Libri > Le Cronache di Narnia
Ricorda la storia  |      
Autore: Emily Doe    02/01/2006    30 recensioni
C'era sempre stato Peter a tendergli una mano nei momenti del bisogno, c'era sempre stato suo fratello ad aiutarlo a rialzarsi dopo una brutta caduta. Peter e le sue sorelle. Ma dopo questa caduta, chi sarà ancora lì per lui?
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie, Peter Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: E' la mia primissima fanfiction su "Le Cronache di Narnia" e si rifa al secondo libro, ovvero "Il Leone, la Strega e l'Armadio", da cui, appunto, è tratto l'omonimo film... quindi non aspettatevi granché ^^'. E' incentrata principalmente su Edmund Pevensie, perché... non so effettivamente perché. Insomma, è un personaggio a mio parere molto vicino alla realtà di tutti i giorni, mi ha colpito specialmente il rapporto tra lui ed il fratello, Peter, che nel film lasciavano trapelare. I commenti ed i consigli sono molto ben accetti ^^. Si incentra su un episodio che ho puramente inventato e richiama una frase che Peter dice ad Edmund quando si ritrovano all'accampamento dell'esercito di Aslan (quando Edmund viene ricondotto nuovamente da loro).






Ed egli si rialzò




Il ragazzino osservava, senza in realtà vederle, le sbarre di quella sua odiata prigione di ghiaccio; l'unico rumore a tenergli compagnia, da quando Jadis aveva deciso di punire il fauno Tumnus per il suo presunto tradimento - un tradimento nei confronti di chi ha usurpato il trono di un paese può essere definito tale? O è semplicemente un tentativo di giustizia? -, erano i passi felpati e leggeri del maestoso lupo-sentinella posto lì per la sua sorveglianza.
Da quanto non mangiava? Da quanto non se ne stava dolcemente al caldo?
Non era la fame a vincerlo, né il freddo; il calore cui pensava non era quello fornito da una semplice pelliccia, ma quello ben più intimo e profondo che spesso aveva costituito per lui un invisibile appiglio nei momenti difficili: la sua famiglia.
Mordendosi il labbro inferiore quasi con rabbia, Edmund Pevensie si portò convulsamente le mani alle tempie, esercitando una leggera pressione.
Aveva tentato di attribuire alla stanchezza le visioni, più precisamente i ricordi che si agitavano in lui, che prendevano vita dietro le sue palpebre, che si animavano e danzavano in un'atmosfera ovattata ogni volta che lui chiudeva gli occhi; aveva tentato di scacciarle, di reprimerle, perlomeno di dimenticarle, ma i suoi sforzi si erano rivelati sempre del tutto vani.
Aspettava ormai con paura la sera, con terrore la notte, quando quelle immagini, quelle voci familiari sarebbero tornate a fargli compagnia. Eppure il sonno giungeva sempre, gelido e solenne, senza il più piccolo rumore e senza alcun avvertimento abbatteva la sua ascia nera sul suo capo, condannandolo ad una notte tormentata, esattamente come le altre.
Si morse il labbro con più veemenza, tentando di mantenere i propri sensi all'erta, ma le palpebre erano diventate così pesanti che il solo pensare di tenerle aperte appariva come un'impresa insormontabile. Lottò con tutte le proprie forze, ma piano piano, con una dolcezza amara e soffocata, contrastante con il gelo del palazzo della Strega Bianca, i suoi occhi si chiusero.
Ed il mondo, allora, prese il via. Il suo mondo prese il via.
Confusamente, vorticava un'immagine sfocata: sembrava lui, da bambino... un momento, era lui bambino! Ma sì, quando aveva appena cinque o sei anni e Lucy era ancora una pupetta in fasce, come la definiva per sentirsi grande. Stava tentando di attraversare un torrente saltando sui ciottoli che sporgevano un po' dalla superficie cristallina dell'acqua.
Come faceva sempre Peter, mentre noi lo stavamo a guardare.
Solo lo scroscio argentino del fiumiciattolo pervadeva ogni sua fibra, ogni singola fibra concentrata nella riuscita di quella che sembrava una grande avventura; il cielo era limpido ed una fresca brezza gli smuoveva appena i mori capelli spettinati. Tutto sembrava perfetto, etereo, e nel suo cuore di bimbo una strana gioia dotata della trasparenza tipica della prima fanciullezza andava diffondendosi, provocandogli un piacevole brivido di emozione su per la schiena. Ha! Non era un'impresa poi così difficile! L'avrebbe fatto vedere lui, a Peter, chi era il piccoletto! Perché, in fondo, suo fratello poteva attraversare il torrente e lui no? Lo faceva perfino Susan, con l'aiuto di Peter, e lei era una femmina!
