Siamo già arrivati al secondo capitolo e ben presto la storia comincerà a farsi più interessante, promesso! E’ solo che avevo bisogno di una piccola, chiamiamola, parentesi per poter introdurre il mio personaggio Amina. Auguro, di nuovo, al povero Orlando di non doverla mia conoscere una così! Gli darà proprio un bel filo da torcere! Ma ora basta! Vai con il secondo capitolo!Shi*
Capitolo 2.
Non tutte le strade sono in piana!
Era passato molto
tempo da quando la festa era cominciata e ben presto quasi tutti dimenticarono
la piccola “scenetta” che c’era stata tra Orlando e Amina. Erano quasi le
cinque di mattina e la maggior parte della gente se ne era andata mentre la
ragazza era rimasta quasi tutto il tempo nel salone a controllare che nessuno
facesse confusione. Erano rimasti in dieci: lei, tre bariste, tre buttafuori,
Orlando, Elijah e Billy. Avevano spento anche la musica ma loro tre erano
rimasti un po’ lì a parlare e Ob, come lo chiamavano i suoi amici, stava
cercando di elaborare la strategia migliore per non perdere la sua scommessa.
Ben presto trovò l’occasione per mettere in atto la prima parte del suo piano:
diventare amico di Amina. Quando gli altri due andarono via con le loro
macchine cercò di trovare una scusa per poter aiutare la ragazza a mettere a
posto. In quel momento stava raccogliendo i bicchieri sparsi per i vari tavoli.
“Ti serve una mano?
Ce ne sono tanti in giro, quando qualcuno dà una festa stai pur certa che non
ci facciamo sfuggire l’occasione di bere!” Aveva assunto un tono molto dolce e
amichevole, non c’è che dire, era proprio un grande attore.
“Come mai il
signorino ha deciso di darmi una mano? Per tua informazione non ho alcun
bisogno di aiuto. Anzi, se te ne vai mi fai pure un piacere.” Gli rispose senza
nemmeno guardarlo in faccia, era troppo indaffarata per incrociare i suoi
occhi.
“Per tua
informazione, noi attori abbiamo le mani come tutti gli esseri umani di questa
terra!”
“Ma no! Pensavo che
voi foste, che so, degli extraterrestri venuti da chissà quale pianeta per dominare
la terra!” Non c’è che dire, aveva sempre l’ultima parola con lui, era come se
fosse preparata a qualsiasi discussione.
“Io non ci credo, ma
possibile che ogni volta che cerco di parlarti va a finire che ci prendiamo in
giro come due bambini? Ci riuscirà mai a fare dei discorsi seri?!” Mentre disse
queste parole, con un po’ di stizza, prese tre bicchieri e li portò al bar
solamente che li aveva buttati sul lavello con troppa velocità e uno si era
rigato. Fece per prenderlo ma si fece un taglietto sul pollice.
“Accidenti! Ci mancava solo questo!” Amina, che era di là, l’aveva sentito.
“Ma che ti è
successo? Perché hai url….ma porc! I miei bicchieri da cocktail! Ma come cavolo
hai fatto a incrinarlo?” Ecco, era più preoccupata per il bicchiere piuttosto
che per lui.
“Magari potresti
anche interessarti al mio povero dito sanguinante!” Aveva assunto un tono un
po’ da offeso.
“Comincio con il
dire che non ti avevo chiesto di aiutarmi e poi i bicchieri vanno appoggiati
con un po’ di grazia sul lavello, altrimenti si rompono. Ma mi immagino che tu
non li hai lavati neanche una volta!”
“Evidentemente, voi
troglodite, non sapete che esiste la lavastoviglie!”
“Oppure voi
presuntuosi non sapete che la lavastoviglie opacizza i bicchieri e può rompere
la struttura cristallina.”
“E ti pareva! Strano
ma vero stiamo ancora qui a discutere!” Lui la guardò un momento e vide che lei
non aveva il viso imbronciato, anzi, sembrava divertita. Non sembrava prendere
sul serio le loro discussioni, lui invece ogni tanto se la prendeva un po’ ma
in fondo lo sapevano tutti e due che stavano scherzando.
“Vado a prenderti un
cerotto e del disinfettante, tu stai qui e non ti muovere, mi raccomando. Non
voglio averti sulla coscienza.”
