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Autore: Dragana    19/02/2011    42 recensioni
Dopo aver tradito suo padre ed aver lasciato la sua terra per amore di un muscoloso eroe, Arianna scopre che il sopracitato se l'è svignata nottetempo lasciandola sola sull'isola di Nasso. Cosa potrà capitarle di peggio?
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PIANTATA IN NASSO

 

Mi chiamano Arianna dal bel sorriso.
Credo di avere davvero un bel sorriso; mette allegria, dicono. Dopotutto mi è sempre piaciuto ridere.
Sono figlia di Minosse, che ha avuto l’ottima idea di promettere un candido toro in sacrificio a Poseidone per poi sacrificargliene un altro, e di Pasifae, che si è fatta costruire una vacca di legno onde mettercisi dentro ed accoppiarsi col candido toro di cui sopra, per poi generare un mostro divoratore di uomini. Capite che o prendo la vita a ridere, o tanto vale chiudermi nel labirinto e darmi in pasto a mio fratello.
Tra le vittime del labirinto che mio padre ha fatto costruire per rinchiuderci il mio fratellastro dalla testa di toro ci sono, in ordine di apparizione: il Minotauro stesso, che poverino, non l’ha chiesto lui di nascere mostro; il costruttore Dedalo e suo figlio Icaro, a cui mio padre ha affidato il progetto del labirinto e poi, da quella brava persona che è, ce li ha chiusi dentro; un numero piuttosto elevato di ragazzi e ragazze ateniesi; e infine il mio cuore e la mia reputazione.
Era a questi ultimi che pensavo il giorno in cui mi svegliai sull’isola di Nasso e mi resi conto che Teseo e i suoi compagni se l’erano svignata durante la notte lasciandomi lì. Inizialmente non volli crederci, pensai che fossero andati semplicemente a fare rifornimenti e che presto avrei rivisto la nave nera di Atene, ma passavano le ore, il carro del sole era un bel pezzo avanti con i lavori, e dovetti arrendermi all’evidenza: il mio amore, l’uomo a cui avevo donato anima, cuore e virtù, mi aveva abbandonata.
Scoppiai a ridere per l’assurdità della situazione. Poi scoppiai a piangere perché non avevo la minima idea di cosa fare. Poi mi riscossi e andai a cercare acqua e frutti nella radura in cui eravamo stati il giorno precedente, rifocillandomi un po’ e pensando al da farsi. Poi mi resi conto di come dovevo sembrare vista da fuori, con la mia bella tunica color zafferano e i capelli scomposti, sedotta ed abbandonata come una servetta, e scoppiai di nuovo a ridere. Infine mi addormentai di nuovo, tra i singhiozzi.
 
Mi risvegliò una cacofonia di cimbali, flauti e voci chiassose. Una folla di gente stava entrando nella radura, uomini e donne seminudi col tirso in mano, dal capo cinto di ghirlande di foglie d’edera e grappoli d’uva, ed io mi ritrovai paralizzata come una gazzella davanti al leone. Ecco, adesso mi prendono, mi fanno a pezzi e poi stuprano quello che rimane, pensai. Quando si è convinti che non possa andare peggio di così, si scopre sempre di non avere avuto abbastanza immaginazione.
Invece nessuno sembrò volermi fare a pezzi; il primo ad avvicinarsi fu un ragazzo dai riccioli scuri e un sorriso quasi esagerato, con indosso una tunica corta, un mantello di pelle di pecora e una ghirlanda di grappoli d’uva giganteschi.
-E tu?-, mi disse chinando il capo di lato. –Come sei arrivata a Nasso? Sei nata dalla schiuma del mare come Afrodite?-
Scossi la testa, impaurita. Cercai di mettere insieme una risposta, ma tutte le varianti sul tema di “sono stata abbandonata qui dall’uomo che amo” mi davano un’impressione di estrema vulnerabilità; insomma, se avessero voluto farmi del male avrebbero avuto la certezza che nessuno sarebbe accorso in mio aiuto. Il ragazzo mi si avvicinò un po’, sempre continuando a sorridere.
-Non avrai mica paura che facciamo cose tipo smembrarti e divorarti, vero? Tranquilla, le ragazze hanno detto che oggi non faranno nulla del genere, e poi non sono pazzo, mio padre ha controllato!- rise, strizzandomi un occhio. Mi chiesi se questa frase avrebbe dovuto tranquillizzarmi; se non fossi stata così spaventata sarei scoppiata a ridere.
-Sono Arianna di Creta, figlia del re Minosse-, mi presentai. Sperai che fare il nome di mio padre mi garantisse una certa protezione, almeno finché non avessero scoperto che quello che avrebbero potuto farmi loro sarebbe stato nulla rispetto a quello che mi avrebbe fatto lui stesso se mi avesse potuto rimettere le mani addosso.
-Il re Minosse quello del Minotauro?- chiese lui sgranando gli occhi. Mi venne da ridere.
-Quanti re Minosse di Creta ci sono, senza che io ne fossi al corrente? Certo che è quello. Minotauro, labirinto, gigli e piroette sui tori.-
-Oh, quello che sua moglie si è fatta… va bene, ho capito. E quindi cosa ci fai qui?-
Tacqui di nuovo. Lui si rivolse ai compagni, sorridendo.
-Bene, ragazzi, facciamo una cosa: con la principessa parlo io, voi cominciate pure, siamo troppo sobri e non è il caso di restarlo oltre!- Non se lo fecero ripetere due volte. Si sparsero per la radura, senza più degnarmi della minima attenzione. Nel frattempo il ragazzo si era portato di fronte a me; era abbastanza alto, anche se non sembrava avere il corpo di un guerriero.
