Storie originali > Epico
Ricorda la storia  |      
Autore: Nyappy    17/01/2011    3 recensioni
-Ti sei negato a ninfe, sacerdotesse e governatori, bel Narciso, ma... perché?-
Decise di dargli una degna risposta: -Se mi sono negato a loro, perché dovrei concedermi a te?-
Non aveva diritto, il bel Narciso, a vivere come preferiva?

[Retelling del mito di Narciso] [Vagamente slash]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NARCISO
Narciso aveva imparato a rispondere ai violenti sguardi di desiderio che riceveva con glaciale indifferenza.
Quando iniziava a sentire la solitudine nei suoi boschi scendeva in città per concedersi quei piccoli momenti in cui era orgoglioso di sé stesso.
-Sono disposta...-, venne afferrato per un braccio da una giovane donna dagli occhi consumati dalla follia, -Sono disposta a rompere il mio voto, a farmi maledire dagli dei per te...-
Sciocca! Con una smorfia Narciso scacciò la mano della sacerdotessa e proseguì per la via principale del villaggio.
-Posa per me.-, lo implorò uno scultore chiamandolo dalla sua bottega, gli attrezzi in mano e lo sguardo già avido delle carni del giovane, coperto solo da un corto chitone leggero;
-La tua scultura diverrà la mia massima opera d'arte.-
Ma Narciso non si voltò nemmeno per guardarlo: non gli interessava diventare l'opera d'arte di un tale così miserabile...
Perso nei suoi pensieri non s'accorse di essere seguito, e quando al limitare del bosco si voltò per salutare la città  scorse un giovane che lo osservava poco lontano, rapito.
-Qual'è il tuo nome?-, gli chiese il ragazzo avvicinandosi lentamente.
-Narciso.-, gli rispose questo con sdegno.
-Che bel nome... io sono Aminia.-, si presentò il giovane dal viso gentile incorniciato dai corti capelli mossi e gli occhi colr del legno d'olivo.
-Non m'interessa il tuo nome.-, Narciso si voltò pronto ad andarsene quando sentì Aminia trattenerlo gentilmente per il braccio.
-Dimmi che tornerai-, ma Narciso non si voltò nemmeno, -Dimmi che ti potrò rivedere...-
Irritato dall'insistenza di Aminia Narciso gli sfuggì e corse nel bosco, sotto lo sguardo adorante dell'altro.
-Fammi almeno credere che ti rivedrò...-

Amava il bosco dov'era cresciuto, amava l'austera gentilezza degli alberi che considerava "casa", i colori ed i profumi che gli ricordavano la madre.
Come ogni giorno dopo la caccia mattutina si stava concedendo un po' di riposo al riparo dal sole, con la schiena appoggiata ad un grosso tronco.
Si stava quasi addormentando quando sentì un fruscio provenire dai cespugli vicini e subito si drizzò in piedi, pronto a difendersi.
Era un animale selvatico? Lo voleva attaccare?
Con sua grande sorpresa di trovò innanzi una ninfa, i lunghi capelli raccolti e la candida veste con uno strappo sulla manica.
Non poteva essere lasciato in pace? Chissà perché tutti amavano tormentarlo...
-Chi è là?-, chiese sospettoso.
-Chi è là?-, lo imitò la ninfa con espressione sofferente.
-Mi prendi in giro forse?-, chiese Narciso altezzoso raccogliendo da terra l'arco, la faretra e la preda catturata la mattina.
"Vorrei solo dirti quanto ti amo, da quanto tempo ti ammiro da lontano, ma..."
-Mi prendi in giro forse?-, ripeté la ninfa.
Questa era la maledizione di Eco: imitare le ultime parole ascoltate e non poter dire altro.
Lui si voltò, iniziando ad allontanarsi da quella ninfa folle quando sentì i suoi passi veloci dietro lui.
"Se non posso usare le parole per dirti quanto t'amo forse posso dimostrartelo in un altro modo. Se t'abbracciassi, se ti facessi sentire quanto fremo per te..."
-Fermati! Vattene!-, gridò lui indispettito, -Perché devo essere sempre toccato da sconosciuti invadenti? Lasciamo in pace!-