Eh già. Peter. Peter Pevensie, suo fratello maggiore, il più grande di tutti. L'autorità, per così dire.
Peter contro Edmund ed Edmund contro Peter, da sempre, a quanto poteva ricordare, eppure non era mai riuscito a non considerarlo un punto focale della sua giovane e breve vita, come invece avrebbe voluto.
Neppure allora.
Il bimbo si fermò all'improvviso udendo una voce levarsi alta e pura, ridendo spensierata. Con il cuore che cominciava a battere velocemente si voltò di scatto. Troppo di scatto: si irrigidì e perse l'equilibrio. Comparve la testa bionda di Peter e quella castana di Susan; risalivano la china che precedeva il torrente. Fu lì che i due adocchiarono il fratello mentre tentava di rimanere in piedi sull'umido ciottolo, e per quanto il torrente fosse poco profondo e la corrente abbastanza debole, Edmund non sapeva nuotare.
Edmund-grande rivide se stesso stringere i pugni mentre Susan si portava spaventata le mani alla bocca e Peter cominciava a correre nella sua direzione.
"Stai fermo, Edmund! Non muoverti!"
Non darmi ordini...
"Peter!" Fece la sorella raggiungendolo e guardandolo con occhi confusi. "Vado a chiamare la mamma!"
Peter le fece un cenno d'assenso, distrattamente.
Edmund agitò le braccia nell'aria, a mulinello, nel disperato tentativo di riappropriarsi del proprio baricentro di equilibrio.
"Fermo!" Urlò ancora Peter, cominciando a poggiare cautamente il piede sul primo ciottolo. "Sta' fermo, Ed!"
Non darmi ordini.
Il bimbo riacquistò una posizione abbastanza stabile, e Peter sospirò di sollievo.
"Ora stai calmo, sto venendo a prenderti."
Edmund strinse i denti.
"Stai fermo... fermo, ho detto! Edmund!"
Aveva deciso che Peter avrebbe visto di cosa anche lui era capace. E così mosse un passo verso il ciottolo successivo, nonostante le gambe gli tremassero notevolmente per lo sforzo e lo spavento di poco prima.
Non darmi ordini...!
"Edmund!" Fece ancora suo fratello, adoperandosi come meglio poteva per raggiungerlo. "Vuoi..."
"NON DARMI ORDINI!"
Lo sforzo di quel grido - la gola chiusa per la paura -, e lo scatto che fece per voltarsi a fissarlo, furono troppo. Il piede gli scivolò, perdendo la già precaria presa, ed Edmund, in un secondo, cadde nell'acqua gelida.
Si rivide dibattersi disperatamente nell'acqua, tentando di rimanere a galla, cercando disperatamente di gridare qualcosa che però sembrava solamente un urlo disarticolato, quasi grottesco, gorgogliante. Poteva ricordare benissimo la pungente sensazione dell'acqua che gli penetrava nei polmoni, delle membra doloranti per l'immenso sforzo del suo piccolo corpo di non sprofondare sempre più. Ma ricordava perfettamente anche l'espressione di Peter, in quel frangente, proprio mentre si era voltato per urlargli contro tutta la sua rabbia.
Ricordava i suoi occhi.
Come li ricordava?
"ED!" La voce si spezzò per il terrore e si librò nell'aria più forte di qualsiasi altra volta.
Non esitò neppure un secondo, e si tuffò in aiuto del fratello.
Come ricordava i suoi occhi? ... Voleva forse dimenticarlo? ... Voleva forse negarlo? Negare a se stesso ciò che aveva visto?
Avvertì, ricordava, le mani del fratello afferrarlo saldamente per la maglia e, non si sa come - non aveva mai capito dove avesse trovato quella forza, in quel momento -, trascinarlo a fatica, ma senza neppure l'intenzione di demordere - neppure un'esitazione, nemmeno una volta -, sulla sponda opposta.
Cosa aveva visto nei suoi occhi chiari, così diversi dai propri? Come li ricordava?
Li ricordava terrorizzati. Pieni di un panico paralizzante che raramente - o forse mai - aveva visto attanagliare Peter.
