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Autore: 48crash    04/03/2011    7 recensioni
Mary, una ragazza del Cambridgeshire perdutamente innamorata di qualcuno che probabilmente non avrà mai. Freddie Mercury, nota star del rock che si reca in Cambridgeshire nell''89 per girare il video di una sua canzone.
Cosa succederebbe se nel Cambridgeshire, in un caldo pomeriggio d'estate, due persone completamente diverse si dovessero incontrare?
P.S. E' veramente stupida. Ma l'ho scritta la notte del mio compleanno, avevo appena ricevuto un CD nuovo dei Queen che stavo ascoltando, ed ero più innamorata del solito di Freddie.
Perdonatemi le incongruenze. X°°°D
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Freddie Mercury, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui. In una stanza buia, fredda, triste. Sono sola. La mia vita si sta estinguendo lentamente. Sono malata. AIDS stato terminale, aggravato dalla pleurite. Faccio fatica a respirare, temo che non durerò fino a domani mattina. Non ho più niente da fare.
Mia madre mi porta da bere e da mangiare, nell'ultimo mese c'è sempre stata solo lei, saltuariamente mia sorella Hannah, e qualche volta Judith, la mia migliore amica, che ho assolto da questo compito infausto. Ormai stiamo solo aspettando la fine. E io sono pronta.
Ci si chiede se alla fine si avranno rimpianti, e la risposta, nel mio caso, è negativa. No, non ho nessun rimpianto. Assolutamente nessuno. Alla fine, nonostante la mia apparente tranquillità, ho fatto quello che volevo e mi è piaciuto. Ho preso ciò che volevo dalla vita e me lo sono tenuto. E il più dolce dei ricordi appartiene a quelle notti, quando mi sono ammalata.
 
When love breaks up...When the dawn light wakes up...A new life is born...
Tutto cominciò così, con il montaggio del set per il video di una canzone, Breakthru, sulla ferrovia turistica di una città del Cambridgeshire, in Ighilterra, dove io vivevo allora, circa 10 anni fa. Cominciò tutto col montaggio di quel set, e con l'arrivo in città dell'uomo di cui ero innamorata dal primo momento in cui avevo sentito la sua voce splendida. Lo so, era qualcosa di impossibile, infatti, oltre alla barriera dell'età, e dei pregiudizi che avrebbero potuto circolare attorno ad essa (io avevo appena 17 anni mentre lui ne aveva già 43), c'era il fatto che io ero una anonima ragazzina che studiava in una scuola cattolica inglese, mentre lui era una rockstar conosciuta in tutto il mondo. Già, proprio così, nemmeno mi conosceva. E sì, era Freddie Mercury.
 
