Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: EffieSamadhi    09/03/2011    10 recensioni
E si ricorda della Giulia, che correva e rideva in riva al lago con gli zii, e lui che era suo padre non poteva fare nulla.
E si ricorda della rabbia, quando la Giulia si è sposata ed è andata a vivere a Milano, e quando poi è tornata in vacanza col marito e con la Francesca.
E si ricorda quante lacrime, quando ha sentito le campane e ha capito che erano per Lisa.
Partecipante alla "Challenge Sanremo 2011" organizzata da Taminia.
[Canzone scelta: "Yanez", di Davide Van De Sfroos]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Se Regordet Cume L'Era?

Fanfiction partecipante alla “Challenge Sanremo 2011” organizzata da Taminia sul forum di EFP (per info: Challenge Sanremo 2011).

Note – Un’idea davvero originale, quella di Taminia, tanto che non ho resistito alla tentazione di partecipare. Peccato che la mia canzone preferita di questo Festival (“Chiamami ancora amore”, di Roberto Vecchioni) fosse già stata utilizzata. Poi ho scoperto che anche la mia seconda preferita (“L’alieno”, di Luca Madonia e Franco Battiato) era andata. E allora mi sono davvero trovata con l’imbarazzo della scelta, perché amo molte delle canzoni della lista. E ho deciso di “ripiegare” sulla bellissima “Yanez” di Davide Van De Sfroos. In fondo, amo il mio dialetto (sono piemontese DOC), e mi batto con tutte le mie forze affinché non muoia: non potevo non scegliere i ‘pirati vegnüü de Varees’.

La mia idea originaria era di creare qualcosa di comico, o almeno allegro. E invece, è uscito fuori questo ‘prodotto’ che a tratti mi ricorda molto “Aspettando Godot” (da notare la mia modestia nel citare il maestro Samuel Beckett, facendomi passare per la sua erede segreta), e a tratti un romanzo di Kafka (per il senso di depressione generale).

Eventuali errori di grammatica o sintassi (‘la Lisa’, ‘c’aveva’…) sono voluti: in fondo, i protagonisti sono due vecchietti, che certamente non usufruiscono di un beta durante le loro conversazioni. Vale lo stesso per quanto riguarda la narrazione: il narratore è un uomo di circa sessantacinque anni, abituato a pensare e parlare in dialetto, dunque non ci si può aspettare che parli un italiano accademico.

QUI potete trovare il testo originale della canzone, QUA potete trovare il testo tradotto in italiano.

Lascio anche il videoclip ufficiale della canzone, casomai non l’aveste mai sentita.

 

Se Regordet Cume L'Era?

 

Dalla panchina si vede il lago, con tutti i suoi riflessi.

Sono passati gli anni, ma l’acqua del lago è sempre blu.

Lisa aveva gli occhi blu.

Infatti la chiamavano tutti ‘Lisa occhi blu’, come la canzone e come il film. Era venuta anche la Lisa a vedere il film, quando il parroco aveva fatto sistemare il proiettore nella saletta dell’oratorio. E la guardavano tutti, la Lisa sul telo bianco, e provavano a trovarci una somiglianza con la Lisa vera, ma niente da fare. Quella Lisa là era bionda e ricca, questa Lisa qua aveva i capelli scuri e tanti soldi in meno. Però era bella, questa Lisa qua: più bella della Lisa bionda del film. Questa qua era più bella perché sembrava più vera di quella là.

Se regordet della Lisa?”

“Lisa? Che Lisa?”

“La ‘Lisa occhi blu’, la figlia del fornaio.”

“Ah, la Lisa… bella, la Lisa.”

Se regordet che occhi?”

“La chiamavano ‘occhi blu’.”

Lisa aveva gli occhi blu come l’acqua del lago.

Glielo dicevano tutti, prima o poi, alla Lisa. Specialmente i giovanotti, quando volevano fare un po’ i cascamorti e farla innamorare, la bella Lisa. Ma la ‘Lisa occhi blu’, che lavorava col suo papà al forno e aveva sette fratelli più piccoli da accudire, non si innamorava di nessuno. Tanti figli e pochi soldi, e una mamma stanca che faceva quel che poteva: e allora la Lisa aiutava il papà al forno, e poi aiutava la mamma con i bambini. E di clienti ce n’erano tanti, al forno, e quasi tutti ci andavano per vedere la Lisa.

