Un amore in vendita
Il profumo d’incenso era ancora intenso nonostante i
rivoli sottili e invisibili si levassero, mischiandosi col puzzo di fumo che
imperniava perennemente la stanza. Molti suoi clienti avevano quel brutto vizio
e lei, com’era utile per le sue tasche, assecondava ogni loro capriccio: dal
desiderio più timido e semplice al più bizzarro e stravagante. Questo faceva:
esaudiva i desideri più celati degli uomini … a discapito dei suoi. Una
giovinezza fulgida fasciata in drappi di stoffa di rossa lussuria, mentre le
sue morbide e femminili membra divenivano spinose e sofferenti in quegli
stretti corsetti, dai lacci che regolarmente venivano strappati senza ritegno. Un’infinità
di trucco celava quelle guance rosee simili a quelle di una fanciulla ancora
vergine e che ognuno dei suoi depravati visitatori avrebbe adorato, estasiato
di brama. Ma lei non amava a tal punto il suo lavoro da rendersi tanto
gradevole, né tanto sciocca da sciogliere quella maschera da donna vissuta, che
notte dopo notte, a ogni incontro di letto, si era rafforzata. Ciò che era
innocente si era spento sotto numerose passate di cipria, sotto colori
sgargianti e aggressivi che risaltavano i suoi finti sorrisi.
Pensare che gli uomini ritornavano da lei proprio
per questo: nessuno strillo nelle orecchie dopo il loro stancante lavoro,
nessuna moglie furente, solo il piacere di un sorriso e il silenzio dei sospiri
notturni. Si era ormai fatta un nome nel bordello di Montmartre e lei che non
era mai stata nessuno, si aggrappava a quel suo bel corpo come un ubriaco alla
bottiglia di vino. Si stava giusto specchiando, ritoccando quel viso da bambola
inanimato e perfetto, agghiacciante a volte, sistemandosi i riccioli scuri che
le ricadevano sulle spalle, quando bussarono. Si fece attendere per guardarsi
un’ultima volta e correggere eventuali sbavature. Era bella; era come piaceva a
loro: perfetta come sempre; un corpo con cui giocare senza paura di frantumarne
l’anima.
Si alzò, sistemando le pieghe dell’abito e dando gli
ultimi ritocchi alla zona fianchi e seno. Qualcuno bussò alla porta ancora,
meno insistentemente di quanto era abituata. Sedette in una delle sue solite
pose scomode ma sensuali, su quella poltrona di velluto appositamente sistemata
davanti alla soglia. Si schiarì la voce e teatralmente, recitando la parte
della cortigiana impaziente, schiuse le labbra. “Avanti!” e quel suo sorriso
d’affari si materializzò istintivamente su quel bel viso imbrattato.
La porta si schiuse lenta, cigolando quel tanto per
instaurare in lei la curiosità. Udì alcuni passi pesanti, non perfettamente
alternati, e la punta di un elegante bastone da passeggio, nero e lucido come
quelle scarpe che lentamente portavano alla luce lo zoppicare di un uomo con
cui non aveva ancora avuto modo di dividere il letto. Il suo difetto fisico
l’aveva subito attratta. Era da lei studiare il suo cliente per appagarlo e
ricevere molto in cambio, perciò capì subito che sarebbero dovuti stare il più
comodo possibile e che il pavimento o quel divanetto non erano l’ideale. Il
soprabito nero dell’uomo strusciò con la moquette rossa e impolverata; solo
allora lei si decise ad alzare lo sguardo. Chissà come sarebbe stato il suo
viso? Magari avrebbe avuto un naso lungo e aquilino di cui si vergognava a
morte, oppure una brutta cicatrice … Sarebbe stato facile individuare cosa non
dire o fare per indispettirlo. “Ma che splendide basette!” “Che spalle larghe!”
complimenti ben lontani dal loro reale difetto e che li lusingava, come
adoravano lei facesse.
Fu delusa nello scoprire che un elegante cilindro le
impediva l’attenta analisi. Era troppo chino sugli occhi e il collo, invece,
troppo incassato nel colletto. Che fosse timido?
Lei sorride come suo solito: finta. Non si scoraggiò
e con movimenti aggraziati e lasciando intravedere più pelle del necessario
rialzandosi, si diresse da lui per accoglierlo.
La porta si richiuse alle sue spalle e quel che seguì,
fu la voce roca di lui. “Buonasera Madame.” Non credeva ai suoi occhi nel
vedere quel distinto signore inchinarsi, levandosi il cappello. “Che gentiluomo
…” commentò estasiata. Fu mentre questo si rialzava che scorse un viso più
giovane di quanto si aspettasse. I capelli erano lunghi, insoliti per i ricchi
borghesi con cui era abituata a trattare, e neri, per nulla brizzolati. Ne
incrociò lo sguardo per ammaliarlo e notò che i suoi occhi scuri erano
malinconici, nonostante le stesse donando un sorriso cortese. “Un mio simile”
pensò subito, ma poi si ricordò che fra i due era lui quello a pagare e smise
di fare sciocche congetture. Era lei la bambola di porcellana!
“Date a me cappotto e cilindro?” chiese garbata,
avvicinandosi lenta al suo ospite e sfilandogli gli oggetti di mano. “Questo
preferirei tenerlo.” Scostò brusco la mano con cui stringeva il bastone da
passeggio, quando fu sfiorata dalle falangi di lei. “Certo.” Rispose fulminea;
e come avrebbe mai potuto contraddirlo?
Si volse felina, ondeggiando più del dovuto.
“Mettetevi pure comodo.” Lo invitò mentre si chinava, posando il tutto sul
divanetto su cui era precedentemente stesa.