Era un caldo pomeriggio del giugno dell''89, e io stavo morendo dall'agitazione. Sapevo che erano lì dietro l'angolo, dovevo solo trovare il modo per andarci. Me ne stavo seduta sul prato dietro casa con Judith seduta accanto, e, come la mia passione imponeva, ascoltavamo un CD, assoluta novità di quegli anni, ovviamente dei Queen. L'ultimo uscito, per l'esattezza, The Miracle, in cui era contenuta anche la canzone di cui stavano girando il video poco lontano da lì. E noi non avevamo ancora trovato il metodo giusto per arrivarci.
<< Ma non possiamo...No, non va bene >>. Judith faceva e bocciava le proposte da sola oramai. << E se...Non ci lascerebbero mai >>.
All'improvviso, colpo di genio. Io NON potevo lasciarmelo sfuggire. Dovevo andarmene da lì prima di diventare matta! E ora sapevo anche come.
Saltai in piedi e afferrai Judith per un braccio, costringendo anche lei ad alzarsi. Lei mi fissò con i suoi grandi occhi nocciola pieni di disappunto.
<< Mia zia! Judith, come abbiamo fatto a non pensarci prima?! Lei sta male, e abita accanto alla ferrovia! E mia madre mi dice continuamente di andarla a trovare! Ecco la nostra scusa! >>
Spalancò gli occhioni e mi sorrise. << È fatta. Mary Joanne Smith, è ufficiale: potrai vedere Freddie >>.
<< Waaaaaaaaahhh!! >>. Il mio urletto era quasi isterico, e faceva trasparire molto chiaramente la follia che pervadeva questo momento.
Corremmo entrambe in cucina, dove mia madre stava preparando la cena. Io mi avvicinai a lei, mentre Judith si apprestava ad uscire dalla porta. Mi schiarii la voce prima di parlare. << Ehm... >>
<< Sì, Mary? >>. Mia madre sollevò lo sguardo da ciò che stava affettando e mi fissò in modo interrogativo. Un ricciolo biondo cenere le scivolò sull'occhio. In mezzo secondo analizzai tutto il suo viso in ogni minimo dettaglio. Mi morsi il labbro inferiore. Ora dipendeva tutto da lei. No, mentirei se dicessi che dipendeva da lei. Il suo sì sarebbe stato solo l'approvazione di quello che avrei comunque fatto, in un modo o nell'altro. Non sapevo quanto sarebbero rimasti lì, soltanto che dovevo approfittarne.
<< Ecco, mamma...Posso andare a trovare zia Sally? >>. Buttai lì la domanda a bruciapelo, così velocemente che quasi non capì cosa le stavo chiedendo.
<< E come mai tutta questa improvvisa voglia di andare dalla zia, Mary? >>
Era sospettosa. E aveva tutte le ragioni per esserlo. Dovevo convincerla. Ad ogni costo. << Ecco, vedi...sai com'è...io...Non voglio che muoia! Magari senza che io l'abbia salutata! >>
Mi voltai verso Judith per vedere come andavo e vidi che si pestava il palmo sulla fronte scuotendo la testa. Male. Molto male.
Fortunatamente mia madre scoppiò a ridere. << Tranquilla, Mary >> disse rovesciando la testa all'indierto, << zia Sally non morirà. È soltanto un raffreddore >>. Poi, vedendo la mia espressione costernata, aggiunse: << Però vai a trovarla, se vuoi >>. E mi fece l'occhiolino. Sì, aveva capito tutto.
Beh, forse non esattamente tutto. Sicuramente non sapeva che avevo intenzione di andare sul set di un video di musica rock. Non era cosa da signorina bene, la musica rock. Dovevo ascoltarla di nascosto e tenere da parte i soldi per comprare i vinili e i CD dei miei gruppi preferiti, e poi nasconderli da qualche parte o affidarli, con sommo dispiacere, a Judith.
Però aveva capito che non andavo da zia Sally. Ma le stava bene così, e a me pure.
Me ne uscii saltellando dalla porta, con Judith dietro.
 
<< Mary? Passiamo da casa mia a cambiarci prima di andare? >>mi chiese Judith quando fummo vicine all'incrocio vicino a cui abitava.
<< Assolutamente sì! >>esclamai, al massimo della gioia.
Ci arrampicammo sull'albero che arrivava fino alla finestra semiaperta della sua camera. Con quell'assurdo vestitino da bambola di porcellana che i miei volevano che io indossassi siccome ero la figlia di un importante imprenditore mi si vedevano le mutande, ma non mi importava niente. Fra poco avrei avuto i miei jeans e una camicia e sarei stata in paradiso.
Ci vestimmo in pochi minuti facendo attenzione a chi passava per il corridoio della casa, e poi scivolammo di nuovo lungo il tronco del faggio nodoso e ricominciammo a correre.
 
