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Autore: Ellens    09/03/2011    7 recensioni
Emma Owens è una giovane ragazza che, stanca della solita routine in paese, decide di trsferirsi a Londra
Trova un appartamento poco invitante in uno dei sobborghi della grande città, dividendolo con due strane coinquiline.
Ma la vita è lunga, il tempo della convivenza è tanto, e presto l'amicizia avrà i sopravvento.
Dal primo capitolo
- Ciao, sei la nuova inquilina?-
- Sì, e tu?- Speravo, sentivo, che mi avrebbe risposto: sono la donna delle pulizie.
- Sì-
I miei sogni andarono in frantumi come un bicchiere caduto dal 45° piano di un palazzo in di New York.
- Piacere... Emma. Emma Owens-
- Come quello delle olimpiadi?-
- Ehm, sì, come quello- annuii convinta.
Di che stava parlando? Quali olimpiadi? Io manco sapevo che fosse il calcio.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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James mi sollevò senza troppi problemi, il che significava che la dieta aveva fatto effetto, e mi fece sedere sul lavandino

Questo capitolo lo dedico a Madda

che vedrà la scena che aspetta da mesi sfumare via

drasticamente.

Abbi fede, bella donna, e goditi

la dedica.

 

 

 

 

 

James mi sollevò senza troppi problemi, il che significava che la dieta aveva fatto effetto, e mi fece sedere sul lavandino.

Okay, devo ammettere che non era propriamente comodo, ma in tale situazione l'unica cosa che mi premeva era che nessuno aprisse la porta del cesso.

Ecco, effettivamente non era neanche da definirsi un luogo adeguato, ma tant'è.

Continuando a baciarmi, iniziò a passare la mano sotto la mia camicetta che, ci terrei a sottolineare, era decisamente bella.

Ma non tergiversiamo!, dicevo, mi passò la mano sotto la camicia, poi, capendo che la cosa era decisamente scomoda, prese la magnifica iniziativa di sbottonarla direttamente.

Ovviamente io non m'opponevo, il che era l'unica cosa giusta che portavo a compimento in quel santissimo giorno; il pensiero che James stava tradendo Virginia, che lo stava facendo nel bagno, e più correttamente, che lo stava facendo con me, non poteva che farmi bene.

Mi ritrovai, non chiedetemi come e nel giro di quanti millesimi di secondo, schiacciata tra il muro e il suo corpo decisamente bello e palestrato.

Non m'ero mai resa conto di quanto fosse scolpito il suo petto, sotto la camicia che solitamente indossava; ehi, un attimo, non sarebbe stato meglio osservare dal vivo quei muscoli? Io e Gertrude convenimmo che sbottonargli la camicia era la cosa più giusta da fare.

Lui, intanto, non se lo fece ripetere due volte e si sciolse la cravatta dal collo, mentre io armeggiavo con il bottone nei pressi del petto.

Quel cazzo di robo sembrava non avere alcuna intenzione di sbottonarsi, mentre le mie mani iniziavano a sudare e James non si poneva nessun problema.

Egoista.

Passò una mano sotto la gonna, preso della foga; era impressionante come solo pochi secondi prima ci stessimo baciando innocuamente; quello era il bello d'essere ventiquattrenni -parlando per me- non dovevi porti il problema di apparire troia o meno.

Almeno, quella era la scusa su cui mi stavo amabilmente adagiando, moralmente parlando, perché oggettivamente ero bell'e adagiata sempre sul lavabo.

Ce l'avevo quasi fatta con quel santissimo bottone, quando un colpo alla porta ci fece separare istantaneamente.

- E' occupato?- James s'allontanò alla velocità della luce, iniziando a riabbottonare la camicia, mentre io l'osservavo decisamente delusa: ero a tanto così dal sbottonarla definitivamente, cazzo, tanta fatica per nulla.

- Ehm, sì- rispose lui, tossicchiando.

Io, dal canto mio, mi rivestii totalmente, mi girai e gli detti le spalle, iniziando a sciacquarmi le mani, giusto per non vederlo in faccia e servirgli su un piatto d'argento la delusione che si faceva strada nel mio ego personale.

