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Autore: Fuuma    07/03/2011    7 recensioni
E' bello. E' elegante. E' perfetto.
Ogni minuto della sua vita.
E più Peter lo guarda, più se ne convince: Neal è un maledetto alieno!
[Scritta per Un prompt al giorno @ fw.it]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Made in Mars
Rating: PG-14
Genre: Introspettivo, Sentimentale
Character: Peter Burke, Neal Caffrey
Pairing: Peter/Neal (impricit)
Prompt: Marte
Conteggio Parole: 971
Note: Scritta per Un prompt al giorno @ FW.it

 

.Made in Mars.

È un fottuto alieno proveniente da Marte, arrivato sulla Terra con il solo compito di schiavizzare la razza umana grazie alla sua bellezza, al suo carisma e a quegli occhi di un blu accecante che si portano dietro la luce di una nova appena esplosa, rimasta intrappolata nel suo sguardo magnetico.

È un maledetto marziano, un extraterrestre fatto di puro charme.

Basterebbe prendere una navetta spaziale, arrivare sul suo pianeta natale e scoprirebbero che è popolato da giovani Neal Caffrey dagli occhi blu ed il sorriso scintillante pronti a fotterti il portafogli, l'anima e anche qualcos'altro, con la velocità di uno schiocco di dita. E quel che è peggio è che su Marte non ci sono Peter Burke ad impedire che questo accada.

Non che sulla Terra un solo Peter sia realmente sufficiente.

Sono parecchi minuti che lo fissa, addormentato in macchina, completamente abbandonato contro il sedile al proprio fianco ed il capo reclinato verso la spalla. Le labbra sono dischiuse, il respiro è regolare, i capelli castani, a cui ancora non è riuscito a dare una spuntata per mancanza di tempo, gli incorniciano il volto appena spigoloso, sbarazzini, con quel ciuffo ribelle che si arrotola sulla fronte e sembra voler invogliare le dita a toccarlo. Le ciglia sono sempre più lunghe e folte di quanto si ricordi e lui è sempre così dannatamente bello e perfetto, anche dopo cinque ore di appostamento, da non sembrare vero.

Non è umano.

Non può esserlo.

Non sarebbe giusto.

Peter continua a dirselo, ad ogni centimetro che distrugge, secondo dopo secondo, avvicinando il proprio volto a quello addormentato di Neal. Continua a dirsi anche che vuole solo guardarlo meglio, che vuole solo controllare il luogo di provenienza e trovare la targhetta su cui, è sicuro, ci sia scritto Made in Mars.

Eppure i centimetri che li distanziano continuano a diminuire e lui non accenna a fermarsi.

«Neal...» lo chiama, allora, nella speranza che sia l'altro a fermarlo, che apra gli occhi e spezzi quello stupido incantesimo, riportandolo finalmente alla realtà, di nuovo con i piedi per terra e la mente concentrata solo sul caso che stanno seguendo.

«Neal, svegliati.»

Non ci crede -spera- più neppure lui in quello che dice, con il proprio fiato che si scontra con la bocca del giovane falsario ed il proprio naso che sfiora il suo.

«Non... » sussurra, con voce roca e bassa, ingoiando il respiro regolare del più giovane «...farmelo fare...» è davvero troppo comodo dare la colpa di quello che sta facendo a Neal, alla sua malia, all'odore del suo costoso dopobarba o al sapore di vino che sente appena sulle sue labbra.

Eppure, quando lentamente l'ex falsario apre gli occhi, spalancando specchi d'acqua e cielo al mondo, Peter sta tirando un sospiro -di sollievo, di delusione, di contraddizione...- allontanandosi di scatto.

Neal invece sorride; tranquillo, in grado di essere a proprio agio ovunque e comunque, per nulla colpito dalla vicinanza improvvisa dell'agente speciale.

«Peter.» Lo chiama, in un saluto che mescola dolcezza e malizia, facendo perdere un battito all'uomo per nulla pronto a sentire il proprio nome dalla bocca dell'altro. Era preparato ad un “Ehi”, ad un “cosa stavi facendo?” o, perfino, ad un “Senza offesa, ma preferisco le donne e tu sei sposato”; tutto sarebbe stato più facile del proprio nome rotolato sulla lingua di Neal.

«Sì.» conferma a fatica, tornando a sedersi con la schiena contro il proprio schienale e lo sguardo fisso all'edificio vicino a cui la macchina è parcheggiata.

«Com'è che non li abbiamo ancora catturati i cattivi?»
Ha nascosto uno sbadiglio dietro alla mano, in un gesto che risulta estremamente elegante, nonostante non abbia fatto nulla se non sollevare la mano e portarla alla bocca.

«Ci vuole tempo.» riesce ad articolare Peter, cercando di mantenere gli occhi scuri in avanti, oltre il finestrino e non pensare al sorrisetto da furfante appena sbocciato sulle labbra del più giovane, mentre si stiracchia sinuoso, infastidito dalla piccolezza dell'auto in cui sono bloccati, stendendo il busto in avanti per guardare a propria volta verso il punto che ha catturato l'attenzione dell'agente e poi guardando lui. Apertamente. E lui non può fare a meno di sentirli i suoi fari blu che gli bruciano la pelle.

«Ho fatto un sogno.» Dice di colpo, dal nulla, riuscendo finalmente a riattirare l'attenzione dell'uomo «Non so perché, ma ho sognato di essere una specie di alieno venuto da Giove o da Marte per...»

Peter ha già spalancato occhi e bocca, smettendo per qualche istante di respirare, prima di cercare di nascondere quell'espressione allarmata che gli è scivolata sul volto maturo, con un certo terrore che inizia a crescergli in un angolo della testa.

Neal è un fottutissimo marziano che legge nel pensiero.

«Per... cosa?» balbetta, per nulla sicuro di averlo detto sul serio.

«Per rapirti, schiavizzarti e regalarti una di queste fastidiosissime cavigliere che, ti assicuro, riescono ad irritarti la pelle in meno di cinque minuti da che l'hai indossata.»

Lo dice così, con quella faccia tosta con cui mente a chiunque, con quel sorriso affascinante che seduce e quello sguardo penetrante che gli trapassa il cervello.

«Io lo trovo un sogno... illuminante.» Soffia infine, compiaciuto, anche se poco dopo la sua risata bassa e lieve sta riempiendo l'abitacolo e la testa di Peter.

Sta per dirgli qualcosa, per confessargli cosa prova ogni dannata volta che lo sente ridere o ogni volta che incrocia il suo sguardo o che sono seduti in macchina tanto vicini l'uno all'altro, ma le luci dell'appartamento lì vicino si accendono e l'arrivo dei “cattivi” chiude il discorso.

C'è giusto il tempo di sussurrare: «Alle volte vorrei che tornassi su Marte.»

Mente.

Ad entrambi.

E mentre una mano corre alla pistola, la coda dell'occhio sta già cercando Neal, per assicurarsi che non gli accada niente, ripromettendosi di proteggerlo ancora una volta.

 

.THE END.

   
 
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