…mentre io
aspettavo te.
L’Estate che veniva
con le nuvole rigonfie di speranza
Nuovi amori da
piazzare sotto il sole…
È la stagione che
preferisco. Ma non per le ragioni per cui tutti la preferiscono…il mare? Lo vedo
tutti i giorni, e posso tuffarmici o semplicemente sfiorarlo con le dita quando
voglio. Il cielo limpido e azzurro? Ho la fortuna di non poterlo solo ammirare a
faccia in su, ma di poterlo sorvolare a mio piacimento. Niente scuola? So a
malapena cosa sia, la scuola.
A dire il vero, so
a malapena cosa sia l’Estate. O l’Inverno. Sulla mia Isola non esistono le
stagioni, a meno che non desideriamo che esistano. E durano per tutto il tempo
che decidiamo noi. Ma Wendy una volta mi raccontò che nel suo mondo è l’Estate
la stagione più bella, perché, oltre ad andare al mare e a vedere sempre il
sole, per qualche ragione che ancora non capisco è il periodo dell’anno in cui
ci si innamora di più.
Il motivo per cui
la preferisco, però, è un altro. Wendy mi disse anche che in Estate fa molto
caldo, persino di notte! E spesso per questo motivo si dorme con la finestra
aperta. E tante finestre aperte, per me, significano tanti bambini con cui poter
giocare.
Il sole che bruciava
lunghe spiagge di silicio
E tu crescevi,
crescevi sempre più bella…
Eppure, la miglior
compagna di giochi rimani sempre tu.
Ho conosciuto tanti
bambini, li ho portati con me sulla mia Isola, ho giocato con loro, ho insegnato
loro a volare..poi li ho dimenticati. E loro, probabilmente, hanno dimenticato
me.
Ma tu ed io no. Tu
ed io non ci siamo mai perduti. Neanche quando mi sono accorto che il sole dava
un riflesso nuovo ai tuoi capelli. Neanche quando ho capito che non erano i suoi
raggi a farli brillare, ma che ero io a vederli improvvisamente così lucenti.
Sono rimasto incantato a vederti crescere, a sognare di noi due più grandi
sull’Isola Che Non C’è, soli dentro il nostro mondo perfetto, a fare invidia a
quello reale.
Fiorivi
Sfiorivano le
viole
E il sole batteva su
di me
E tu prendevi la mia
mano..
..mentre io
aspettavo.
E il mio era un
sogno così bello che, una sera, non ho resistito e te l’ho confidato. Tu hai
sorriso e mi hai preso la mano. –E’ meraviglioso sentirti parlare così, Peter-
mi hai detto. Con la speranza nel cuore, ho finalmente trovato il coraggio di
chiederti quello a cui non avevo mai smesso di pensare da quando eri tornata a
casa. –Wendy, pensi che un giorno potresti tornare sull’Isola Che Non C’è? Per
sempre, intendo?- Non avevo avuto la forza di dirtelo, ma dietro quel “per
sempre” si celava la vera domanda: “Per stare sempre con
me?”
Hai fatto finta di
pensarci un po’ su, poi hai sorriso di nuovo. –Forse
potrei-
Era una
possibilità, e tanto mi bastava. –Aspetterò quel giorno come fosse l’ultimo
della mia vita- promisi, e me ne andai.
I passi delle onde
che danzavano sul mare a piedi nudi
Come un sogno di
follie venduto all’asta.
Sto volando verso
casa di Wendy. Non so esattamente quando tempo sia passato, e non m’importa
saperlo. So solo che è Estate. Lo avverto nell’aria, calda e pesante. E lo
capisco dalle tante finestre aperte che vedo lungo il mio cammino. Sorrido, ma
non posso fermarmi stanotte. Sto volando verso il mio sogno, verso il sogno più
bello che abbia mai fatto. Wendy aveva ragione: d’Estate ci si innamora di più.
Lo sento tutto, questo amore. Mi scompiglia i capelli, mi fa brillare gli occhi,
mi mette dentro un’euforia mai provata, neanche durante lo scontro finale con
Uncino.
Quanto sciocco sono
stato, in passato, ad aver paura di un sentimento così forte e inebriante!
Allora pensavo che innamorarmi mi avrebbe legato al suolo con pesanti catene.
Adesso so che innamorarmi mi ha reso davvero libero.