Eccoci arrivate. Prato che mi sembrava sconfinato, ferrovia, sole, tutto circondato da palizzate che dovevano bloccare fuori tutti i curiosi. E in effetti ce n'erano un bel po'. Ma non ero arrivata fin lì per farmi bloccare da una manciata di curiosi e da una palizzata.
Cercai un posto un po' meno affollato per farmi strada e scavalcare, trascinandomi dietro Judith. Trovato il posto, misi il piede sull'inferriata e cominciai la mia scalata.
<< Ma che diavolo...?! Mary, si può sapere cosa..? >> cominciò Judith.
<< Sssh! >> feci io tappandole la bocca con la mano. << Zitta e scavalca! >>
Per tutta risposta lei, non potendo parlare, si limitò a spalancare gli occhi. << Fallo e basta. Ho soltanto quest'occasione di conoscerlo! >>
una volta sicura di potermi fidare, le levai la mano dalla bocca e l'aiutai a saltare su.
Dall'altro lato c'era qualcosa che mi sembrava una confusione totale. Cavi, persone che vagavano apparentemente senza meta, telecamere, una ragazza bellissima e truccata in modo assurdo seduta vicino alle rotaie e coperta da un accappatoio che aspettava non so cosa, e infine loro. Stupendi, meravigliosi, circondati dalla luce, e tutti vicini, parlavano con un uomo, probabilmente il regista.
Ebbi quasi un mancamento. I miei idoli di una vita erano lì di fronte a me, come nei miei sogni più deliranti.
Ma dovevo riavermi. Dovevo procedere.
<< Allora, Judith >> dissi facendo mente locale, << noi mettiamoci qui nell'angolo finchè non finiscono. Poi andiamo lì e cerchiamo di parlarci, ok? >>
Lei annuì un po' spaventata vedendo il mio stato confusionale. << Sicura che...? >>
<< Non faranno caso a noi, tranquilla >>le risposi trascinandola in un angolo tra le telecamere e le apparecchiature e tendendo le orecchie.
<< Sì, certo...Ok, va bene >> stava contrattando Freddie. Mi sentivo svenire solo a sentire la sua voce, anche se stava solo parlando.
Rimanemmo lì ancora un po', fino alla fine delle registrazioni per quel giorno, poi ci apprestammo ad uscire dal nostro angolo.
<< Mary... >>
<< Sì? >>
Judith mi indicò un punto nel mezzo del set. I miei idoli se ne stavano andando. Ci misi un attimo a realizzarlo.
Se. Ne. Stavano. Andando. E io dovevo correre.
Schizzai alla velocità della luce, senza nemmeno accorgermi che ero partita. Judith cercava di starmi dietro, ma una serie di cameraman e gente del personale cominciò a frapporsi fra noi due, poi fra noi e loro, urlando all'intruso.
Poi, all'improvviso sentii che Judith non c'era, non era più dietro di me. Mi voltai a cercarla con lo sguardo e vidi che un tipo l'aveva placcata e le stava chiedendo cosa ci facesse lì.
<< No >>stava rispondendo all'uomo, << non ero intenzionata a importunare nessuno. Volevo solo vederli dal vivo...Sì. Sì, ero da sola. Non c'è nessun altro con me >>.
Mi illuminai alla sua trovata. Tutto quello che pensai fu soltanto “Grazie, Jude. Ti voglio bene”. Si era sacrificata per me. Non li avrebbe mai visti da vicino, almeno non quella volta, e lo faceva soltanto per me. E io non dovevo sprecare l'occasione che mi metteva davanti.
Solo il tempo di rendermene conto e avevo già rovinato tutto schiantandomi contro qualcuno mentre correvo soprappensiero. Sollevai gli occhi e...
Lui. La creatura più spettacolare dell'universo era davanti a me, anzi gli ero praticamente in braccio, e mi sorrideva divertita.
Un momento. Divertito? Allora forse avevo ancora una possibilità.
<< Allora è vero! >>esclamò.
Io ero troppo intontita per rispondergli, o anche solo per riuscire a capire se stesse parlando con me.
<< Abbiamo dai fan che sono riusciti a entrare nel set >>.
Io trovai miracolosamente la forza di annuire sconvolta.
<< Ehi! Non fare quella faccia! >>mi disse dandomi un buffetto sulla guancia. << Dai, vieni di là con me, ti offro qualcosa da bere >>
Lo seguii come un cagnolino, e con un'assurda sensazione di essere nel bel mezzo di un sogno. Era lì davanti a me, e mi offriva da bere. Oddio.
 