-Prima di tutto, Arianna di Creta, stai tranquilla: nessuno ti farà del male. Te lo giuro su tutti gli dèi dell’Olimpo, tutti tranne Hermes. Posso sapere come mai sei qui?-
Obbiettivamente, cos’avrei dovuto fare? Decisi di provare a fidarmi, anche perché ogni bugia che mi veniva in mente era strampalata quanto la realtà.
-Sono qui perché mi ci ha portato un principe ateniese. Che, prima che tu me lo chieda, no, ora non è più al mio fianco.-
-Ah, infatti stavo per chiederlo… bene, adesso sono preda di una smodata curiosità. Vuoi unirti a noi, intanto che mi racconti come hai fatto a finire da un minotauro ad un ateniese?-
Mi schernii. –Non mi sembra molto il caso, questo non sarebbe il posto per una principessa, non sono a mio agio…-
Lui staccò un chicco d’uva da uno dei grappoli della sua ghirlanda e me lo lanciò scherzosamente, ridendo. Lo parai con la mano, come fossi una bambina.
-Ma qui non sei una principessa, quindi nulla ti vieta di unirti a noi; non che le principesse non lo facciano, oltretutto. Senti, facciamo una cosa: siediti accanto a me e raccontami questa storia di ateniesi e minotauri!-
Si tolse il mantello e lo gettò per terra, per poi sedercisi sopra. Mentre lo fece mi afferrò per la vita, costringendomi a sedere accanto a lui. Ridacchiai. Pensai subito che ridacchiare di fianco ad un uomo che è in mezzo ad una specie di rito dionisiaco e che ti ha appena gettato a terra non è una buona mossa, ma la verità era che lui aveva un atteggiamento divertente ed accattivante, che mi piaceva. E comunque, urlare e cercare di fuggire mi sembrava una mossa ancora peggiore.
Stavo per iniziare a raccontare quando lui m’interruppe.
-Gente, guardate qua, io non ho niente in mano!- esclamò ad alta voce, alzando le braccia. Immediatamente qualcuno gli diede una coppa ricolma di vino, che lui svuotò per metà con espressione beata.
-Ottimo… ne vuoi?- mi disse offrendomelo. Declinai, e lui mi guardò con espressione perplessa.
-Non bevi? Ah, ma questo non va bene. Non puoi mica metterti a raccontare con la gola secca!- Temendo di averlo offeso accettai un sorso di vino, uno piccolo; era ottimo, mischiato col miele, il vino più buono che avessi mai bevuto, e sono figlia di un re. Prima che facesse altre domande o gli venisse in mente di prendermi con la forza lì e subito, cominciai a parlare.
-Dunque, questa è la mia storia: “Piantata in Nasso”, tragedia in un solo atto, personaggi Arianna, Teseo, gli amici suoi, il Minotauro, il padre di lei, i giovinetti ateniesi, coro.-
Lui ridacchiò. –Non mi piacciono molto le tragedie, sono tristi!-
-Questa no-, commentai asciutta. –Questa ti farà ridere a crepapelle. Bevi e ascolta.-
Lui si mise comodo e obbedì, sorseggiando il vino.
-Prima scena: siamo nel palazzo del re Minosse. Egli sta riscuotendo il tributo che, in seguito ad una sconfitta, la città di Atene è tenuta a pagargli: ogni nove anni deve mandargli sette giovani e sette fanciulle che saranno dati in pasto al Minotauro, rinchiuso in un labirinto dal quale è impossibile uscire. A sua figlia, Arianna, questa usanza ripugna: nove anni prima era una bambina, ma ora questi quattordici giovani potrebbero avere la sua età, pallidi e in lacrime. Ogni tanto qualcuno implora il re di avere pietà, ma il re non ce l’ha mai.-
-Aspetta un attimo: il labirinto è quello da cui Dedalo ed Icaro sono fuggiti fabbricandosi ali con piume e cera, giusto?-
Mi stupii. –Non sapevo che fossero salvi! Sono davvero contenta di sentire questa notizia, pensavo che fossero stati divorati!-
Lui si strinse nelle spalle. –E’ salvo solo Dedalo. Icaro ha voluto volare troppo in alto, la cera delle sue ali si è sciolta e lui è precipitato in mare. Dicevi, ci sono questi quattordici tipi al cospetto del re, e una principessa dal cuore tenero. Poi?-
Avevo spalancato la bocca nel sentire di Icaro. Lui staccò di nuovo un chicco d’uva da uno dei grappoli della ghirlanda e me lo mise in bocca. Lo inghiottii quasi senza masticare.
-Poi la principessa dal cuore tenero si accorse di un giovane in particolare. Sai, se un uomo coraggioso finge di avere lo sguardo impaurito può ingannare uno come mio padre, ma non certo una donna; c’erano fuochi nei suoi occhi neri, e sotto le sue vesti si indovinava il fisico di un campione. Arianna volle parlare con lui.-
-Ecco, sempre le solite, voi donne: vedete un tizio unto e muscoloso e subito perdete la testa!-
-E voi uomini la perdete per un sorriso e la fugace visione di un seno bianco. Quindi come vedi siamo tutti sulla stessa barca, che affonderà di certo, dato che è piena di stolti.-
Lui scoppiò in una gran risata. –Già, tutti lì a mostrare muscoli e seno e nessuno al timone, vela, o remi! E quindi cosa fece Arianna? Mostrò il suo bianco seno all’ateniese muscoloso dalle pessime doti recitative?-
Pensare a Teseo in questi termini fu come ricevere una salutare secchiata di acqua gelida. Cominciai a rendermi conto che forse l’avevo idealizzato un po’ troppo senza conoscerlo abbastanza; non avevo mai provato l’amore, e non ero pronta ai suoi inganni. Ero grata a quel ragazzo che mi faceva parlare di lui, mi sembrava quasi che affidare al vento il ricordo del mio amore lo facesse piano piano uscire da me, per poi disperdersi.