I due bambini arrancarono sull'erba, annaspando e tentando inconsciamente di allontanarsi il più possibile dall'acqua; Edmund tossiva disperatamente sputando acqua, gli occhi appannati di lacrime, paura e rabbia - la rabbia infantile di un bambino che non è riuscito nel proprio intento -, Peter gli poggiò una mano sulla spalla.
"Tutto bene?"
Il fratello annuì.
Ed allora lui gli diede uno schiaffo. Uno schiaffo sonoro.
Bruciava intensamente, se lo ricordava bene.
"Sei un idiota." Sibilò gelidamente, rabbioso. "Fai sempre di testa tua e guarda cosa ti succede!"
Edmund tacque.
L'Edmund più grande osservava la scena da dietro le palpebre chiuse; avvolto nel tepore di un sonno non voluto e non richiesto, contemplava i loro piccoli gesti con un'attenzione particolare e specialmente nuova.
Allora non poteva capire le parole, i gesti di Peter, né tantomeno cosa poteva averlo mosso a tanto.
Non darmi ordini.
Perché Peter era il fratello coraggioso, allora poteva forse decidere tutto anche per lui? Poteva dirsi migliore? Poteva dirsi migliore di lui?
Il Peter ragazzino allungò una mano tremante per il freddo verso il fratellino.
"Avanti." Disse semplicemente.
Ancora i suoi occhi.
Tu credi di essere nostro padre, ma non lo sei!
Aveva sbagliato. Aveva sempre sbagliato tutto... i suoi occhi mostravano i suoi veri sentimenti.
Peter aveva sbagliato nel relazionare a lui quei suoi veri sentimenti, ma lui non aveva mai guardato veramente i suoi occhi.
Sempre fermo, puntigliosamente immobile sulle proprie convinzioni infantili.
Aveva sempre voluto mostrare a Peter quanto Edmund, il suo fratellino, valesse, ma sempre, preso da questa infantile convinzione che Peter volesse essere migliore di lui a tutti i costi e che quindi non accettasse il suo affetto, aveva ottenuto l'opposto.
Tu credi di essere nostro padre, ma non lo sei!
Anche pochi giorni prima gli aveva rivolto parole di scherno, parole aggressive, sputate, gridate, ringhiate con una rabbia fuori del normale.
Ma ora rivedeva i suoi occhi azzurri.
E vi vedeva l'apprensione.
… Che razza di idiota! Rinunciare a tutto quello per una stupida competizione tra fratelli! Lasciarsi corrompere dal Male per ripicca, per un infantile bisogno di sentirsi più forte di Peter e di Susan e persino della stessa Lucy. Più forte di Peter.
L'aiutò a rialzarsi, i due camminavano vicini.
Lui che voleva tanto essere visto come un uomo e non un ragazzino, lui che voleva che il fratello lo stimasse e lo accettasse... lui, Edmund Pevensie, aveva finito per agire sempre in maniera opposta e contraria.
Lui e Peter non si erano mai capiti appieno, anzi, per nulla, ma di certo la colpa - contrariamente a ciò che sempre aveva pensato in passato, o meglio, che si era imposto di pensare - non era esclusivamente del fratello maggiore.
Edmund osservava la scena, ora, con occhi velati, e con rabbia cercò di scacciare le lacrime.
Vedeva ancora i due ragazzini camminare lentamente lungo l'argine, con l'intenzione di attraversare insieme il torrente nel suo punto più stretto e più sicuro; d'un tratto le gambe tremanti del più piccolo cedettero al suo passo incerto ed il bambino cadde a terra, in ginocchio. Peter si voltò serio, più avanti di appena tre passi, tornò indietro e gli porse nuovamente la mano.
"Su, avanti," Questa volta la sua voce suonava più morbida, quasi dolce. "ce la fai?"
Edmund annuì solamente, appoggiandosi un poco alla spalla del fratello, riprendendo a camminare.
A quella vista, avvertì una lacrima lottare con prepotenza e vincere la sua guerra, scivolando impertinente, bollente, ustionante lungo la guancia fredda.
Due passi, tre passi, quattro... cinque... sei...
"Per la mamma siamo caduti in acqua mentre cercavamo di recuperare la palla che ci era finita nel fiume." Disse Peter. "Le dirò questo. Tu reggimi il gioco."
Il fratello non fiatò, si limitò ad annuire piano piano, una seconda volta, con lo sguardo basso.