“Sì mamma!” Ora
stava ridendo, con lei si sentiva a suo agio. Nonostante le battute, spesso un
po’ pesanti, era una vita che una donna non lo prendeva in giro. Di solito, se
qualcuna lo faceva, era solo per portarselo a letto ma lei non aveva
quell’intenzione, anzi. Se sarebbe stato lì qualche altra oretta l’avrebbe
mandato fuori a calci nel sedere.
“Sì, sì, intanto ho
già fatto la domanda per mandarti in adozione!”
“No, tanto lo so che
mi vuoi bene!”
“Ricordami di
uccidere il padre, appena lo vedo ok? Purtroppo ti hanno scambiato in
maternità!”
“E…accidenti! Ma
perché ce la devi avere sempre tu l’ultima parola?”
Lei non rispose ma
lo guardò un istante e fece il segno della vittoria. Se l’avesse vista in giro
per la strada, probabilmente, non si sarebbe nemmeno girato due volte a
guardarla ma adesso le sembrava diversa. Cristopher aveva ragione, in fondo non
era così male. ‘Se va avanti così ’ pensò, ‘mi bastano solo due giorni per
sbatterla come un tappetino! Come sono crudele!’. Quando ritornò aveva con sé
un flacone di disinfettante, del cotone, alcuni cerotti e una garza.
“Guarda che non mi
hanno mica ferito a morte!” Orlando sfoderò il migliore dei suoi sorrisi ma a
lei non fece alcun effetto e, ben presto, si mise a sedere di fronte a lui e
cominciò a disinfettare un po’ la ferita. Non era molto profonda ma chissà chi
ci aveva bevuto su quel bicchiere! Non era per niente igienico lasciarla a
marcire senza pulirla. Lui la guardava attento e, per qualche istante gli venne
da ridere. Si era tolta il cappello e adesso aveva il flacone su una mano, un
cerotto in bocca e la garza appoggiata sulle spalle.
“Sai, è da prima che
me lo chiedevo, come mai tu parli così bene l’inglese?”
“Cofa? L’inglefe? A
fì, devi fapere che prima di afrire il locale fono ftata….” Aveva ancora il
cerotto in bocca e non riusciva a parlare bene. Orlando, con delicatezza,
glielo tolse dalle labbra e notò che esse avevano un vago profumo di menta.
“Grazie! Come stavo
dicendo, prima di aprire il locale sono stata quattro anni in Inghilterra con
mio padre. Era un camionista e così eravamo costretti a viaggiare molto. Trovò
lavoro vicino a Manchester e, considerando che lo pagavano molto bene, mi mandò
in un college londinese. Ormai sono quasi cinque anni che è morto e così sono
dovuta tornare in Italia. E’ per questo che parlo così bene la tua lingua.”
“Oltre all’inglese
che lingue parli?” Che strano, era stata quattro anni a Londra e parlava quasi
come un’abitante del posto.
“Logicamente
l’italiano, il francese, so qualche parola di spagnolo, mastico pochissimo il
tedesco e poi parlo il dialetto del mio paesino.”
“Mi faresti sentire
qualche parola non tuo dialetto?”
“Ah, lasciamo
perdere. Magari un’altra volta. Ecco, ho finito. Ti ho messo un cerotto e poi
ho applicato la garza per non fargli fare infezione.”
“Ma che brava
infermierina! Dimmi, domani sera lo tieni aperto il locale?” Si stava facendo
interessato, dopotutto, doveva mostrarsi ammaliato da lei altrimenti la sua
scommessa sarebbe andata a farsi friggere.
“Stiamo cominciando
a fare i cascamorti? Ti metto già in guardia, il mio interesse per te è sotto
terra! Comunque, domani parto e credo che non ritornerò qui per un bel po’.”
Aveva ripreso le sue cose e adesso aveva quasi finito di mettere a posto.
“E dove vai di
bello? Fai una vacanza di piacere?”
“Seee, magari! Devo
andare in America per lavoro. Un’agenzia di Beverly Hills mi ha contattata e mi
ha chiesto se potevo aprire un locale lì da quelle parti. Sai, in verità lì
vicino ci sono molte ville di persone famose e vorrebbero che aprisse i
battenti un localino un po’ strambo, come il mio! Valli a capire i divi del
cinema!” Si era rimessa il cappello e cominciava a spengere le luci.
