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Autore: Herit    01/02/2011    1 recensioni
In una Midgar troppo sporca e macchiata dalla piaga della droga vive Cloud. Poliziotto che non fa altro che sopravvivere senza combattere o affrontare quelli che sono i fantasmi del suo passato. Nella stessa Midgar c'è una ragazza, Tifa, che l'aspetta paziente da troppo, troppo tempo, ma che non ha il coraggio di lasciarlo andare. Due persone tanto vicine da risultare tremendamente distante. E quando Tifa viene rapita, lui è costretto a fare i conti con il passato, con il presente, ed anche con il suo futuro.
Dal racconto:Vive da solo. Un fantasma di se stesso e di quello che era stato. La vita frantumata a soli ventitré anni. O per lo meno così si sente. Preda di sensi di colpa non suoi. Per cose che lui non ha fatto. Ed è forse per questo che si ritiene ancora più responsabile. [...] Con il braccio che non sorregge Denzel va ad avvolgere il collo del biondino, costringendolo a posare il capo chino sulla sua spalla. Lo stesso capo contro il quale lei appoggia il proprio. -Profumi di gigli. Sei stato alla chiesa.- Non è una domanda, quella della ragazza, ma una semplice constatazione. Lui la lascia fare. Gli piace quel contatto.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Denzel, Marlene Wallace, Sephiroth, Tifa Lockheart
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Track 6. If I were a Boy...

If you were a Girl


Bang.

Un colpo di pistola.

Bang.

Un altro. Due. Due semplici spari che vanno a segno portandoti via quanto avevi di più prezioso.


Fa male ricordare, vero Cloud?

Ti lasci trasportare al piano superiore della centrale come un manichino privo di vita. In piedi, da solo in quell'ascensore provo completamente di calore. Calore umano, intendo. Non quello delle ventole dell'aria calda. Hai sempre la testa alta, però. Vai avanti dritto, seguendo la tua strada. Ti trascini con cieco orgoglio, come un bruco che ancora non ha il coraggio di divenire una crisalide per poi librarsi come una farfalla. Ti fa tanta paura, il volo? Tra le mani niente, se non le chiavi della Fernrir con quelle due fedi con cui ti ritrovi a giocare distrattamente. Aerith, con me, ti sta osservando da un po'. Sono tre anni che ti osserva. Che ti guarda con una muta speranza negli occhi. Ti si avvicina lentamente, appoggiandoti una mano sul braccio, restandoti accanto come una colonna a sorreggere il tuo corpo. Glielo lascio fare. Alla fine, per te lei è stata come un Angelo Custode. Tifa, la tua ragione. Lei la tua forza. Sono due pezzi importanti di te entrambe. Io? Sai che non so darmi un ruolo nella tua vita? Direi che se potessi sceglierlo, sarebbe la spalla. Su cui ridere. Piangere. Mi davi tu gli spunti per le mie battutine più sagaci, amico mio.

-Ae, dagli una scossa.- Imploro quasi quella che avrebbe dovuto essere mia moglie, andando a ciondolare le braccia lungo i fianchi, esasperato, concedendomi un sospiro rassegnato, prima di affiancarla e di affiancare pure il biondino dalla parte del braccio sul quale ancora tiene la mano. Lei mi appoggia la testa sulla spalla lasciata nuda dalla canottiera che porto e io non posso fare altro che posare il capo sopra il suo.

-Oggi qualcosa cambierà.- Mi assicura andando a sorridere gentile, come sempre. La voce calda e musicale che mi arriva alle orecchie e che è qualcosa di simile ad una boccata d'aria nei polmoni. Sempre che un'anima abbia dei polmoni. Le concedo un verso gutturale molto alla Cloud Strife, tanto che la sento sbuffare. Uno sbuffo che ricorda una risata sommessa. Trattenuta. Ed io mi ritrovo a scuotere il capo. Veggente. Beh, d'altronde c'era chi ipotizzava che i morti potessero vedere il futuro. Lei, chissà perché, aveva questa dote anche in vita. Lei ed i suoi presagi.