La notte, quella
notte, cominciava un po’ perversa
E mi offriva tre
occasioni per amarti.
La finestra della
tua stanza è chiusa, e questo mi dispiace non poco. Ma non mi perdo d’animo e
decido di bussare. Tre colpi leggeri ma netti, quanto basta per farmi sentire.
Non tardi ad arrivare; mi intravedi dal vetro e apri sorridente la finestra.
Quello che vedo mi fa impallidire.
Fiorivi
Sfiorivano le
viole
E il sole batteva su
di me
E tu prendevi la mia
mano..
Sei alta, forse più
alta di me. I tuoi occhi sembrano ancora più grandi e belli, e le tue labbra
sorridono con un briciolo di malizia. Non mi soffermo sui dettagli del tuo corpo
perché rischio di andare in tilt, ma intanto so già di essere diventato bordeaux
e il tuo sorrisino me lo conferma.
-Peter! Ce ne hai
messo del tempo a tornare!-
Confuso, trovo la
forza di balbettare –Q-quanti a-anni h-hai?-
-20- è la tua
risposta secca. Cavolo Wendy, 20 anni! E io, volendo esagerare, arrivo a
dimostrarne 14.
-Ah…20- ripeto
deluso. Ma subito un pensiero m’illumina.. –Beh, però a questo si può rimediare!
Sull’Isola almeno non crescerai più, e ritrovando tutti i vecchi amici forse
potresti addirittura tornare più giovane!-
Credevo di farti
piacere, e invece noto che cambi espressione e diventi
malinconica.
-Non credo
servirebbe a molto, Peter. Potrei anche ringiovanire, ma resterei comunque una
ventenne nel corpo di una quattordicenne.-
Non capisco cosa
vuoi dire. –E quindi? Dov’è il problema?-
Sembri spazientita.
–Proprio non capisci?- Mi prendi per mano, non come al solito, ma come si fa con
un bambino al quale si deve spiegare qualcosa, e questo mi dà molto fastidio. Mi
fai entrare nella tua stanza, e ci sediamo sul tuo letto.
-Mi stai proponendo
di tornare con te sull’Isola e vivere come marito e moglie,
Peter?-
Comprendo il tono
grave delle tue parole, ma stavolta sono deciso a non lasciarti andare. –Sì
Wendy- rispondo con fermezza.
-Ma tu sai cosa
vuol dire vivere come marito e moglie, Peter?- insisti. Stavolta sono costretto
a non rispondere subito, a fermarmi a riflettere. Cosa vuol dire essere sposati?
Poi rispondo ancora: -Tenersi per mano…giocare insieme…darsi dei baci, qualche
volta…- ma non sono convinto neanch’io delle mie parole. Incontrando il tuo
sguardo severo sono costretto ad ammetterlo: non so cosa significa davvero vivere come marito e
moglie.
..mentre io
aspettavo.
[*]
-Un uomo sposato
deve mantenere sua moglie. Deve nutrirla, difenderla, badare a lei. Come farai a
nutrirmi, a difendermi, a badare a me? Come farai, eh?-
-Troverò un lavoro-
rispondo prontamente. Da qualche parte ho sentito che è la risposta giusta da
dare a una donna che si preoccupa troppo del futuro.
-Lavoro? Stiamo
parlando dell’Isola Che Non C’è, o no?- esclami con una risata
ironica.
-Sì- ribatto io
senza sorridere –stiamo palando del posto dove niente è impossibile, se lo
desideri. Desidererò di lavorare, e lavorerò- concludo convinto. Per un attimo
credo di aver fatto presa su di te, ti vedo confusa. Poi, la domanda spiazzante.
–Come soddisferai i miei bisogni?-
Non riesco a
sostenere i tuoi occhi di vetro. Volto lo sguardo alla finestra e rispondo, più
a me stesso che a te: -So a cosa ti riferisci-
Sai di avermi messo
in imbarazzo anche se non voglio dartelo a vedere, ma non molli la presa. –Sei
pronto per questo? Hai mai fatto l’amore con una ragazza?-
Sorrido
ironicamente. –Avrei anche potuto farlo, se avessi mai capito come si fa l’amore con una sirena. Sono
loro le uniche ragazze sull’Isola, ricordi?-
-Quindi la tua
risposta è no?- incalzi. Finalmente riesco a guardarti di nuovo in faccia. –Tu
saresti la prima- rispondo con sguardo di sfida.