Dopo quell'incontro rimase nella foresta per più del solito, e quando tornò in città per vendere gli uccellini che aveva catturato e comprare delle nuove frecce fu accolto da occhiate furtive diverse dal solito, quasi ostili.
-Avete sentito?-, udì mormorare una vecchia, -Con la sua crudeltà ha fatto consumare la povera ninfa Eco...-
-Povera creatura!-, aggiunse un'altra donna, -Di lei non è rimasta che la voce...-
Tutti quei commenti lo infastidivano: non aveva certo chiesto a quella ninfa d'innamorarsi di lui.
Si era appena appoggiato alla statua nell'agorà per godere di un po' d'ombra quando sentì una voce conosciuta proprio dietro alle sue spalle.
-Eccoti.-, Aminia gli sorrideva raggiante, ma Narciso si era già alzato e con un paio di monete in mano era diretto verso il mercato.
-Speravo saresti tornato.-, gli confessò Aminia seguendolo, -Non avrei mai sopportato di non poterti più rivedere. Aspettami!-
Narciso l'aveva ignorato e con passo veloce aveva raggiunto la sua meta.
Quant'era insistente quel giovane?
-Quelle non fanno per te.-, commentò mentre Narciso soppesava delle frecce con sguardo critico, -Hai mai pensato che delle schegge di legno potrebbero rovinare le tue belle mani?-
-Perché tu lo sappia, caccio da quando sono nato.-, lo informò Narciso vagamente offeso. Lo stava accusando di essere un incapace?
-Persino nella mia città tutti dicono che il bel Narciso dagli occhi più scuri della notte ha rifiutato addirittura una ninfa, è vero?-
Solitamente a Narciso bastava cacciare quelli che lo importunavano una volta per liberarsene, ma lui era diverso.
-Sì, è vero.-, accarezzò con il dito il profilo della freccia che teneva in mano, squadrandole la lama.
-Ti sei negato a ninfe, sacerdotesse e governatori, bel Narciso, ma... perché?-
Decise di dargli una degna risposta: -Se mi sono negato a loro, perché dovrei concedermi a te?-
Non aveva diritto, il bel Narciso, a vivere come preferiva?
-Sono arrivato da molto lontano per te, attirato dalla tua fama e dalla tua bellezza ancora maggiore. Non rinuncerò mai.-, ribadì Aminia chinandosi per osservare meglio una spada.
"Mi ami così tanto?", pensò Narciso guardando con la coda dell'occhio il giovane accucciato.

Quando i due tornarono all'agorà la faretra di Narciso era piena di frecce e tra le sue mani riluceva la bella spada dall'elsa decorata che Aminia aveva ammirato.
-Dimostrami che m'ami.-, dichiarò il giovane all'improvviso, porgendo la spada al compagno, -Questa spada è tua. Trafiggiti con il mio dono, e se sarai così forte da sopravvivere, sarò tuo.-
Narciso non s'aspettava certo che Aminia accettasse quel patto crudele, che sfilasse tremante la spada dalle mani di Narciso e, senza dire una parola ma solo cercando gli occhi dell'amato, se la conficcasse nel ventre.
Cadde a terra soffocando un urlo, e presto la polvere del terreno di mischiò al suo sangue.
-Non sopravvivrai.-, la voce di Narciso doveva essere gelida ed invece gli uscì esitante, mentre Aminia cercava di estrarre la spada dal corpo, le mani cieche che stringevano la lama e non l'elsa, la bocca aperta in un tentativo
affannoso di respirare.