Se regordet del film?”

“Film? Che film?”

“Il film della ‘Lisa occhi blu’, che il prete aveva messo il telo nella saletta dell’oratorio.”

“Ah, il film… c’era Mario Tessuto, cantava bene.”

Se regordet che guardavamo tutti la Lisa, per vedere se assomigliava alla Lisa del film?”

“Era bella, la Lisa.”

Se regordet cume l’era?”

“Oh, era bella, la Lisa. Piccinina, graziosa. Una bambolina.”

“Sempre col fazzoletto in testa, che lavorava al forno già la mattina presto.”

Se regordet del papà?”

“Oh, sempre stanco, sempre stanco. E’ morto presto, povero diavolo.”

“Eh, la Lisa c’aveva venticinque anni.”

“Nel ’75, è morto.”

“No, nel ’76. La Lisa c’aveva venticinque anni.”

“Ah, è vero, che la Lisa era del ’51.”

Lisa aveva gli occhi blu come la carta da zucchero.

Lo pensavano in tanti, ma questo non glielo aveva detto nessuno. Dire a una ragazza che aveva gli occhi come la carta da zucchero non sembrava tanto romantico, e allora nessuno glielo aveva mai detto. Beh, proprio nessuno no. Glielo aveva detto Gino, il figlio del postino, una volta che per caso l’aveva incontrata alla bottega. La Lisa gli aveva sorriso, contenta che per una volta non parlassero del lago.

Se regordet di Gino?”

“Gino?”

“Il figlio del postino. Che aveva detto alla Lisa che c’aveva gli occhi come la carta da zucchero.”

“Ah, Gino. Eh, aveva ragione. Non gliel’ha mai detto nessuno, alla Lisa.”

“Che fine avrà fatto Gino?”

“Ah, una brutta fine. Girava sempre con quelli dell’altro rione… gente brutta, gente brutta.”

C’è sempre stata rivalità, tra il loro rione e quello vicino. Una di quelle rivalità tra quartieri che si capiscono solo se ci si sta dentro. Una rivalità nata chissà quando e chissà dove. Una rivalità nata senza perché. Tutti, nel rione – in questo e in quell’altro –, dicono che è iniziato tutto anni e anni prima, per colpa di una ragazza. Una ragazza del rione – di questo o di quello, non si sa – che ha fatto innamorare un ragazzo dell’altro rione. E di lì, giù pugni, calci e morsi tra il ragazzo e il fratello di lei. E di lì, giù risse tra i ragazzi dei due rioni. Se le suonano ancora adesso, certe volte. E ogni tanto vincono quelli di qua, e ogni tanto vincono quelli di là.

Se regordet de quando se le sono suonate per la Lisa?”

“Quella volta hanno vinto quelli di qua. Cos’era, il ’70?”

“Il ’71. La Lisa aveva vent’anni.”

“Ah, già. L’anno che è morto don Silvano.”

“No, don Silvano è morto del ’70, d’autunno. D’estate aveva messo il telo per il film.”

“Ah, già.”

Lisa era bella, su questo erano tutti d’accordo.

I vecchi la chiamavano ‘la Lisetta’ perché era piccolina, come una bambina: roba che alle processioni avevano paura di perderla, in mezzo alla gente. Però era bella, la Lisa. Ben fatta, con le mani un po’ rovinate dal lavoro al forno, ma sempre tutta elegante, da sembrare una signora.

Tanto piccola e tanto bella da non toccarla per aver paura di graffiarla, la Lisa.

Però qualcuno l’aveva toccata, perché a un certo punto si era trovata incinta, la Lisa, senza essere sposata e senza avere un fidanzato. Non l’aveva mai avuto un fidanzato, la Lisetta. Era successo un po’ dopo la morte di suo papà, e tutti in paese non facevano che pensare a cosa gli avrebbero fatto, a quel mascalzone che si era approfittato di lei.

Era una bella bambina, la figlia della Lisa. Occhi blu, come la mamma. Occhi blu come il lago, occhi blu come la carta da zucchero. Somigliava tutta alla mamma. Di sicuro, non aveva preso niente dal papà, perché se gli avesse somigliato, tutti avrebbero saputo chi era: in paese tutti sapevano tutto, tutti conoscevano tutti, e da un dettaglio si capiva di chi eri figlio.

