Lo
odiavo.
RangikuxGin
Lo odiavo con tutta me
stessa.
Odiavo i suoi occhi.
Arroganti. Sicuri. Superiori.
Odiavo il suo sorriso.
Malizioso. Sarcastico. Strafottente.
Odiavo il suo carattere.
Crudele. Cinico. Spietato.
Odiavo tutto di lui.
E allora per quale motivo
pensavo a lui in ogni istante della mia esistenza?
Perché non riuscivo a
spezzare le catene che mi legavano a lui?
La verità, che negavo a
tutti
soprattutto a me stessa, era che lo amavo.
Un amore pericoloso, letale
come quell’uomo.
Come una falena attratta
dalla luce del fuoco mi ero avvicinata a lui e mi ero gettata nella
brace
ardente lasciandomi travolgere da quel calore, da quella
passione…e mi ero
bruciata.
Fin dal primo momento avevo
capito che era pericoloso stargli vicino.
Sapevo perfettamente che mi
avrebbe fatta soffrire.
Sapevo di non avere alcuna
protezione in mezzo a quelle fiamme.
Eppure mi ero gettata senza
esitazione alla ricerca di quella luce.. di quel calore intenso che ti
penetra
l’anima annientandoti.
E nonostante quel fuoco si
fosse allontanato da me io continuavo ad ardere e a soffrire
protendendo le
mani verso una salvezza che non sarebbe mai arrivata.
Perché non
c’era salvezza.
Non con lui.
Non contro quel fuoco.
Come
una drogata in crisi d’astinenza annaspavo
alla ricerca di qualcosa che mi permettesse di sostituire quel vuoto
che
provavo.
Quando
se n’era andato via aveva strappato una
parte della mia anima e se l’era tenuta in modo che quel
pezzo di me fosse
sempre suo.
E a me cosa era rimasto di
lui?
Solo i ricordi. Nostalgici. Dolorosi.
“Rangiku,
quand’è il tuo
compleanno?”
“Io non me lo ricordo.
Sono
rimasta troppo tempo sola per ricordarmelo.”
“Da oggi non sarai
più sola!
Ci sarò sempre io con te. Sarò sempre al tuo
fianco. Sempre”
“Promesso?”
“Promesso.”
Bugiardo.
Come faceva a mentire
così
bene?
Come faceva a rimanere
così
tranquillo quando mentiva?
La mia unica occasione di
rivedere quel viso che tanto odiavo era nei sogni.
Non
appena chiudevo gli occhi assopendomi, infatti, lui era lì
davanti a me con quel suo solito ghigno.
Avrei voluto urlare,
colpirlo, picchiarlo fino a rendere quel ghigno un ammasso di poltiglia
sanguinolenta, ma nei sogni come nella realtà non si
controllano i propri
sentimenti, quindi mi lasciavo andare completamente, aggrappandomi a
lui, alla
sua forza, stringendolo forte in modo che non potesse più
sparire.
Abbandonandomi come sempre a
quel calore.
Almeno nei sogni poteva
essere completamente mio.
Poi
lo spogliavo con necessità animale bramando
la sua carne, divorandolo completamente.
Divorando
le sue labbra morbide, assaporando la
sua lingua.
Poi
il resto era passione.
Una fusione di corpi, di
sospiri e di urla.
Spesso
mi ero domandata per quale motivo quei
sogni mi sembravano così reali, forse per bisogno, forse per
necessità, forse
solamente perché avevo bisogno di lui.
Ma purtroppo svaniva subito,
non appena aprivo gli occhi mi rendevo conto dell’illusione e
allora stavo
male.
Ogni volta era come morire.
Eppure probabilmente era
proprio quella parte di sofferenza a rendermi viva.