"Ah e una volta a casa... non sparire di nuovo." Continuò Peter, sorreggendolo come meglio poteva. "Mi hai capito, Ed?"
Si fermarono. Edmund alzò lo sguardo verso il fratello maggiore.
Peter sorrideva un po' incerto.
"Cerca di non sparire." Ripeté.
Edmund allora distolse lo sguardo lasciandolo vagare rapidamente, appena un secondo, sul fiume, poi fissò nuovamente Peter negli occhi.
E sorrise in risposta.
... Improvvisamente il freddo riprese con prepotenza possesso del suo corpo e con un basso mugolio, Edmund riaprì gli occhi, sollevando le ciglia umide. Con un gesto lento si passò una mano sugli occhi stanchi e lucidi.
Era sempre stato così: Peter era sempre stato lì, al suo fianco, nei momenti del bisogno, a tendergli una mano. A farlo rialzare. Nonostante le litigate, nonostante i pugni e gli schiaffi - e tanti ce ne erano stati -, nonostante i disguidi e le grida, lui gli aveva sempre offerto la propria mano, come sostegno. L'aveva sempre rimesso in piedi.
Come... come aveva potuto allora... ?
Strinse una mano a pugno.
Come aveva potuto anche solo pensare di... lasciarli?
Alzò lo sguardo verso la guardia venuta per avvisarlo che sarebbe uscito con la regina Jadis, alla ricerca delle figlie di Eva e dell'altro figlio di Adamo, ancora in libera circolazione, indispensabili per la riuscita del suo piano.
Chi l'avrebbe aiutato, adesso, a rialzarsi?
La sua cella fu aperta rumorosamente; Emdund serrò con forza gli occhi, colpito da quel frastuono sopraggiunto dopo la tiepida e soffice calma della sua famiglia, dopo il dolce ricordo di quella famiglia cui lui voleva far ritorno.
"Avanti, ragazzino, sua maestà non intende aspettare!" Ringhiò il lupo, mostrando le candide zanne.
Le gambe gli facevano male e tremavano con violenza, esattamente come quella volta. Il gelo nelle ossa, le lacrime nell'anima sembravano impedirgli ogni movimento.
"Cerca di non sparire."
Chi l'avrebbe aiutato a rialzarsi? Questa volta era caduto davvero male, era caduto davvero in basso.
"Cerca di non sparire."
Il ragazzino osservò brevemente, come in trance, prima il lupo, poi le sbarre di quell'odiata prigione.
Cerca di non sparire.
Non era sparito. O meglio, non lo avrebbe più fatto. Questa volta avrebbe fornito a Jadis le informazioni che lui riteneva tali: non l'avrebbe più indirizzata sulle tracce dei fratelli. Sarebbe tornato con i propri piedi da Peter, Susan e Lucy, li avrebbe rivisti con un timido sorriso, mascherando, come era solito fare, i propri sentimenti, e dopo averlo perdonato di un perdono che non richiede parola alcuna, le sue sorelle l'avrebbero abbracciato calorosamente. Sarebbe tornato davanti a Peter, stando in piedi di fronte a lui lo avrebbe guardato negli occhi, poi avrebbe distolto lo sguardo, mortificato, e avrebbe sentito suo fratello sorridere. Ed allora avrebbe sorriso, impacciato, a sua volta, risollevando il capo... e Peter gli avrebbe raccomandato ancora, come tanti anni prima, di non sparire. Di non sparire ancora.
E lui non l'avrebbe mai più fatto.
Il lupo ringhiò ancora qualcosa, minaccioso, ma lui non l'ascoltò.
Questa volta avrebbe trovato la forza per rialzarsi da solo, per dimostrare a Peter, a Peter ed alle sue sorelle, che era in grado di farlo, ma in particolar modo per dimostrare che non sarebbe caduto, mai più. Per dimostrare quanto loro fossero importanti. Questa volta, l'avrebbe fatto da solo.
Le gambe tremavano molto meno, il dolore sembrava velato dal calore che solo il ricordo dei suoi fratelli poteva donargli.
Poggiò una mano a terra, inclinò il busto in avanti, con un sorrisetto fiero sul viso pallido fece forza sulle gambe.
E sollevando il capo, Edmund Pevensie si rialzò.









---

Pronti con il lancio del pomodoro? *Emily spara con pistolina giocattolo* Viaaa!
E se dopo avete ancora un po' di forza, mi lasciate un commentino? ^_-
Emily
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: Emily Doe