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Autore: Val    18/02/2011    4 recensioni
"Lei era una strega...
No, niente cappello a punta o naso adunco...la scopa sì, ma per pulire in terra e...beh il calderone è una cosa che stregoneria o non stregoneria, bolle comunque, a prescindere dal colore del liquido che contiene e indipendentemente da quanto inquietante e denso siano l’odore e il fumo che ne fuoriescono.
Insomma Sìle, anche se a prima vista non si vedeva, era una strega."
Niente a che vedere con la wicca o con qualcosa di Potteriano, senza nulla togliere loro, è ovvio. L'ispirazione per me è nata tutta da Brian Froud e le sue splendide illustrazioni che aiutano a capire meglio il mondo affascinantissimo delle fate e...più "bassamente", da un sacco di pensierini fatti su quel bel figliolo di Gerard Butler(fisicamente il protagonista maschile è lui ;p).
Grazie di cuore a coloro che,seguendo la mia storia, consigliandomi e incoraggiandomi, mi hanno portato a concludere per la prima volta un racconto.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Capitolo 22 –

...quasi quasi piango, ma a parte il dover ancora rileggere proprio per bene, premetto che forse i nostri eroi, miei sicuramente, il modo di non perderli di vista lo sto cercando ;)


Una notte di qualche settimana dopo, Sìle si svegliò per una sensazione di freddo che le percorreva le gambe.
Aprì gli occhi, cercò con lo sguardo la causa di quel disagio, si accorse che la finestra era aperta di qualche pollice, poi si voltò verso Liam, ma lui non era a letto.
Alzandosi sentì qualcosa rotolare giù dal suo corpo, sulle coperte, lo cercò a tastoni mentre accendeva la luce, ma già sentì che si trattava di un peluche un po’ incrostato di fango.
Quando lo vide, riconobbe un coniglietto di Lily che era convinta fosse andato perduto almeno un anno prima e allora capì che forse c’era stata una visita.
Lo tenne in mano, chiuse la finestra cercando con lo sguardo tra rami ed erba, ma lei non c’era, allora andò a cercare Liam.
Non era stata una buona giornata quella passata.
Liam era forte per molte cose e Sìle confidava in quella sua forza, ma a volte questo portava ai momenti di incomunicabilità che facevano parte del carattere a tratti un po’ troppo granitico di lui.
In realtà non aveva mai raggiunto picchi di particolare rigidità, ma quella volta si erano fuse insieme alcune componenti più serie: la prospettiva di un bambino era nuova anche per lui, il bisogno di poterne parlare insieme e l’impossibilità di farlo perché forse le idee erano ancora un po’ confuse.
Non era ancora riuscito ad avere una reazione esplicita.
E poi erano arrivate tutte le donne di casa.
Prima Jane che, per la felicità di diventare nonna, quando vide Sìle andarle incontro lungo il vialetto di casa, fu presa da un tale entusiasmo che Liam, che stava scaricando i bagagli dall’auto, si trovò un dito schiacciato dallo sportello della bauliera che la madre chiuse con una certa energia e un po’ troppo anticipo…
Per poco non soffocava dal dolore, ma Jane e Sìle erano presissime dall’abbracciarsi e sbaciucchiarsi.
- E tu che non mi dicevi niente! Ti paiono segreti da tenere questi?- lo rimproverava Jane, poi dopo qualche attimo senza ricevere risposta – ehi dico a te, si può sapere cosa…oh! Oh mio Dio tesoro! Scusami! Sono stata io! – fiondandosi a dare al figlio un bacio di consolazione.
Liam sorrideva, cercava di non farla sentire troppo in difficoltà.
- Sì, ma non è niente…-
- Fammi vedere!- si preoccupò Sìle e Liam stava per farlo, ma poi, vedendo la mano, aiuto!
- Forse è meglio di no sai?- aveva concluso.
- Ma dai…-
- No davvero…è…meglio di no…non somiglia al mio dito -
-Ma stai piangendo…- aveva detto Sìle vedendo i suoi occhi diventati di un verde quasi fosforescente, da tanto erano arrossati.
- Sì, credo proprio di sì…infatti io andrei da Clawley ora se non vi spiace -
Clawley lo aveva fatto entrare subito, non appena visto il suo dito.
- Oh è lussato!- aveva esclamato il dottore, come contento di una novità.
- Oh è fantastico!- replica di Liam condita di comprensibile sarcasmo, della serie “lo esponiamo al MOMA o lo rimettiamo a posto?”.
