Film > Avatar
Ricorda la storia  |      
Autore: Ninfea Blu    06/01/2011    7 recensioni
I terrestri sconfitti hanno abbandonato la luna Pandora.
Jake pensa un poco al passato e molto al futuro; teme che possano tornare...
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jake Sully, Neytiri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ImagesTime.com - Free Images Hosting Locuste

Locuste, aquila e Ultima ombra.

 

 

 

Stesi uno accanto all’altro, due corpi blu striati d’azzurro, riposavano sotto un albero della foresta di Pandora; era un arbusto simile a una palma terrestre di proporzioni enormi, con foglie larghe attraversate da nervature forti. Le superfici carnose e quasi seriche al tatto, erano talmente grandi e robuste da sostenere senza sforzo il peso di un corpo.

Un mezzosangue con DNA umano e una aliena Na'Vi: sembravano Adamo ed Eva nel paradiso terrestre. Forse quella era davvero l’espressione di una nuova genesi che veniva scritta sulla lavagna del cosmo. Un paradiso quello di Pandora, che era già stato violato da una lingua d’inferno sputata dal cielo.

La notte quasi fatata e fluorescente era sopra di loro, esseri appena nati nel loro amore diverso, ma sempre uguale attraverso i mondi e gli spazi siderali dell’universo.

 

Jake Sully era sveglio, lo sguardo puntato al firmamento; a volte si distraeva catturato dalle strane luci bioluminescenti che lo avevamo meravigliato tanto la prima volta, e ancora non si abituava a quello strano spettacolo così diverso da qualsiasi paesaggio potesse aver visto.

Era bizzarro eppure naturale sentirsi parte di un mondo totalmente nuovo e assolutamente vario, sentirsi intimamente legato a un tutto; un luogo che da lontano si immaginava leggendario, per lui ancora quasi sconosciuto, un mondo che ormai considerava la sua casa. Pandora era una luna rigogliosa e vitale di colori, forme e suoni diversi, ma assolutamente ostili all’uomo; persino l’aria era velenosa e irrespirabile per i terrestri.

Lui terrestre non era più; doveva ancora abituarsi al fatto che svegliandosi, si ritrovava sempre nel suo corpo blu di Na'vi; un corpo alto, forte, robusto che correva e si muoveva agilmente tra gli alberi, che volava in groppa a strani draghi che sulla Terra sarebbero esistiti solo nelle favole: gli ikran o banshee delle montagne.

Qualche volta credeva che fosse solo un sogno fantastico. Una fiaba surreale.

Era stato un marines storpio su una sedia a rotelle; ora era guerriero di un popolo considerato indigeno e lo sarebbe stato fino alla morte.

Erano solo le parole che definivano i mondi e quelle della cultura Na'vi erano essenziali, prive del superfluo.

Ma bastavano a comprendere tutto.

Tutto ciò che era importante.

Ripensava al suo strano destino che lo aveva messo lì al posto di suo fratello, lo scienziato che aveva lavorato al progetto Avatar con la povera dottoressa Grace Augustine, che aveva dato la vita per quella missione; era lo stesso destino che gli aveva rubato le sue gambe terrestri, ma in cambio, gli aveva dato un corpo sostenuto da ossa in fibra di carbonio, una casa e nuove genti oltre le stelle più remote e silenti; e una compagna, una principessa guerriera del clan degli Omaticaya coraggiosa e indomita, temibile quando tendeva il suo arco costruito con il legno dell’albero casa, ma anche una creatura delicata che ora dormiva accanto a lui.

Neytiri, la figlia del capo villaggio e della sciamana aveva scelto lui, straniero e invasore, andando contro la sua stessa gente, rifiutando il promesso sposo cui era destinata. Per certi versi, un essere misterioso di cui si era innamorato come non gli era mai accaduto con la stessa intensità per una donna terrestre.

Stranezze della vita. Disegni del destino.

Mistero dell’amore che non guarda razze, colori, differenze.

Aveva ancora i suoi ricordi umani, sensazioni legate a un altro corpo pallido che era stato restituito alla terra di questa luna, che lo aveva prima respinto, e dopo accolto nel suo grembo materno; certe volte aveva la sensazione che fossero immagini oniriche che appartenevano a qualcun altro che non poteva essere lui.

