Disclaimer: i
personaggi sono proprietà dei rispettivi autori.
Note: la flashfic si basa
unicamente sui volumi 1 e 2, pertanto non prende in
considerazione quanto accaduto dopo (e dovuti chiarimenti), ma il singolo
momento trattato.
- Scritta di getto e senza pretese, su un'opera che devo
ancora analizzare approfonditamente (ossia assecondando la mia mania ossessivo-compulsiva sull'introspezione); spero possa
essere ugualmente gradevole.
Se dire “addio” ti
rende triste,
allora Niche resterà con te.
Ti rende triste, Lag?
Tantissimo.
Lag ha imparato che
“addio” è una parola sola, ma estremamente
dolorosa.
Quando ci pensa su, gli torna in
mente quando stava con Gauche ed era ancora una “lettera”; lui gli
aveva detto di scriverne a sua volta e che anche una sola parola sarebbe
bastata.
Lag non capiva: come
poteva una sola parola essere di conforto a qualcun altro che vive lontano?
Se per esempio un giorno avesse scritto – ci aveva
pensato mentre scivolava lentamente nel sonno – magari un semplice
“ciao”, come avrebbe mai potuto essere sufficiente?
Lag non capiva il potere
delle parole. Per il bambino di allora, il cui cuore non era ancora guarito
completamente dalla ferita di un abbandono forzato ed
innaturale, esse erano solo strumenti inutili.
Ma in realtà Lag lo sapeva già, che le parole erano crudeli.
Quando Niche ha pronunciato quella
frase, come se fosse la cosa più naturale del mondo, le lacrime che Lag aveva pensato di asciugare – non era più
il bambino solo che si sentiva perso, ora – avevano continuato a scendere
ancor più copiosamente di prima.
Intimamente ringraziava quella involontaria
promessa che Niche gli aveva appena fatto: una
conciliante ed infantile rassicurazione di un per sempre che forse non esisteva
nemmeno, ma che era troppo conciliante per essere ignorato in favore della
realtà.
Lag aveva detto
“addio” pochissime volte in dodici anni di vita, ma troppe per
essere così giovane.
Lo aveva detto a sua madre e lo aveva detto a Gauche, per
separarsi senza essere sicuri di incontrarsi davvero di nuovo.
Lag era certo –
quando ci ripensava prima di scivolare nel sonno ogni notte – che se nel
momento dell'addio avesse
potuto sparare un proiettile del cuore, non sarebbe stato rosso ma bianco,
indipendentemente dall'ambra spirituale.
Non sapeva perché, non ci aveva mai ragionato
così seriamente da trovare una spiegazione logica.
Solo, il bianco gli dava la sensazione di qualcosa di
fragile.
Come i legami.
Se pensieri come questo gli affollano
la mente, Lag spesso scuote la testa e li scaccia
via.
Perché a ben pensarci, quello con Gauche era
più un “arrivederci” che non un “addio”; mentre
il ponte di Campbell si alzava, rendendo la schiena del Letter
Bee sempre meno visibile e più nascosta, Lag ricorda di aver promesso a Gauche che sarebbe diventato
proprio come lui.
Era stato come promettersi che si sarebbero visti ancora,
per far sì che l'arrivederci pronunciato da Gauche non diventasse una
bugia.
Lag ci avrebbe provato
un tutti i modi, per cambiare il modo in cui si era separato da Gauche e quello
in cui aveva visto per l’ultima volta sua madre: il saluto
di lui sarebbe rimasto la verità che lo incitava a diventare Letter Bee, e l'addio di sua
madre sarebbe diventato una bugia che lui avrebbe smascherato raggiungendo un
giorno Akatsuki e dicendole “sono
tornato”.
Lag ha appena consegnato
la sua prima lettera durante il test attitudinale.
Gauche Suede, non è più un Letter
Bee.
Quella di cinque anni fa... era davvero una bugia, dunque?