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Autore: AlphaStarlights    22/12/2010    1 recensioni
John Parry – o Stanislaus Grumman, o ancora Jopari, ma sempre e comunque papà per Will – se ne stava disteso beatamente sulle pietre fredde e bagnate.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ghiaccio cominciò a mescolarsi al sangue di Will, riempiendo, troppo rapidamente, le vene, congelando le ossa, lasciandolo pietrificato. Lui... lui aveva appena visto suo padre e non aveva nemmeno avuto tempo di abbracciarlo che...

Trovò la forza per girare la testa e guardare con occhi terribilmente vacui la strega che era planata accanto all’uomo che aveva amato e che ora aveva ammazzato. La riconobbe.

Lei, Juta Kamainen, stava singhiozzando con straziante disperazione. Ma Will non era straziato, non per quella creatura che aveva appena ucciso la ragione che lo aveva spinto fino in quell’altro mondo. Si liberò della morsa di gelo che gli bloccava gli arti e le saltò addosso.

Troppo tardi.

Juta fu più veloce di lui. Singhiozzando ancor più appassionatamente, corse via urlando: «Perdonami Will, non sapevo... L’ho amato... l’ho amato...» e le montagne rieccheggiavano di quelle parole intrise di tristezza, terrore, nostalgia.

La notte si inghiottì ben presto la voce della strega che continuava a gridare con disperazione.

Poi... nulla.

Nulla finché un’eco giunse lontana: «L’ho amato...».

Will non poté fare a meno di capire che quell’eco proveniva dal burrone alle sue spalle, quello sul cui bordo lui e Lyra avevano cautamente camminato in mattinata. E non poté nemmeno fare a meno di notare il pettirosso-daimon della strega svanire nell’oscurità come se non fosse mai esistito.

Due vite si erano spente in pochi secondi, ma con una di quelle due vite anche una parte del cuore di Will aveva smesso di battere: quella parte che aveva sempre sognato di abbracciare suo padre, quella che sentiva che un giorno sarebbero stati felici insieme, quella che aveva sempre immaginato di provare l’amore di quel padre che per troppi anni gli era mancato.

Ora che il dolore di Juta era stato ingoiato dal precipizio, il suo si fece ancor più forte – e non certo per la morte di quella maledetta strega che gli aveva portato via una delle cose più preziose al mondo.

«Pa-pà...» mormorò piano nella notte. «Papà...». Voleva assaporare tutte le sfacettature di quella parola meravigliosa che non avrebbe potuto dire mai più una volta lasciato quel luogo.

John Parry – o Stanislaus Grumman, o ancora Jopari, ma sempre e comunque papà per Will – se ne stava disteso beatamente sulle pietre fredde e bagnate. Il suo volto pallido, stanco, fiero e intelligente era illuminato dal fioco fascio di luce della lanterna ancora accesa. Will guardò di nuovo quei tratti che – si rese conto – aveva sempre amato: la mascella sporgente, la fronte spaziosa, le labbra piegate in un sorriso, e... e gli occhi che Will aveva ereditato. Fissò lo sguardo in quell’azzurro intenso e scoppiò a piangere. I suoi singhiozzi erano, se possibile, ancor più strazianti di quelli di Juta Kamainen e si disperdevano nella notte come quegli angeli che, là in alto, volavano verso la fortezza di Lord Asriel.

Con mano tremante, il ragazzo chiuse delicatamente le palpebre del padre.

«Papà!» iniziò ad urlare mentre gli accarezzava la fronte, i capelli, il mento. «Papà!». Prese per le spalle la figura dello sciamano, ormai esile a causa della malattia mortale. «Papà...» la sua voce era un gemito ora. «Le dirò che l’hai sempre amata, papà...». Strinse il corpo freddo e bagnato di John Parry nell’abbraccio più intenso che poteva. «E che non ci hai mai dimenticati, papà...». Le sue braccia magre eppure forti tremavano per il pianto. «Farò tutto quello che mi hai detto, papà...». Accarezzò quella schiena inerte. «Andrò da Lord Asriel, e dopo tornerò da mamma, papà...». Lo strinse di nuovo, facendo attenzione a non conficcare più a fondo la freccia di Juta Kamainen in quel cuore già martoriato dalla malattia e dal dolore. «E salverò anche Lyra, papà...». Appoggiò delicatamente l’uomo che amava di più al mondo su quel profilo inospitale. «Mi ricoprirò del tuo manto, te lo giuro, papà...». Passò le dita sulle piume della cappa del padre e decise di sfilargliela perché era calda, perché a lui non sarebbe più servita e, soprattutto, perché in questo modo poteva portare con sé un ricordo dell’uomo a cui aveva pensato costantemente per interi dodici anni.

«Ti voglio bene, papà...». Pronunciò l’ultima parola in un sussurro, con voce incrinata. Tremando di dolore, rabbia, paura, infelicità e, in fondo, anche amore, Will si chinò a baciare la fronte di John Parry. Le sue lacrime bagnarono il volto dello sciamano.

Dopo essersi infilato il manto inzuppato di pioggia e aver raccolto la borsa di pelle di renna di John, Will, tenendo in mano la lanterna per farsi strada, si preparò a lasciare con mestizia quel luogo. Voltò ancora per un attimo la testa indietro: giusto il tempo di imprimersi nella memoria quel sorriso saggio, quei tratti amabili, quel corpo che una volta era appartenuto ad un robusto e deciso ufficiale della marina inglese.

Un devastante senso di rimpianto lo invase: per non aver avuto la fortuna e la gioia di conoscerlo, per non essere partito prima alla sua ricerca, per aver lasciato sola sua madre, sola e in balia dei suoi mostri. Ma ora, per lo meno, era certo di una cosa: anche se non poteva capirlo fino in fondo, sapeva che l’amore dei suoi genitori era resistito anche oltre la pellicola così sottile eppure così impenetrabile di due mondi differenti.

 

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“Queste oscure materie” è una saga che mi ha appassionata moltissimo. Non cambierei una singola parola dell’intera trilogia, ma il momento della morte di John Parry e il dolore di Will mi sono sembrati aspetti forse poco approfonditi – almeno in quella parte della storia.

Chi avesse voglia di recensire mi farebbe un piacere enorme! :-)

  
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