'amica con la sua sorellastra, né tanto meno suo padre. Sapeva che lui aveva abbandonato la madre di Taylor quando lei aveva solo due anni, ma l'aveva fatto per dei buoni motivi, cioè lei, Tessy, e sua madre. Taylor non poteva fargliene una colpa e si indignava per la sua immaturità nel non aver mai saputo accettare questa scelta.

In ogni caso, quella ragazza non le piaceva a prescindere, perché non si comportava come tutti gli altri e perché la disprezzava. E lei odiava essere disprezzata.

Scartò il regalo e scoprì un libro al suo interno: 'Orgoglio e Pregiudizio'. Non l'aveva mai letto, e mai l'avrebbe fatto, ma aveva la netta impressione che non fosse un titolo scelto a caso. Fortunatamente, la sorellastra era sparita, così non avrebbe dovuto ringraziarla.

"Lo leggerai, vero, Tess?" le domandò Allyson, supplicante.

"Ally, mi domando ancora perché tu l'abbia invitata."

La ragazza le lanciò un'occhiata di rimprovero e finì di sistemare le cartacce dei regali assieme a Becky. 

Mentre alcuni ragazzi si servivano della torta, Tessy salì al piano superiore e si chiuse in bagno, di mal umore. Si accorse subito che tutto il ripiano della specchiera era in disordine, cosa che la fece infastidire ancora di più. Probabilmente qualcuno era salito a pomiciare e aveva lasciato il disastro come al solito.

Sbuffò. Sistemò velocemente il ripiano e poi si concentrò sulla sua immagine allo specchio. Ritoccò il rossetto e si rinvigorì le guance con un colpo di phard.

Era diciottenne e aveva una vita fantastica, eppure quella sera c'era qualcosa di strano nell'aria. Forse era la presenza di Taylor, forse era solo una sua impressione, forse era il suo nuovo profumo di sandalo e vaniglia. Non riusciva a spiegarselo.

Uscì dal bagno e sbatté addosso a qualcuno.

"Eric!"

"Tessy!"

Il ragazzo sembrava parecchio imbarazzato e, cosa ancora più preoccupante, aveva uno sguardo colpevole.

"Dov'eri, tesoro? Volevo ringraziarti per la collana." Tessy gli cinse i fianchi con le braccia e fece per baciarlo, ma lui si ritrasse.

"Prego." fece un sorriso tirato. "Tessy, devo parlarti."

Lei aggrottò la fronte: "D'accordo, andiamo in camera mia."

"No!"

"Perché no?" chiese, stupita e confusa.

"Perché...perché è una sorpresa di compleanno." biascicò, tentando di spingerla verso le scale. "È fuori. Ti sta aspettando fuori."

"Fuori?" disse sospettosa. "Fuori c'è freddo, Eric. Che cosa mi nascondi?"

Il ricciolino rise nervoso: "Niente, amore. Che cosa ti dovrei nascondere?"

"Beh, vediamo subito." rispose lei, pungente.

Senza indugiare, sgusciò dietro Eric e spalancò la porta della sua camera da letto. Scoprì dietro di essa un'imbarazzatissima ragazza dai capelli rossi, completamente spettinati, che reggeva goffamente le spalline del vestito come se l’avesse indossato nei precedenti due secondi.

Per lo shock, Tessy rimase immobile a fissarla con gli occhi spalancati, poi mollò la maniglia, quasi scottasse, e si volse verso Eric.

"Tu mi fai schifo!" gridò.

Lui abbozzò un timido passo verso di lei: "Dai, amore, ti posso spiegare…"

"Amore? Lei è il tuo nuovo amore!" lo aggredì, facendolo indietreggiare. "Non mi servono spiegazioni, è stata una bellissima sorpresa, anzi, sai che ti dico? Il più bel regalo di compleanno che potessi farmi!"

"Tessy, aspetta." cercò di difendersi lui. "Non è come pensi."

"Ma smettila di dire cretinate; guardala!" indicò la rossa, furente. "Sembra che le sia passato sopra un camion!"