-Quello Arianna lo farà più tardi. Aspettò la notte e, piena di intraprendenza seppur non di originalità, si travestì da serva e raggiunse il giovane. Gli chiese chi fosse e lui le rivelò di essere Teseo, figlio di Egeo, sovrano di Atene. Non sopportava più che i giovani del suo popolo fossero mandati a morire per pagare il tributo ad un re crudele, così si era infiltrato tra loro per uccidere il Minotauro o morire nell’impresa. La parte riguardo al “re crudele” era vera: Arianna, solo al sentire di un figlio di re pronto a rischiare la vita pur di aiutare quattordici sudditi ogni nove anni, lo ritenne il più nobile e meritevole dei sovrani. A suo padre un’idea del genere non sarebbe mai balenata per la mente.-
-Sì, ma anche Teseo, va bene nobile e magnanimo, ma insomma, rivela missione e identità alla prima che passa? Ammetterai che è una cosa stupida, cosa ne sapeva che tu non saresti corsa a denunciarlo al sovrano?-
Mi strinsi nelle spalle.
-Sorridevo molto e i vestiti da serva erano parecchio aderenti al corpo-, ammisi. –Una donna non si presenta davanti all’uomo che le piace senza badare al proprio aspetto.-
-E si risale sulla nave degli stolti. Tutti a bordo, compagni!-
-Tutti salirono a bordo, Arianna per prima. Infatti rivelò allo straniero, che le aveva preso le mani tra le sue e la guardava negli occhi con quello sguardo pieno di fervore mentre le confidava i suoi propositi, di essere la figlia del re. Dopodiché lo supplicò di desistere dall’impresa; non aveva dubbi sul suo valore, certo avrebbe potuto uccidere il Minotauro, ma poi non sarebbe mai riuscito ad uscire dal labirinto.-
-Fammi indovinare: invece di dire “cazzo, sono fottuto”, il nobile Teseo dal bicipite guizzante avrà guardato Arianna con occhi neri come il Tartaro, avrà detto una frase tipo “non importa, se così ha deciso il Fato così sarà, io non mi sottrarrò a questo compito”, e a questo punto la principessa dal bel sorriso si scioglierà come cera e si concederà al muscoloso eroe più volte e in varie posizioni. Sbaglio?-
Bene, sarei dovuta arrossire, o indignarmi, o scoppiare in lacrime. Invece risi, risi fino ad aver male alla pancia. Lui si unì alla mia risata, si fece versare altro vino e portare una ciotola di olive.
Finito che ebbi di ridere ne presi una; avevo fame.
-Sbagli solo in una cosa: non fu più volte e in varie posizioni. Fu una volta soltanto, ed io non l’avevo mai fatto prima. Naturalmente m’innamorai di lui; naturalmente pensai che anche lui fosse innamorato di me, e tornata che fui nelle mie stanze mi chiesi come potevo aiutarlo nella sua impresa. Dormire neanche a parlarne, non ci sarei riuscita in nessun modo.-
Lui, siccome divoravo un’oliva dopo l’altra, si fece portare anche del miele e delle focacce. E si fece riempire di nuovo la coppa, naturalmente. Mi chiese ancora se volessi del vino, e ancora ne accettai un sorso. Nel frattempo era calata la notte, la musica non aveva cessato un attimo e le danze attorno a noi diventavano sempre più sfrenate. Di male in peggio, pensai. Per non pensarci troppo continuai il racconto.
-La principessa dal bel sorriso, mi piace questo appellativo, ti ringrazio!- Lui sollevò la coppa. –La principessa dal bel sorriso capì una cosa: non poteva far nulla per il combattimento, quelle erano faccende da uomini e lei non ne sapeva granché. Doveva solo aver fiducia nel valore dell’amato, e in quel momento ne avrebbe avuta anche se Teseo avesse dovuto scontrarsi conto Ares in persona. Ma i labirinti, quelli sono faccende da donna. Tutti gli uomini prima o poi ci si perdono, ma le donne sono abili nel lasciare una traccia che gli permetta di uscirne; Arianna doveva solo fare in modo che Teseo ripercorresse a ritroso la stessa strada, e l’avrebbe riportato fuori da lì. Lo sguardo le cadde sul fuso e la risposta le parve semplicissima. Passò il resto della notte a filare e filare.-
Lo fissai, sorridendo. Lui aveva smesso di mangiare e mi guardava come un bambino, preso dal racconto. Intinsi nel miele un pezzo di focaccia.
-Filare? La principessa diede una tunichetta di morbida lana al suo amato bene dall’addominale scolpito, affinché non prendesse freddo nell’umido labirinto?-
Mi presi la soddisfazione di rivolgergli uno sguardo saputo, masticando la mia focaccia. Lui raccolse col dito una goccia di miele che era rimasta nell’angolo della mia bocca e se la portò alle labbra. Decisi di attribuire l’ondata di calore che mi aveva appena assalito al fatto che qualcuno aveva acceso fuochi scoppiettanti nella radura.