Sfiga, sfiga.

Ciò che in quel momento iniziò a lampeggiare nella mia testa, era un cartello gigante con su scritto "Emma, deficiente, sei nel bagno dei maschi".

James mi prese per un braccio, guardandomi negli occhi - Senti- iniziò.

Eh no.

Il senti no, porca puttana, il senti no! Mi avrebbe detto una cosa del tipo senti, ho sbagliato, io amo Virginia e questa è stata una debolezza che non accadrà mai più.

Allora sì che avrei dovuto fuggire in Uzbekistan.

Presa dalle mie enormi seghe mentali, scostai il braccio, spingendo il mio capo verso la porta - Tu vai, io mi nascondo nel gabinetto finché il tipo non ha finito- sussurrai, poi mi chiusi nella prima porta a destra, abbandonando James e restando in ascolto della porta che si chiudeva e del tipo che la riapriva, entrando e lavandosi le mani.

Mi sedetti sul water, abbassando la tavoletta e tirando su i piedi, così che non si vedessero dall'esterno.

Restai lì, ad immaginarmi le possibili scuse che James mi avrebbe rifilato per mettere fine a quell'incontro decisamente troppo spinto per un capo e un avvocatessa in erba.

"Te l'ho detto dall'inizio che non avrebbe mai funzionato" Gertrude fece capolino nella mia testa.

"Fanculo, Gertrude, tu mi incitavi"

" Non è affatto vero" canticchiò. Dovevo smetterla di parlare da sola, la situazione stava degenerando.

"Sì, effettivamente dovresti smetterla"

" basta, Gertrude, tra me e te è finita"

" E' mai iniziata?" restai, quindi, a piagnucolare da sola sul fatto che Gertrude continuava a

perseguitarmi senza posa, finché qualcuno non aprì la porta del gabinetto e non mi colse in fallo.

Alzai la testa, squadrando l'impiegato del secondo piano, la faccia sudaticcia e le mani gocciolanti, che mi osservava imbarazzato.

Aprii la bocca, cercando di dire qualcosa di sensato, per quanto mi sarebbe risultato difficile in situazioni normali, infine cedetti - Sa che c'è? Eh? Sa cosa le dico?- dissi, scendendo dal water e avviandomi verso l'uscita - Non si baci mai con un suo collega nel cesso, perché va a finire tutto una merda- feci per andarmene, poi tornai indietro - Ah, e a proposito, non sono una maniaca, non avevo intenzione di spiare lei e il suo pirillo mentre faceva la pipì, giusto per chiarire- dietrofront, uscita teatrale.

Figura di merda abnorme, mostruosamente infinita.

Strisciai fino al mio studio, e mi chiusi all'interno: avevo bisogno di solitudine, seriamente; volevo affogare i dolori nel vino (che avevo nascosto nel terzo cassetto, a destra, qualche mese prima) e ubriacarmi fino a dimenticare l'accaduto.

E se Brianne fosse entrata nel mentre, le avrei finalmente detto che le sue scarpe facevano cagare, le paperine erano decisamente brutte, che lei era un mostro e che io non avevo alcuna intenzione di restare ulteriormente in quel cazzo di ufficio.

E infine le avrei suggerito di farsi vedere quel neo ricoperto di peletti che aveva sotto il mento, perché era proprio impressionante.

Mi sedetti alla poltroncina, passandomi una mano sugli occhi: la verità era che James avrebbe potuto benissimo venire a cercarmi, che avrebbe potuto dirmi qualcosa di diverso dal senti; la verità era che per James era stata solo una debolezza, come già immaginato e che non c'era più motivo per restare.

M'alzai, buttai tutti i fogli sul pavimento in  preda ad una crisi isterica, afferrai cappotto e borsa, mi vestii di tutto punto e avanzai con sin troppa convinzione verso l'ufficio di Brianne. Non ci sarebbe stato alcun "e se qualcuno mi vedesse bere"; non ci sarebbe stato più niente da nascondere.

Arrivata dinanzi alla porta su cui spiccava la targhetta col suo nome e cognome, deglutii decisa e la aprii, senza bussare.