Nel sangue alieno conservava ancora geni terrestri, ma quello che era cambiato più di tutto era il suo spirito che messo a contatto con la natura di Pandora e con la stessa Neytiri, aveva iniziato a ricordare qualcosa di ancestrale che molto tempo prima, forse nella preistoria umana, era appartenuto anche agli esseri umani.

Era un sentimento sorto da qualche parte, sotto gli strati inutili di ideologie morte, di convinzioni, credenze religiose errate e negative, humus soffocante della sua anima.

Cose spente di cui si era liberato, rinascendo.

Non ricordava come fosse accaduto che si era sentito assorbito da tutto; dal vento, dalle montagne Halleluja, giganti fluttuanti nel cielo di Pandora, dai profumi, dai liquidi, dal succo di frutti che pizzicavano il suo palato, dai fiori iridescenti che brillavano nella notte, dalle belve a sei zampe che lo avevano attaccato, dai sussurri dell’albero delle voci, dai canti del popolo Na'vi; dalla vita così come la si respirava nella cultura straordinaria di un popolo alieno, che nell’intimo sapeva cosa volesse dire essere in comunione con l’anima del suo mondo. Non si era accorto di nulla e lentamente, tutto gli era entrato dentro.

 

Alla fine aveva perso per sempre il suo corpo terrestre e per questo avrebbe dovuto sentirsi inquieto; non riconoscersi o perlomeno, provare quel senso di malessere che avvertono coloro che sono in conflitto con se stessi perché divisi tra due mondi in una natura ambigua. Eppure non era stato così.

 

Gli era sembrato sorprendentemente spontaneo risvegliarsi nel suo nuovo corpo, come se non avesse mai fatto altro in tutta la sua esistenza. E in quella nuova forma, ricominciare a vivere, e sentire crescere l’amore per la sua compagna. Non avrebbe mai creduto di potersi innamorare tanto profondamente di Neytiri, di poterla vedere nel senso più vero di quelle parole… io ti vedo…

Invece, semplicemente era accaduto come tutto il resto… una donna in fondo, così diversa da tutto quello che lui conosceva, eppure così famigliare nei gesti, così capace di dare calore umano… non gli veniva un’altra parola.

E ancora le parole gli parevano inadeguate.

Aveva scoperto che erano imperfette e troppo relative. Le parole servivano solo a definire i mondi e le cose, ma non dicevano niente sulla loro essenza. Alieno e terrestre, erano diventati sostantivi senza significato, ma lo sapeva solo lui. Forse.

 

Lui e Neytiri, insieme a tutti gli altri membri delle varie tribù avevano combattuto e vinto; anche in quel momento estremo si era sentito appartenere a un tutto, a qualcosa di più grande, come non gli era mai accaduto quando era stato solo un marines.

Anzi, lui era quel tutto, lui era quella cosa grande.

 

In questa notte si erano isolati dal resto del villaggio, si erano sdraiati vicini e avevano unito i loro corpi blu in una promessa di amore fatta ad Eywa, quella divinità che ancora sapeva ascoltare le preghiere di uno dei suoi figli, fra tutti quello che veniva da più lontano. Quello che aveva 'camminato' senza gambe per arrivare fin lì, trasportato solo dalla sua coscienza. E lungo il percorso, dietro sé aveva abbandonato un mondo intero.

Famiglia, amici, una patria.

Un mondo cui non sarebbe più appartenuto.

Ma ora Jake pensava che gli altri sarebbero tornati prima o poi.

Sarebbero tornati perché nei secoli sul loro stesso pianeta, non avevano saputo fare altro che rubare ricchezze comuni, portarle via con la forza e giustificare tutto sventolando il vessillo della civiltà donata agli altri.

 

Ti derubo di tutto quello che hai e in cambio ti offro tutto quello di cui non hai bisogno, era in sintesi, il loro motto.

 

L’inferno si sarebbe riaperto lasciando scappar fuori i suoi demoni.

