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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    05/01/2011    6 recensioni
Leggendo “L’assedio”di SonLinaChan mi sono sempre chiesta come sia stato per Gourry assistere al ferimento di Lina (nel capitolo cinque)e starle vicino fino al suo risveglio… da lì nasce questa one-shot.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ero nuovo, alla guerra

 

 

 

Non ero nuovo, alla guerra. Avevo combattuto come mercenario per diversi anni e quel periodo aveva temprato il ragazzo che ero, trasformandolo nell’uomo che ero diventato. Non mi piaceva ricordare quei momenti, in ogni modo, e mi ero sempre augurato di non dover partecipare mai più ad altri conflitti armati… eppure dopo tanto tempo eccomi in divisa, a dare man forte alla città di Saillune e a prendere tra le mie mani i destini di altri uomini, spronandoli alla battaglia.

 

Qualcosa di molto importante era però cambiato, da allora: avevo un vero e proprio scopo per cui vivere e combattere.

 

Alzai la testa, in direzione del tramonto infuocato che tingeva il mondo di una luce rossastra e incendiava di riflessi dorati i capelli di Lina. In alto, sopraelevata rispetto agli altri maghi, alzava le braccia affusolate per scagliare incantesimi mortali.

 

Bastava uno sguardo alla sua figura per farmi provare un sottile ma intenso senso di felicità, la speranza che tutto sarebbe comunque andato bene, che ne saremmo usciti indenni anche questa volta. Riponevo una fiducia enorme, in lei e lei aveva un potere immenso su di me, il suo carattere infiammabile e coraggioso, la sua intelligenza, il suo modo positivo e ironico di vedere la vita… tutto in lei mi attraeva e… mi faceva sentire bene, nonostante o forse anche grazie ai guai nei quali era solita a cacciarci.

 

Rassicurato dalla vista della maga, rinfrancato dal consueto vigore con il quale si batteva, ritornai agli uomini e mi occupai di dirigerli verso le postazioni che avevamo concordato in precedenza mentre alle mie spalle esplodeva un nuovo incantesimo. Prima di scendere più in basso, verso gli altri soldati affidati a me, decisi di lanciarle un’ultima occhiata.

 

E il sangue mi si gelò.

 

Un attimo prima era in piedi, vitale e battagliera come sempre e quello dopo la vedevo crollare in ginocchio, con una freccia piantata nel petto.

 

Mi si strozzò il fiato in gola, mentre scattavo verso di lei, spostando bruscamente chiunque ostacolasse il mio passaggio. La raggiunsi rapidamente e afferrai uno dei maghi chino su li lei, spingendolo via. Rigido di terrore mi inginocchiai al suo fianco e le alzai leggermente la testa. Percepire il suo respiro fu un sollievo tale che mi accorsi che di riflesso avevo trattenuto il mio. Era viva, era questo che contava ma… per quanto? L’aria mi uscì dai polmoni con una specie di rantolo alla vista dell’esatta posizione, della profondità con cui era penetrata la freccia e del sangue che si allargava velocemente intorno alla ferita.

 

Mi sentivo estraniato dal resto del mondo, sordo alle grida della battaglia, mentre meccanicamente mi accingevo sollevare Lina. Fu in momento che mi resi conto della mano che mi stringeva la spalla e della voce di Zel, che doveva essere accorso poco dopo di me, che mi incitava ad alzarmi e a portare Lina via da lì.

 

Sollevai la maga con gentilezza, pur nella fretta, appoggiandole la testa al petto per fare in modo che non ciondolasse mollemente e, dopo averle passato un braccio sotto alle ginocchia, iniziai a correre tentando di tenerla il più aderente possibile al mio corpo per evitare di muoverla troppo e di spostare inavvertitamente la freccia.

 

Il suo calore, il suo respiro, mi rassicuravano. Si sarebbe salvata. Doveva salvarsi.

