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Autore: _Diane_    02/02/2011    0 recensioni
San Pietro, Roma, Giugno 1633. Una delle più grandi meraviglie del barocco, magnifica opera di Gian Lorenzo Bernini, sta per essere rivelata all'umanità e consacrata nella storia. Ma quelle colonne tortili, quell'enorme baldacchino, creano un'immensa solitudine in un altro uomo. Un uomo che ora si nasconde tra la folla della basilica più importante della cristianità: Francesco Borromini, all'epoca "solo" Francesco Castelli.
Può un sogno provocare tanta solitudine?
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine di un sogno



S. Pietro, Roma 28 Giugno 1633





Necessitava di un posto per riflettere. Un posto per pensare.
Tutta la sua vita era stata predisposta, fin dal principio, al fine che lui diventasse architetto.
Era quasi un incarico, sì.
Perché non si può parlare né di sogno, né di voglia, né di qualsiasi altra cosa simile. Per lui diventare architetto era come per un diacono diventare prete. Necessario e indispensabile per il raggiungimento pieno della sua esistenza. Francesco Castelli percepiva così tutto ciò che faceva, realizzava, pensava.
Come se Dio stesso l'avesse prescelto… E allo stesso tempo, ingiustamente punito ed abbandonato.

Come Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso terrestre dopo essersi illusi di fare eternamente parte di quell'eterno splendore, così Francesco era stato messo all'angolo dell'olimpo dell'arte romana, cacciato via come un verme strisciante, repellente quanto inutile. L'aveva visto quel fasto indescrivibile, quell'abbondanza incontenibile, quella libertà senza confini.
L'aveva assaporata come un gustoso frutto; aveva udito il dolce suono, palpato le straordinarie forme, sentito il caldo profumo. Ma era stata solo un'illusione, un sogno.

Il tradimento.

Lorenzo l'aveva tradito. L'aveva inebriato di calde parole promettendogli gratitudine eterna, vicinanza, amicizia. L'aveva trattato quale suo fratello solamente per poter domandare l'aiuto di cui aveva bisogno. Lui l'aveva ascoltato e, come un vecchio amico, gli aveva risposto a tutto ciò che gli aveva chiesto;

"Francesco, tu sai come far sì che il baldacchino non si pieghi su se stesso?"
"E' fantastico Francesco. Sarei un uomo morto senza di te."
"Eccola, ecco la soluzione! Sei un prezioso amico Francesco, questa basilica non potrebbe fare a meno di te."
"Come potremmo sistemare quest'angolo Francesco? Hai qualche idea?"

Ma era questa la menzogna più grande di tutte era stata questa;
"Abbiamo diviso equamente il lavoro; poi divideremo equamente la gloria e gli onori".

Ogni qualvolta ripensava a questi momenti, Francesco sentiva una rabbia enorme crescergli nel petto fino a diventare opprimente, togliendo il respiro, mentre sugli occhi si formava un velo di lacrime amare.


Ora, mentre "suo fratello" riceveva gli onori di quanto loro avevano sudato, progettato, lavorato, creato, modellato… Francesco Castelli giaceva in disparte, all'ingresso della cappella Gregoriana, come un uomo qualunque. Sebbene fosse circondato da migliaia di persone il suo atteggiamento chiuso, con le braccia incrociate al petto, lo separava dal resto del mondo come un taglio netto.
Non c'era modo di potersi immedesimare nell'euforia che percorreva tutta la folla accorsa da ogni angolo della grande Roma per godersi l'inaugurazione.
Non esisteva cura che potesse avvicinarlo di nuovo a quel paradiso irrimediabilmente perduto.
Non c'era speranza di gratitudine, né di salvezza; soltanto una incontenibile solitudine.

Poi un fremito percorse la folla.
Dal fondo della basilica più grande della cristianità il suo sommo capo, il pontefice Urbano VIII, varcava solennemente il portone con uno stuolo di preti e cardinali. Un canto accompagnò l'avanzata del Papa, fino a che la processione arrivò davanti alla struttura enorme che si ergeva ancora coperta, sotto la cupola. Un segno di Urbano e il velo cadde; stupore e meraviglia accendevano i volti di tutti, mentre si riempivano gli occhi di quell'impossibile miracolo che si era compiuto davanti a loro. Persino Francesco, seppur per un brevissimo momento, percepì quell'emozione incredibile.
Tutto era perfettamente bilanciato. Quattro enormi colonne tortili reggevano un maestoso baldacchino riccamente decorato. Benché l'opera fosse fatta di pesante bronzo, in molti ebbero l'impressione che ondeggiasse leggera sotto la cupola creata dalla maestria di Michelangelo.

Lei batteva le mani, entusiasta. Nonostante tra loro ci fossero migliaia di persone, Francesco la riconobbe subito; appena sotto l'altare, vestita splendidamente, con i capelli leggermente tirati dentro un'elaborata acconciatura. Gli occhi brillavano e le labbra pareva volessero gridare un'euforia incontenibile. Occhi e labbra che erano tutti volti a contemplare sia il baldacchino, che il suo presunto artefice. Castelli continuò a guardarla e colse come un fremito nei suoi occhi, mentre quel pavone vanesio riceveva la gratitudine eterna del Papa e di tutta la corrotta città di Roma. Un dubbio dipinse il volto della Principessa, facendola voltare a guardare sulla folla, come cercasse qualcuno…
Francesco si rese conto che cercava lui, proprio lui, solo quando i suoi sguardi, da lontano, si incrociarono. Un brevissimo istante nel quale lei dovette percepire tutti i sentimenti di lui. Che per questo abbassò lo sguardo, voltò i tacchi e si diresse fuori dalla basilica. Non voleva condividere quella disperazione con nessuno, soprattutto con lei.

Lei che l'aveva abbandonato, tradito e umiliato.
Esattamente come lui. Lorenzo, che ora si godeva sia la gloria, sia la Principessa.

Francesco non aveva dubbi; niente al mondo l'avrebbe più distratto dal suo vero obiettivo.

Sarebbe diventato architetto, non avrebbe più chiesto aiuto a nessuno,
non avrebbe più aiutato nessuno,
non avrebbe più ascoltato nessuno;
sarebbe andato avanti per la sua strada solo.
Fiero e sicuro ma… solo.


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Angolo dell'autrice:

Continuo a scrivere su questo libro. Quando so che queste "pazzie" non le leggerà nessuno, quando so che dovrei essere altrove a fare tutt'altro. Scrivo lo stesso su "La congiura di Bernini" perché mi rilassa, ma al contempo mi entusiasma, mi trasporta in un'epoca distante eppure così affascinante.
Quindi... Non c'è molto da aggiungere! A parte, come sempre, che tutto quanto scritto è pura invenzione della sottoscritta e non c'è nessuna certezza che si tratto di qualcosa di realmente accaduto. Alcuni elementi di questa fiction sono realmente accaduti (come l'inaugurazione da parte di Urbano VIII del baldacchino, alla presenza di Bernini) ed altri verosimili (veramente Borromini ha partecipato alla realizzazione del baldacchino ma non è stato ricordato da nessuno; è probabile che comunque sia stato presente alla sua inaugurazione, un po' furibondo di quell'inesistente riconoscenza che si aspettava di ricevere).
Anche se è vagamente impossibile... Se qualcuno passasse di qui, e volesse commentare questo piccolo scritto sulla Roma barocca sarebbe molto gradito, ve lo assicuro! ;)
Ciao!

_Diane_

   
 
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