Brianne, seduta in poltrona, alzò gli occhi su di me - Sa che c'è, Brianne?-chiesi, e la vecchia mi guardò insistentemente.

- Che succede, Owens? Vuole un permesso per uscire? E' successo qualcosa?- chiese, infastidita.

Io sorrisi - No, Brianne. Me ne vado. Me ne vado, ecco cosa c'è. Me ne vado e non torno più, se proprio lo vuole sapere- presi un bel respiro- Quindi, prima di andarmene, credo proprio che sia giusto che lei sappia qualcosina, giusto per informazione- mi passai una mano tra i capelli- Le sue scarpe fanno cagare- e qui mi tenni ai miei piani iniziali- il suo studio è penoso, dovrebbe farsi togliere quel neo, ed è simpatica come un compasso nel sedere, se proprio lo vuole sapere. E' sola ed acida, una zitella di vecchia data, per il semplice fatto che è isterica e brutta, che non sa cosa vuol dire viversi la vita, che è nata vecchia, con tanto di zampe di gallina intorno agli occhi. Che la bellezza non sa dov'è di casa, che gli uomini la vedono e si sentono attratti da lei tanto quanto potrebbero sentirsi attratti da un calamaro, e se lo vuole sapere, è anche decisamente priva di umorismo. Oltretutto, per finire, le vorrei dire che non ho idea di chi sia questo Owens delle Olimpiadi, e me ne fotto altamente- aggiunsi, nonostante l'ultima frase non c'entrasse molto.

Ma tant'è.

Le detti le spalle, uscendo dall'ufficio.

Avevo decisamente urlato, perché per il corridoio molti impiegati guardavano nella mia direzione. All'angolo, vicino alle macchinette del caffè, James stava parlando concitato con... Virginia.

Sentii la gelosia pervadermi, il senso dell'ingiustizia urlare nella mia testa, e un non so che di pazzo incitarmi.

La frittata l'avevo fatta, tanto valeva farla per bene, no? Avanzai meno sicura di prima verso quei due, mentre lo sguardo di James si spostava da Virginia a me, facendosi preoccupato.

Mi dispiaceva un po' fargli quello, ma Virginia doveva soffrire come stavo facendo io in quell'istante.

Le puntai un dito contro - Senti, botolo di silicone incorporato in un corpo umano- dissi, mentre lei si voltava a sua volta, rivolgendomi uno sguardo vacuo - sai cosa stava facendo mezzora fa il tuo futuro marito? Stava sbottonando la mia camicetta, se proprio vuoi saperlo. E non sembrava proprio preoccupato del fatto che le mie tette fossero più piccole delle tue di due taglie. Fatti delle domande, quindi- non aspettai che lei ribattesse qualcosa di sciocco e tettoso, lanciai uno sguardo a James e me ne andai, iniziando a scendere le scale a due a due.

Quando infine uscii dalla struttura, il sole di Londra, quel santo giorno, sembrava volesse giocare alla caccia al tesoro.

Tirai su col naso, sentendo la delusione che mi aveva accompagnato in quei mesi salire pian piano fino a raggiungere l'altezza degli occhi, poi girai a destra, verso la metropolitana.

Un mano, improvvisamente, mi fermò, aggrappandosi al mio braccio; istintivamente pensai che fosse il barbone di qualche tempo prima, e mi voltai decisa e regalargli direttamente il portafoglio.

Quando però i miei occhi indugiarono sul viso di James, constatai che non aveva propriamente l'aspetto di un barbone.

- Emma, senti, per... ciò che è successo..-

- Non sei arrabbiato, James? Ho appena mandato a monte il tuo matrimonio- gli feci notare, confusa; sotto sotto, ero felice che mi avesse ricnorso.

- Non importa, Emma, non importa. Ciò che mi preme, è che tu non ti sia offesa- disse, passandosi una mano tra i capelli. Ah, ecco.

In quel momento, lo avrei rapato seduta stante. Un moto di rabbia crebbe nel mio cuore: a lui importava che non fossi offesa, non che restassi sola o che mi fossi appena licenziata.

