Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: piratatommy    18/01/2011    2 recensioni
"Un lampo interrompe tutte queste elucubrazioni, mentre gli alberi si diradano per lasciare posto al cimitero. I cancelli sono aperti, quasi ad attenderti. Li oltrepassi col fiatone, pensando che la strada dal villaggio a lì è sembrata interminabile. Al sollievo di essere all’aperto si sostituiscono subito i brividi provocati da quell’ambiente spettrale, dal grigiore delle lapidi che in sé nascondono il segreto della morte."
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alla fine quel giorno era arrivato. Inevitabile, improrogabile, nonostante tutte le tue speranze.
Posi il cucchiaio di legno sulla scodella, guardando i volti che ti circondavano all’interno della locanda: volti silenziosi, chiusi in se stessi, diffidenti, spaventati; volti di quei pochi uomini che avevano potuto o avevano dovuto recarsi alla taverna del villaggio a quell’ora tarda in quella giornata invernale, quando il sole è già calato e non è prudente uscire di casa. Non c’era quella serenità che avrebbe dovuto esserci, ma in tutto si insinuava il velo gelido del panico, sfiorando anche il tuo cuore. Tutto ciò è terribile, assurdo – continui a ripetere nella tua testa, ormai stanco di quel vagare, sfiduciato. Raccogli la tua spada, lasci qualche moneta per l’oste sul tavolo ed esci da quel luogo illuminato ed accogliente per quanto desolato ed estraneo, accompagnato soltanto da uno sguardo o due che si alzano più per tenere sotto controllo la situazione che per saluto.
Chiudi la porta alle tue spalle e ti inoltri nella notte, camminando deciso e tenuto ben sveglio dal freddo vento della stagione. Bastano pochi minuti per uscire dal villaggio; le luci accese dentro le finestre rapidamente si diradano e ti accoglie uno stretto sentiero tra le fronde degli alberi. Il cielo si sta rannuvolando, lasciando solo uno squarcio per la luna piena, unica compagna che segue i tuoi passi, così brillante, fredda e distante. Ti aggiusti la sacca che hai sulle spalle, sopra la povera armatura: dentro rammenti di avere solo un pezzo di pane, la Bibbia e una pergamena ufficiale con tanto di timbro ecclesiale sopra. Ma nonostante questo non sai quanto tutto ciò ti potrà essere d’aiuto.
Unico pazzo che cammina nel bosco di notte, sei anche l’unico che possa farlo, l’unico che debba farlo in realtà. Senti l’odore penetrante della terra e del legno, lo scricchiolio lontano dei rami, o di qualche animale notturno; con un po’ di timore pensi a cosa potrebbe nascondersi nel buio, sperando allo stesso tempo di non incontrare nulla; stringi l’elsa della spada facendo un respiro profondo. Sembra quasi una delle tue fantasie, in cui immaginavi di trovarti immerso in una di quelle storie che sentivi raccontare a corte, e che tanto spaventavano la tua sorellina quando gliele raccontavi: finiva sempre che lei si faceva il segno della croce e correva via in lacrime da vostra madre. Ironia della sorte eh?
Ma ora la situazione era terribilmente vera, un incubo divenuto realtà. Ti senti improvvisamente fragile e sperduto in quelle circostanze, che solo adesso ti rendi conto di non comprendere del tutto.
Un lampo interrompe tutte queste elucubrazioni, mentre gli alberi si diradano per lasciare posto al cimitero. I cancelli sono aperti, quasi ad attenderti. Li oltrepassi col fiatone, pensando che la strada dal villaggio a lì è sembrata interminabile. Al sollievo di essere all’aperto si sostituiscono subito i brividi provocati da quell’ambiente spettrale, dal grigiore delle lapidi che in sé nascondono il segreto della morte. Ti fai il segno della croce, pensando a quante volte da bambino avevi sentito dire che era peccato profanare il riposo dei defunti senza motivo. Di leggende ne avevi sentite narrare molte in proposito. In genere non ti facevano alcun effetto, giovane e coraggioso, ma ormai in un mondo così sottosopra non si poteva più essere certi di nulla. Ciò che doveva essere sacro  non lo era più, venivano spezzate le catene che separavano bene e male, le certezze venivano a mancare facendo sprofondare tutto nella perdizione; la tua stessa vita era stata distrutta, lentamente e dolorosamente, ma ora non avevi altra scelta se non tentare di scongiurare la minaccia che gravava sul paese, porre fine a quell’abiezione. Tu da solo, lontano da tutto, lontano anche dal tuo Signore Dio.
