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Autore: nefert70    07/03/2011    1 recensioni
Anna Carlotta Teresa Canalis di Cumiana marchesa di Spigno e moglie morganatica di Vittorio Amedeo II di Savoia primo re di Sardegna è stata sempre descritta come intrigante, avida e calcolatrice.
E se la verità fosse un'altra? Forse fu solo innamorata...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'Anna'
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31 agosto 1730, Castello di Rivoli
Vittorio aveva convocato nel suo studio tutti i ministri ed il figlio Carlo Emanuele  per l’annuncio ufficiale della sua abdicazione.
Si sentiva sollevato, ormai riteneva che il figlio Carlo, per quanto non sempre da lui approvato, fosse ormai maturo per prendere le redini dello stato e poi desiderava con tutto il cuore ritirarsi a vita privata accanto ad Anna.
Erano ormai giunti tutti, suo figlio fu l’ultimo e una volta che si fu accomodato sulla sedia di fronte al padre Vittorio prese la parola “Signori, vi ho riuniti per leggervi un atto che ho redatto”
Fece un lungo silenzio e guardò le facce dei suoi ministri e del figlio, tutti era al quanto ansiosi, Carlo era agitato.
Vittorio cominciò la lettura.
Carlo ad un certo punto non resistette ed interruppe il padre “Padre vi prego basta. Vi supplico non continuate. Non potete abbandonare tutto. Al massimo nominatemi reggente ma non abbandonate il trono. Ho bisogno dei vostri consigli”
Vittorio si alzò dalla poltrona e posando le mani sulle spalle del figlio “ No, io non sono solito fare le cose a metà. La mia vita è sempre stata tutto o niente. Potrei non approvare le tue decisioni e ne nascerebbero dei dissapori. Il comando spetta ad una sola persona altrimenti il decoro della corono ne rimarrebbe offeso.”
Il marchese d’Ormea prese la parola  “Maestà, se siete convinto della vostra decisione nessuno può opporvisi. Avete già deciso quando volete farla diventare ufficiale?”
“Il più presto possibile. Vi lascio organizzare la cerimonia. Dopodiché lascerò Torino per sempre. Mia moglie ed io ci ritireremo a Chambery. Un’ultima cosa ho da comunicarvi, ho investito mia moglie del titolo e del territorio del marchesato di Spigno” rispose Vittorio.
 
3 settembre 1730, Castello di Rivoli
Il marchese d’Ormea non aveva perso tempo e la cerimonia di abdicazione era stata organizzata nel giro di tre giorni.
Anna aveva già fatto preparare i bauli che stavano per essere caricati sulle carrozze.
Per gioco del destino era la prima volta che assisteva ad una cerimonia come moglie del re ma sarebbe stata anche l’ultima perché alla presenza dell’arcivescovo, dei ministri, dei più bei nomi della corte torinese e ai ministri stranieri Vittorio Amedeo stava firmando la sua rinuncia al trono.
Terminato di firmare il documento Vittorio si alzò dalla poltrona che non era più sua e indicandola disse “Carlo ora è tua. Ho fatto tutto quello che ritenevo giusto. Per il futuro confido nelle tue capacità .”
Poi raccolse il cappello piumato poggiato sul tavolo e porgendo la mano ad Anna “Mia cara ora andiamo, il nostro compito qui è terminato. Ci aspetta una nuova vita”
Anna e Vittorio salutando con un ampio inchino il nuovo re e la corte si allontanarono.
 