E quando era tornato a casa, Sìle era ovviamente preda di Jane e Dorcas.
Poi erano arrivate Una e Morgan.
Lhiannoo sei tu? Stai bene?” chiese Una il giorno in cui Sìle aveva appena ricevuta la conferma che aspettava, senza quindi aver avuto modo di comunicarla a nessuno.
- Non proprio, mwarree, la bambina sta vomitando anche l’anima per la quarta volta nell’ultima mezz’ora -
Lhiannoo, bambina, e mwarree, nonna, erano parole che aveva imparate anche lui in manx alla fine.
“Davvero?”
- Davvero. Ed è tutta colpa mia!- confermò Liam gonfiando il petto con un certo orgoglio.
“Hai sentito? Sta vomitando per la quarta volta, avevi ragione!” riferì la nonna con voce stentorea: probabilmente parlava con Morgan.
- …non c’è bisogno di dirlo a tutta Ambleside però!- protestò lui.
“L’ho detto solo a mia figlia. Comunque arriviamo!”
Linea interrotta, Liam riattaccò e nell’andare a prendersi una sigaretta riferì alle presenti quanto concluso da Una.
- Arrivano le streghe dell’isola, trema terra dei laghi!-
E trenta secondi dopo, altra telefonata.
- William! Rispondi tu?- Jane dalla cucina che lo incitava a rendersi utile, poco importava che lui potesse stare affrontando una serie di malviventi armati o magari una mandria di elefanti imbizzarriti: lei e Dorcas erano prese dalle loro misteriose faccende e dalle loro chiacchiere, quindi il resto era secondario.
- Sì, faccio io…- rispose lui.
- Bravo!- aggiunse Dorcas.
- Grazie!- Sìle, tono un po’ sfinito.
- Di niente…pronto -
“Che diavolo hai combinato alla mia amica?”
- Ma in genere non ci si congratula Ced?-
“Mi congratulo quando ti vedo: mi vieni incontro vero? Sono rimasta a piedi a Scafell…”
- Dove?!-
“Scafell…”
- …e che posto è?-
“Non ridere brutto stronzo! Che vuoi che ne sappia io? Sono di Londra accidenti!”
- Ced, calmati, dai non rido, aspetta un attimo- si staccò dalla cornetta del telefono e guardò in cucina – Dorcas…che accidenti di posto è Scafell?-
- Scafell?-
- Sì…-
- Non ne ho idea, non credo esista -
- Esiste perché Ceday ci è rimasta senza benzina davanti…-
La porta del bagno si aprì e ne uscì Sìle stravolta.
- E’ un hotel di Rosthwaite…- li illuminò – vi spiace se vado a stendermi?-
- Portati i biscotti!- le raccomandò Jane.
- Ok Ced, ci sei?- riprese Liam.
“Non so dove, ma ci sono…”
- Guarda che Scafell è un hotel, vedrai che è nelle vicinanze, aspettami lì così sono sicuro di trovarti –
“Bravo…”
Liam arrivò all’hotel e scoprì che Ceday era entrata neanche due minuti prima di lui.
- Ho girato per mezz’ora nel bosco prima di trovare quel buco!- protestò mentre tornavano verso l’auto.
- Ma come diavolo ci sei finita qui?- domandò Liam guardandosi indietro sperando che nessuno sentisse l’amica inveire contro l’hotel.
- In macchina no?-
- Sì, questo l’ho capito, ma come hai fatto ad arrivare qui…- specificò prendendola per un braccio e facendola andare verso la sua auto, invece che a cercare di scassinare per la rabbia quella di qualche cliente dello Scaffel.
Ceday fece un mezzo giro su sé stessa, una specie di passo di danza che la portò a sbattere contro il petto di Liam con una certa grazia.
- E che cavolo ne so? Da queste parti…guarda! – esclamò partendo in quarta verso un segnale per schiaffeggiare un ramo fitto di foglie che ci pendeva sopra - Guarda, ti pare possibile? E poi eccola l’indicazione, vedi? Scaf…oh…- si fermò scoprendo un altro segnale in fondo non così invisibile.
- Oh…- ripeté Liam.
- Quindi siamo a Rosthwaite…-
- Eh già…-
Per un attimo parve arrendersi, ma l’ultima parola doveva averla lei.