-Lo spero. Sono stufo di vederlo in questo stato. Ci ha fatto una promessa e non la sta mantenendo.- Mi lamento. Non è da me, lo so. Però se potessi tirare uno scappellotto su quella testa di riccio, lo farei più che volentieri. Magari si darebbe una svegliata. Aerith si limita a voltarsi verso di me regalandomi un'espressione di dolce rammarico. Nemmeno a lei va a genio che vada avanti così. Ci sta male almeno quanto me. Vedo la sua mano scivolare lentamente via dal braccio del poliziotto qualche istante prima che le porte dell'ascensore si aprano per lasciar entrare una persona. E' un uomo. Moro. I capelli lisci e lunghi, tanto che gli ricadono disordinati anche davanti agli occhi. Occhi di un colore che ricorda quello delle braci. Ha un cappotto a collo alto addosso. Rosso. Monotono il ragazzo! Ci metto qualche istante a carburare mentre l'osservo. E mi fa quasi strano, perché piuttosto che guardar Cloud, lui sembra guardare me ed Aerith che ci scambiamo occhiate perplesse, con la coda dell'occhio. Dopo qualche attimo ci arrivo. Vincent Valentine. Era uno dei nostri migliori agenti. Solitamente agiva in borghese, mescolandosi con quelli della malavita locale. Osservo il viso del biondino che si sposta appena per fargli spazio, limitando al minimo i rapporti sociali ed il contatto con le altre forme di vita. Ha l'espressività di un sasso scolpita sul volto marmoreo. Anzi, direi diamantino,visto che non si inclina nemmeno se gli dai una scalpellata. Guardo poi la mia dolce metà in una tacita preghiera, mentre la sua immagine traballa appena, quando il moro la sfiora. -Proprietà privata. Non si tocca.- Lo so. Blatero a vuoto rivolgendomi così a Vincent, ma che ci posso fare? Le mie braccia corrono veloci ad avvolgere il corpo impalpabile della giovane Cetra, stando ben attento a dosare la concentrazione ed i movimenti, così da non trapassarla con le braccia, e la tiro lentamente a me, mentre la sento ridere. La faceva ridere anche quando eravamo vivi, la mia gelosia. La facevo ridere io in generale, in realtà. Ma almeno le sue non erano mai risate di scherno. E di nuovo mi sorprendo nel sentire lo sguardo del trasformista su di me, rivolgendogli un sorrisetto ironico: tanto non mi può vedere.

-Cosa ci fai qui, Vincent?- La voce di Cloud riempie l'abitacolo sorprendendomi ancora di più dello sguardo che l'uomo a rivolto a me ed alla mia ragazza per la velocità con la quale ha parlato. Tutti e tre puntiamo gli occhi sul biondino, osservandolo chi perplesso chi, come me, come se fosse appena avvenuto un miracolo ed un fascio di luce divina lo stesse illuminando. Cloud Strife che, per quanto svogliato, inizia un discorso, è cosa più unica che rara. Il diretto interessato l'osserva con un'occhiata acuta, prima di concedersi di aprir bocca.

-Sono un poliziotto anche io, fino a prova contraria.- Gli fa giustamente notare preparandosi ad uscire, andando ad osservare le porte scorrevoli. Gli occhi mi cadono su un particolare. Lasciando da parte il fatto che ha due meravigliose pistole tenute legate alle gambe, sulle fondine; il suo braccio sinistro è completamente meccanizzato. Ricorda vagamente degli artigli. E' la prima volta che lo noto. Salgo un po' con lo sguardo fino ad arrivare dove voglio. E' saldato alla pelle. Non sapevo avesse una protesi. Se così la si può definire. Ora mi spiego anche il perché del soprannome “Demone” con il quale spesso lo chiamavano con disprezzo ed invidia alcuni colleghi. -Ho scoperto da dove viene “Jenova”.- Gli spiega ed in tre andiamo a tendere le orecchie, attenti. E' un fremito quello che percorre Cloud. L'ho visto bene e l'ha visto anche Aerith, dato che di nuovo allunga una mano per posarla sul suo braccio con morbida delicatezza. Deve essersene accorto anche il nostro informatore, visto che attende un qualche segno di vita più espressivo da parte del biondino. O così sembra, almeno.