Un tuono e una folata che sembra un lungo sospiro ti fanno trasalire; mentre da lontano si odono i rintocchi della mezzanotte il vento aumenta d’intensità, spegnendo le poche candele; si carica e trascina con sé tutte le ombre strappandole dalla terra, dalle statue, dalle lapidi, per addensarle insieme al centro del cimitero con un lungo ululato. Assisti al maleficio senza fiato, ripetendoti che devi fare qualcosa, mentre lì dove un attimo prima non c’era nulla comincia a delinearsi una figura; il lungo lamento si concretizza in una risata stridula. Compare di fronte a te la sagoma di una donna, che conosci fin troppo bene: è di bell’aspetto, alta e fiera, un volto pallido incorniciato da lunghi e lisci capelli nerissimi, avvolta da un lungo mantello scuro, ha il fascino e la sensualità delle creature che vengono dirette dall’inferno. Ma tu non badi all’apparenza, ha qualcosa di occulto e terribilmente perverso che ti fa gelare il sangue nelle vene. Riesci a stento a concepire tutto il male che è riuscita a provocare, in fondo in fondo qualcosa ti dice che non puoi vincere, ma è la tua ultima occasione e reagisci ormai d’istinto, non c’è più spazio per i timori.
Cala il silenzio, e la risata della Strega quando ti vede è agghiacciante: “Ancora tu, sciocco, a cercare di fermare la mia vendetta!”
Ribatti sovrastando i tuoni “Strega! Questa volta riuscirò a fermarti! Non ti lascerò portare il paese alla rovina! Non lascerò vincere il male! Sei solo una pedina nelle mani del demonio!”
Un’altra risata rimbomba nell’aria: “Ah mi chiami strega adesso? E dici a me pedina del demonio? Non c’è forse del male in ogni uomo? Guarda nel tuo cuore, conosci qual è la vera risposta!”
Qualcosa trema dentro di te, ma non cedi: “Ti sei lasciata corrompere ma non hai il diritto di distruggere vite altrui! Stanotte a costo della vita fermerò la tua follia!”
“Sono troppo forte per le tue misere possibilità ormai, ed è giunto il momento che mi appropri del regno e del potere che mi aspettano da fin troppo tempo! Sei solo un illuso e un fallito, senza più una vita! L’inferno ti attende!”
Dicendo questo solleva le mani al cielo con gesto solenne e tu non fai tempo a reagire che la terra comincia a tremare in modo brusco ed innaturale. Inciampi e ti rialzi mentre un fetore di morte entra nelle tue narici; all’improvviso dalle tue spalle un paio di mani gelide ti stringono il collo, altre ti afferrano le braccia e le gambe. Non respiri più. Cominci una lotta furiosa con quelle creature evocate dall’oltretomba, per riappropriarti dell’aria, della vita. Senti la carne decomposta che cede e si sfilaccia rigida sotto la tua presa, ma altre mani ti afferrano. Riesci a liberarti della sacca, che viene portata via dai mostri, poi cominci una lotta per il possesso della spada, unica arma efficace che hai, benedetta il giorno della tua investitura, intinta nell’acqua santa. Riesci a sguainarla, al mostro di fronte resta in mano il fodero vuoto. Gli tagli con un solo colpo violento e quello si accascia sbriciolandosi. Gli altri sono tanti, e mordono, tirano, cercano di farti cadere e di sopraffarti, mordono, feriscono in ogni modo possibile. Ti gira la testa per il dolore, ma devi decapitarli uno ad uno, è l’unico modo per sconfiggerli. Ad un certo punto scorgi nella lotta la Strega che lontana sussurra parole oscure, invocando spiriti dannati. Sta pronunciando la formula che le darà il controllo sull’intero regno, condannandolo per sempre. Una mano ti copre il volto e ti butta a terra. A quel punto cadi nel panico insieme diventi furioso. Mordi e senti staccarsi un pezzo di carne morta, calci e colpisci ovunque ostinato a non cedere. Riesci a rimetterti in piedi e a liberarti, orbite vuote e pelle bianca e gonfia ti fissano, ricacci quegli esseri dal mondo in cui sono venuti uno per volta, sempre più stanco. Tutto di colpo comincia a piovere, scivoli nel fango e ti rialzi, ma alla fine cadi sulle ginocchia solo, vincitore, unici rumori gli scrosci della pioggia e il lento mormorio della donna. La devi fermare. Ti rialzi e ti avvicini nascondendoti nell’ombra delle statue angeliche. Sei vicino. All’improvviso però lei ti scorge e ti scaglia contro un fascio di luce violacea. Ti getti a terra e ti rialzi, rispondendo colpo su colpo, parando con la lama della spada e cercando di avvicinarti, animato da una fredda determinazione, o forse solo dalla disperazione, mentre su di voi imperversa il temporale. Urla di parole magiche ed esplosioni agitano la radura, mentre nessuno dei due si arrende, la prima decisa a portare a termine la sua vendetta, il secondo deciso