-Vedi che i labirinti sono faccende da donna, così come i fusi? Il giorno dopo Arianna si fece trovare, nascosta, alle porte del labirinto. Aveva passato tutta la notte a fabbricare un filo lunghissimo, che aveva avvolto in un gomitolo. Lo diede al suo amato, che la guardò perplesso. “Svolgilo mano a mano che procedi; quando avrai trovato il Minotauro e l’avrai ucciso ti basterà riavvolgerlo per ritrovare l’uscita, e la tua impresa sarà compiuta”, gli disse. Teseo baciò la principessa sulla bocca ed entrò nel labirinto; trovò il Minotauro e lo uccise, poi seguì il filo a ritroso fino a trovarsi di nuovo davanti al sorriso di Arianna.-
-Ferma, ferma, ferma! Così non va bene affatto: “trovò il Minotauro e lo uccise”? E dov’è il pathos? Dov’è il sangue? Dovresti dire qualcosa tipo: con un orrendo muggito il terribile mostro si scagliò contro Teseo, caricandolo a capo chino. Il nostro eroe però era tutto unto, così gli bastò spostarsi di lato con un abile guizzo per far sì che le corna affilate gli scivolassero sulla pelle, scalfendogliela appena. Con un leggiadro salto mortale, così perfetto che gli avrebbe sicuramente fatto vincere un premio ai Giochi, Teseo fu sul collo del Minotauro. Egli sgroppò selvaggiamente per scagliare a terra l’avversario, ma l’eroe mantenne la presa salda e gli crivellò le reni di colpi con i calcagni. Ripreso nella destra il pugnale che aveva tenuto tra i denti, il nostro glielo conficcò ripetutamente tra le scapole e tra gli occhi, con tutta la forza che il suo braccio muscoloso gli permetteva. Infine, tra orridi lamenti e grandi sprizzi di sangue scarlatto, al Minotauro si sciolsero le membra. Si accasciò al suolo, e mentre Teseo ancora e ancora si accaniva sul suo corpo, esalò la sua anima fra tremendi spasmi d’agonia. I compagni dell’eroe esplosero in un boato di vittoria mentre Teseo, interamente ricoperto di sangue non suo, tagliava le corna del mostro per farne… qualsiasi cosa di abbastanza esagerato si possa fare con delle corna di toro, direi. Dopodiché, cantando canzonacce militaresche, il gruppo seguì a ritroso il gomitolo della principessa; costei quando vide il suo amato coperto di sangue impallidì, ma lui la rassicurò prendendola tra le braccia e possedendola lì davanti a tutti, più volte e in tutte le posizioni.-
Avevo fatto in tempo a finire tutta la focaccia e a bere un altro po’ di vino, solo un po’. Avevo sete e non c’era altro da bere.
-“Trovò il Minotauro e lo uccise” è più che adeguato, ti assicuro. L’ha trovato addormentato e l’ha ucciso nel sonno.-
Lui, che aveva appena preso la coppa e stava bevendo a grandi sorsate, esplose in uno scoppio incontrollato di risa spruzzando vino dappertutto. Fortunatamente riuscì a girare la testa in tempo per non sputarlo addosso a me, però rischiò di strozzarsi con quello che gli era andato di traverso, senza mai riuscire a calmare lo scoppio di risa. Aveva il volto paonazzo e gli scendevano le lacrime. Non riuscii a rimanere seria.
-Arianna, Arianna-, ansimò tra gli ultimi scoppi di risa, -avevi ragione tu: questa è la tragedia più comica che abbia mai sentito! Il grande eroe, l’uomo dal deltoide possente, che uccide il mostro mentre è addormentato… tanto valeva che ci andassi tu, dentro al labirinto!-
Quel ragazzo mi aveva completamente smontato l’immagine di Teseo e non eravamo neanche ad un quarto della notte; tentai una blanda difesa del mio amore, ma ero vagamente consapevole che, se mai l’avessi rivisto, probabilmente sarei scoppiata a ridergli in faccia.
-Ma lui era pronto a combattere, poteva anche trovarlo sveglio… l’ha trovato addormentato, meglio così!-
Lui continuò a ridere. –Avrà maledetto il fatto che c’erano altri tredici persone con lui, scommetto che se fosse stato da solo avrebbe detto che i minotauri in realtà erano quattro e lui li aveva sconfitti da solo usando un nocciolo di oliva e tre fili di rame! Che figura ha fatto, uccidere un mostro addormentato!-
-Ma io ne fui così sollevata quando lo seppi! Anche perché un po’ di sangue non suo addosso ce l’aveva comunque, e mi ero spaventata.-
-Bene, quindi siamo al punto in cui il baldo Teseo esce dal labirinto e possiede la principessa…-
-No, non possiede la principessa davanti a tutti e nel modo che dici. Bacia la principessa e, probabilmente nell’euforia dell’impresa, le manifesta eterna gratitudine ma soprattutto eterno amore. A quel punto la principessa è innamorata e, ricorderai, ha tradito la sua patria e il re suo padre, oltretutto concedendosi allo straniero; facendo leva su questi argomenti, sorridendo molto e lasciando scivolare accidentalmente la spallina della tunica, Arianna convince Teseo a portarla con lui ad Atene.-
-E qui, mi pare, arriviamo al punto dolente. Cos’hai combinato, Arianna dal bel sorriso, perché l’eroe dal polpaccio furente se la desse a gambe? Ti sei messa a fare le pulizie sulla nave? Gli hai detto che non ne potevi più dei suoi amici? Gli hai vietato di guardare i Giochi il giorno del vostro anniversario?-
Sospirai, e decisi che un altro sorso di vino poteva essere d’uopo.
