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Autore: Sophia_Snape    06/12/2005    32 recensioni
Leggete e commentate.
Ciò che segue [purtroppo] non sono bugie...
DISCLAIMER:
Quanto segue non corrisponde (o forse sì, ma io non lo posso sapere) alla realtà. Qualsiasi idea espressa in questa fanfiction non corrisponde alle reali idee degli effettivi personaggi.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA VERA VITA DA STAR

Credevo sarebbe stato bello.
“Sarai Hermione Granger” mi dicevano “Che fortuna!”.
Bhe.. non è stato così.
Almeno, adesso, nel primo periodo mi piaceva anche.
Ma ora… eccomi, in un lettino d’ospedale.
Non il San Mungo.
A dire il vero ci assomiglia parecchio… con la particolare differenza che sono al reparto per disintossicamento.
Ma andiamo con ordine, tornando al primo giorno delle riprese.

Chris mi aveva detto che ci saremmo incontrati allo studio alle nove in punto, con gli altri attori.
Così, tutta eccitata per l’evento partii da casa mia alle otto e mezza, arrivando puntuale.
Un babbuino mi squadrò da capo a piedi per qualche secondo, e dopo un po’ d’incertezza mi fece segno di seguirlo all’interno.
Arrivai in una stanza dalle pareti azzurre.
Vi era una scrivania e tre sedie, due delle quali erano già occupate.
Il regista mi fece segno di sedermi nella terza e poi, rivolto ai due ragazzi, mi presentò.

-Daniel, Rupert, lei è Emma -

I due si voltarono verso di me, osservandomi con attenzione.
Capii quasi subito che i due ragazzi avrebbero formato, insieme a me, il magico trio, e supposi che fossero piuttosto simpatici.
Errore.
Il primo, Daniel, era una di quelle persone che pensano di essere delle gran star, solo per aver girato una serie televisiva, e dei gran rocckettari solo perché sa tenere una chitarra in mano.
Il secondo, Rupert, era senza dubbio un bravo attore, ma si sentiva superiore a tutti, essendo più grande di noi, come diceva lui, e quindi, bisognava riservargli un occhio di riguardo.
I miei incubi iniziarono da lì. Da quello stupido pezzo di carta scritto in piccolo e quella pena a sfera affianco.
Firmai il contratto esclusivo che mi legava al film fino all’ultimo.
Io, ed io sola, sarei stata Hermione Granger.
Questo era quello che mi ripetevo per darmi coraggio in un ambiente sconosciuto, pensando che se quei due non erano simpatici, sicuramente gli altri erano meglio.
Errore di nuovo.
Partiamo da Tom.
Tom Felton.
Avete presente quelle ragazze vanitose, ma così vanitose che si fanno l’assicurazione sui capelli?
Ecco, Tom aveva l’assicurazione sui suoi bellissimi ciuffi dorati.
Così, che in ogni scena che cercavamo di girare con lui, bisognava interrompere, o perché lui si era fatto male ad un’unghia, o perché si doveva sistemare i capelli, ma la peggiore di tutti era quando s’incantava nella sua immagine.

-Ma sono così bello!- si giustificava piagnucolando.

Avete presente una pallina su un piano inclinato?
Inizia a rotolare, no? Prima piano, poi sempre più forte, sempre più forte, finchè non si ferma da sola.. una volta finita l’energia acquisita durante la rincorsa.
Quella era la piega che prendeva la mia vita.
Dalla cima più alta dell’eccitazione di essere diventata famosa, iniziava a scendere…prima piano, poi forte.

Dopo mesi e mesi di duro lavoro, nei quali, almeno io ce la mettevo tutta, arrivò finalmente il giorno della prima.
Chris ci chiamò a raccolta.

-Sorridete, miraccomando, fate gli amiconi, chiaro? Non scordatevi mai che vi abbiamo pagato tantissimo, e non perché voi passiate il tempo a scannarvi- ci aveva detto con aria seria, quasi da minaccia.

Per fortuna era quasi finito, e dopo pochi minuti avrei potuto riabbracciare le mie migliori amiche.

Ma loro non c’erano.

Ricordo che le cercai per tutta la Sala… senza trovarle.
Conobbi all’incirca sette persone in quel lasso di tempo.
Ma di Karen ed Helen non c’era traccia.
Il mondo mi crollò addosso.
Se non fosse stato per Chris dietro di me a sussurrarmi che se provavo anche solo a mostrare un po’ di dispiacere mi pagava un quarto di quanto pattuito, sarei scoppiata in lacrime.
Corsi in bagno, piegandomi sul lavandino, ed una volta controllato di essere sola, iniziai a vomitare.
Tutto. Ogni cosa.
Stavo male e quell’incubo era solo all’inizio.