"Senti, mi dispiace, è stato un momento di debolezza." spiattellò con la voce rotta e la disperazione nello sguardo. "Ma ci siamo solo baciati, niente di più."

"Niente di più?" ripeté Tessy, con gli occhi fuori dalle orbite. "Hai deciso di festeggiare il mio diciottesimo compleanno limonandoti Pippi Calzelunghe del ventunesimo secolo e ora hai il coraggio di venirmi a dire che non c’è stato niente di più. In questo caso, tanti complimenti Eric, sei un emerito stronzo e tu," si volse verso la ragazza impaurita. "Tornatene a Villa Villacolle e goditelo pure finché non avrà il suo prossimo momento di debolezza!"

Uscì dalla stanza prendendo contro Eric di proposito. Scese le scale correndo, passò per la cucina senza farsi vedere e uscì dal retro, al freddo della notte, scoppiando in lacrime come mai aveva fatto.




Jeremy sussultò quando vide la ragazza uscire di corsa dalla villa. Sembrava tutto così calmo visto dall’esterno, ma evidentemente si sbagliava.

La giovane percorse il vialetto per qualche metro, poi si nascose dietro alla quercia, non troppo distante dalla postazione di Jeremy. Si abbandonò su un’umida panchina di legno e si coprì il viso con le mani, intensificando quel disperato singhiozzare.

Sotto la fioca luce del lampione, Jeremy riusciva a vederla discretamente e provò dispiacere per lei, anche se non conosceva il motivo della sua tristezza. Sentire qualcuno piangere gli aveva sempre dato fastidio, perché odiava chi si mostrasse debole, tuttavia quel pianto convulso e infantile era diverso. Era talmente forte che provocava in lui una strana reazione. Una specie di immotivato odio verso la causa di quelle lacrime, qualsiasi essa fosse.

Si riscosse da quella sensazione, serio, e si impose di concentrarsi.

Osservò meglio la ragazza a pochi passi da lui e, nel farlo, scorse un dettaglio che accese un campanello d'allarme nella sua testa. Due pallide orecchie a sventola spuntavano dai ciuffi castani dei capelli.

Estrasse la foto che aveva ficcato in tasca e poi guardò la ragazza di fronte a lui. Nell'oscurità non riusciva a giudicare l’altezza e la corporatura, mentre il viso era nascosto tra le mani, ma senza ombra di dubbio le orecchie e i capelli erano gli stessi della foto. Ne era sicuro.

L'occhio gli cadde allora su qualcosa di scintillante al collo scoperto della ragazza. Era una catenina d'argento con una medaglietta a forma di T, che pendeva assecondando i sussulti del pianto.

Si trattava forse di un aiuto divino? Era stato l'Onnipotente a facilitargli quel compito mandando direttamente Tessy Heavens da lui? Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. No, un momento, stava confondendo le religioni. 

Lui non credeva in nessun dio, ma credeva nella fortuna e, forse, era stata lei a metterci lo zampino. Non poteva spiegarselo in nessun altro modo.

Prese il fazzoletto che aveva legato alla cintura e lo inumidì di cloroformio, poi lo nascose dietro la schiena, intento ad avvicinarsi alla ragazza. Proprio in quel momento, però, lei si alzò dalla panchina, asciugandosi gli occhi.

Stava per andarsene, ma Jeremy non se la sarebbe di certo fatta scappare.

"Tessy Heavens?"

La ragazza sobbalzò per lo spavento e puntò gli occhi verso la quercia che aveva di fronte. Scrutò il buio per qualche secondo e poi incrociò un paio di occhi glaciali che la fecero raggelare sul posto.

Un tizio sconosciuto mosse un cauto passo verso di lei e il cuore le balzò nel petto per la paura. Provò scappare, ma i suoi muscoli non risposero; si erano inchiodati in una morsa di panico.

"Chi sei?"
Cercò di costringere le sue gambe a muoversi e indietreggiare, ma finì solamente per sprofondare nelle sterpaglie e nel nevischio gelido.