-La principessa passò su quella nave un paio di giorni e di notti al colmo della felicità. Prima che tu lo chieda sì, si concesse a Teseo, il quale sembrava gradire…-
-In tutte le posizioni? E, dimmi, il baldo eroe dalla natica di bronzo mostrava un membro adeguato ad una fama leggendaria, o era più una cosa adeguata ad uno che uccide mostri addormentati?-
Non capii perché invece di indispettirmi le sue balordaggini mi provocavano divertimento. Forse perché mi piaceva quel sorriso che non abbandonava mai il suo volto e quell’espressione maliziosa negli occhi scuri, appena appannata dal vino; forse dopo aver tradito tuo padre ed aver abbandonato la tua patria, Arianna, la tua turpitudine non ha più limiti, mi dissi.
-Sono inesperta in cose d’amore. Non so quante posizioni ci siano e non so come sia un membro adeguato ad un eroe-, tentai invano di tagliare corto.
Lui alzò le sopracciglia. –Beh, te lo dico io com’è un membro adeguato ad un eroe, così tu fai il paragone: guarda, adesso chiamo un mio amico, ti assicuro che ha il membro più grande mai…-
-No! No, non voglio vedere il suo membro, grazie!- gli bloccai il braccio appena in tempo, perché lui si era voltato e stava per fare un cenno ad un uomo barbuto che se ne stava in penombra tra la vegetazione ai margini della natura, evidentemente ubriaco fradicio ed intento ad affondare il viso nell’ampio seno di una fanciulla molto più giovane di lui. Mi sembrò per un attimo che avesse zampe caprine, ma pensai fosse un inganno del vino e del baluginio delle fiamme.
-D’accordo, se cambi idea però dillo, basta fare un fischio. Questa è la parte in cui indulgi in particolari scabrosi? Perché secondo me uno spettacolo non è completo se non c’è un bel combattimento o una bella scopata, e qui il combattimento non c’è stato per colpa del Minotauro che si è messo a dormire sul più bello. Vuoi ancora del miele?-
Intinse il dito nel miele dorato e me lo appoggiò sfacciatamente sulle labbra. Altrettanto sfacciatamente (doveva essere stato tutto quel parlare di membri e cose d’amore) gli succhiai il dito. Lui mi rivolse un tale sguardo che fui costretta a chiudere gli occhi per un momento. Non di nuovo, mi dissi, non è il caso. Per lo meno questo ragazzo non sembrava particolarmente muscoloso; decisi che raccontare la parte relativa alla mia delusione d’amore mi avrebbe certamente calmato i bollori.
-Facciamo finta che ci sia stato il combattimento come l’hai descritto tu, perché non indulgerò in particolari scabrosi. La storia è quasi finita: la nave giunse sulle coste di quest’isola e Teseo, la principessa e alcuni dei loro compagni sbarcarono per rifornirsi d’acqua. La principessa si addormentò accanto al suo amore, ma quando la mattina dopo riaprì gli occhi si ritrovò sola. Aspettò quasi tutto il giorno di vedere tornare la nave, cosa che non accadde, e allora capì che il suo muscoloso eroe uccisore di mostri addormentati l’aveva abbandonata. Fine.-
-Certo che Teseo è uno che decisamente sa come approfittare del sonno altrui-, commentò. -Comunque non c’era il coro. Nei personaggi l’hai elencato.-
-Il coro lo stanno facendo i tuoi amici-, dissi un po’ seccata. Nella radura stava succedendo di tutto, raramente avevo sentito una baraonda del genere in uno spazio così circoscritto. –Questa è la mia storia, che ti ricordo essere una tragedia, anche se fa ridere. Tutto quello che sai commentare è che non ho inserito il coro?-
Lui chinò il capo in un esagerato segno di scuse, e i pesanti grappoli d’uva della ghirlanda franarono in avanti perdendo acini che rotolarono in mezzo a noi. Ne recuperai uno particolarmente grosso e glielo lanciai, ma lui lo prese al volo e lo mangiò.
-Chiedo scusa, in effetti hai avuto proprio sfortuna, Arianna non più di Creta; per fortuna hai trovato me, che a curare queste cose sono più bravo del centauro Chirone. Per prima cosa, il farmaco!-
Si fece riempire la coppa da una ragazza ridente e poi, già che c’era, si prese tutto il cratere. -Così ti lascio ai tuoi giochini, bella Dorothea-, le disse allungandole una sfacciata pacca sulle natiche e facendola ridacchiare. Poi mi porse la coppa, sfidandomi a bere tutto d’un fiato.
-Da quando bere in modo smodato cura le delusioni d’amore?- gli chiesi. Lui mi fissò col volto genuinamente perplesso.
-Ma da sempre, Arianna, e sempre sarà così; hai detto di non essere esperta in cose d’amore, quindi fidati di me e svuota questa coppa. Se non tutta, almeno in buona parte!-
Siccome non ero convinta, lui riprovò con la mossa di intingere un dito nella coppa e bagnarmici le labbra. Questa volta mi limitai a scostare la testa, leccarmi le labbra e fare buon viso a cattivo gioco: presi quella coppa e tracannai vino fino a che non mi mancò il respiro.
-Ecco, brava, così!- Esclamò, per poi svuotare quel poco che avevo lasciato.