Quando tornai a casa, quella sera, mi misi a letto, abbandonando il vestito Armani sul pavimento, fregandomene altamente.
Ma, sorpresa, sorpresa, non era finita lì.
Sapete cosa vuol dire ‘essere venali’?
Che l’attaccamento al denaro è talmente alto da non poterne fare a meno.
Quella sera scoprii che un po’ di soldi, inducono anche i più pacifici degli angeli ad uccidersi.
Perché questo erano i miei genitori.
Angeli.
Angeli, che però, volevano i miei soldi.
E che sebbene fossero tanti, non erano abbastanza per tutti e due.
Chiusi la porta della mia stanza a chiave, premendomi il cuscino sulle orecchie e maledicendo quel contratto infernale.

Come ci sono finita qui?
In un letto, all’ospedale psichiatrico con un flebo attaccato al braccio?
Con calma… adesso ci arrivo.

Passai il lungo periodo che trascorse fra un film e l’altro in solitudine.
I miei erano in lite, e le mie amiche parevano essersi dileguate nel nulla.
Mi sentivo triste e depressa, così, decisi di fare quello che facevo di solito, prima di fare il film.
Andare a cavallo.
Imboccai l’uscita di casa mia lanciando occhiate d’odio a me stessa con quel sorriso da ebete su tutti i poster che aveva comprato mia madre.
Quelle stupide foto.

-Andiamo Emma..- mi aveva detto mia madre –Ti pagheranno ancora di più se le fai..- e così avevo fatto, sperano che almeno lei mi sarebbe rimasta vicino.
Invece no.
Ora passa i pomeriggi dal parrucchiere o a fare shopping in un qualche negozio ultra-costoso.
Ma appena c’era qualcosa per la quale mi potevano pagare di più, diventava all’improvviso la madre perfetta.
All’improvviso mi venne l’idea.
Sarei andata dall’unica persona che mi voleva ancora bene.
Un affetto sincero… Tim.
Timothy Robbison. Il mio ragazzo.
Mai conobbi una persona speciale come lui, e come avevo previsto, non appena mi vide mi corse in contro, coprendomi di coccole.
Passammo un pomeriggio meraviglioso, abbracciati sul piccolo divano che era situato sulla veranda di casa sua.
Gli raccontai tutto.
Di quanto era terrificante l’ambiente e di come odiavo quel lavoro.
Lui mi consolò con un bacio, tenendomi stretta e promettendomi che mi sarebbe stato vicino sempre.
Sapevo che l’avrebbe fatto.
Che avrebbe mantenuto la parola, e tutto d’un tratto la vita mi sembrava andare meglio.
Quanto mi sbagliavo.
Qualche mese dopo tornai sul set, per girare il secondo film.
Dopo qualche giorno di riprese convocarono me e Tom e con la scusa del servizio fotografico ci fecero fare delle foto ambigue.

“E’ solo un servizio” pensavo “Non c’è nulla di male! Tim capirà”.

Invece no.
Fecero dei fotomontaggi, pubblicando ovunque che io e Tom Felton stavamo insieme.
Quando lo venni a sapere chiami Tim, cercandolo ovunque, pregando che rispondesse.
Non c’era.
Come tutte le mie amiche sparì anche lui in una nuvola di fumo.
Fu così che la pallina di ferro continuò a rotolare.
Ero convinta di aver toccato il fondo.
Non sarei andata più in giù di così.
La mia vita era uno schifo totale e io ne ero consapevole.
Sbagliavo nuovamente.
C’erano ancora parecchi gradini prima che toccassi definitivamente il fondo… ed io li stavo percorrendo tutti.

Al mio fianco, a destra, c’è Bonnie.
Io toccavo il fondo.
Ma lei lo toccò prima di me.
A metà del secondo film diventammo amiche.
Parlavamo di tutto. Ogni cosa.
Anche la sua vita stava andando in rovina.
Credo sia stata, insieme a Daniel, più avanti, la mia unica amica.