Gli importava che non serbassi rancore, giusto perché nei suoi confronti quello era uno dei tanti sentimenti che non dovevo provare, vero? Era stato solo un errore, non dovevo offendermi.

La mano andò da sola, colpendo la sua guancia chiara e sbarbata - Prima mi sbatti al muro, facendomi capire che è solo una questione di una botta e via, e poi mi dici di non offendermi? Sai che c'è, Davies? Ma vaffanculo-

 

 

* * *

 

Infilai le chiavi nella toppa, girai con forza e aprii la porta.

Linda sbucò da dietro la libreria con lo scopettino della polvere in mano - Che ci fai già a casa?- indagò, sospetta.

- Torno a casa- le dissi soltanto, entrando in camera mia.

- Ho capito, ma come mai sei tornata così presto? Come è andata con James?- io, senza risponderle subito, tirai giù la valigia dall'armadio.

- No, non hai capito, Linda. Torno a casa. Casa mia- dissi, iniziando a ficcare alla rinfusa gli abiti.

- Cosa?!-

- Me ne vado. Ho sbagliato sin dall'inizio, non dovevo venire a Londra. Non dovevo proprio. Tu fratello è uno stronzo, con tutto il rispetto, e a lavoro mi sono appena licenziata. E per James no sono niente, se non una botta e via- sputai tutto d'un fiato.

Linda rimase in silenzio, continuando ad osservarmi fare la valigia.

- E' uno scherzo?- disse, infine.

- No, Linda, torna a casa per davvero-

 

 

* * *

 

La voce automatica chiamò il mio treno, ricordando ai passeggeri che stava per partire.

Tirai un sospiro, trascinando la mia valigia - Se trovate qualcosa di mio speditemelo, non preoccupatevi- dissi, voltandomi verso le mie coinquiline.

La verità era che mi sarebbero mancate tanto.

- Emma, vieni a trovarci- singhiozzò  Andreea, affondando il naso nel fazzoletto ormai lercio.

- Certo, Drea. Verrò- le abbracciai entrambe - E voi venite a trovare me-

Ci stringemmo ancora, infine salii sul treno, sventolando un po' la mano.

Ero partita alla volta di Londra con gli occhi lacrimanti per l'allergia e nessuno da salutare; ora mi trovavo in lacrime, sventolando convulsamente la mano in direzione delle mie amiche.

Tirai un sospiro, affondando nel sedile assegnatomi.

- Oh, ci si rivede, signorina!- una voce felice mi ripescò dai miei pensieri.

Alzai lo sguardo, osservando un uomo stritolato nel suo sedile.

Oh, no, il ciccione maniaco scoreggione no!

 

 

 

 

Saaaaaaaaaaaalve :D

Allora, questo capitolo di comico ha poco o niente, lo so, lo so, ma che ci posso fare? Dovevo proseguire, dopotutto, e non possiamo mica servire alla nostra povera Emma la vittoria su un piatto d'argento, no? Deve sforzarsi un altro po' :D

Ma non temete, gente, presto avremo un lieto fine.

Credo ahahahah :D

Comunque sia, dal prossimo capitolo si tornerà a ridere, non preoccupatevi, ma avevo bisogno di un capitolo mediamente serio per reggere la situazione, quindi state calme :D

Lo so, lo so, credevate che fra James e Emma ormai fosse fatta, ma non m'andava proprio di far iniziare una tresca amorosa ora; no, direi proprio di no. Vi assicuro però, visto che vi ho lasciati con l'amaro in bocca, che presto, prestissimo lui tornerà: sotto sotto è innamorato di Emma, e non si lascerà sfuggire la donna della sua vita.

Non temete, quindi :D Vi lascio assicurandovi che è solo un capitolo serio passeggero, e che la speranza deve essere l'ultima a morire.

basta, basta, ho detto sin troppo.

Al prossimo capitolo, cari!

Un bacio

 

~Ellens

 

Ci terrei a dirvi che sto scrivendo una nuova stroia, nella sezione Romantico, che si chiama Sotto questo sole. Se vi va di passare, mi farebbe davvero piacere :D
   
 
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