Appoggiato al solito albero Narciso guardava in alto, fissava quel brandello di cielo non coperto dalle fronde degli alberi.
Solo, era sempre solo in quel bosco, la faretra piena appoggiata al tronco come la spada che aveva donato ad Aminia, ripulita dal sangue e tornata lucida.
A cosa pensi, Narciso?
* *
-Nemesi!-, Eros entrò furente nella grotta della dea della vendetta, che l'accolse con un sorriso compiaciuto.
-Eros? Non capita tutti i giorni una tua visita. Accetti dunque la mia proposta?-, lo salutò infima.
-Narciso dovrà pagare.-, la voce di Eros era alterata, e Nemesi non aveva mai visto il dio dell'amore così offeso.
Finalmente aveva accettato di disfarsi di quel piccolo impudente...
-Mi ha rifiutato, ha rifiutato l'amore, lui così benedetto dai miei favori!-, pose alla dea della vendetta una delle sue frecce dorate, e questa se la passò sulla lingua, ghignando.
-Spero che questa vendetta sarà degna della comunione di Nemesi ed Eros!-, e restituì la freccia all'originale proprietario.
-Certo che lo sarà. Pagherà con la morte questo affronto.-
* *
"Liriope, vedo due strade per questo fanciullo. Ti sopravvivrà, ma raggiungerà la vecchiaia solo se non conoscerà mai sé stesso.", questo erano state le parole dell'indovino Tiresia alla sua nascita.
Conoscere sé stesso? Non aveva mai compreso quella profezia.
Ma quel giorno, vagando per i boschi con la spada al fianco e il peso opprimente di un cerbiatto sulle spalle aveva sentito il richiamo della sete e non appena aveva notato una grande pozza d'acqua si era avvicinato..
Poggiò a terra le armi e si chinò per bere quando sbarrò gli occhi. Chi era quel meraviglioso giovane che lo fissava? Era... lui stesso?
Rapito dalla sua immagine tese un braccio per toccarla, ma con suo disappunto la superficie dell'acqua s'increspò, non permettendogli per un po' di riflettersi.
Era questo che provavano gli abitanti della città, era cos' che si era sentita la ninfa Eco, era per quel motivo che il coraggioso Aminia si era tolto la vita?
Loro avevano speranze, lui no! Come avrebbe fatto ad amarsi?
Fissò insaziabile la sua immagine per ore, ore che sembravano minuti, incatenato ai suoi stessi occhi scuri che con le prime luci del tramonto s'inumidirono, rattristiti.
-No!-, gridò contrariato. Stupide lacrime, perché dovevano interrompere quella vista divina?
Si accasciò a terra tremante, stancato dalla posizione scomoda. Cosa poteva fare, cosa?
Lo sguardo gli cadde sulla lama rosseggiante della spada con la quale Aminia si era ucciso, per lui.
Morire era la via per guarire da quella sofferenza?
Prese la spada in mano, l'alzò con decisione davanti a sé, pronto a calarla su quel magnifico corpo... no, non poteva farlo.
Mollò la presa e l'arma cadde a terra con un tonfo attutito dall'erba alta.
Tornò alla pozza, tornò ad ammirare il suo viso illuminato dalla scarsa luce.
Un bacio, ecco quello che voleva, solo un bacio.
Chinò piano il viso, gli occhi socchiusi per ammirarsi fino all'ultimo, trattenendo il respiro...
Quando la freccia di Eros e Nemesi, scoccata dal dio dell'amore si conficcò nella nuca del giovane, facendolo sbilanciare.
Cadde nella bassa pozza sbattendo la testa sul fondo cosparso di sassi acuminati, e lottò invano per risollevarsi, intontito: sembrava avere un masso legato al collo.
Ormai privo di forze si lasciò morire senza un lamento, ed affogò immobile sotto lo sguardo crudelmente compiaciuto di Eros e quello divertito di Nemesi.
* *
-Che stai facendo, fanciullo?-, ne aveva visto di morti strani, Caronte il traghettatore infernale, ma mai insoliti come quel bel giovane. Che diavolo stava cercando nell'acqua?
-Nulla.-, rispose malinconico Narciso scrutando la superficie piatta del fiume, che non veniva incrinato dalla barca e che non rifletteva nulla.
-Assolutamente nulla.-, ripeté sconfitto.

Ciao :) prima storia a tema mitologico "stretto" che scrivo. Ovviamente Narciso è uno dei miei personaggi preferiti: borioso, egoista, immaturo e piuttosto orgoglioso. E stupido.
Ho attinto da varie fonti per scrivere questa storia: dalla versione ellenica del mito ho preso in prestito il personaggio di Aminia e il quasi-suicidio di Narciso, che secondo la fonte moriva proprio con la spada
donata al compagno; dalla versione romana di Ovidio la profezia, il personaggio di Eco, la presenza di Nemesi e l'ultima scena sullo Stige; dalla versione di Pausania, che criticava aspramente le altre, solo
la sua attività di cacciatore. Ho puntato molto sulla fedeltà alla tradizione della sua figura, elaborando assieme i due filoni principali del mito con l'aggiunta di un terzo "guest star".
Nonostante tutti i suoi difetti, spero di essere riuscita a non rendere pesante Narciso. Anche se in effetti era piuttosto pesante come tipo...
Che ne pensate? Mi piacerebbe davvero conoscere le vostre opinioni :)
Nyappy
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Nyappy