Per gli dèi, che botta. Non ero abituata per niente, sentivo la testa leggerissima. –Anche tu cerchi di dimenticare una delusione d’amore?- gli domandai.
-Io?- lui si mise a ridere. –No, io non ho mai avuto delusioni d’amore… non particolarmente grosse, almeno. Però è una cura testata sulla maggior parte dei miei fratelli, loro sì che ne hanno un sacco: una bella sbornia e via, verso nuove avventure!-
Sorrisi più di quanto avrei voluto fare, ma la mente sembrava arrivare sempre qualche istante dopo il corpo. –E basta una sola sbornia per dimenticare?-
-Dipende. Per dimenticare un muscoloso uccisore di mostri addormentati dalle pessime doti recitative, direi che una basta e avanza.- In quel momento mi sembrò un discorso perfettamente logico. Quasi non ricordavo più il volto di Teseo, lo confondevo con i lineamenti del viso che avevo davanti agli occhi. Il volto di Teseo doveva essere molto più squadrato, pensai.
-Va bene. E invece per dimenticare che sono sola, sperduta su un’isola, senza un posto dove tornare e senza un modo per cavarmela cosa devo fare?-
Lui spalancò gli occhi, porgendomi di nuovo la coppa che aveva provveduto a riempire.
-Ma bere ancora, no? Al resto non serve pensarci adesso: ci penserai domani.- Ha senso, pensai, bevendo di nuovo. Mi venne voglia di mangiare qualcosa di fresco e adocchiai la sua ghirlanda; staccai un acino d’uva, e nel farlo gli sfiorai i capelli. Erano bellissimi, neri, morbidi e ricci. Trattenni la mano un po’ più del necessario, lui se ne accorse e di nuovo mi riservò quello sguardo che mi faceva infuocare il volto; mangiai velocemente il chicco, cercando di guardare da un’altra parte. Lui però ne staccò un altro e me lo portò alle labbra, per poi chinarsi verso di me e recuperarlo direttamente con la sua stessa bocca. Sapeva di vino, miele e uva, ma soprattutto vino.
Quando il pensiero “non baciare uno sconosciuto che ti ha appena fatta ubriacare e probabilmente ti coinvolgerà in una specie di rito dionisiaco” riuscì a venire a galla era già troppo tardi, e venne immediatamente soppiantato da qualcosa tipo “nessuno mi ha mai baciata in questo modo”, che significava solamente che lo sconosciuto baciava meglio di Teseo, dato che non avevo altri termini di paragone. In tutto ciò mi venne in mente di toccargli il corpo per sentire se era muscoloso e no, non lo era. Inaspettatamente la cosa mi fece perdere quel poco di ragione che mi era rimasta; gli afferrai la carne sui fianchi, poi non pensai più a niente.
Insomma, per usare la formula che gli piace tanto mi concessi a lui lì e subito, davanti a tutti, in varie posizioni. Comunque nessuno ci fece caso, tutti erano presi in divertimenti di varia natura, parecchi dei quali simili al nostro.
Quando la mia mente ricominciò a funzionare stavo riprendendo fiato, e leccavo dal suo viso del succo di chicchi d’uva che si erano schiacciati durante i fatti. Lui non mi aveva tolto la tunica, aveva trovato più comodo lacerare un pezzo di stoffa per guardarmi il seno, che a quanto pare gli era piaciuto parecchio, dato che non aveva mai smesso di toccarlo.
-Un sorriso e un seno bianco, la nave degli stolti è decisamente il mio posto preferito-, sospirò, continuando a giocherellare col mio seno. Scoppiai a ridere; mi sentivo euforica.
-Guarda, Arianna! Stanno ballando tutti, vieni, non possiamo mica fare la parte degli asociali!-
Mi accorsi che la musica si era fatta ancora più intensa e la maggior parte delle persone della radura stavano ballando, ubriache fradice, in una specie di orgia di gesti scomposti.
-Ma sono mezza nuda!- tentai di protestare. Lui si allungò verso la coppa abbandonata a terra, la riempì di nuovo e bevve, per poi allungarla verso di me.
-Perché, gli altri ti sembrano vestiti? E comunque sei di Creta, voi ci andate in giro, col seno nudo!- Non è proprio così, ma effettivamente il vestiario dei partecipanti alle danze andava dal misero all’assente, così mi lasciai afferrare la mano e tirare in piedi; mi girò tremendamente la testa, ma lui mi sorresse e, passato il capogiro, mi trascinò saltellando in mezzo a quella danza sfrenata.
Muovermi, saltare, ballare mi fece riprendere. Mi venne voglia di bere altro vino, ridevo, non m’importava di altro che non fosse la danza e la musica. Poi ebbi un brusco e improvviso cambiamento d’umore, repentino come un fulmine.
Ma che sto facendo? Pensai. Sono appena stata presa in giro da un principe ateniese e sto lasciando fare la stessa cosa ad un perfetto sconosciuto? Non sono dunque la più stolta delle donne?
Mi bloccai nel bel mezzo del ballo. Dovevo avere un’espressione stravolta, perché il perfetto sconosciuto con cui mi ero data alla pazza gioia fino all’istante prima smise di ridere e mi portò fuori dalle danze, sulla pelle di pecora.
-Che c’è, Arianna? Stai male? Se devi vomitare ti accompagno in un posto tranquillo… ti tengo anche la fronte!-
-Non devo vomitare-, dissi. Mi inginocchiai sulla pelle di pecora, recuperando cratere e coppa; dovevo assolutamente bere qualcosa. Lui si accorse che mi tremavano le mani e impedì che rovesciassi buona parte del vino.