a non lasciare che compia la magia. La Strega comincia a tentennare vedendo che non soccombi, vedendo che ti avvicini sempre di più, nonostante le ferite. Il tuo viso stravolto e adirato comincia a spaventarla, risveglia per un attimo qualche antica paura. È quanto ti basta. Tenti il tutto per tutto. Urlando con un ultimo scatto fulmineo ti lanci su di lei. La lama della spada in quello che sembra un istante infinito penetra fino all’elsa nel suo petto con uno scricchiolio sinistro, mentre lei ti guarda attonita e cade a terra, i suoi occhi che lentamente diventano velati e poi inespressivi. È finita. Solo la pioggia silenziosa sfiora quel corpo, mentre dalla ferita esce un sangue nero e vischioso, insano, che sfrigola a contatto con la lama benedetta. Lentamente quel viso contratto dalla morte incredibilmente si rasserena, i lineamenti si distendono; i capelli si schiariscono, restando infine biondi e rivelando il volto di una fanciulla, ora finalmente libera di riposare per sempre. Poi tu crolli. Avevi osservato la scena per un attimo sconvolto e incredulo, mentre i battiti del cuore rallentavano, poi di colpo tutto è esploso nella tua testa, lasciandoti in ginocchio a piangere amaramente. Hai appena ucciso tua sorella. È la cupa verità che ti assale il cervello inarrestabile. Per te quella non sarebbe mai stata una vittoria, lo sapevi. Ma ora, a vederla così com’era una volta, bella e innocente, non riesci a sopportare il dolore. Sei maledetto, senza scampo. Ed è tutta colpa tua. Tra le lacrime cominci ad odiarti, mentre ancora una volta il senso di colpa riaffiora lacerante, la nostalgia e l’impotenza ti invadono implacabili, in quella desolazione. Ricordi com’era una volta, quando da piccoli eravate liberi e contenti nella corte dei vostri genitori, il Signore e la Signora del paese. Ricordi la tua invidia bruciante nei confronti della piccola, così amata dai genitori, così brillante, intelligente, così diversa da te, fin da subito. Ricordi piangendo il male che provavi nei suoi confronti, stolto e accecato dalla gelosia. E poi una volta morto tuo padre la tua crudeltà, per cercare di apparire e di relegarla ad un ruolo minore. Ma continuava ad essere la preferita di tua madre, nonostante tu fossi il nuovo signore, e avessi già tutto ciò che desideravi. Non lo sopportavi. Allora la tua scelta crudele ed autoritaria di costringerla alla clausura e ad un convento lontano, fingendo una finta vocazione. Ricordi i suoi pianti, le sue suppliche rimaste sempre inascoltate, la disperazione di tua madre che non hai mai saputo accettare e che non ha fatto altro che allontanarla sempre più. Hai distrutto la vita di una povera ragazzina che doveva essere di stirpe nobile, facendola sparire in un luogo dimenticato, sola, rinchiusa, facendo conoscere al suo cuore innocente prima la disperazione, poi la follia e l’odio, verso di te, verso la sua gente, verso lo stesso Dio a cui era stata costretta donarsi con la forza, e che non l’aveva mai aiutata. Sei stato tu a condannare tutti al dolore, non lasciandole altra scelta che fuggire e darsi al male e all’occulto, trovando una ragione di vita solo nella sete di vendetta e nel dominio. Aveva ragione a dire che in fondo conoscevi la verità: avevi già condannato te stesso e ucciso lei anni orsono. Tornò come un demonio infernale, cominciando proprio da te. Ricordi la distruzione della tua casa, l’assassinio dei tuoi figli ancora bambini, le urla inumane di dolore della donna che amavi, straziata e torturata dai cadaveri rianimati dei genitori, delle sue stesse creature, la follia nei suoi occhi prima ancora del sopraggiungere della morte, mentre tu incatenato eri costretto a vedere. Infine la tua fuga disonorevole e fortuita, l’inizio di quella caccia perversa, che vedeva già dal principio te perdente in qualsiasi caso, per aver fallito ed aver lasciato il regno nelle sue mani, o per aver assassinato sangue del tuo sangue, per aver distrutto quella vita, di nuovo. Imperdonabile e condannato senza speranza fino alla fine dei tuoi giorni. Diseredato, sconosciuto, solo, destinato a vagare con il solo senso di colpa e con i fantasmi di vite distrutte. Ti strappi i capelli sotto quella pioggia, su quel corpo senza vita, in quel luogo di morte desolato e profanato, sgretolato come la tua anima, senza scampo.
Provi a cercare la morte, ma la spada al toccarla brucia, la lama benedetta non tollera un altro atto dissacrante che vada a sommarsi agli altri. Ti allontani nella notte, nella pioggia, nella disperazione, uomo senza Dio. 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: piratatommy