-Jenova. Quindi anche... Lui.- Sputa a fatica quel pronome. Lo fa quasi con ribrezzo, tanta enfasi ci mette. Eh, sì tesoro. Oggi davvero cambia qualcosa. Vincent è riuscito a farlo sussultare e schifare il tutto nel giro di due minuti. Complimenti davvero! Aspetta un attimo. Ma questo ascensore non ci sta mettendo trop..? Uno scossone e l'abitacolo cessa completamente la sua lenta ascesa, tenendoci tutti e quattro intrappolati. I due colleghi non paiono prestare troppa attenzione in un primo momento, visto che le porte vengono aperte quasi immediatamente, forzate, più o meno. Stridono emettendo un rumore fastidioso. Il Demone però dissente con il capo, provocando un leggero frusciare di capelli contro la stoffa dell'impermeabile.

-Per ora ho avuto modo di vedere solo Kadaj.- Ammette andandosi ad arrampicare sul mezzo metro di cemento che lo divide dal piano. Non fa una piega, sul fatto che l'ascensore si sia bloccato a metà del piano, anziché finire la sua corsa dove avrebbe dovuto. Quell'aggeggio ha sempre dato problemi. Così come non la fa nemmeno Cloud, troppo immerso nel suo rancore e nei sensi di colpa. Segue Vincent poco dopo, decidendosi solamente quando le voci dei colleghi lo raggiungono alle orecchie. Ma soprattutto quando il nostro meccanico di fiducia da che lavoravamo lì, non se lo carica sulle spalla di peso, senza che il poliziotto possa emettere un fiato per protestare e non lo scarica dritto davanti al nostro capo sezione. Li convoca entrambi nel suo ufficio, lui ed il moro. Ha l'aria seria, rispetto alla solare cordialità che mi ricordo io. Faccio per seguirli, ma la mano di Aerith mi frena, avvinghiandosi delicatamente al mio braccio. Quando mi giro verso di lei per protestare, posso vedere un'espressione sconvolta sul suo viso. Scuote il capo con dissenso, ed in poco la posso veder dissolversi davanti ai miei occhi. Sta succedendo qualcosa di grave da qualche altra parte: non ci sono spiegazioni per il suo comportamento insolito, altrimenti. Mi ritrovo combattuto tra il seguire la mia lei ed il continuare a far da scorta al biondino dall'aria tesa che scompare dietro una porta. Alla fine la decisione non la prendo io, ma Aerith che torna indietro e sembra trarre un sospiro di sollievo.

-Non capisco mai quando sono visioni di ciò che deve accadere. O di ciò che sta realmente accadendo.- Mi spiega, senza in realtà spiegarmi nulla. Probabilmente lei deve rendersi conto anche della mia perplessità, perché mi sorride dolcemente, seppure sia un sorriso un po' di plastica, afferrandomi la mano accorta. Un'attenzione però distratta, portata solo dall'abitudine di quei tre anni passati in forma di pura anima.

-Cos'hai visto?- Le chiedo andandola a tirare a me, avvolgendola tra le mie braccia mentre la gente, ignara di noi, ci pazza attraversi facendo tremolare le nostre figure. Eppure noi non avvertiamo il loro tocco. Loro invece, sembrano sentire la nostra presenza. Quella sensazione di freddo che ti entra nelle ossa facendoti scorrere un brivido lungo la spina dosale. Sarei curioso di farlo a Cloud. Vorrei vedere come reagirebbe.

-Succederà qualcosa di brutto. A Tifa. E ai bambini. Dobbiamo avvertirli.- La sento tremare. Certo, è solo una sensazione che percepisco perché più d'una volta l'ho sentita tremare tra le mie braccia, seppure in occasioni ben più piacevoli. Me lo immagino, ma la sua figura trema davvero tra le mie braccia, vibrando leggermente, nonostante nessuno ora come ora che sia passato attraverso. Ci metto un po' a capire quanto mi viene detto, lo ammetto.

-Cosa?-



   
 
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