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Autore: Asfe    22/01/2011    16 recensioni
Quando il gelo lo soffocò, seppe già di non avere alcuna possibilità.
Alfiere nero indietro. Quattro passi obliqui a sinistra.
«Scacco matto.»
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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A Picciona e Suricata.
Per qualcosa che non si può esprimere a parole.

 

La scacchiera

 

Questa storia traccia le gesta di ragazzo di un piccolo re d'Inverno, lo sguardo rivolto ad ammirare le stelle nere cui apparteneva.
Narra di orgoglio marcio e sangue - sempre rosso, il sangue, verità nascosta ai giovani principi e le belle dame che indossano i guanti di seta e brindano con finti sorrisi al blu che gli scorre nelle vene d'oro screpolato.
Inizia nella Primavera di un anno non troppo addietro, inoltrandosi nella dimora inglese di una famiglia di maghi d'onore nobile, quando il dolce profumo dell'aria adorna i mandorli in fiore.
L'ultima stanza che spingeva a Nord chiusa - la porta di mogano, una macchia scura nella luce dorata del mattino.
Un tintinnio d'argento, anticipo d'un paio di passi felpati dell'esile figura che ora si appoggiava allo stipite della soglia del corridoio.
Una goccia di sudore scivolò leggera sulla guancia lattea.
Non faceva caldo ch'io sappia, anzi soffiava una brezza fresca, la prima portatrice di gioia nell'anno.
Egli avanzò silenzioso nei raggi del Sole, raggiunse la camera che gli si figurava davanti - quella proibita e sigillata, quella che aveva conservato la polvere grigia e poi nera dei mesi trascorsi.
Pioveva quando i granelli avevano cominciato lenti a cadere, adagiandosi sulle lenzuola d'avorio e il davanzale di marmo; quel giorno anche la viola che vi era posata nel suo nudo vaso di terracotta, appassì vuota e senza più linfa.
La delicata mano bianca sfiorò la maniglia prima della chiave, che sostava nella tasca dei pantaloni - sdruciti e slavati, mai si sarebbe permesso di indossarli al cospetto dell'austera madre, ma che avevano un sapore infantile che rammentava con un sorriso amaro e a volte rimandavano a ricordi più lontani, più fastidiosi, più improbabili.
La prese e la inserì nella serratura bronzea.
Non entrava. Il respiro si mozzò a metà azione e un secco suono protestò per uscire dalle sue labbra serrate.
Il giovane sbuffò appena, improvvisamente calmo nella sua maschera d'impazienza. La gola era solleticata da dita invisibili. In un moto di violenza repressa - io credo che volesse usare su lui stesso una simile forza, per ragioni che ancora non conosceva e che avrebbe rimpianto più avanti - abbassò la maniglia.
Cosa vide esattamente non mi è dato saperlo, ma immagino una camera dalla bellezza decadente, il pavimento graffiato dai giochi con una pluffa - era sotto il letto, lui non la poteva vedere - e le pareti indecenti di donne dalla discendenza immonda che mostravano le proprie nudità come sgualdrine.
Lì, lui si sentì Regulus.
E fu dunque come Regulus - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che strinse a sé il cuscino di Sirius - non più polvere, non più la polvere opponente ai nobili Black - che baciò appena la coperta sfatta che usava Sirius - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che girò in tondo osservando con cipiglio divertito e sereno le cose di Sirius - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che rise vedendo gli stendardi rosso ed oro capeggiare ovunque - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che inciampò in una scatola vuota  - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che si fece male cadendo - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black - che ringraziò d'essere caduto, notando che da lì aveva una visione migliore sulle mille cianfrusaglie di Sirius - non più lui, non più il lui portante avanti i nobili Black.
Non più polvere, non più la polvere opponente ai nobili Black.
Regulus non badò d'aprir bocca eppure si poté ascoltare un mormorio di frasi sconnesse scivolare nell'aria.
La scacchiera pensò bene di rimanere nella sua ombra di dimenticanza per un buon quarto d'ora e poi lanciandosi nel niente avvisò la sua presenza - io avrei detto che fosse stata semplicemente la gravità a render possibile tale azione, ma le scacchiere sono permalose e bisogna attendere che ammettano da sole le proprie vanità.
Regulus, tuttavia, non fece le mie stesse congetture ed anzi la raccolse piano, scusandosi per non averla prima notata e per averla fatta addirittura scagliare nel vuoto per avere un po' d'attenzione. Forse non lo disse a sé stesso, ma più avanti nella sua vita ebbe la possibilità di abbandonarsi alla fugace riflessione dell'atto di coraggio fatto e sofferto da quella scacchiera. Umile, scialba scacchiera rinchiusa in una grotta di mobile.
Ma in quel momento lui non lo sapeva ancora, e dunque racimolò i pezzi - anche la scheggia nera che si era staccata dall'alfiere, se la infilò in tasca e la dimenticò lì - e si mise a giocare con Sirius.
Pedone nero in avanti. Due passi.
«Il punto è, Regulus, che tu sei un bagno privato ed io uno pubblico.»
Pedone bianco in avanti. Un passo.
«Metafora alquanto interessante, Sirius.»
Torre nera in avanti. Due passi.
«Il problema si pone di fronte alle persone che frequentano quei bagni.»
Pedone bianco in avanti. Due passi.
«Da cosa deduci la somiglianza con dei gabinetti?»
Pedone nero in avanti. Un passo.
«Dalla tua faccia.»
Torre bianca in avanti. Un passo.
«Maturo e divertente. Forse anche squallido.»
Cavallo nero in avanti. Due passi in avanti ed uno a destra.
«Non capisci? Tu sei un bel bagno e da te vengono i Black, perché sei pulito e ordinato. Io faccio schifo, e vengono persone che se ne fregano se c'è sporcizia, perché lo scarico funziona.»
Torre bianca in avanti. Un passo.
«Da me lo scarico non funge?»
Alfiere nero in avanti. Tre passi obliqui a sinistra.
«No.»
Cavallo bianco in avanti. Due passi davanti ed uno a sinistra.
«Si è rotto?»
Alfiere nero in avanti. Due passi obliqui a destra.
«Sì.»
Alfiere bianco in avanti. Un passo obliquo a sinistra.
«Chi l'ha rotto?»
Pedone nero in avanti. Due passi.
«Avrei dovuto aggiustarlo. Avrebbero dovuto aggiustarlo.»
Torre bianca in avanti. Un passo.
«Chi l'ha rotto?»
Pedone nero in avanti. Un passo.
«Tu.»
Pedone bianco in avanti. Due passi.
«E' la conversazione più stupida ch'io abbia mai affrontato.»
Fu la partita più stupida che Regulus ebbe mai affrontato.
Quando ebbe sete e non trovò di che bere, seppe già cosa stava per accadere.
Cavallo nero indietro. Due passi davanti ed uno a destra.
«Scacco.»
Quando il gelo lo soffocò, seppe già di non avere alcuna possibilità.
Alfiere nero indietro. Quattro passi obliqui a sinistra.
«Scacco matto.»
Regulus picchiettò le nocche sul tavolo, innervosito.
«Regulus, tu punti sempre in avanti. Sbagli.»
«I pedoni possono andare solo in avanti.»
Regulus scosse impercettibilmente il capo ed espirò lungamente, anche se non poteva più farlo.
Poi posò accuratamente la scacchiera ed uscì dalla stanza.
Non chiuse la porta. Non ce n'era bisogno.

   
 
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