- Ma non ce l’avete un giardiniere in questo cavolo di posto? Come pretendevi che lo leggessi quel cartello?-
- Forse il giardiniere pensava che le londinesi sapessero distinguere tra l’insegna di un hotel e un segnale stradale…-
- Che hai fatto al dito?-
- Mia madre festeggiava...-
Liam non avrebbe mai potuto soffrire come un peso Dorcas o qualcuna di loro, per non parlare di Jane, era ovvio, ma Sìle non si era resa conto che forse, a forza di raccontare, di spiegare, di seguire consigli e di assecondare gli entusiasmi delle sue colleghe, aveva confidato un po’ troppo nell’indipendenza e la fermezza di Liam e non aveva messo in conto che lui potesse avere qualche tentennamento.
Di quella cosa se n’era accorta solo quando lui il giorno prima, senza dare troppe spiegazioni, era partito per Manchester dove lo aspettava George e non era tornato che a notte fonda, senza una telefonata, senza nessuna spiegazione ulteriore.
Non era da lui comportarsi così, Sìle non se ne capacitava, e ancora meno di lei Jane.
- Io glielo chiederei quando torna. Non è mica matto…- aveva detto Dorcas.
- Certo che non lo è…- aveva sottoscritto Una.
La sera, la notte anzi, Liam tornò tranquillo a prima vista, ma Sìle non era affatto tranquilla.
Lo aspettava seduta sul divano e quando lo sentì rientrare, neanche si alzò o si voltò a guardare verso di lui.
Lo sentì fermarsi sulla porta e guardarla, in attesa di una reazione, ma lei non ne ebbe di reazioni. Era tornato sano e salvo e lei aveva sonno, così andò a letto senza dirgli una parola.
La mattina dopo lo trovò addormentato sul divano, vestito, ma in modo diverso dalla sera, lo aveva sentito muoversi per casa durante la notte, ma allora sì che le saltarono i nervi.
Lo svegliò tirandogli in faccia un cuscino.
- Ehi!- esclamò lui risentito – ma che…- quando la vide ferma dietro lo schienale del divano, pronta per uscire e arrabbiatissima, rinunciò a protestare -…buongiorno…-
- Lo sai dove te lo puoi infilare il buongiorno? Mentre indovini io vado a fare l’ecografia, mi accompagna Ced…- gli disse partendo per la porta.
- Cosa?- esclamò lui saltando in piedi – come scusa? Ti accompagna chi?-
Sìle si accorse che la cosa lo faceva arrabbiare.
- Ceday! Visto che tu eri così impegnato a fare il desaparecido ieri!-
- E domandarsene il motivo sarebbe troppo vero?-
- E aprire quella maledetta boccaccia per parlare di un problema è troppo? Senti io devo andare, ne parliamo dopo…-
- No. L’ecografia ce l’hai tra un’ora Sìle, non prendermi in giro -
- Guarda che se c’è qualcuno che dovrebbe cambiare atteggiamento quello sei tu, perché l’alzata d’ingegno di ieri, non l’ha capita nessuno qui!-
- Certo che non l’ha capita nessuno, perché non ve ne siete nemmeno accorte voi. Neppure mia madre se n’è accorta…-
Sìle allora aspettò un paio di secondi e decise di prendere le cose con un po’ più di calma.
- Di che cosa? Cos’è successo?-
E Liam invece, sentendo il clacson dell’auto di Ceday, venne colto da uno dei suoi eccessi di laconicità.
- Niente…- fece.
- Come niente?-
- Niente davvero…ne riparliamo dopo. Ceday ti aspetta…-
Sìle evitò di mandarlo a quel paese, durante il tragitto in auto si sfogò con Ceday piangendo come una disperata perché era sicura che lui dovesse dirle qualcosa di tremendo, quando arrivò dalla dottoressa Somers, visto che c’era da aspettare un po’ per un problema tecnico, quella le ordinò di andare a farsi fare una camomilla e Ceday la obbligò ad una lunga seduta di respirazione yoga.
- Gliela faccio vedere io a quel bestione appena lo vedo…-
- Che cosa mi fai vedere Ced?- chiese la voce di Liam cogliendole ovviamente di sorpresa, infatti Ceday non osò replicare se non con un sorrisetto imbarazzato.
Non le aveva proprio inseguite, ma appena Sìle era uscita di casa e gli era capitato di guardarsi in uno specchio, si era voluto così male che si era lanciato in macchina nell’arco di un quarto d’ora.
- Vi lascio soli?- propose Ceday.
Sìle fece per trattenerla, ma Liam la precedette.
- Magari grazie…- concordò con gentilezza.