-Ma stai piangendo? Perché stai piangendo? Non per l’unto bastardo dai muscoli d’oro, vero?-
Stavo piangendo, non me ne ero resa conto. Piangevo per me stessa, non per l’uccisore di mostri addormentati. Glielo dissi.
-Ero una principessa, figlia di un re non proprio eccelso ma insomma, ognuno ha i propri difetti… Non mi mancava niente, avrei avuto tutto ciò di cui avevo bisogno, invece sono corsa dietro al primo che mi ha sedotta e abbandonata, e guardami adesso!-
-Ma insomma-, disse lui accoccolandosi vicino a me, -magari poteva andarti peggio…-
Non lo ascoltavo affatto, presa dal mio sfogo.
-Cosa credi, lo so quello che dicevano di me gli amici di Teseo, lo immagino, mica sono stupida!-
Tirai su col naso e ingollai un gran sorso di vino dalla coppa, asciugandomi poi le labbra col dorso della mano.
-Dicevano la stessa cosa che gli Argonauti, Teseo per primo, dissero a Giasone quando si portò via la crudele Medea: non fidarti di una che ha tradito suo padre, tradirà anche te. Ma pensavo che lui sapesse distinguere tra me e una che ha suggerito di fare a pezzi il proprio fratello pur di rallentare il padre che la inseguiva, insomma, se non ci fossi stata io sarebbe ancora lì a girare dentro a quel labirinto!-
Ormai singhiozzavo senza ritegno, e più pensavo che oltre alla casa ed alla famiglia avevo perso anche la dignità, piangendo come una stupida tra le braccia di uno sconosciuto, più mi veniva da singhiozzare.
-Arianna, Arianna, non ci pensare, il passato non cambia, goditi il presente, goditi la vita-, mi canterellava lui. Intanto mi reggeva la coppa, mi faceva bere piccoli sorsi di vino, staccava chicchi d’uva dai grappoli che aveva sulla testa e me li metteva in bocca. Ogni tanto leccava le mie lacrime e mi baciava in volto.
Le sue attenzioni mi fecero piacere, e poi ero ubriaca come un satiro (non è vero. C’erano satiri molto meno ubriachi di me, è che io non ero abituata). Gli circondai il collo con le braccia, affondai le mani tra i suoi riccioli scomposti; adoravo quei riccioli. Per farla breve mi offrii di nuovo a lui, con la sfacciataggine di una prostituta.
Dopo mi sentii un po’ meglio, e non so come mai, dato che non avevo certo dato prova di virtù. Forse perché pensavo che non potessi finire più in basso di così, quindi tanto valeva trarre il massimo giovamento dalla situazione.
-Allora, hai ancora voglia di piangere? Preferisco quando ti dai alle tragedie comiche, Arianna non più di Creta ma di Nasso.-
Si era steso sulla schiena, spiluccava i pochi chicchi d’uva ancora intatti. Mi piaceva guardare il suo corpo nudo, e mi piaceva guardare il suo sorriso. Era contagioso.
-Non credo di avere ancora voglia di piangere. Ma so di non avere voglia di dormire.-
Avevo paura che arrivasse domani. Domani avrei dovuto pensare a cosa ne sarebbe stato di me, e le premesse non erano per niente incoraggianti.
-Allora non dormiremo. Devo dirti una cosa, e non fare la finta pudica come fate sempre voi donne, che non ci crede nessuno: non sarai esperta nelle cose d’amore, ma impari proprio bene.-
–Ho un bravo insegnate-. Gli indirizzai un sorriso malizioso. –Migliore del precedente-.
Rise di gusto. –Questa sì che è una frase che spedisce un uomo di filato sulla nave degli stolti!- esclamò.
-E io dove altro sono, secondo te? Mi sono appena concessa a te più volte e in tutte le posizioni malgrado la tua assenza di muscoli oliati!-
-In tutte le posizioni? Quelle che abbiamo fatto non sono neanche lontanamente tutte, Arianna.-
-Ah, no? Bene, allora potresti insegnarmene un’altra-, lo provocai sfacciata. E al resto penserò domani, mi dissi.
Lui mi tirò a sé, gli occhi appannati dal vino e dal desiderio. –Mettiti sopra di me, Arianna dal bel sorriso, e togliti quello che resta della tunica. Questa posizione è più bella se posso vederti nuda.-
 
A svegliarmi non fu l’aurora dalle rosee dita, ma un mezzogiorno di fuoco.
Mi sembrava di avere l’intera fucina di Efesto dentro la testa, o una dea già armata e pronta a combattere; il piacevole indolenzimento del corpo dopo una notte d’amore era coperto dallo spiacevole malessere del corpo dopo una notte di bagordi. Attorno a me, nella radura, parecchi dormivano ancora, ma altri si erano svegliati e chiacchieravano, come se niente fosse, della notte appena trascorsa. C’era perfino una giovinetta, forse la bella Dorothea, che aveva ricominciato a fare l’amore con un uomo che non vedevo bene, perché lui era sdraiato e lei gli era sopra. Ma come fa, mi chiesi.
Io avevo paura perfino a girare il capo per guardare alla luce del sole il volto dell’uomo con il quale avevo appena trascorso la notte. Un po’ perché la sola idea di muovere la testa mi faceva venire la nausea, un po’ perché avevo paura che le saette impietose di Apollo mi avrebbero rivelato un volto che la scura notte e il vino avevano pietosamente mascherato in qualcosa di molto più gradevole di quanto fosse in realtà. Andiamo, Arianna, peggio di così, mi dissi.