“Bella come mi hanno detto …” fu il primo a far
vibrare la lingua in modo sfacciato, del resto lei aveva fatto di tutto per farglielo
dire. Si volse calma, drizzandosi. “L’ho detto … un gentiluomo!”
“Sono solo sincero.” Ammise calmo, sedendo al tavolo
da cui svettava una bottiglia di vino rosso. Due calici pulitissimi non
aspettavano altro …
“Vi piace il vino, mio galante gentiluomo?” gli si
avvicinò nuovamente, sempre con quel suo sorriso. “Sì, specie se a versarlo è
una bella donna come voi.”
Le sfuggì una risatina che soffocò, prima
degenerasse. Era abile nell’ammaliare le signore, ma lei non lo era … era una
donna di malaffare che se sapeva fare qualcosa, era conquistare un uomo. Il
vino venne stappato e il liquido rosso sporcò il candido finto cristallo. Le
sue mani affusolate gli porsero quella tentazione e lui ci fiondò le labbra
inebriandosi degli aromi di entrambi: del profumo di pelle nuda e di quello di
buona annata. Lei fece lo stesso evitando di esagerare. Se avesse bevuto per
davvero, da ogni bottiglia che stappava in una sera, si sarebbe sbronzata più
dei suoi clienti.
Però lui le piaceva e aveva deciso di brindare
davvero. Non sapeva cosa fosse. Era un individuo curioso, dall’aspetto non
bello ma attraente: era magro, lo vedeva dal collo e dal polso che sbucavano
dalla stoffa e che quando contraeva rivelavano i muscoli. Non era flaccido come
i suoi soliti amanti … Aveva una fronte molto alta ed ebbe l’improvviso impulso
di toccarla. Gli tolse gentilmente il calice che posò col suo sul tavolo. Si
avvicinò, iniziando a sfiorarne il viso e contornando le rughe di stupore che
gli erano apparse. “Sei sposato?” chiese languida. Non lo sembrava affatto ed
infatti … “No.” Per quanto nascondesse la tensione della voce, la sua
espressione era rivelatrice. “Lo sai che io non sono una moglie, vero?” rise
divertita, mentre si chinava, poggiando la fronte sulla sua. “Sì.” Mormorò
ancora.
“Lo sai che cosa sono?” chiese provocante lei mentre
indietreggiava di qualche passo, iniziando a slacciarsi il bustino. “Sei una
cortigiana che vende il suo amore.” Rispose serio, rialzandosi e avvicinandosi
a lei.
“No! Vendo solo il mio corpo …” ed in quell’istante
il corsetto cadde, ridando rotondità a quelle forme nascoste da un lieve strato
di stoffa porpora. “Il mio amore …” continuò, facendo scivolare lungo le spalle
l’abito. “Non è in vendita!” e in un fruscio pesante si spogliò completamente.
Lui sorrise divertito, apprezzando comunque il
panorama; si fece più vicino tanto da solleticarla col respiro ma rispettoso
non osava sfiorarla. La guardava in silenzio …
“Posso?” chiese pacato, col pollice sospeso sulle
sue labbra. Lei annuì. Un intero corpo nudo e lui le chiedeva di poter toccare
le sue labbra? Un tipo affascinante senza dubbio!
Le massaggiò delicato, ritraendo la mano solo per
afferrare il suo fazzoletto ed eliminare quel rosso innaturale che lo
infastidiva mortalmente. Solo allora si chinò di più su di lei. Sfiorò le
labbra con le sue e poi le premette con più energia, cercando di ghermirne il
sapore. La morse pur di riuscire a fare sua quell’essenza di cui odoravano
intensamente i suoi capelli. Li respirò a pieni polmoni, mentre delicatamente,
stavolta, si staccò da lei per guardarne il viso. Aveva uno sguardo stordito sotto
quelle ciglia finte, probabilmente dovuto a quel bacio così profondamente
rispettoso. Ne voleva ancora, ma quando si protese verso di lui, stringendo le
mani al suo colletto, questi la scansò gentilmente.
“È stato un piacere, milady.”
“Come?” non le era chiaro che stesse accadendo. Lui
le donò un sorriso, mentre con calma recuperava soprabito e cilindro. Fu mentre
si rivestiva che per la prima volta, lei si vergognò di essere senz’abiti nella
sua stanza. Raccattò la stoffa a terra e ci si avvolse in fretta.
“Che state facendo?” si scandalizzò lei, mentre lui
lasciava una cospicua somma sul tavolo accanto al vino. “Pago per il vostro
corpo.” ammise sicuro.
“Ma ve ne state andando!” esclamò esasperata lei.
“Lo so.” Rispose calmo, avviandosi all’uscita.
“Mi pagate un servigio che non ho fornito?” la sua
espressione era sempre più confusa. L’ospite si fermò, concedendosi una lunga
pausa meditativa. Si voltò divertito.
“Ho comprato il vostro corpo come voi stessa mi
avete detto milady. Ora mi manca solo il vostro amore!”
“Cosa?” gridò shockata.
“Mi impegnerò per conquistarvi, ve lo giuro.”
E in un silenzio di puro stupore e incredulità, quel
bizzarro cliente si perse nella notte dopo un altro inchino. Quella bambola di porcellana
aveva perso il suo finto sorriso …
Fine
Note
dell’autrice:
Non è da me
pubblicare sul web storie originali, solitamente le tengo gelosamente custodite
fra le mie raccolte di cartelle ma dato che si tratta di un unico capitolo, ho
deciso di fare un’eccezione per questa volta. Spero mi darete una vostra schietta
opinione, chissà poi … magari andrò avanti. =)
KissKiss
KiraKira90