- Ma ti pare, tanto devo telefonare a…beh qualcuno lo trovo…-
Quando Ceday se ne fu andata e Liam si mise seduto vicino a Sìle però, rimasero in silenzio entrambi sulle prime.
- Non sono impazzito…- iniziò.
- No?- chiese lei con un po’ di sarcasmo.
- No…ma ho avuto bisogno di allontanarmi…-
- Da cosa? Da me? E’ già la seconda volta, iniziano ad essere un po’ troppe per i miei gusti…-
- No, non da te stavolta, davvero. Però mi stava scoppiando il cervello…-
- Ma perché non puoi dirmene il motivo? Io non ho sempre le tenaglie in tasca per tirarti fuori le parole di bocca!-
- Perché non è facile Sìle. Ci sono cose che non è facile affrontare…-
- E allora scappi via, non mi rispondi al telefono e sparisci per tutto il giorno? Ma ti pare logico?-
Qualcuno li richiamò sul tono di voce e allora Liam riprese a volume più basso.
- Non sono scappato. Ma avevo bisogno di qualcuno che mi stesse a sentire -
- Io ti sto a sentire…-
- No, non è vero. Tu non mi stai a sentire da settimane…tu da me pretendi una sicurezza e una fermezza che io a volte non posso avere…i dubbi prendono anche me ogni tanto…-
- Ti spiace spiegarmi almeno quali dubbi o devo telefonare a George?-
Liam si trovò di nuovo in difficoltà nel parlare, ma non era proprio il caso di tergiversare, sapeva di dovere a Sìle delle spiegazioni.
Si chinò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e si passò una mano dietro il collo.
- L’altra sera, mentre ero in giardino con Pluffie, ho sentito che parlavi con tua madre…-
Sìle capì dopo un attimo perché ricordo più o meno il dialogo che stavano avendo.
- Credevo che mi sarei sentita più strana…che avrei avuto una sensazione più forte della sua presenza…è sempre così?-
- E’ diverso per ogni donna e per ogni bambino che si porta in grembo…è una cosa che devi sentire da sola, che nessuno può condividere o spiegare -
Non le sembrava qualcosa per cui Liam dovesse andare in crisi, infatti fece per dirglielo.
- No, aspetta. Non fraintendermi, io l’ho capito di cosa parlavate e lo so che Morgan non stava dicendo niente di sbagliato…-
- Va bene…-
- Solo che poi mi si è infilato in testa un tarlo. Da quando hai rivisto Morgan per fortuna, tu hai ricominciato a desiderarlo un rapporto con lei. Hai voglia di stare con lei e di sentirla e di parlarle e questo è fantastico, credimi, io ne sono davvero contento perché ti vedo più serena…-le disse lui, poi però veniva la parte che gli costava ammettere – è solo che più vi vedo insieme e più vi somigliate. E poi avere intorno tutte donne, che capiscono così bene come stai, che sanno dirti cosa aspettarti, che ti tranquillizzano se ti vedono agitata e sanno cosa si sente, cosa si fa. E io invece? Cosa sono ora? Devo fare come Agenore che si occupa solo di inseminazione e riconoscimento della prole? – domandò provocatoriamente.
- Ma che dici?-
- Senti, vuoi sapere cos’ho? Te lo sto dicendo, arrabbiati pure, ma fammi finire…-
- Certo che mi arrabbio! Finisci prima…-
Liam esitò un attimo, la guardò con aria dubbiosa, ma poi riprese.
- Beh tu forse non te ne sei accorta, ma sei partita dal tenermi in sospeso su un dubbio, al dirmi che eri alla quinta settimana, al dirmi “Dici che Pluffie ha mangiato abbastanza oggi? Ah! Domani arrivano mia madre e mia nonna”, e mentre io gioco con la palla di pelo, loro sanno tutto prima di me. Oggi mi sveglio e tu stai andando via con Ceday, lo so che forse sarà un pensiero idiota, ma dopo che ho sentito te e Morgan parlare, ho iniziato a pensare che forse io sto diventando un’appendice anche per te…che in qualche modo, di te me ne sono appropriato, ti ho legata a qualcosa che magari non mi prevede invece… ho iniziato ad aver paura che tu potessi fare come tua madre. Che potessi non voler più stare con me. E lasciamo perdere di cosa mi sono scoperto capace di pensare immaginando la mia reazione…-
Aveva finito e Sìle aveva capito benissimo come aveva funzionato la sua testa, ma proprio non si capacitava di come lui potesse essersi perso in quello stupido bicchier d’acqua.