Dopo meno di mezz'ora eravamo finiti non so dove a fare l'amore. Io ero anche vergine fino a quel momento.
Non era stato lui a obbligarmi. Ero io che lo volevo, con ogni singola cellula del mio corpo. E lui, non so come, l'aveva capito.
Ci eravamo seduti, e avevamo parlato. E mentre bevevamo un tè si era sporto verso di me attraverso il tavolino e, semplicemente, mi aveva chiesto: << Mi vuoi? >>
Lì per lì mi ero strozzata col tè. Poi, non sapendo più cosa raccontargli gli avevo detto di sì.
<< Bene >>aveva detto con quella sua fantastica voce e con quel modo di fare deciso. << Allora dopo verrò a letto con te >>. E mi aveva fatto l'occhiolino.
In quel momento mi ero sentita sciogliere. E lì era cominciato tutto.
Alla fine, lui si era addormentato con la testa sul mio petto, e io gli accarezzavo i capelli.
“Ti amo” avevo pensato. Ma non lo dissi. Era ridicolo. Lui si stava divertendo e io stavo ottenendo ciò che desideravo di più al mondo.
Poi il portellone si spalancò e io improvvisamente mi ricordai dov'eravamo. Nel vagone del Miracle Express, dove avevano girato il video, e ormai era tardo pomeriggio. Roger Taylor irruppe nel vagone cercando Freddie. Poi, vedendomi sdraiata sotto di lui sospirò come a dire “Sempre alle solite”.
<< Freddie... >>chiamò.
Io, prima paralizzata dalla sorpresa, mi riebbi, e ribaltai via Freddie per afferrare i miei vestiti prima che Roger mi vedesse. Lui si alzò seduto e un po' spaesato. Poi si girò, mi guardò e guardò Roger.
<< Vai >>gli disse con la voce impastata. << E scusatemi se non vi ho avvertito. Vi raggiungo fra poco, tranquilli >>.
<< Va bene >>comunicò l'altro non troppo convinto. << A più tardi >>. E uscì chiudendo il portellone dietro di sé e salutandomi con la mano. Io risposi straniata al saluto mentre con l'altra mano mi allacciavo i bottoni della camicia.
Mi sedetti per terra. Scoppiai a piangere.
E Freddie si sedette accanto a me. Sì, si era sfogato sul mio corpo bisognoso di amore, ma non voleva farmi sentire male. Mi consolò un po', dicendomi che non c'era nessun problema, che non era un peccato, che ero giovane e ne avevo diritto, poi, quando mi fui rimessa in sesto mi aiutò ad alzarmi da lì. << Grazie di tutto >>mi disse, e io arrossii dalla vergogna. Poi, prima che uscissi, accostò le labbra al mio orecchio e sussurrò: << Torna domani >>.
 
E io tornai. Il giorno dopo e quello dopo ancora. Per una settimana facendo avanti e indietro da casa di Judith per cambiarmi, calandomi dalle terrazze e scavalcando i cancelli, visto che la prima sera ero stata via più di quattro ore per “fare visita alla zia”. Ma dovevo farlo. Sapevo che non avrei avuto altre possibilità. E infatti non ne ho avute. Solo Judith sa cos'è successo veramente in quel periodo.
Poi un giorno, senza preavviso, lui mi disse che se ne andavano. Il giorno dopo. Non versai nemmeno una lacrima.
In silenzio mi alzai dal letto della sua stanza d'albergo, lo baciai su una guancia come una vecchia amica e uscii senza una parola.
È stato in quella stanza che ho contratto la malattia che mi sta uccidendo.
 
 
If I could only reach you...If I could make you smile..If I could only reach you...That would really be a breakthru...
E ora eccomi qui, a esplorare il mio unico errore di gioventù, a morire per amore. Ad ascoltare ancora una volta la canzone che ha causato tutto. Solo ad aspettare di raggiungerlo dall'altra parte. Per vedere di capire cos'ha provato lui mentre eravamo assieme.
Una lacrima mi scorre sulla guancia. Addio, mamma, sento che sono pronta ad andarmene, alla fine. Freddie, me lo sono ripromessa quando ti ho lasciato, ci incontreremo di nuovo. E ti chiederò quante altre persone sono entrate nel tuo letto prima di me. Jude, grazie di tutto. Senza di te non l'avrei mai conosciuto.
Non mi sono pentita di niente, mi dispiace. Forse solo di non aver giocato senza scrupoli come lui.
 
If I could only reach you
If I could make you smile
If I could only reach you
That would really be a breakthru
Breakthru
  
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