 

Corremmo a perdifiato, seguendo i labirintici corridoi del palazzo. Sentivo il cuore martellarmi nel petto mentre ci avvicinavamo alla porta dell’infermeria. Da Lina non giungeva neanche un lamento, era completamente inerte tra le mie braccia. Quanto avevo desiderato stringerla a me? Quanto avevo sperato di poterla tenere sul mio petto? Ma non così, Dei, non così

 

Appena arrivati dal guaritore, Lina mi fu quasi strappata dalle braccia. Seguii l’uomo e la sua assistente fino ad uno spoglio lettino, al centro di un pentacolo, sul quale distesero la maga. Ormai conoscevo quel posto, se Lina fosse stata sveglia forse ne avrebbe anche scherzato, per la frequenza con cui c’era finita. E io avrei riso con lei… se solo… Non dovevo cedere a pensieri tristi. Non ce n’era bisogno, Lina era forte, Lina ce la faceva sempre.

 

I visi dei guaritori erano concentrati. Io mi feci da parte per lasciarli lavorare senza intralciarli anche se ogni fibra del mio essere mi gridava di starle al fianco, tenerle la mano, infonderle la mia forza vitale. Zel, della cui presenza mi ero completamente scordato, mi strinse il braccio e, mormorando qualcosa che non capii, si allontanò in direzione della battaglia.

 

Io rimasi solo, qualche metro indietro rispetto a Lina, con il suo sangue che mi si raffreddava addosso e un tremore incontrollabile che mi scuoteva i muscoli.

 

Vidi la freccia venire estratta dal suo corpo, vidi il sangue che usciva copioso e impregnava le mani dei guaritori. Vidi utilizzare il Resurrection.

 

Chiusi gli occhi. Resta con me. Cercai di inviarle la mia forza vitale.

 

Avevo memoria per le cose che reputavo importanti e ricordavo quando Lina mi aveva raccontato di quell’incantesimo, che le aveva salvato la vita dopo lo scontro con Copy-Rezo. Allora l’aveva aiutata… doveva farlo anche adesso. L’incantesimo traeva la sua forza dagli esseri viventi vicini al ferito… sperai che anche la mia potesse esserle d’aiuto. Strinsi gli occhi più che potevo e mi parve di sentire qualcosa che scivolava via dal mio corpo…

 

Non so dire quanto durò, quando riaprii gli occhi mi sentivo instabile sulle gambe e vagamente stordito. Sulla schiena mi scorreva del sudore ghiacciato mentre le unghie mi erano penetrate a fondo nei palmi delle mani, che avevo inconsapevolmente tenuto strette a pugno tutto il tempo.

 

L’assistente stava adagiando Lina sotto alle coperte nel momento in cui io, barcollando, raggiunsi il suo capezzale. Mi lasciai cadere pesantemente su una sedia, sfinito. La donna aveva il viso stanco, la fronte increspata dalla preoccupazione e delle profonde rughe intorno alla bocca. Mi lanciò un’occhiata pensosa e rispose alla mia domanda silenziosa sollevando le braccia, lasciandole poi ricadere mollemente ai fianchi. La voce mi uscì gracchiante quando provai a chiederle ad alta voce quali fossero le condizioni di Lina. La donna scosse allora la testa. “Dobbiamo aspettare.” Furono le sue uniche parole.

 

Mi avvicinai a Lina, facendo stridere la sedia. Giaceva immobile tra le coperte candide, la pelle cerea e le profonde occhiaie viola, l’unico segno di vita l’alzarsi e abbassarsi lieve del suo petto. In mezzo a tutto quel bianco spiccavano i capelli, un’aureola infuocata sparsa sul cuscino. L’avevo già vista ferita, anche gravemente, l’avevo portata in salvo con le gambe fracassate e l’avevo vegliata proprio nello stesso posto… eppure allora ero certo che tutto sarebbe andato per il meglio mentre adesso…

 

Allungai la mano e le accarezzai la guancia, fredda e liscia al tatto. Lo stomaco mi si strinse in una morsa di paura al pensiero di quello che aveva rischiato e che stava ancora rischiando… e anche di rabbia, verso i maghi che le erano accanto e che non erano riusciti neanche a proteggerla, il loro unico compito. Strinsi i denti cercando di respirare a fondo per calmarmi. Dovevo pensare a lei, adesso. Per il resto ci sarebbe stato tempo.