“Ma guarda che
coincidenza! Lo sai che anche io ho una casa lì vicino a Beverly Hills?”
“Fantastico! Mi
avevi dato l’impressione di essere strambo!” Disse un po’ seccata “Adesso ho
trovato un altro motivo per restarmene qui!”
“Guarda che se sei
così scontrosa gli uomini scappano! Io l’avrei già fatto ma, visto che la mia
grave ferita doveva essere curata…e poi ho trovato davvero una brava
infermiera!” Si stava avvicinando lentamente a lei ma Amina non sembrava per
niente impaurita, né sconvolta, quantomeno stupita.
“Apriti bene le
orecchie perché non ripeterò due volte questa cosa: non uscirei con te neanche
se fossi l’ultimo uomo rimasto sulla terra!” Adesso era lei che era avanzata
verso di lui, con fare deciso e con le braccia incrociate.
“Ehi, guarda che non
ci volevo provare con te! Era solo un consiglio!” Era stato troppo veloce,
altre ci sarebbero cascate ma lei non era il tipo.
“Se la mettiamo in
questi termini, allora è tutto a posto. Ora, non per farti fretta ma…io vorrei
chiudere il locale, andare a letto e dormire almeno un’ora prima di dover
prendere l’aereo per l’America, visto e considerato che ci sarà di sicuro una
fila assurda e che devo partire alle dieci di mattina, un vero strazio.”
“Guarda la
situazione dal lato positivo, almeno ci
sarà qualche possibilità di rivederci!” Aveva preso la sua giacca e si
apprestava ad uscire insieme a lei.
“In tutta sincerità
credo che questa situazione abbia solamente del negativo. Ma stasera dovevo
proprio conoscer uno come te? Ma perché non sono partita ieri…?”
“Senti, prima di
salutarti te lo posso chiedere un favore?” La stava guardando cercando di
essere gentile e soprattutto amichevole.
“Dipende dal favore,
caro il mio Orlando!”
“Ma tu come ti
chiami, cioè, qual è il tuo cognome?”
“Mi posso fidare?
Non è che poi assoldi un killer e mi fai uccidere?” Lei cominciò a guardarlo un
po’ divertita, non riusciva proprio a capirlo quel ragazzo.
“Parola di boy
scout!” Si incrociò gli indici delle mani sulla bocca per indicare la sua
promessa e lei non potè non ridere.
“Ok, mi chiamo Amina
Carlini, contento?”
“Sì” Ora sapeva il
suo nome e il che gli era di grande aiuto per attuare la seconda parte del suo
piano. Ogni tanto, gli uomini, hanno delle idee così malsane che farebbero
gelare le vene.
Si congedarono
stingendosi la mano. In tutta sincerità Amina non credeva di poterlo rivedere e
aveva dato poca importanza a quella sera. Indubbiamente Orlando era un bel
ragazzo ma lei non ne era attratta affatto, lo considerava un po’ bambinone e
malizioso ma dopotutto era divertente. Lei era il classico tipo che aveva una
marea di amici maschi per i quali non prova che affetto. Era sempre stato così,
sin da quando era bambina, lei era l’unica ragazza della scuola che riusciva a
far amicizia con tutti i maschi. Stava simpatica a tutti loro ma le ragazze non
erano della stessa idea. La consideravano un’oca e per questo era quasi sempre
esclusa dalle attività di gruppo.
Orlando doveva
ricredersi, non era esattamente come l’aveva inquadrata la prima volta. A prima
vista poteva sembrare un po’ cafona ma, parlandoci un po’ di più, si era reso
conto che era una delle poche donne che riusciva a parlare con lui senza
dimostrare il benché minimo interesse. Era senza ombra di dubbio molto bella,
però non dava l’impressione di essersi montata la testa, tantomeno di avere la
puzza sotto il naso. Era felice di averla presa per il verso giusto, anche
perché sarebbe stato più facile convincerla ad uscire con lui. Non doveva avere
fretta e aveva capito che, se voleva incastrarla, doveva dimostrarsi prima di
tutto un amico.
CONTINUA...