Pensava a tutto questo mentre lei si era svegliata e stesa accanto a lui, lo guardava con i suoi grandi occhi gialli simili a quelli di un rapace.

“Jake…” Lo chiamò.

Lui le accarezzò una guancia seguendo la curva dello zigomo, con la sua mano blu composta da cinque dita lunghe, retaggio e unico segno del suo corpo che gli ricordava di essere per metà terrestre.

“A cosa pensi Jake?”

Non sapeva se era giusto metterla a parte delle sue paure. Ma la sua fiducia l’aveva già persa una volta e non voleva ripetere lo sbaglio.

“Al futuro.”

“Cosa vedi nel tuo futuro?”

“Vedo la mia vita qui, con te al mio fianco… ma vedo anche altro…”

La voce lo tradì mentre i suoi occhi si perdevano tra le luci della notte di Pandora.

“Sono così tristi le immagini che vedi?”

“Neytiri… Li abbiamo cacciati dalla nostra terra… ma … io so che torneranno…”

“Come fai a dirlo?”

“Ero uno di loro, so come ragionano. Si organizzeranno per venire con nuove armi, mezzi sempre più potenti, nuovi eserciti. Verrà qui un altro colonnello Quaritch a mostrare i suoi muscoli con tutta la sua boria… Perché sulla Terra non ci sono più risorse da sfruttare, e quando a un mondo rubi tutte le sue ricchezze si deve puntare su quelle degli altri… loro devono per forza fare così se vogliono sopravvivere… loro sono come locuste…”

Neytiri spalancò gli occhi a quella parola per lei oscura, che Jake aveva pronunciato con una tale inquietudine da impensierirla.

“Cosa sono le locuste?” Chiese scandendo lentamente quella parola per lei ignota.

Jake sorrise prima di risponderle.

“Le locuste erano piccoli insetti del mio vecchio pianeta, voracissimi e lunghi così… - e con due dita blu fece il gesto che indicava la misura del piccolo insetto terreste. – Si muovevano a sciami, come nubi scure che arrivavano in volo e dove passavano mangiavano tutto; ogni raccolto, campo, coltivazione che trovavano al loro passaggio. Dietro sé lasciavano soltanto messi distrutte.”

Neytiri lo aveva ascoltato attenta con la fronte corrugata; aveva colto il suo disagio, quel timore nascosto dietro le parole. Lei era una guerriera e non aveva paura di affrontare le locuste… piccoli insetti… che male avrebbero potuto farle?

Già una volta li avevano cacciati.

“Sono già stati qui e li abbiamo sconfitti con l’aiuto di Eywa. Quando e se torneranno, li cacceremo ancora sul loro pianeta morente.”

Lei lo accarezzò a sua volta, passando le sue dite lunghe e forti sul profilo di Jake.

“Dormi adesso, e non pensare ai demoni del cielo… non torneranno tanto presto.”

Jake finse di crederci.

Neytiri sapeva che se si fosse reso necessario, Jake Sully avrebbe guidato ancora il popolo Na'vi e cavalcato di nuovo come il potente Toruk Makto.

Avrebbero lottato per tenersi la loro luna; ogni tribù avrebbe difeso Pandora fino alla morte. E se anche i demoni fossero caduti di nuovo dal cielo, come una nube di locuste, essi sarebbero stati ricacciati indietro nel loro inferno siderale.

Jake stanco, si lasciò vincere dal sonno, mentre i suoi sogni terrestri venivamo a trovarlo, unica traccia rimasta di una vita precedente ormai lontana.

E in sogno, vide un’aquila dalla testa bianca, dispiegare nell’aria chiara le sue immense e forti ali brune, e disegnare sulla terra sottostante la sagoma incombente e cupa di Ultima ombra.

 

 

Fine

 

 

Salve a tutte.

Sono una di quelle che ha adorato il film “Avatar” soprattutto per il suo messaggio, che ho cercato di rendere almeno in parte in questa shot; questa piccola storia mi è venuta così, pensando al dopo la cacciata dei terrestri da Pandora, immaginando un momento tra Jake e Neytiri. Spero che vi sia piaciuta un pochino. Un saluto e un grazie a chi avrà voglia di leggera.

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Ninfea Blu