 

Le sfiorai la tempia e scesi di nuovo, fino alla linea della mascella. Continuai a accarezzarla in maniera quasi ipnotica, con la mente che si perdeva nei ricordi delle nostre avventure. C’era stata quella volta che mi aveva fatto inseguire da una folla inferocita mentre lei ghignava malvagiamente alle mie urla… e quando ero stato rapito e alla fine il suo incantesimo mi aveva trasformato in una specie di uomo mummia? Poi una volta mi aveva vestito da donna… no, non una sola volta… e poi…

 

Quando mi riscossi da pensieri e ricordi era ormai notte fonda. Dalla finestra di fianco e me il cielo era un manto blu profondo, trapuntato di stelle. Poteva essere una delle nostre solite notti di viaggio, il cielo la nostra casa, invece eravamo nell’infermeria, io seduto insonne e lei addormentata. Un piccolo suono attirò la mia attenzione. Veniva da Lina… Trasalii accorgendomi dell’espressione di dolore che le stravolgeva i lineamenti, nonostante sembrasse ancora profondamente assopita. In panico mi alzai in cerca di aiuto.

 

L’attendente sbucò dopo poco, per controllare Lina come di routine. Prima ancora che riuscissi ad aprire bocca mi aveva allontanato e chiamato a gran voce il guaritore che, come una freccia, entrò dalla porta. I due confabularono, controllando il punto in cui Lina era stata ferita, poi presero un liquido scuro e lo introdussero a forza nella bocca della maga. Mi sentivo le mani ghiacciate mentre osservavo il guaritore scuotere lentamente la testa.

 

Appena l’attendente mi fece cenno, mi riavvicinai, rigido come una marionetta, con il fiato corto. Mi guardò negli occhi e mi sussurrò di continuare a starle accanto mentre loro avrebbero continuato a fare del loro meglio. Non mi sentii particolarmente rassicurato.

L’attendente mi spiegò poi che se anche il Resurrection curava le ferite gravi, non toglieva il dolore che potevano procurare.

 

Mi sedetti sulla sedia, a braccia incrociate e senza volerlo dopo poco scivolai in un sonno irrequieto e ben poco ristoratore. Mi svegliai alcune ore dopo con uno scatto, confuso e agitato. Per un attimo stordito, mi guardai intorno senza capire neanche dove mi trovassi, fino a quando i miei occhi si posarono sulla figura immota distesa sul letto. La luce di un pallido sole che si alzava in un cielo lattiginoso illuminava il volto assopito di Lina.   

 

Era ancora esangue, i lineamenti contratti, pieni di una sofferenza silente.

 

Misi entrambe le mani sul letto, vicino a lei e iniziai a stringere la coperta mentre la sagoma del suo corpo sotto le coperte iniziava a sdoppiarsi e a sfocarsi. Sentivo gli occhi farsi caldi e il respiro pesante. Resta con me.

 

Non volevo piangere, non dovevo piangere. E non per stupide questioni d’orgoglio, perché io mi fidavo di Lina, perché lei era forte, la persona più forte che conoscessi, la più vitale. Non importava quanto grave fosse la ferita, lei ce l’avrebbe fatta, ce l’avrebbe fatta e avrebbe scatenato il finimondo contro chi aveva osato farle del male.

Un tremulo sorriso si fece largo sul mio viso. Così andava meglio.

 

La mia Lina.

 

Passarono le ore, passarono gli attendenti, passarono Amelia e Zel.