- Se pensi questo che ci fai ancora qui?- gli chiese in tono molto fermo – se pensi questo di me, se credi che avrei qualche motivo per comportarmi così, perché siamo ancora insieme?-
- Ma non lo penso! Ci ho pensato, ho calcolato l’eventualità. Ho messo in conto che tu possa somigliare a tua madre in questo in un momento in cui mi sono sentito inutile! E se ce l’avevo con qualcuno ieri, quando sono andato a cercare George, ce l’avevo con me stesso! Sono gli unici momenti in cui mi succede dic omportarmi così-
- E di come mi sarei sentita io te ne sei preoccupato? Lo sai cosa significa passare anche solo un minuto pensando di aspettare un figlio da un uomo che non vedrai più, che ti sta abbandonando nel momento in cui hai più bisogno di lui? Che non credevi un vigliacco e invece potrebbe esserlo?-
Lo sguardo di Liam divenne così rabbioso che quasi la spaventò, anche se sapeva di non aver motivo di temere e in fondo lo stava provocando volutamente, per costringerlo a parlare.
-Non accusarmi di abbandonarti. Non farlo Sìle, lo sai che non è giusto…-
Mentre lo fissava negli occhi, anche se era ancora arrabbiata e non gli avrebbe perdonato proprio subito il comportamento del giorno prima, attraversò un momento in cui si sentì davvero più forte di lui e sentì davvero che anche lui aveva bisogno di lei, e non per via del bambino in arrivo.
Ma Liam non lo sapeva questo, non ci pensava in quel frangente al fatto che lei poteva vedergli dentro, non gli importava.
Però era un brutto momento, per entrambi loro: tutto sommato tutto il dialogo si era svolto in toni abbastanza pacati, ma forse proprio per quello era ancora più serio.
Una porta si aprì e la dottoressa Somers comparve con un bel sorriso.
- Signorina Kennaugh?-
- Sì?- rispose Sìle guardando Liam che si era alzato in piedi.
- Siamo pronte, venga…e lui è Wiliam?- domandò la dottoressa.
Liam si trovò colto alla sprovvista e annuì un po’ immusonito.
- Avanti!- lo esortò la donna con un gesto d’invito.
Era entrato, ma quell’ultima frase di Sìle l’aveva presa davvero male, era offeso e invece di guardare quello che succedeva sullo schermo dell’ecografo, guardava lei, come cercando di capire cosa pensasse.
Sìle capì in quel momento che quando le aveva detto di aver paura di lei, cosa suonata positiva alle sue orecchie sentendosela dire, era sincero e che non era una cosa così positiva, perché non lo aveva mai sentito così in difficoltà rispetto a lei.
Avrebbe voluto chiamarlo a sé, abbracciarlo, fargli vedere…
“E’ il tuo bambino quello, brutto scemo! Guarda lui! Di me sai già tutto, lo sai, perché fai così?” gli diceva mentalmente.
Lui sembrò sentirla perché alla fine le si avvicinò e le prese la mano, ma quando la dottoressa gli chiese se avesse visto tutto, lui le rispose con decisione di sì e la ringraziò quando gli diede in mano la registrazione su dvd dell’ecografia.
Sìle non glielo aveva detto, non lo aveva detto neppure a Ceday più tardi, ma anche se la dottoressa, molto intuitiva con tutta evidenza, le aveva strizzato l’occhio e le aveva detto di aspettare e dargli tempo, l’aveva delusa quella fretta da parte di lui.
- Ha due occhi meravigliosi questo papà…non sono indifferenti…- aveva aggiunto salutandola, quando lui era già uscito e stava parlando con Ceday appena oltre la porta.
Quando quella notte vide il letto vuoto e si alzò, cercando Liam lo trovò seduto alla scrivania nella serra, davanti al computer che gli illuminava il viso, con Pluffie in braccio, addormentato sul petto nudo: intorno a lui aleggiava un suono frettoloso, ritmico e prepotente.
Lo avevano già sentito quella mattina quel suono, era stato allora che lui era andato a prenderle la mano.
Sìle senza farsi sentire gli si avvicinò, ma lui non si accorse di lei, così poté guardarlo bene.
Teneva una mano sulla testina di Pluffie, con l’altra si teneva il viso e aveva gli occhi riempiti da due bei lacrimoni, uno dei quali dispettosamente cadde quando alla fine lui avvertì la vicinanza di Sìle.
Lei se ne accorse e le si chiuse la gola dall’emozione, ma non lo diede a vedere subito.