"Chi sei?" ripeté più forte.

Jeremy non voleva che urlasse, ma lei sembrava proprio in procinto di farlo, così la afferrò saldamente per la vita, la immobilizzò e premette il fazzoletto sulla sua bocca.

Successe tutto in una manciata di secondi; i suoi mugolii si dispersero nell'aria senza che un'anima se ne accorgesse e ben presto esaurì l’energia per riuscire a protestare. Finché ne ebbe la facoltà, tentò di liberarsi dalla sua stretta, colpendolo in vari punti, ma poi il cloroformio fece il suo effetto. Jeremy sentì il freddo corpo della ragazza perdere nervo tra le sue braccia; i suoi occhi impauriti cedettero all’anestetico e la sua testa si abbandonò contro la sua spalla. Dovette reggerla per non lasciarla cadere sulla neve, così la prese in braccio e inviò il messaggio ad Alex.

Mentre si avviava verso la strada, si accorse che addosso non aveva che quel misero vestitino, così torno indietro e raccolse la giacca che aveva perso. Sospirò di sollievo per aver rimosso un possibile indizio e distese l’indumento sul corpo della ragazza, per ripararla dal freddo.

Nel compiere questo gesto, un odore familiare gli riempì le narici.

Si bloccò sul posto, stordito. 
Non poteva crederci, quel profumo era lo stesso che dava odore ai suoi ricordi. Credeva di averlo dimenticato per sempre.
 
Non riuscì a dominare la sua mente e vide un piccolo Jeremy aggrapparsi al maglione della madre per salire fino al collo, perfetto per ospitare le dimensioni della sua testa scompigliata. Le ciocche bionde della donna gli solleticavano il nasino, ma a lui piaceva, perché avevano un buon profumo.
-Che buon odore che hai, mamma.-
-E' il profumo della mia felicità.-
-E di cosa profuma la tua felicità?-
-Di te, Jeremy.-

La vecchia auto si parcheggiò rumorosamente davanti a lui e stemperò bruscamente l’immagine tra le luci dei fari. Jeremy strinse la ragazza a sé, trattenendo il fiato per non dover respirare ancora quel profumo di nostalgia. Salì in macchina più veloce di un fulmine, sistemando la giovane nel sedile posteriore e controllando di non essere osservato da nessuno.

Appena saltò sul sedile del passeggero, Alex premette l’acceleratore, diretto senza più possibilità di ripensamento verso i confini di Bourton.





Jeremy si sentiva stordito. Non era riuscito a reprimere quel ricordo, anche se era abituato a farlo da anni, ormai.

Ogni volta che gli si presentava alla mente un momento della sua infanzia, lo cacciava indietro stringendo i pugni, intransigente. Ultimamente si era allenato e riusciva a farlo con facilità, eppure quella volta non ci era riuscito. Com’era possibile?

Era bastato un po' di profumo per far abbassare le sue difese, per renderlo vulnerabile alla memoria e questo lo spaventava più del fatto di avere una ragazza che lui stesso aveva drogato nel sedile dietro.

"Jeremy, non ci posso credere!"

Alex leggeva il pensiero?
Si rivolse verso di lui, il viso sconvolto.
"Che c'è?" indagò, preoccupato.

"Sei un caso irrecuperabile, è un miracolo che tu ce l'abbia ancora attaccato alla faccia!"

Cercò di decodificare il linguaggio dell'amico, ma a volte era impossibile anche per lui, così si limitò a fissarlo ancora in uno stato confusionale.

Alex sbuffò, abbassò lo specchietto davanti a Jeremy e indicò il suo riflesso. Allora capì; aveva di nuovo il viso insanguinato per colpa del naso. Quella Heavens doveva averlo colpito ed essendo un punto sensibile (e piuttosto sfortunato, si direbbe) si era trasformato in rubinetto.

"Oh, dà qua, ci penso io." si offrì Alex prendendo una confezione di Kleenex dal portaoggetti.

