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Autore: Beatrix Bonnie    08/02/2011    3 recensioni
Firenze, 1488. Una giovane ragazza di nobile famiglia, scappata di casa, si ritroverà coinvolta nella ricerca di un libro di preghiere, il Libro delle Ore, lasciatole da sua cugina sul letto di morte. Ma forse tutta quella storia nasconde qualcosa di più... con l'aiuto del suo ingegno e di un ragazzino brillante, costretto dal padre alla carriera ecclesiastica, riuscirà a risolvere il mistero?
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Historia docet'
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Una poesia e dei numeri



La stanza che aveva affittato alla locanda era umida e puzzava di muffa ma non aveva trovato nulla di meglio. Non sapeva quanto tempo mancasse all’alba, ma decise lo stesso di coricarsi sul letto scomodo e si addormentò all’istante. La mattina dopo, fu svegliata da un raggio di sole che le colpiva il volto, ancora stanco e segnato dalla notte precedente. Indossò il mantello e mise le mani nelle tasche. Vi trovò uno strano foglietto piegato in due. Solo allora si ricordò delle parole di Clarice. “Questo devi tenerlo tu. Ma non aprirlo adesso.”

Se lo rigirò un attimo tra le mani e poi lo aprì. Riconobbe immediatamente la scrittura fine e curata di sua cugina, però non capì cosa significassero quelle parole. Erano dei numeri senza senso e una poesia.


Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.


Quest’è Bacco e Arianna
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.


2.1 2.5 4.5 6.5 6.24 7.2 8.5 10.2 anno domini 1469


Caterina rilesse varie volte quelle parole ma non riuscì a trovare alcun senso per collegarle. Riconobbe solo “anno domini 1469”, l’anno in cui Clarice e Lorenzo si erano sposati. Ma tutta la serie di numeri posti in appendice non avevano nulla a che vedere tra loro. Ripensò agli indovinelli che divertivano tanto i signori dell’antica Roma e cercò di capire cosa potesse accomunare quella serie di numeri, senza però ottenere alcun risultato. Desolata e stanca per la notte precedente, si rimise il foglio in tasca e scese al piano di sotto per saldare il conto con il locandiere.

Passò buona parte della giornata a girovagare per Firenze, senza avere una meta precisa. La città era in lutto per la morte della sua signora: dalle finestre pendevano strisce di tessuto nero e i suoi vicoli, di solito così allegri e pieni di vita, erano come offuscati da una coltre di nebbia e silenzio. Persino le botteghe e i negozi dei commercianti erano insolitamente placidi.

Girovagando per le stradine vicino a Santa Maria in Fiore, Caterina apprese da una servetta che il funerale di Clarice si sarebbe tenuto quel pomeriggio proprio nella cattedrale. L'aveva sempre trovata un po' troppo maestosa per i suoi gusti, con quella cupola enorme che sembrava voler sfidare le opere stesse di Dio, quanto a magnificenza. Eppure la facciata era tanto meravigliosa quanto spettacolare, con quella sua capacità di apparire dal nulla, di sbucare dal fondo di una viuzza... ed eri già lì sotto, ad osservare con il naso all'insù la bianca sagoma che si stagliava nel cielo. Incastonata tra le case, sembrava ancora più imponente. E non potevi evitare di rimanere stupito, di fronte a tanto ingegno umano.

Dopo aver tentennato a lungo, le gambe di Caterina la condussero al funerale di Clarice contro la sua volontà. Non sarebbe voluta andarci, ma si sentiva in dovere di dare l’ultimo saluto alla sua amica. La cattedrale, tanto maestosa all'interno quanto appariva all'esterno, era colma di gente, soprattutto nobili. Tra i primi banchi, Caterina riconobbe Lorenzo de’ Medici con i sei figli, due maschi e quattro femmine, tutti vestiti di nero. La ragazza ebbe un tuffo al cuore quando tra i componenti della famiglia Orsini vide suo padre. Maledizione. Non sarebbe dovuta venire. Stava per uscire dalla chiesa, quando una figura sull’altare richiamò la sua attenzione. La messa era presieduta da un cardinale, ma al suo fianco stava un ragazzino di forse tredici anni, vestito come un vescovo. Nei suoi occhi si leggeva un tristezza immensa. Ma non era stato quello ad attirare lo sguardo di Caterina, bensì l’incredibile somiglianza con Clarice: gli stessi capelli neri, la stessa pelle candida, persino la statura elevata. Ma certo! Giovanni de’ Medici, il secondogenito di Clarice, che fin da giovane era stato destinato alla carriera ecclesiastica. Avrebbe voluto salire sull’altare per abbracciare quel ragazzino che gli sembrava così sperduto in quel luogo così ricco e sfarzoso. Ma poi si riscosse e uscì a testa bassa dalla chiesa.

Girovagando per Firenze si ritrovò quasi per caso alla balconata di Ponte Vecchio. Era preoccupata. Erano già due giorni che stava in quella città e Ambrogio non si era ancora fatto sentire. Forse aveva avuto dei contrattempi o forse era successo qualcosa che aveva mandato a monte il loro piano. Caterina lasciò che il vento gelido del vespro le soffiasse un po’ sul viso.

Quasi per caso mise la mano nella tasca, dove stava il foglietto di Clarice. Tanto per fare qualcosa lo lesse nuovamente, questa volta cercando di risolverne l’indovinello. Capì che tra la poesia e i numeri doveva esserci una qualche correlazione. Forse erano i numeri delle parole, o forse delle lettere. Provò ad associare ad ogni numero una parola ma il risultato non aveva alcun senso. Provò allora lo stesso meccanismo con le lettere, ma anche questo tentativo fallì. I numeri erano messi a coppie, quindi per ogni due cifre doveva esserci una lettera. “Pensa, pensa!” si disse. Qual era la caratteristica di una poesia? Perché proprio una poesia? La rima, no non poteva essere. La metrica? Forse, ma non aveva alcun senso. Poi… ma certo i versi! Il primo numero indicava la lettera e il secondo il verso. No. Non poteva essere: non c’erano ventiquattro versi. Un altro buco nell’acqua. O forse no. Il contrario! Doveva essere il contrario: il primo numero indicava il verso, il secondo la lettera.

Isolò i versi indicati dai numeri, poi evidenziò mentalmente le lettere indicate dalla seconda cifra.


che si fugge tuttavia!
di do
man non c’è certezza.
bell
i, e l’un dell’altro ardenti:
p
erché ‘l tempo fugge e inganna,
semp
re insieme stan contenti.
s
ono allegre tuttavia.


«Ci…m…it…e…r…o. Cimitero!» lesse ad alta voce. Era un indicazione per andare al cimitero! Possibile che Clarice avesse nascosto un libro nel cimitero? Avrebbe voluto recarvisi subito, ma la ragione la trattenne. Era meglio andarci di notte, quando nessuno l’avrebbe vista.




Bonjour!

Dopo questo sfoggio di francese maccheronico, passiamo al capitolo: è piuttosto breve, ma saranno più o meno tutti di questa lunghezza. Spero che vi sia piaciuto l'indovinello... ci eravate arrivati prima di Caterina?

Be', al prossimo capitolo, dove ci aspetterà una visitina al cimitero!

Grazie a tutti,

Beatrix

   
 
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