4 febbraio 1731, Castello di Chambery
Erano trascorsi cinque mesi dall’arrivo di Vittorio e Anna a Chambery e la vita dei due coniugi trascorreva serena.
La felice vita coniugale aveva messo in secondo piano la vita politica e Vittorio non sembrava per nulla pentito della sua scelta.
Quando il tempo era clemente facevano lunghe passeggiate altrimenti trascorrevano le giornate fra i libri della rifornita biblioteca del castello.
Anche Anna era serena, i figli maggiori avevano già tutti contratto vantaggiosi matrimoni e i due più piccoli, Luigi e Biagio erano ospiti del più rinomato collegio di Torino.
Vittorio quella sera era strano, la cena quasi sempre molto frugale era stata completamente saltata e Anna era al quanto preoccupata.
“Vittorio, cosa avete? Non avete toccato cibo?”  domandò Anna avvicinandosi al marito.
Vittorio però non riuscì a rispondere, i pochi suoni che uscivano dalle sue labbra erano incomprensibili.
Anna avvicinandosi gli toccò una mano ma Vittorio non riuscì a stringerla. I suoi occhi ora la guardavano fissi e colmi di terrore.
Anna fu presa dal panico “Vittorio cosa ti succede?  Perché non mi parli?” E tra le lacrime chiamò il cameriere.
Insieme, di peso lo portarono nella sua camera e lo misero a letto. Il medico fu immediatamente chiamato.
La notte strascorse nell’angoscia. Il medico appena giunto non potè che appurare l’apoplessia di Vittorio e purtroppo non dette ad Anna molte speranze.
Anna non volle abbandonare il marito per nessuna ragione. Il segretario di Vittorio si occupò di inviare la notizia al figlio Carlo.
 
5 febbraio 1731, Torino - Castello Reale
Carlo Emanuele e la regina Polissena si erano appena ritirati dopo una nottata trascorsa ad una festa da ballo.
Il re si stava facendo spogliare dal suo cameriere personale quando bussarono alla sua porta.
“Chi sarà mai a quest’ora? Andate ad aprire” ordinò Carlo
Il cameriere ritornò immediatamente con una lettera. “Per voi maestà da Chambery, sembra una cosa urgente” disse consegnandogliela.
Quando Carlo l’aprì e lesse, si dovette sedere per non cadere.
“Prendetemi un vestito da viaggio e fatemi preparare immediatamente una carrozza. Devo andare da mio padre” disse prima di alzarsi e andare nelle stanze della regina per comunicarle la notizia.
 
27 luglio 1731 , Castello di Chambery
Vittorio Amedeo passeggiava al braccio del figlio nell’assolato giardino del castello. La malattia che lo aveva colpito cinque mesi  prima sembrava non aver lasciato traccia nel vecchio sovrano anzi sembrava non essere mai stato così in forma.
Carlo dalla malattia del padre gli aveva fatto visita spesso e negli ultimi mesi l’ex re si era intromesso molte volte negli affari di stato provocando un irrigidimento da parte del figlio ma soprattutto del ministro d’Ormea.
Padre e figlio sembravano discutere serenamente ma come spesso accadeva negli ultimi tempi improvvisamente Vittorio si alterò e cominciò a inveire contro Carlo.
“Sei un buono a nulla. Tutto quello che ho creato lo stai distruggendo. Mai avrei dovuto consegnarti il mio trono. “ continuava a inveire Vittorio contro Carlo che per rispetto non rispondeva.
Anna che aveva assistito alla scena da poco distante corse verso il marito e il figliastro per porre rimedio  “Vittorio vi prego, non fate così. Non vi fa bene agitarvi in questo modo” cercò di calmarlo Anna ma ne ricavò solo ingiurie.
“Silenzio donna. E’ colpa tua se ci troviamo in questa situazione. Se non fosse stato per te non avrei mai lasciato il trono a questo inetto” disse indicando il figlio.
Carlo non resistette all’ennesima umiliazione e prima di voltarsi per andarsene disse “Cosa volete? Riprendervi il trono? Fate pure. Vostra moglie non aspetta altro che indossare la corona che fu di mia madre”
“Come osi? Torino è in festa al solo pensiero del mio ritorno.” gli urlò dietro Vittorio trattenuto a stento da Anna.
 
25 agosto 1731, castello di Chambery
“Vittorio vi prego non fatelo. Tutto questo non porterà a nulla di buono. Ascoltatemi” Anna tentò per l’ennesima volta di convincere il marito a non tornare a Torino, ma Vittorio non voleva ascoltare ragioni.
“Se non volete venire con me, nessuno vi obbliga. Restate pure qui o andate dove volete. Non mi importa. Io devo andare ad aggiustare le cose a Torino.” le rispose irritato Vittorio lasciandola sola nel salotto.
Anna, con le braccia lungo i fianchi e le lacrime agli occhi era esausta, non poteva fare altro che seguire il marito e stargli vicino come aveva fatto negli ultimi mesi.
In cuor suo pregò Dio che la aiutasse a sopportare tutto quello che l’aspettava.
 