Lina non aprì gli occhi ma riprese lentamente ma costantemente colore e perse l’aria sofferente. Io rimasi ad osservarla, immerso talvolta in pensieri su di lei, su di me… su di noi. Io l’amavo, amavo tutto in lei. Non mi ero mai dichiarato, a parole, ma ero certo che non fosse difficile indovinare i miei sentimenti.

 

Amavo quegli occhi grandi e dal colore particolare, che avevo visto in pochissime persone, amavo i capelli lunghi e rossi, leggermente arricciati sulle punte, amavo il suo naso leggermente all’insù e le labbra morbide. Amavo la forza e la velocità del suo corpo agile e ben proporzionato. Amavo la sua intelligenza e astuzia, la sua caparbietà, il modo in cui si prendeva gioco di me e la dolcezza nel suo sguardo nei momenti in cui credeva non la stessi osservando. Amavo il suo buon cuore, che teneva ben celato e la sua grande voglia di avventura. Le sarei rimasto accanto per tutta la vita, se mi avesse voluto al suo fianco…

 

Arrivò l’ora di pranzo che mi vide trangugiare la brodaglia che mi venne propinata senza neanche sentirne il sapore. Mi allontanai da lei per poco tempo, perché se anche volevo starle vicino, sapevo che dovevo mantenermi in forze e appena finito di ingollare il cibo, tornai alla mia sedia.

 

Iniziava il pomeriggio senza che Lina si fosse ancora svegliata.

 

Osservando la maga mi accorsi subito che c’era qualcosa si sbagliato. Il modo in cui respirava. Il colorito sulle guance. Allungai una mano e gliela misi sulla fronte.

Bollente. Sembrava si stesse riprendendo un pochino e invece adesso aveva la febbre. Perché? Perché dopo l’incantesimo di guarigione e quella medicina che l’attendente continuava a darle, adesso stava peggio di prima?

 

Mi alzai di colpo, dirigendomi a grandi passi verso la porta.

 

Resta con me.

 

Passai le ore seguenti a metterle il ghiaccio sulla fronte e a osservare l’attendente che tentava di abbassare la temperatura a Lina con vari intrugli, senza particolare successo. Secondo il guaritore la freccia doveva averle procurato una brutta infezione e il suo corpo cercava naturalmente di combatterla aumentando il calore, che poi altro non era che la febbre. Quello che non diceva, ma che traspariva chiaramente, era che Lina era rimasta parecchio debilitata dalla ferita e che quell’infezione era un grosso grattacapo.

 

Finalmente, dopo qualche ora e diversi medicinali, Lina iniziò a migliorare un po’. Quando entrarono Amelia e Zel, per vedere come stava, ero distrutto. Forse per quello reagii in modo così poco caratteristico. Amelia teneva gli occhi bassi e la sua voce era poco più di un sussurro quando tentò di giustificare i maghi di corte e in quel momento esplosi.

 

“Che cosa ci facevano allora quelle guardie? COSA??? Com’è possibile che nessuno se ne sia reso conto??? Proteggerla dalle frecce mentre attaccava, cosa c’è di poco semplice in questo???” Stavo ansimando, incurante dello sguardo allarmato di Amelia e dell’espressione sorpresa di Zel.

 

Gourry-san… eravamo nel bel mezzo di un assalto… non era…” La voce di Amelia era spezzata, sembrava prossima alle lacrime eppure non riuscivo a fermarmi.

 

“Se nel mezzo di un assalto ciascuno non riesce a compiere il suo dovere allora cosa impedirà a Sailune di cadere??? Gridai ancora.

 

“N… non certo… il tuo… gentile… tono di voce…” Rispose una voce roca che mi fece quasi fare sul salto sulla sedia. Lina! Lina si era svegliata…

 

Pronunciammo il suo nome, sollevati e stupiti.

 

Lina… Lina era di nuovo tra noi. Di nuovo con me.

 

Da quel momento tutto sarebbe andato bene, ne ero convinto. C’era una guerra di mezzo, sarebbero successe molte cose e non tutte piacevoli ma Lina era con me, era tutto quello che per me contava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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