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Autore: Abraxas    08/02/2011    4 recensioni
E per quanto Quil fosse stato felice all’inverosimile di aver incrociato lo sguardo di Claire, non poteva fare a meno di sentire una piccola parte di sé in rivolta, disgustata. Una parte microscopica, eh, assolutamente trascurabile rispetto a tutto il resto, ma che lontana dalla bambina si stava facendo fastidiosamente notare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Embry Call, Quil Ateara V
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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E’… è sbagliato, ecco. Così maledettamente sbagliato.
 
“Hey, Quil!”
 
Embry raggiunge di corsa il ragazzo seduto sulla spiaggia con le ginocchia strette al petto, e si lascia cadere accanto a lui. Sponf, un tonfo sordo sulla sabbia… ma la mente di Quil è lontana.
 
“Sei un mostro! Uno schifoso, lurido mostro!”
 
Mai, mai Emily era stata così arrabbiata, nemmeno quella volta che le aveva accidentalmente fatto bruciare i muffin nel forno. I lineamenti deformati dalla rabbia, le cicatrici che si stagliavano sinistre sulla pelle arrossata del volto. Sembrava proprio un’immagine di quei dizionari per bambini, quella che accompagnava la voce ira. Gli aveva riversato addosso gli insulti peggiori, arrivando anche a dargli del pedofilo, prima che Sam entrasse nella casa attirato dalle urla e riuscisse a salvarlo dalla furia della sua fidanzata. Il suo tempismo aveva assicurato la sopravvivenza del servizio da dodici di casa Uley.
 
E per quanto Quil fosse stato felice all’inverosimile di aver incrociato lo sguardo di Claire, non poteva fare a meno di sentire una piccola parte di sé in rivolta, disgustata. Una parte microscopica, eh, assolutamente trascurabile rispetto a tutto il resto, ma che lontana dalla bambina si stava facendo fastidiosamente notare.
 
“Come stai? No, domanda idiota, dimenticala. Sei ancora arrabbiato con Emily?”
 
Anche Embry si sta facendo notare. Con un sospiro Quil si decide a voltare la testa e prestare attenzione al suo amico.
 
“Io… non lo so. E’… boh. E’ tutto un casino”, risponde scrollando le spalle.
 
“Eri tu a vantarti che nessuna ti poteva resistere, eh! A quanto pare avevi proprio ragione… persino le bambine crollano di fronte al tuo fascino!”, commenta con un risolino, guadagnandosi un ringhio ed un pugno sulla spalla.
 
Con un altro sospiro Quil torna a guardare il mare, ed è conscio che anche Embry sta fissando l’orizzonte. Restano così per un po’, in silenzio come quando erano bambini.
 
“Tu credi che Emily abbia ragione?”, chiede Quil dopo qualche minuto.
 
“Eh? No. Certo che no. E’ stata una cosa da lupi… non è dipeso certo da te. Dai, lo sai benissimo che non intendeva dirlo sul serio. Era solo un po’ spaventata… adesso dovrà spiegare a sua cugina che sua figlia sarà guardata a vista da un lupo troppo cresciuto per il resto dei suoi giorni!”
 
Quil sorride.
 
“E’ che… mi sembra così sbagliato. Non mi fraintendere, Claire è la cosa più bella che mi sia mai capitata, però non posso fare a meno di pensare… è giusto che lei mi abbia fra i piedi sin da subito? Mi sembra di essere… asfissiante, ecco, di non lasciarle scelta.”
 
“Cosa provi per lei?”, gli domanda, serio.
 
“Ci credi se ti dico tenerezza?”
 
Embry ride, e Quil non può fare a meno di farlo anche lui.
 
“E affetto. Voglio solo che cresca felice e che non le manchi nulla. Solo che Emily non sembra pensarla allo stesso modo.”
 
“Tranquillo, Quil… so che sei un pervertito, ma non così pervertito. O almeno credo.”
 
Altro pugno, seguito da uno scemo.
 
“Io… ho bisogno di lei. Ho bisogno di saperla al sicuro in ogni momento. Adesso che le sono lontano sto male… Hai idea di quanti pericoli ci siano al mondo per una bambina di due anni? Il camino, gli spigoli appuntiti, i cassetti, le prese elettriche, le medicine lasciate fuori posto, i detersivi sotto al lavandino, i coltelli, i vasi, i bicchieri di vetro, i piccoli oggetti…”
 
“Hey hey hey… ho capito!”, ride Embry, alzando le mani in segno di resa. “Ci metterò un po’ per abituarmi a papà Quil, ma vedrò di farcela.”
 
“Non c’è niente da ridere, la sicurezza in casa va presa molto sul serio quando ci sono dei bambini in giro!”, commenta piccato. Perché la gente non capisce queste cose così maledettamente ovvie?
 
“Quil. Calmati. Non volevo prenderti in giro… va beh, magari un pochino sì, ma giusto un poco. Capisco che tu possa essere preoccupato per Claire, ma forse qui sei un po’ iperprotettivo. E’ controllata a vista da Emily e Sam, non le succederà nulla.”
 
“Sam. Chissà come l’ha presa, lui.”
 
“Non ti ha detto nulla?”
 
“Solo di andarmene prima che Emily potesse puntare al portacoltelli.”
 
Sospira, scuotendo la testa, e quando l’altro non risponde capisce che deve continuare a parlare.
 
“Non ci capisco più nulla, Em. Mi sento così… così strano. Non è giusto, ecco. Non è giusto, ma non voglio farne a meno. Non posso farne a meno… nonostante tutto quello che possano dire Emily, Sam e compagnia. Claire è la mia vita.”
 
“Ma…”
 
“Ma?”
 
“Ti conosco, Quil. C’è un ma enorme in arrivo… sputa il rospo.”
 
Accidenti ad Embry. Cominci a confidarti con lui un attimo, e sei fregato.
 
“Il ma è che… beh… Oh, merda, è solo una bambina! Che diritto ho io di infilarmi nella sua vita così su due piedi? E’ inevitabile che finisca per influenzarla… lei crescerà in base a quello che farò io, e non come farebbe normalmente! E’ sbagliato, ecco. E’ tutto così sbagliato.”
 
“No che non lo è. Fra sei miliardi di persone, tu sei quella perfetta per lei. Credi forse che se l’avessi incontrata a quindici, venti o trent’anni non l’avresti comunque cambiata?”
 
“No, certo che no. Però… Oh, non lo so! Penso che se fosse una cosa giusta Emily non l’avrebbe presa così male.”
 
“Emily ha esagerato… è sempre buona con tutti, è ovvio che vedendo il tuo brutto muso in giro per casa abbia deciso di sfogarsi un po’ con te. L’avrei fatto anch’io al suo posto!”
 
“Em, sei un disastro quando si deve rassicurare la gente, lo sai?”
 
“Lo prendo come un complimento…”
 
Secondo scemo, terzo pugno, ma stavolta Embry reagisce saltandogli addosso e costringendolo per terra, cominciando la zuffa. Per i cinque minuti in cui rotolano e si spintonano sulla spiaggia, Quil si sente di nuovo un bambino di dieci anni, libero da problemi sovrannaturali, libero da un legame troppo forte per una bimba troppo piccola. Libero da quello che forse non è solo uno sbaglio, dopotutto.
 
“Em?”
 
“Sì, Quil?”
 
“Grazie.”
 
“Figurati. Quando cerchi una rissa, io sono qui.”
 
“Em?”
 
, Quil?”
 
“Sei un deficiente. E no, non è un complimento.”

   
 
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