29 agosto 1731, Castello di Moncalieri
L’ex re Vittorio Amedeo, la moglie e il suo segretario personale si erano installati nel castello di Moncalieri da alcuni giorni e Vittorio Amedeo aveva convocato il ministro d’Ormea per annullare l’atto di abdicazione.
Appena giunto il ministro fu accolto dal ex monarca con accuse e ingiurie.
“Finalmente vi siete degnato di rispondere all’ordine del Vostro re” lo apostrofò Vittorio appena il ministro fu introdotto alla sua presenza.
“Perdonatemi, ma voi siete l’ex re. E’ Vostro figlio l’attuale sovrano ed è a lui che io rispondo” cercò di rispondere il più gentilmente possibile il marchese d’Ormea.
Vittorio, come era solito negli ultimi mesi, fu preso da un raptus di ira “Come osate. Quell’atto è nullo nella forma e nella sostanza. E’ una fortuna che io sia qui. A Torino è tutto in disordine. Sono stato costretto a tornare in Piemonte per rimediare alla vostra stoltezza” .
Anna che era presente cercò di calmare il marito e poi rivolgendosi al marchese “Marchese, cercate di parlare con il re. Provate a vedere se è possibile trovare una soluzione. L’ultima volta che mio marito e suo figlio si sono incontrati il re mi sembrava intenzionato a rinunciare al trono pur di accontentare e tranquillizzare suo padre. Così non è possibile andare avanti.”
Poi facendo accomodare Vittorio su una poltrona continuò “ Mio marito ha anche minacciato di far intervenire gli imperiali. E questo il Piemonte non può permetterselo. Confidiamo in voi”
Il ministro si inchinò e uscendo disse “Capisco tutto perfettamente. Molto presto metteremo fine a questa situazione”.
 
28 settembre 1731, Palazzo reale – Consiglio di Stato
Carlo Emanuele aveva convocato il consiglio perché stava sinceramente valutando la possibilità di revocare l’abdicazione paterna.
“Signori, ho molto riflettuto e la situazione in cui ci stiamo trovando non è più sostenibile. Per il bene dello stato sono disposto ad accettare la revoca dell’abdicazione e a cedere nuovamente il trono a mio padre”
Non appena il re ebbe finito tutti i componenti il consiglio cominciarono e parlare uno sull’altro.
“Signori Vi prego uno alla volta” li zittì Carlo Emanuele.
Prese la parola il marchese d’Ormea “Maestà, quello che avete appena detto è impensabile. Innanzi tutto Vostro padre, firmando l’atto di abdicazione ha rinunciato a tutti i suoi diritti ed è divenuto un cittadino comune. Quindi il suo comportamento è collocabile nel reato di lesa maestà” Poi continuò “Vostro padre è vittima della moglie. Fu lei infatti a chiedermi di convincervi a rinunciare al trono. Quella donna desidera cingere la corona. Io stesso ho visto il dipinto che ha commissionato. In piedi, su un tavolino la corona che fu di vostra madre e la sua mano che si stende quasi a toccarla. Non possiamo. Non potete permettere questa innominia.” concluse il marchese riaccomodandosi al suo posto.
Immediatamente prese la parola Monsignor Carlo Arborio di Gattinara, arcivescovo di Torino. “Maestà non potete permettere che la cattiva furia che vive accanto a vostro padre abbia la meglio. La sua ambizione non si ferma di fronte a nulla, pur di cingere la corona regia è disposta a mettere a repentaglio la quiete pubblica e il destino del regno. Posso solo concludere così. Vi imploro mio re, conservate il seggio. Potete e dovete.”
Quando anche l’ultimo dei consiglieri ebbe espresso la sua opinione, ed erano tutti concordi a non permettergli di rinunciare al trono, a Carlo non rimase che chiedere “Cosa mi consigliate di fare per risolvere la questione? Ricordatevi che è sempre mio padre.”. 
  
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