Voltai la testa con cautela, e tirai un sospiro di sollievo.
Lui era ancora addormentato, un braccio a coprirgli gli occhi dalla luce. C’era tutto quello che ricordavo: i morbidi riccioli neri, la bocca sorridente. Certo, la corona di acini d’uva era completamente andata e tutto il succo dei chicchi che non avevo leccato io gli si era appiccicato in volto, inoltre odorava ancora di vino, ma trovai la cosa carina.
Molto bene, Arianna, fai il punto, riflettei. Sei stata appena abbandonata dal tuo unico amore per cui hai tradito tuo padre e la tua patria, hai incontrato uno sconosciuto che ti ha trascinata in un baccanale e tu gli hai aperto il cuore e le gambe. “L’astuta Arianna”, ti chiamavano i compagni di Teseo? La cosa era talmente tanto comica che risi per davvero.
Accanto a me lui mugolò qualcosa. Poi aprì gli occhi e mi guardò fissa; neanche gli occhi ricordavo male, pensai con un brivido di piacere.
-Ricordami di dire a Febo che è uno stronzo-, esordì strizzando le palpebre alla luce. –Dovremmo metterci all’ombra; che dici, Arianna di Nasso, ce la facciamo a trascinarci sui gomiti fin sotto a quell’albero laggiù?-
In verità lui non mi sembrava uscito tanto male dalla nottata. Non aveva nemmeno un po’ di occhiaie e mostrava la vivacità di uno che sotto l’albero ci sarebbe potuto arrivare anche piroettando sui tori.
-Tu vai,- sospirai, -Io starò qui a spiare la tua impresa. Mi raccomando, se arrivi sano e salvo issa le vele bianche-, gli dissi. Tempo dopo seppi che invece Teseo non le aveva issate e a farne le spese era stato il suo povero padre, che credendolo morto si era gettato nel mare. Se n’era dimenticato; io gliel’avrei ricordato, se mi avesse tenuta al suo fianco.
Lui scoppiò a ridere di gusto; anche la risata era come la ricordavo, ricca e contagiosa. Deve esserci la fregatura, pensai.
-Dovrai farci l’abitudine, dato che starai con me; vedrai che presto una notte come questa non la sentirai neppure!-
Come per rimarcare il concetto balzò in piedi stiracchiandosi, per poi dirigersi a lunghi passi dietro ad un cespuglio, fresco come una rosa. Lo udii urlare a qualcuno di portargli una focaccia, che stava morendo di fame. Ah, e anche delle olive. E del formaggio di capra, grazie.
C’era un pensiero che cercava di farsi ascoltare, tra un colpo e l’altro del martello di Efesto. Nel tempo che il mio compagno di bagordi impiegò a tornare da me l’avevo afferrato.
-Starò con te?- chiesi, tra il scettico e l’incredulo. Lui si chinò e, incurante del mio aspetto orribile e del mio alito di vino, mi baciò sulla bocca. Poi mi prese in braccio.
-Ma certo. Dove vorresti andare, scusa?-
In effetti non avevo alcun posto dove andare. In effetti non avrei saputo proprio cosa fare. In effetti, considerazione futile ma dal peso non indifferente, avevo passato la notte più bella della mia vita; alla luce soffocante del sole perfino i momenti di pianto dirotto mi sembravano impagabili.
In una sola notte avevo riso, pianto, bevuto e amato più di quanto avessi fatto nella mia intera esistenza.
Opposi un minimo baluardo di razionalità, un’ultima cosa che mi sembrava così ridicola e insignificante, a questo punto.
-Ma non so neanche come ti chiami!-
-Oh, è vero, non te l’ho detto!- esclamò.
–E io devo aver dimenticato di chiedertelo-, farfugliai, un po’ imbarazzata.
Lui mi guardò, poi scoppiò a ridere rovesciando la testa all’indietro. –Allora preparati, perché questa è divertente: Arianna, io sono Dioniso!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Note: Questa è la mia storiella di San Valentino. Che era una settimana fa, ma ho iniziato a scriverla proprio a San Valentino, il 14 febbraio. E’dedicata a tutti i Dioniso e le Arianna che hanno trovato il loro amore. E a coloro che almeno una volta nella vita sono stati “piantati in Nasso”. E anche a chi il proprio Dioniso o la propria Arianna devono ancora trovarlo/a. A tutti voi, un bel brindisi e poi un altro e un altro, che se mi metto a lesinare sul vino mi si offende il dio, e questi sono vendicativi!
 
La locuzione “piantato in asso” deriva proprio da “piantato in Nasso”, in riferimento alla vicenda di Teseo e Arianna.
In verità Minosse non fu affatto un re crudele, anzi, pare fosse un re giusto e saggio. Sono i miti greci che lo disegnano così!
Teseo, poverello, non era così sfigato come lo fa passare Dioniso (che stava soltanto demolendo l’avversario), inoltre ci sono anche versioni del mito in cui il Minotauro non è addormentato e quindi c’è il combattimento splatter, e versioni in cui Arianna lo fornisce pure di pugnale avvelenato, oltre che del famoso filo. In ogni caso Teseo, Minotauro addormentato o meno, è un eroe che ha un curriculum di tutto rispetto.
L’amico di Dioniso dal membro enorme e le zampe caprine è Sileno.
“Arianna dal bel sorriso” è un appellativo che le ho dato io. Ho sempre pensato che ad uno come Dioniso potesse piacere una ragazza con un bel sorriso!
 
   
 
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