Monique.
CAPITOLO 4 – INFLUENZA
Sono le nove e mezza del mattino. È mercoledì. E io sono ancora sotto le coperte.
Motivo? Influenza. Ho talmente tanto catarro nella gola che faccio perfino fatica a respirare e mi sembra di avere al posto della trachea un tubo che brucia senza sosta. A ogni minima parola che pronuncio mi fa male. Così rimango in silenzio. Almeno oggi ho la scusa per poterlo fare.
Adoro stare in silenzio e non dover dare troppe spiegazioni alla gente. È come se fossi rinchiusa in una bolla di sapone. Rinchiusa nel mio mondo, dove l’unica voce che ho è quella dei miei pensieri.
Nonna è ancora a letto. Quando si sveglierà dovrò giustificare il motivo per cui non sono andata a scuola. Non sarà difficile, il mio aspetto è veramente orribile.
Appoggio una mano sulla fronte. Scotta. Sarà meglio che almeno per oggi non metto il naso fuori di casa.
Allungo la mano verso il comodino e afferro il mio iPod. Non sono una ragazza di quelle con la playlist aggiornata giorno per giorno. No, e non sono nemmeno una di quelle ragazze che ascoltano determinate canzoni solo perché sono in foga in quel momento.
Sul mio iPod c’è solo musica che realmente mi piace. Più della metà delle canzoni sono solo melodie. Pianoforti, violini. I suoni di questi strumenti mi rilassano nel modo più assoluto.
Metto le cuffiette e parte la traccia numero 3. È una melodia, ovviamente.
Mi abbandono al suono delle note che si rincorrono sulla tastiera del pianoforte.
Non so quanto rimango con le cuffiette, dieci minuti? Un’ora? So solo che ad un certo punto sento un rumore. Nonna, si è svegliata.
“Ehi nonna, sono qui.” Dico con la voce rauca, per evitare che non mi veda e si prenda un colpo. Si gira verso di me, abbiamo le camere una di fronte all’altra. I capelli castani sono tutti scompigliati e la camicia da notte bianca e candida le accarezza le ginocchia.
“Oh. Monique. Cosa ci fai qui? Non stai bene?” Eccola, subito che si preoccupa.
“Tranquilla nonna, è solo un po’ d’influenza.” La vedo accelerare il passo e venire verso di me. Tende la mano verso la mia fronte, come immaginavo facesse.
“Oh tesoro! Scotti! Ti vado a prendere un panno bagnato.” In pochi secondi sparisce dalla mia stanza. Lo sapevo, si preoccupa sempre; anche quando, come in questo caso, non c’è alcun motivo di farlo. Dopo poco torna con un panno inzuppato d’acqua. Me lo adagia dolcemente sulla fronte e mi bacia la guancia. Bastano pochi minuti, e mi addormento nuovamente.
*
“Monique? Monique?” Mi sveglio improvvisamente disturbata da una voce che continua a chiamarmi. Apro gli occhi lentamente, mi sento veramente stanchissima. Metto a fuoco l’immagine davanti a me. È la nonna.
“Monique, stai meglio?” Beh, sinceramente non sto meglio, anzi, mi sento uno straccio. Ma è meglio non fare preoccupare ulteriormente la nonna. Così, do la risposta più sensata.
“Sì, sto meglio. Tranquilla nonna.” E le faccio un sorriso forzato. Parlare mi fa un male terribile alla gola, molto di più di ‘sta mattina. Nonna sorride e va in cucina.
Io allungo una mano verso il comodino e afferro il cellulare per guardare l’ora. Cavolo! Le sei e mezza di sera! Ho dormito nove ore!
Provo a stiracchiarmi, ma sento le ossa che si oppongono, così ci rinuncio.
Afferro un giornale che avevo lasciato sul comodino. Vanity Fair. Il mio giornale preferito.
Scorro le pagine velocemente, guardando solo i vestiti e non facendo caso alle scritte. Poi vedo una modella. Ha i capelli raccolti e un vestito rosso fuoco, ma non è quello che mi colpisce. Sulle guance ha disegnate due lacrime con la matita nera. Ed ecco che mi torna in mente quell’immagine. La donna in ospedale che piange e si stringe al marito.
Non riesco a capire perché quella scena mi continua a tornare in mente, in fondo non era nulla di atroce. Eppure non riesco a togliermela dalla testa, onestamente non so cosa pensare.
Nemmeno la conosco quella donna! L’ho vista giusto per qualche istante e poi basta.
“Tesoro ti ho portato un po’ di brodo caldo.”
“Grazie nonna.” Sorseggio il brodo bollente, che scende nella mia gola senza alcun intoppo.
Certi dicono che quando una scena ci colpisce in un modo particolare, poco tempo dopo avrai a che fare con i soggetti di quella scena.
Quindi io dovrei avere a che fare con quella signora? E perché mai? E soprattutto, in che modo?
La risposta a tutte queste domande è una sola. Io non avrò mai a che fare con quella donna. E le persone che suppongono questa teoria si dovrebbero rendere conto che è un’inutile pagliacciata.
Il destino non esiste. Siamo noi e solo noi i creatori del nostro futuro.
Potrà essere tragico, potrà essere meraviglioso. Ma in ogni caso, sarà sempre e solo opera nostra.
La matita, che serve per disegnarlo, in mano ce l’abbiamo solo noi.
Noi, e nessun altro.
Angolino di Sofia.
Eccomi qua carissimi e carissime (: Come promesso ecco il nuovo capitolo. Questo è l'ultimo capitolo "di presentazione", nel prossimo ci sarà una svolta MOLTO significativa per la storia.
Voglio ringraziare tutti coloro che leggoro, ma in particolare chi recensisce. Grazie, non sapete quanto mi fanno piacere i vostri commenti.
Mmm, che dire ancora? Spero mi seguiate, e... sì, recensite se vi va (:
Vi ricordo che ci sono anche su FB (Sofia Gaiero).
Un bacio grande,
Sofia.