Liam si schiarì la voce, si asciugò di nascosto l’altro occhio e poi la guardò di nuovo.
- Non…non l’avevo sentito bene oggi…- le disse – e non riuscivo a dormire…-
Lei gli sorrise soltanto, allora Liam prese Pluffie, addormentato com’era lo appoggiò sulla poltrona lì accanto, poi prese le mani di Sìle e se la tirò contro, le posò la fronte in grembo passandole le mani attorno al corpo.
Sìle gli passò le mani sulla schiena mentre lui faceva un respiro profondo e poi le dava un bacio sulla pancia.
- Mi dispiace…- bisbigliò Liam.
Lei gli prese il viso tra le mani e si fece guardare, gli passò le dita sotto gli occhi e sentì che erano ancora umidi.
Glieli baciò uno per uno e poi le labbra.
- E’ che non ci posso ancora credere…- gli rispose perdendosi nel suo sguardo – ancora non riesco a credere che tu possa volermi con te. Mi sento un tale impiastro e tu sei…-
Lui aggrottò le sopracciglia con aria interrogativa mentre anche lei ci pensava.
- …sei tu – concluse con un risolino – e io quando ti guardo non riesco a pensare che tu possa aver bisogno di me quanto ne ho io di te -
Liam se la mise seduta sulle ginocchia e mentre lei gli si stringeva al collo, le diede una sculacciata su una coscia.
Aveva sempre un po’ di profumo che gli rimaneva sulla pelle la sera, le piaceva riempirsene le narici.
- Impiastro…- ridacchiò lui – stai gelando…torniamo a letto – disse.
In qualche modo arrivò a prendere Pluffie per la collottola con una mano e a darlo a Sìle.
- Tu tieni lui…- mormorò e quando fu sicuro che il cucciolo fosse ben saldo in mano a Sìle che lo accarezzava – e io tengo te…- aggiunse alzandosi.
- Attento al dito...-
- Sì-
La portò a letto in braccio e si distese accanto a lei.
Pluffie si accoccolò tra loro due e Sìle, lisciandogli il pelo di un orecchio, con l’altra mano si mise a giocherellare con il peluche.
- Cos’è?- chiese Liam.
Sìle sorrise.
- Era di Lily…il suo preferito. Credevo l’avesse perso, invece me lo ha riportato -
Lui protese una mano per toccare una zampetta del peluche.
- Ce l’avevi sulla pancia quando mi sono alzato - le disse, poi indicò la finestra – e lei era lì…sul davanzale…-
Sìle guardò dove Liam le indicava e allora lui le raccontò quanto aveva visto.
- Prima era entrata, l’ho sentita ma ho fatto finta di dormire…così è venuta anche qui, si è mossa attorno a te e a me, a Pluffie…è diventata più piccola. Più o meno alta due palmi. E ha un buon odore -
- Sì?-
Lui annuì.
- Quando si è accorta che io avevo visto il suo regalo per te, mi è sembrato abbia sorriso. Poi è andata via…-
Sìle sospirò e si girò verso di lui, sul fianco.
- Io ho capito che tu eri l’unico uomo con cui avrei potuto passare il resto della mia vita, quando hai sbattuto contro tutto questo. Altrimenti meglio sola…e lei lo sapeva da prima di me - gli disse, poi lo guardò e gli puntò un dito contro il petto – tu sei il mio Derwen …-
- Il tuo cosa?- domandò Liam sgranando gli occhi.
- Derwen …abituati, non puoi farci niente…- disse lei posando il peluche, coprendosi e spegnendo la luce dal suo lato del letto.
Liam per un momento la fissò, poi però fece lo stesso infilandosi sotto le coperte.
- Buonanotte papà…- bisbigliò Sìle cercandogli la mano sotto le lenzuola per invitarlo ad appoggiarsi contro la sua schiena, come si addormentavano ogni sera.
Liam lo fece, come ogni sera le spostò i capelli per non ritrovarseli in bocca e si appoggiò al cuscino.
- Un Derwen…- disse in tono riflessivo dopo qualche minuto.
- Già…- rispose Sìle con voce assonnata.
- Deve essere buono…- concluse come parlando di un dolce mentre aspettando di dormire, pensava ad un futuro di cui sapeva non importargli poi molto, se fosse stato troppo lontano da quella ragazza con gli occhi da gatto.
Cosa sarebbe venuto fuori da una Streghetta-gatta e un Uomo-Lupo-Derwen?


   
 
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