[*]
-Bene- dici infine
incrociando le braccia al petto con aria soddisfatta, che io scambio per
convinzione. –Se sei in grado di affrontare tutto questo, perché non resti tu
qui con me e diventi adulto?-
Il cuore mi balza
in gola, poi riprende a battere più forte di prima. C’era la possibilità che tu
mi facessi questa domanda, lo so, ma avevo preferito dimenticarlo. E ora eccomi
qui a cercare le parole giuste per rispondere a tono a una richiesta
simile.
-Perché questo
mondo è brutto, triste, violento e ingiusto, Wendy! Io voglio offrirti un mondo
migliore, un mondo perfetto..perchè ti
amo-
L’ho detto. E solo
Colui che tu e chi fa parte del tuo mondo chiamate Dio sa quanto mi sia costato
dirlo. Eppure una volta fosti tu stessa a spiegarmi che queste due minuscole
paroline sono la prova d’amore più potente che esista. E io le ripeterei altre
mille volte Wendy, per provarti che sono sincero.
-Io no, Peter-
sussurri, mentre vedo scendere una lacrima sulla tua guancia. –Io no. Forse una
volta, ma adesso no. Io sono adulta, Peter. E tu sei un ragazzino. E pur con
tutto l’impegno, e con tutto l’affetto che provo per te, non riuscirei ad amare
un ragazzino con la stessa intensità con cui amerei un
uomo-
Non riesco più a
rispondere. D’un tratto è come se la stanza fosse sparita, e tu con lei, e le
tue parole con te. Mi scivolano addosso come una doccia fredda, ma non fanno più
male. Tutto intorno a me è bianco, non c’è rumore, non c’è colore, solo
silenzio. E ricordi. Il sole che
bruciava, bruciava, bruciava, bruciava…il caldo che ho
sopportato per venirti a trovare nelle sere d’Estate, perché d’Estate era più
bello giocare, ridere, amare…e tu crescevi,
crescevi, crescevi più bella, più bella..ma, ironia della
sorte, essere più bella a volte significa essere più grande, ed essere più
grande spesso significa cambiare. Fiorivi…sfiorivano
le viole…come ho fatto a
non capirlo prima? Non avrei mai potuto essere alla tua altezza, stare al passo
con te, che ti aprivi al mondo come una bellissima farfalla dopo la muta mentre
io restavo chiuso nel mio limbo di eterna fanciullezza…e il sole batteva su
di me…come ho fatto ad
essere così cieco da non capire che le cose di lì a poco sarebbero cambiate e che non avrei
potuto farci niente? E tu prendevi la mia
mano…la risposta è
tanto amara quanto semplice: mi sono lasciato illudere. Dai tuoi gesti, dalle
tue parole, dai tuoi sorrisi, dai tuoi occhi..mentre io
aspettavo…
Ritorno in me come
svegliandomi da un lungo letargo, e, alla vista dei tuoi occhi che non hanno
smesso un attimo di fissarmi, scoppio a piangere. Cominci a urlare, ma è come se
non ti sentissi.
-Peter, non fare
così! Non piangere! Smettila Peter! Non rendere tutto più difficile! Insomma, COSA TI
ASPETTAVI?-
. . .
Wendy piange sola
davanti alla finestra ancora aperta. Peter è andato via. Non verrà più a
trovarla. È tornato nel luogo dal quale tutti gli esseri viventi vengono e al
quale probabilmente tutti gli esseri viventi torneranno. Il bambino che non
voleva crescere si è ucciso, e con lui è morta la speranza. L’ingenua fiducia
che contraddistingue i bambini, la disperata fede a cui si affidano i
grandi.
C’è silenzio nella
stanza della giovane, un silenzio rotto solo dal suo lento singhiozzare. Un
silenzio che, pur con la sua assenza di suoni e voci, ha risposto alla domanda
di Wendy.
COSA TI
ASPETTAVI?
…ASPETTAVO
TE.
Canzone utilizzata: Sfiorivano le
viole
Artista: Rino
Gaetano
Le parti racchiuse fra questi simboli [*] sono citazioni (rivisitate) dal film “Birth-Io sono Sean”
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