Durante il secondo film non ci furono particolari problemi.
A parte, ovviamente, la mia rottura ipotetica con Tom e il mio fidanzamento con Daniel.
Il regista pensava che facesse pubblicità… ma io sapevo cosa dicevano di me.
Come mi chiamavano le ragazze: Emma la puttana.
Ma la fine, la vera fine, iniziò col terzo film…fu allora che mi accorsi di quanto ero caduta in basso… e che oramai non avevo più speranze di risalire.
Era… Luglio, sì, metà Luglio.
Una mattina particolarmente soleggiata e fresca.
Un raggio di sole mi aveva colpito in fronte, svegliandomi dal mio letto.
Aprii un occhio, ancora assonnata e mi rigirai nel letto nella speranza di dormire.
Uno strano bussare alla porta misto a singhiozzi, però, mandò a farsi benedire il mio sonno.
Mi avvicinai sbadigliando e la cosa che vidi mi schokkò.
Bonnie.
Era Bonnie, aveva un lenzuolo legato sopra il petto e tutti i capelli scompigliati, il viso arrossato dal pianto.
Preoccupata la feci entrare e sedere sul letto.
Una parola.
Con una parola capii tutto.
Capii il perché di quella visita così mattiniera, dei suoi graffi sulla schiena, e del suo pianto.

-Cuaron- mormorò fra i singhiozzi.

Era successo.
L’incubo di ogni attrice.
L’abbracciai stretta, stretta, senza dar segno di lasciarla andare.
Poi la presi per le spalle e la guardai negli occhi.

-Denuncialo- le dissi con decisione.

-Non posso Emma… ha… ha… detto che… che… se non lo facevo… mi… mi… cacciava- ha detto singhiozzando. –Verrà anche da te, Emma!- chiusi gli occhi abbracciandola di nuovo.

Come al solito, la mia amica aveva ragione.
Venne anche da me, iniziò con dei complimenti su quanto fossi bella.
Mi conosceva, sapeva che non avrei retto allo stress del lavoro che mi stava assillando.
Io, racimolai tutto il coraggio che avevo e lo mandai molto gentilmente a cagare.
Fu in quel periodo che iniziò la mia amicizia con Daniel.
I suoi genitori si erano separati ed ora… non aveva più nessuno, se non la sua musica.
Diventammo amici.
Così amici che passavamo ogni minuto libero insieme.
Io, lui e Bonnie.
Stressati e depressi.
Così, mentre i ragazzi normali guardavano con invidia noi, noi bramavamo ardentemente il loro posto.
Arrivò anche quella volta la prima al cinema. Ma Cuaron temeva che non saremmo stati capaci a sorridere benevoli a tutti i nostri fan.
E aveva ragione.
Perché se quella sera anche solo un ragazzo fosse venuto a dirmi quanto fossi carina o quanto fossi brava o bella, sarei scoppiata in una crisi isterica.
Ci chiamò a raccolta iniziando ad elogiare il nostro lavoro ed iniziando a dire che capiva quanto potevamo essere stanchi, ecc. e per alleviare il nostro dolore ci porse una caramella bianca.

-Vi farà sentire meglio, vedrete- la mangiammo tutti.
Passai una serata meravigliosa.
Sorridevo a tutti, io e Dan facevamo i fidanzatini coi fotografi, credo anche di averlo baciato.
Ma quella notte… feci gli incubi più orrendi della mia vita.
Mostri che prendevano il sopravvento nella mia stanza, sudavo e tremavo allo stesso tempo… ero stata drogata.
Ma fu quella pasticca a mandarmi avanti.
Così, fu anche per il quarto film.
Ogni volta che eravamo nervosi lui ce ne dava una e noi ci calmavamo.
Fu così, che una notte, acconsentii.
Newell iniziò col complimentarsi con me per come mi ero vestita, ed andò sempre più avanti, fino a che non mi sussurrò qualcosa all’orecchio.
Non ricordo cosa fosse, ma ne ricordo i risultati.
La mattina dopo ero raggomitolata nel mio letto disgustata da me stessa, mentre lacrime amare rotolavano sulla mia guancia.
Bonnie venne varie volte a vedere come stavo.
Non le aprii mai.
Sentivo la sua preoccupazione, ma non m’importava. Ero furiosa con lei.
Perché non mi aveva avvertita?
E Daniel?
Perché non mi aveva protetta da quel mostro?
Capii più avanti, che la colpa era solo, e soltanto mia.

Mancava poco al fondo.
Pochissimo.
Giusto qualche mese.
Con il quinto film lo toccai.
Eravamo tornati.
Io, Bonnie e Daniel di nuovo insieme.
Passammo giornate felici, drogandoci sempre di più di quelle pasticche di cocaina.
Ma cosa potevamo saperne noi?
Ci facevano stare bene e lo stress era diminuito notevolmente.
Ingenue.
Una mattinata di fine Gennaio mi svegliai.
Sentivo le urla del regista raggiungere il corridoio.
Era successo qualcosa di grave.
Mi vestii velocemente e vidi Bonnie seria più che mai venirmi in contro.
Per terra, vicino all’uscita c’era un sacchetto della spazzatura più grande del solito.