"No, tu pensa a guidare. È meglio del sangue dal naso che finire sotto un tir." Jeremy estrasse tutti i fazzoletti dal pacchetto e si mise a testa in su, tamponandosi le narici.

"Vedi che sbagli? La testa la devi tenere all'ingiù e devi premere sul naso."

"Sì, così facciamo le cascate del Niagara."

"Tanto la macchina è mia."

"Ok, dottor Bell, allora procedo, poi se dici chiamo pure Noè a dividere le acque del Mar Rosso."

"Guarda che è Mosè, non Noè. Si vede che marinavi il catechismo."

Jeremy ridacchiò con voce nasale: "Tanto sono utili entrambi, perché se non è Mar Rosso, è Diluvio Universale."

"Immagino che quando andavi a confessarti, il parroco ti sottoponeva a degli esorcismi per le scemenze che dicevi."

"Era lo stesso parroco che consigliò a tua madre di tenermi lontano da casa vostra con l’aglio e l’acqua santa. Ti ricordi? Le diceva che saresti finito in viaggio verso l'inferno accanto a satana. Un profeta, era."

Un mugolio dal retro fece zittire improvvisamente entrambi.

Jeremy si voltò per controllare e vide che, fortunatamente, la ragazza era ancora addormentata. Respirava profondamente e di tanto in tanto bofonchiava delle cose; cose che non avevano senso e appartenevano senza dubbio a una dimensione onirica.

Aveva usato pochissimo cloroformio, perché gli avevano detto che era pericoloso. Aveva paura che si svegliasse troppo presto per capire ancora dove si trovassero, ma non poteva fare nulla, se non sperare e passare il resto del viaggio in silenzio.

La guardò un’ultima volta: aveva ancora il viso rigato di lacrime, ma un'espressione molto più serena in volto. Sperava che si sarebbe dimenticata il motivo del suo pianto una volta sveglia, anche se non lo credeva possibile.









Allora, vi sta piacendo? Haha XD Non vi preoccupate, se vi sembra ci sia un po' di confusione trai filoni, vedrete che fra poco diventerà tutto più chiaro!
La traduzione del titolo è: Foto rotta, cuore rotto, naso rotto. Chissà perché, eh XD #poveroJeremy

 
PUBBLICITA':
Se vi va, passate a leggere le altre mie due storie
Io e te è grammaticalmente scorretto , e Io e te è grammaticalmente scorretto 2, di cui, per quanto riguarda la prima, uscirà il libro a marzo 2017!


Un estratto da 
Io e te è grammaticalmente scorretto 2:

Mattia sospira, concentrato, cercando di capire come ovviare il problema.
“Intanto è inutile che ti copri le tette.” posa la mano sul mio avambraccio e mi esorta a rilasciare la mia posizione a riccio, ma io gli oppongo resistenza.
“Ti vuoi rilassare un secondo?” domanda, spazientito.

“Ehi, mister addominali.” dico, riferendomi alla sua totale tranquillità nel rivelarsi al mondo a torso nudo. “Qui ci sono delle aree private da mantenere tali, ok?”

“Non ho mai detto di voler violare la tua privacy.” mi tranquillizza. “E poi, sto solo cercando di farti stare meglio più in fretta. Ti ricordi quando ti sei gentilmente presa cura della mia allergia con metodi nazifascisti? Ecco, sono sicuro che preferiresti che non lo facessi anch'io.”



Direi che è un genere completamente diverso da "All I want" XD
Se poi vorrete unirvi al gruppo in cui si sta assieme, si parla di tutto e si condividono momenti bellissimi, vi basterà cliccare qui e io approverò la vostra iscrizione:
Grammaticalmente Scorretti 
Oppure potete chiedermi l'amicizia su Facebook come  Daffy Efp :)

Buon Natale,

Daffy

P.S. "All I want" è stata pubblicata in una sua prima versione nel lontano 2010, ma ad oggi (18/12/2016) tutti i capitoli sono stati modificati con aggiunta di parti importanti. Spero di aver fatto un buon lavoro :D




   
 
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