Ma la Giulia, la figlia della Lisa, somigliava solo a lei. La Lisa le aveva dato il nome del suo povero papà, e aveva continuato a lavorare al forno, facendosi aiutare dai fratelli. Poi i fratelli erano diventati grandi, e finalmente la Lisa era riuscita a godersi la figlia senza dover lavorare.

Se regordet della Giulia?”

“Bella, anche la Giulia. Abita a Milano, fa la professoressa.”

“Si è sposata sette anni fa. Ha una bimba anche lei, la Francesca.”

“Bella, anche la Francesca. Occhi blu, come la Lisa. Non l’ha mica mai detto chi era il papà della Giulia.”

Se regordet che scandalo?”

“Ma gliel’han perdonato tutto. Si perdonava tutto, a una come la Lisa.”

“Eh sì, a una come la Lisa…”

“Quanti anni è che morta, anche lei?”

“Due. Due anni. Del 2009.”

Sono due anni che ‘Lisa occhi blu’ è mancata. Due anni proprio oggi. La gente si ricorda ancora le campane, il lutto, la veglia e il rosario detto in chiesa. Lisa la conoscevano tutti, Lisa piaceva a tutti. E allora, tutti a casa a far la veglia e a consolare i fratelli, tutti maschi, che piangevano per lei; e poi tutti al rosario, e tutti al funerale, anche se la Lisa vera non la conosceva nessuno.

“Eh, peccato. Era proprio bella, la Lisa” sospira Bepi. “Proprio bella.” Si tira su dalla panchina. “Vado, che mi aspetta mio figlio a cena. Ci vediamo, Fausto.”

Fausto lo saluta, poi ritorna a guardare il lago. Il lago è vecchio, chissà quanti anni ha. Di certo sono più dei sessantacinque che ha lui.

Non riesce a staccare gli occhi dal lago: continua a pensare a Lisa. È tutto il pomeriggio che tormenta Bepi con le sue domande, per sapere se l’altro si ricorda.

Perché lui, Fausto, si ricorda tutto: gli occhi blu della bella Lisa, e il film nella saletta dell’oratorio, e la carta da zucchero, e i pugni che ha dato a quelli dell’altro rione.

E si ricorda del forno, che ci andava sempre per vedere la Lisa e per chiederle se poteva accompagnarla a messa.

E si ricorda di quanto ci ha sofferto lei, quando il papà è mancato.

E si ricorda di quella notte in riva al lago, quando tutti i parenti di lei credevano che dormisse.

E si ricorda della promessa di non dire niente, e di tutte le volte che l’ha avuta.

E si ricorda dei suoi sorrisi, e dello scandalo quando lei è rimasta incinta.

E si ricorda del dolore, quando la vedeva con quella bambina in braccio.

E si ricorda la paura, quando sperava che non gli somigliasse.

E si ricorda della Giulia, che correva e rideva in riva al lago con gli zii, e lui che era suo padre non poteva fare nulla.

E si ricorda della rabbia, quando la Giulia si è sposata ed è andata a vivere a Milano, e quando poi è tornata in vacanza col marito e con la Francesca.

E si ricorda quante lacrime, quando ha sentito le campane e ha capito che erano per Lisa.

Ha promesso di non parlarne mai, Fausto, anche se gli brucia il cuore tutte le volte che ci pensa: perché la ‘Lisa occhi blu’, la Lisetta, è sempre stata sua, e non l’ha mai potuto dire.

Però la Giulia lo sa, ne è sicuro. Quando è tornata per le ultime vacanze, col marito e la Francesca che ha cinque anni, gli ha mostrato il piccolino che si teneva ancora al collo, e gli ha detto: “Lui è Fausto”.

E al Fausto vecchio, quello che tutti i pomeriggi si siede sulla panchina davanti al lago, si è aperto il cuore. Perché la Giulia l’ha guardato dritto negli occhi, mentre glielo diceva, e poi ha sorriso come sapeva sorridere solo la sua mamma. Gli si è aperto il cuore anche perché il Fausto piccolino non ha gli occhi blu come il papà e la mamma: ce li ha scuri, neri neri. E i capelli ce li ha biondi, un po’ rossi, proprio come ce li aveva lui da giovane.

E Fausto, finalmente, guarda il lago con serenità, e pensa alla Lisa e sospira ancora.

“Ah, Lisa… se regordet cume l’era?”

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: EffieSamadhi