“Strano” pensai. “Ieri sera sembrava più piccolo…”

-Cos’è successo?- domandai.

-Se n’è andato! Quel bastardo non poteva scegliere momento migliore!- mi sbraitò contro il regista.

-Si può sapere cos’è successo?- urlai a mia volta.

Lui mi afferrò prepotentemente la mano, trascinandomi verso il sacchetto e aprendone il davanti.

Il viso pallido di Daniel apparve.
Le pupille dilatate lo sguardo perso nel vuoto.

-Quel coglione del tuo amico ha sbagliato le dosi!-

-Co-come prego?-

-Sveglia Emma! Quello stronzetto di Daniel Radcliffe ha preso troppa coca in una volta sola ed è schiattato!-

Ero sconvolta.

Ci stava drogando.

Ed io non lo avevo mai saputo.

Lo sentii ordinare a Jim, il macchinista di trovare un’idiota e di farla sembrare morte accidentale, e di sgombrare in fretta il cadavere, perché in mezzo alla mensa faceva schifo.

Ero disgustata.

Andammo avanti, trovammo un altro attore altrettanto bravo, fino all’uscita del quinto.

La sera della prima ci sentimmo tutti male e fummo ricoverati d’urgenza.

Così adesso eccomi qui.
Attaccata alla macchina come un vegetale.
Certa gente crede che se una persona è in coma non sente nulla.
Sbaglia.
So ad esempio che mia madre non è mai venuta a trovarmi e tutto ad un tratto ha avuto un crollo finanziario, morale, mi odia.
Poco male, io odio lei.
So che il regista ha sospeso i film e sono tutti sotto processo.
So che Tom, a sinistra, sta lentamente crollando.
So che Rupert è già crollato.
Sento il suo cardiogramma fare un suono regolare.
Addio Rupert.
Questo ho pensato, quando l’ho sentito.
Come ho pianto quando è morto Daniel.
So che molti miei amici sono venuti a chiedermi scusa per non esserci stati.
Tim è venuto varie volte, dicendomi che mi ama, pregandomi di non andarmene.
Ecco… anche Bonnie è andata.
Addio Bonnie. Sei stata una grande amica.
Poco distante sento Tom.
Bye Bye Tom, anche se eri vanitoso, eri un bravo attore.
Chissà, magari fra poco toccherà anche a me…
Sento i singhiozzi convulsi di Tim al mio fianco.
Mi tiene la mano.
Ci sono tante cose che vorrei dirgli prima di andarmene.
Ma solo una riesce ad uscire dalla mia bocca arida.
Non so neanche come abbia fatto, ma c’è l’ha fatta.

-Ti amo- mormoro.

Il mio ragazzo alza la testa e mi guarda.
Riesco a malapena ad aprire un occhio ed ad osservarlo.
Si mette ad urlare, mentre un sorriso si fa spazio sul suo viso.

-E’ VIVA! E’ VIVA!-

Infermiere e dottori accorrono al mio letto.
Così, sotto la felicità di tutti chiudo gli occhi di nuovo… addormentandomi profondamente, e per sempre.

Inizio a viaggiare, su un treno particolare, di quelli vecchio stile.
Mentre mi allontano sento i singhiozzi del mio ragazzo, ma in quel momento, vi sembrerò insensibile, ma non mi interessa.
Indosso una gonna grigia a pieghe, una camicia bianca ed un maglione dello stesso colore della gonna.
Da uno scompartimento vicino al mio un ragazzo è alla ricerca del suo rospo.
Mi avvicino per aiutarlo, girovagando per il treno, fino a capitare in uno scompartimento particolare.
Due ragazzi vi sono seduti, uno moro, gracilino, ha gli occhi verdi, porta degli occhiali malridotti, il secondo ha i capelli fulvi e gli occhi color cielo.
Stanno ridendo e si abbuffano di dolci.

Mi viene da ridere, ma, invece di fare la solita so.tutto.io. gli sorrido come meglio posso

-Scusate, posso sedermi?- chiedo.

-Certo!- risponde il fulvo.

-Per tutte le cavallette ma tu sei Harry Potter! Io sono Hermione Granger, e tu sei…?-

-Ron Weasley -

-Piacere-

  
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